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Filosofia - Forum filosofico sulla ricerca del senso dell’essere.
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Vecchio 11-03-2014, 08.55.07   #11
CVC
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Riferimento: Filosofia del dialogo

Citazione:
Originalmente inviato da donquixote
Se nei dialoghi socratici (pur con tutti i loro limiti e per quanto io consideri Socrate il primo razionalista e quindi, come pensava anche Nietzsche, colui che ha posto le basi della disgregazione che ha portato all'attuale nichilismo) si tendeva a convincere l'interlocutore, ovvero a renderlo progressivamente persuaso del fatto che le tesi che inizialmente sosteneva erano errate e quindi all'ovvio e spontaneo abbandono di quelle e l'adeguamento della sua mente ad una visione più conforme a verità
Nei dialoghi socratici non si tendeva semplicemente a convincere l'interlocutore, il metodo elenctico di Socrate consisteva nel trovare l'errore nelle convinzioni dell'interlocutore. Socrate cercava di mostrare all'interlocutore che egli non conosceva il fondamento delle proprie convinzioni, ma ciò ha un senso più profondo dell' affermare che Socrate volesse semplicemente persuadere ad accettare la sua verità. Socrate ha evidenziato l'importanza della critica e questo, nel parlare di lui, deve avere più risalto del dire che egli abbia voluto diffondere una sua verità, una sua filosofia. Infatti Socrate non ha scritto nulla, tanto e vero che se non fosse per Platone e Aristofane sarebbe per noi praticamente uno sconosciuto, perchè lo spirito della sua filosofia era quello di parlare singolarmente agli uomini, costringerli a mettere sotto esame ciò che credevano di sapere. Cosa che credo profondamente debbano fare tutti.
Ti confesso una cosa: della filosofia da dopo Kant in poi ho rinunciato a cercare di capirci qualcosa, mi sembra tutto così puramente astratto, così meramenre intellettuale. Quindi dell'affermazione di Nietzsche su Socrate come precursore del nichilismo, sinceramente non saprei. Posso solo dire che il mio spirito trova più ristoro in Socrate che nel nichilismo, questo è sicuro.
Sul fatto che la funzione del dialogo sia quella di unire, etimologia a parte, avrei riserve. Unire qualcosa significa dividere qualcos'altro, e qualunque sia la verità, se esiste una verità più verità delle altre, sarebbe comunque inevitabile che non metterebbe tutti d'accordo.
Ma la funzione del dialogo dovrebbe essere quella di mettere in luce ciò di cui si ha interesse a parlare, ciò può unire o dividere, ma non penso sia un semplice percorso da A a B, il dialogo non è un percorso lineare, e ciò che abbiamo cacciato dalla porta spesso lo vediamo rientrare dalla finestra
Il concetto di verità non è un qualcosa che possa essere tenuto fermo o essere messo sotto una campana di vetro. La verità è una ricerca continua, ad oltranza, e questo è uno dei lasciti più importanti di Socrate
Sul fatto che il dialogo si sia fatto più confuso, credo una qualche incidenza la debba avere anche il fattore demografico. Se si guarda quanto è cresciuta la popolazione mondiale dai greci ad oggi, si comprende chiaramente che siamo in un bel pò in più a dialogare, anche questo contribuisce a generare confusione. Specialmente se si cede al conformismo
CVC is offline  
Vecchio 11-03-2014, 11.23.05   #12
paul11
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Riferimento: Filosofia del dialogo

Il topic è interessante perché si capiscono le ascendenze culturali di ciascuno. Ed è ovvio che sia nell’opinione sul dialogo che risaltino.

C’è chi ritiene che la verità sia dentro di noi, chi ritiene che sia fuori di noi, e chi ritiene che tutto sia relativo.
Forse hanno ragione un po’ tutti .

Il dialogo non è separazione in sé e per sé, il problema è che la separazione nasce dagli individui, cioè dai dialoganti tanto più restino su convinzioni aprioristiche.

Personalmente ritengo il dialogo fondamentale, perché non penso proprio che sia possibile da soli migliorare quanto invece lo possa il dialogo.
Perché da solo io vedo solo il frutto della mia esperienza, nel dialogo io ascolto altre esperienze e ascolto e traggo insegnamento, anche rifiutando o confutando, ma è pur sempre insegnamento.
Ho bisogno di parametrarmi con qualcosa o qualcuno per poter capire se miglioro o peggioro.
Noi siamo fatti per stare dei momenti con gli altri e altri momenti da soli. Questa dinamica permette di migliorare.

Il dialogo per essere fruttuoso deve avere un metodo che almeno inizialmente deve essere condiviso, diversamente ci si “parla addosso sputando sentenze”.
In verità siamo orgogliosi di ciò che crediamo, di quello che riteniamo sia giusto. E’ illusorio ritenere che una persona ammetta un errore, perché non è questo il punto, il fondamentale è dire qualcosa nelle maniere rispettose dovute e lasciare che quelle parole decantino dentro di noi e negli altri.
Il momento della riflessione, del raccoglimento delle nostre idee, è quello in cui riorganizziamo i nostri pensieri in funzione del libro che abbiamo appena letto, di un evento attuale, o di un dialogo appunto, ecc.
Non ci accorgiamo di cambiare, ma cambiamo spesso non per strappi culturali, ma per piccole acquisizioni avute e ascoltate da esperienze proprie e altrui.
La decantazione nella riflessione è simile al rito del tè , è l’essenza di un argomento quanto lo è di un fiore e lasciare che la mente ne sia corroborata.
Il nostro vissuto è il filtro di quell’essenza.
paul11 is offline  
Vecchio 11-03-2014, 15.07.14   #13
Galvan 1224
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Riferimento: Filosofia del dialogo

• «Se tu hai una mela, e io ho una mela, e ce le scambiamo, allora tu ed io abbiamo sempre una mela ciascuno. Ma se tu hai un'idea, ed io ho un'idea, e ce le scambiamo, allora abbiamo entrambi due idee.»
G.B.Shaw


Son qui in questo forum (da pochissimo) e dopo aver letto un po’, avendo qualcosa da dire ho aperto una discussione e allo stesso tempo, nei limiti della mia non-specializzazione, seguo il susseguirsi degli interventi nelle altre.

Anche su quest’argomento, come naturale attendersi da tutti gli argomenti affrontati dall’uomo, in ogni ambito, le opinioni van da un estremo all’altro inframezzati da visioni tendenti all’equidistanza.

Realisticamente non ci si poteva attender qualcosa di diverso, anche qui noi siam lo specchio del mondo, della società.
Per me il valore del nostro incontrarci è nella citazione sopra riportata; non importa se la mia mela all’inizio (o sempre) vi potrebbe risultare indigesta o la vostra per me, infatti non ce la stiamo scambiando, al più scambiamo qualche idea.

Dopo aver letto numerosi interventi di Sgiombo, Maral, Gyta, Jangene, Donquixote, Green&grey, Acquario69 e tutti gli altri (non son proprio molte le persone che intervengono, a fronte delle visite) qualcosa delle loro idee si è sedimentato in me e per ognuno potrei trovar qualche parola che (a mio parer) gli corrisponde, ad esempio per green&grey-serietà e studio, per Gyta-profondità e anelito, per Acquario-trasparenza e leggerezza, per Cannata-sorriso e valori, per Sgiombo… perbacco, mi vengon solo in inglese! E non mi par il caso di verificar il suo sens of humor… (spero che possa tollerare il mio, ogni tanto un po’ si scherza)

Cosa intendo dir con questo?
Che il dialogo, ammesso sia la parola corretta per quello che dico, procede in modi e per vie non solamente verbali e a mezzo di pensieri, quell’impressione che m’è derivata dai vostri scritti è affine a quella che ne ricavo dall’osservar la vostra icona, tutti riproponiamo lo stampo, il pensiero-guida che si muove incessantemente dentro di noi.

Ah, qualcuno non ha un’icona… appunto, non ha un’icona… non sarà mica motivo d’esclusione, no? (come ogni altro motivo).

Una stretta di mano a tutti
Galvan 1224 is offline  
Vecchio 11-03-2014, 22.43.43   #14
donquixote
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Riferimento: Filosofia del dialogo

Citazione:
Originalmente inviato da maral
Potremmo dire che il dialogo è un discorso che separa (dia - logos) e che proprio in questa separazione si esprime il suo valore che è appunto quello di tenere gli enti separati, di non ricondurli a un'indifferenziata unica totalità. Ma proprio come separati essi, a mezzo del loro dialogare, si ritrovano in rapporto ove il rapporto è dato da un reciproco ascoltarsi per così continuare a dialogare.
Il fine del dialogo non è poter concludere, ma tenere aperta la comunicazione tra diversi, per questo il dialogo è ben altro da due monologhi che si intrecciano, ove ognuno ascolta solo se stesso, fenomeno sempre più comune al giorno d'oggi in cui l'altro è solo lo sfondo sul quale meglio si illude di poter risaltare l'io.
Il dialogo è rispetto della diversità ispirato da un irresistibile desiderio per la diversità che solo la presenza dell'altro con il suo discorso che non è il mio discorso può manifestare.
Se il fine del dialogo è il dialogo torniamo, per l'ennesima volta nel mondo moderno, a ridurre il mezzo in fine. Sarebbe come acquistare una macchina e continuare a fare strada senza andare mai da nessuna parte. Ma io rifiuto e tendo a superare questa visione esclusivamente strumentale e nichilistica del mondo, che fornisce una quantità enorme di mezzi e neanche più un fine, per cui tutti questi mezzi si rivelano in ultima analisi inutili.
donquixote is offline  
Vecchio 11-03-2014, 22.59.11   #15
donquixote
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Riferimento: Filosofia del dialogo

Citazione:
Originalmente inviato da gyta
Sperimenta e riflettici per davvero.. perché io trovo invece che
sia possibile una grande comprensione di noi stessi proprio
nella coscienza diretta del nostro interagire con l’altro,
e sarà l’altro ad essere man mano luce alle mie ombre.

Ho sperimentato, e sono anni che ci rifletto. Ma alla fine non posso che fare mie le parole di uno che per anni ha sperimentato, e per anni ha riflettuto, e che qui sotto ti cito.

"Ma laggiù in basso, là tutti parlano e nessuno presta attenzione. Anche a divulgare la saggezza propria con squillo di campane: ai mercanti sul mercato basterà far tintinnare pochi soldi, per sovrastarne il suono!
Tutti parlano presso di loro, nessuno é più capace di intendere.
Tutto va a finire nell'acqua, nulla più in profonde sorgenti.
Tutti parlano presso di loro, ma nulla riesce più e giunge alla fine .
Tutti starnazzano, ma chi ha voglia di rimanere in silenzio sul suo nido a covar l'uova?
Tutti presso di loro parlano, e tutto viene logorato a forza di parole. E ciò che ieri era troppo duro perfino per il tempo e per la sua zanna oggi penzola rosicchiato a brandelli dal muso degli uomini d' oggi.
Tutti presso di loro parlano, e tutto viene messo in piazza. E ciò che un tempo si chiamò segreto e intimità di anime profonde, oggi viene strombazzato per le strade da ogni genere di schiamazzatori."

"Ho seduto tra loro travestito, disposto a misconoscere me stesso, per poter sopportare loro, e ripetendo sempre a me stesso: folle, tu non conosci gli uomini! Si disimpara a conoscere gli uomini, se si vive tra gli uomini: troppo in tutti gli uomini é solo facciata, a che servono, tra loro, occhi che mirano e che cercano nella lontananza!"

L'uomo d'oggi fatica a guardare al di là del proprio ombelico, e anche quando lo fa è in funzione del proprio ombelico. Il dialogo, oggi, è essenzialmente seduzione, e il fatto che esistano così tante scuole che insegnano "come" comunicare e non "cosa" comunicare lo conferma.
donquixote is offline  
Vecchio 11-03-2014, 23.19.28   #16
donquixote
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Riferimento: Filosofia del dialogo

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Originalmente inviato da CVC
Ma la funzione del dialogo dovrebbe essere quella di mettere in luce ciò di cui si ha interesse a parlare, ciò può unire o dividere, ma non penso sia un semplice percorso da A a B, il dialogo non è un percorso lineare, e ciò che abbiamo cacciato dalla porta spesso lo vediamo rientrare dalla finestra
Il concetto di verità non è un qualcosa che possa essere tenuto fermo o essere messo sotto una campana di vetro. La verità è una ricerca continua, ad oltranza, e questo è uno dei lasciti più importanti di Socrate
Sul fatto che il dialogo si sia fatto più confuso, credo una qualche incidenza la debba avere anche il fattore demografico. Se si guarda quanto è cresciuta la popolazione mondiale dai greci ad oggi, si comprende chiaramente che siamo in un bel pò in più a dialogare, anche questo contribuisce a generare confusione. Specialmente se si cede al conformismo

certo il dialogo non è un percorso lineare, può avere innumerevoli diramazioni, tornare al punto di partenza e poi ripartire, ma se lo scopo è andare da un punto A ad uno B, per quanti arzigogoli si possano fare non bisogna mai perdere di vista l'obiettivo.
Se due fazioni politiche dialogano con l'intento di identificare che cosa si intende per bene comune lo faranno partendo magari da posizioni diverse, ma se il bene comune esiste sarà anche possibile identificarlo, e una volta acquisito tale concetto entrambi i contendenti dovrebbero lavorare insieme per perseguirlo concretamente. Invece questo non accade mai, perchè ognuno è geloso delle proprie idee e non è disponibile a metterle in dubbio. Quindi il dialogo oggi non serve affatto per raggiungere attraverso il confronto di idee una verità superiore a quella dalla quale ognuno parte, ma si è ridotto a puro mercanteggiamento di idee: tu rinunci a due idee e io in cambio rinuncio ad una mia più importante, e così via. E se la verità è ricerca allora non è niente, perchè il ricercare presuppone anche qualcosa che possa essere trovato, ma se il fine (la verità) sta nello strumento (la ricerca) allora vale quello che ho scritto a maral.
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Vecchio 11-03-2014, 23.50.34   #17
donquixote
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Riferimento: Filosofia del dialogo

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Originalmente inviato da paul11
Personalmente ritengo il dialogo fondamentale, perché non penso proprio che sia possibile da soli migliorare quanto invece lo possa il dialogo.
Perché da solo io vedo solo il frutto della mia esperienza, nel dialogo io ascolto altre esperienze e ascolto e traggo insegnamento, anche rifiutando o confutando, ma è pur sempre insegnamento.
Ho bisogno di parametrarmi con qualcosa o qualcuno per poter capire se miglioro o peggioro.
Noi siamo fatti per stare dei momenti con gli altri e altri momenti da soli. Questa dinamica permette di migliorare.

Il dialogo per essere fruttuoso deve avere un metodo che almeno inizialmente deve essere condiviso, diversamente ci si “parla addosso sputando sentenze”.
In verità siamo orgogliosi di ciò che crediamo, di quello che riteniamo sia giusto. E’ illusorio ritenere che una persona ammetta un errore, perché non è questo il punto, il fondamentale è dire qualcosa nelle maniere rispettose dovute e lasciare che quelle parole decantino dentro di noi e negli altri.
Il momento della riflessione, del raccoglimento delle nostre idee, è quello in cui riorganizziamo i nostri pensieri in funzione del libro che abbiamo appena letto, di un evento attuale, o di un dialogo appunto, ecc.
Non ci accorgiamo di cambiare, ma cambiamo spesso non per strappi culturali, ma per piccole acquisizioni avute e ascoltate da esperienze proprie e altrui.
La decantazione nella riflessione è simile al rito del tè , è l’essenza di un argomento quanto lo è di un fiore e lasciare che la mente ne sia corroborata.
Il nostro vissuto è il filtro di quell’essenza.

Indubbiamente condivisibile, ed è anche quello che da sempre capita a me, che inizialmente recepisco superficialmente idee e concetti che, se sono veramente profondi, a poco a poco vengono masticati, digeriti e metabolizzati e divengono parte di un patrimonio intellettuale che si sedimenta col tempo e costituisce la base su cui fondare una visione del mondo.
Ma queste cose possono accadere guardando un programma in TV (quasi mai), leggendo un libro (più spesso), magari ascoltando conversazioni altrui, o più di frequente rimanendo in silenzio e lasciando che dall'inconscio emergano da sole le intuizioni intellettuali che sovrastate dal chiacchiericcio quotidiano non hanno modo di manifestarsi.
In tutto ciò però il dialogo non c'entra, è un lavoro tutto interno all'inconscio e alla coscienza di ognuno, e al contrario di te penso che il dialogo (perlomeno come si presenta nel mondo attuale) è il metodo meno adatto per raggiungere quegli scopi. Non è con le esperienze altrui che si può imparare, perchè ognuno vivrà le medesime esperienze in modo diverso, e queste lasceranno in ogni persona tracce differenti, o anche nessuna traccia. Del resto il semplice accumulo di esperienze (vissute in proprio o da altri) non porta ad una vera e profonda conoscenza ma ad una superficiale.
Tutti i più grandi sapienti della terra di tutti i tempi non hanno mai auspicato il dialogo, ma dopo aver alimentato la propria sapienza e la propria consapevolezza in grande solitudine (spesso di molti anni) si rivolgevano agli uomini non per dialogare, ma per comunicare. Questi erano grandi maestri, non grandi conversatori, e anche se il loro insegnamento si manifestava attraverso lo scambio di idee e quindi tecnicamente con il dialogo, vi era comunque una evidente asimmetria nei ruoli, mentre invece il dialogo che si propone oggi è sempre fra "pari", e in questo caso l'atteggiamento dei contendenti, che si sentiranno ovviamente più "maestri" che "allievi", tenderà naturalmente all'irrigidimento sulle proprie posizioni.
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Vecchio 12-03-2014, 00.38.46   #18
donquixote
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Riferimento: Filosofia del dialogo

Citazione:
Originalmente inviato da gyta
Vorrei ancora soffermarmi su di un altro passaggio:


Le persone però a mio avviso non sono solo il risultato dell’esperienza del loro tempo culturale, storico..
c’è qualcosa di più profondo, di indefinibile che appartiene alla fonte stessa della percezione umana,
una coscienza che va oltre il rispecchiarsi entro un quadro del tempo e dell’insegnamento culturale..
c’è una voce profonda, sottile, quasi impalpabile talvolta, talvolta dall’aspetto apparente di una sotterranea intuizione,
una coscienza che è senso sopra i sensi.. percezione dentro le percezioni e che dona ad ognuno in qualsiasi tempo,
cultura e clima una sotterranea coscienza di essere.. parole che scritte così sembrano non poter indicare nulla..
eppure l’uomo è proprio questa voce sotterranea.. tutta l’identità che va cercando di comprendere in sé,
tutta la verità che cerca disperatamente di cogliere al di fuori non è che sfiorata e colta attraverso questo
senso interiore, questa voce sottile, una voce il cui linguaggio è ascolto “puro”.. non premeditazione di ascolto..
ma ascolto puro.. è una porta interiore all’animo umano che valica i confini del progetto-tempo e risiede in un apparente
buio che è differente luminosità.. differente percezione del colore.. differente sentire..
Questo senso dentro i sensi, questa percezione della percezione è l’anima prima, la psiche stessa
che illumina l’identità umana ben oltre l’apparente certezza di essere ciò che si crede di essere e si è
imparato ad essere..
Forse Acquario in poche parole ha reso meglio il nesso che io attraverso molte ho cercato di dipingere..
Perciò non crediamo così e solo ciecamente che la storia sia l’uomo e l’uomo sia della storia e per la storia..
questa apparente logica potrebbe portare l’indagine al punto di stallo di una certezza sulla ragione umana
che seppellisce l’intelligenza come mero sviluppo di un apprendimento condizionato legato a doppio filo
con il linguaggio apparente della coscienza intellettuale di riferimento culturale di un’epoca.. Ma se questo
è anche vero non è il solo aspetto in cui questa coscienza fa esperienza di sé e del suo lume interiore..
Non tenerne conto significherebbe a mio avviso espropriare l’uomo della sua stessa anima ovvero della sua
medesima imprescindibile individualità..


Se posso sintetizzare brutalmente, quel che mi è parso di capire da quanto scrivi (e da quanto scrive anche acquario69) è che il dialogo non serve a nulla, poichè l'ascolto di cui voi parlate è innanzitutto l'ascolto di sé, e se è così non posso che condividere questa impostazione. Concordo anche sul fatto che le persone non sono solo il prodotto del mondo in cui vivono (anche se Vico comunque un po' di ragione l'aveva) ma il mondo in cui vivono condiziona il loro manifestarsi. Le stesse persone in tempi e luoghi diversi avrebbero manifestato potenzialità diverse compatibili con il luogo, il tempo e la cultura in cui si sarebbero trovati a vivere, pur rimanendo essenzialmente le medesime persone.

Dunque se lo scopo era di mostrare che l'idea moderna di utilizzare il dialogo (fra pari) come metodo prevalente e quasi esclusivo per risolvere i problemi è una insensatezza questo appare tutto sommato chiaro, e il dialogo può aver senso solo se vi è una evidente e riconosciuta disparità di livello fra i "dialoganti", tanto è vero che nei dialoghi ad "alto livello" come ad esempio quelli fra nazioni, ciò che viene messa in campo non è una ragione o un torto, ma una potenza (solitamente militare o economica) che fa necessariamente pendere l'ago della bilancia dalla parte del "potente" di turno.
Ma a questo punto allora è pura ipocrisia anche solo chiamarlo dialogo.
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Vecchio 12-03-2014, 06.19.23   #19
acquario69
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Riferimento: Filosofia del dialogo

Citazione:
Originalmente inviato da paul11
C’è chi ritiene che la verità sia dentro di noi, chi ritiene che sia fuori di noi, e chi ritiene che tutto sia relativo.
Forse hanno ragione un po’ tutti.

Forse hanno ragione un po tutti,perché la Verita,non e' ne dentro,ne fuori di noi e non e' nemmeno relativa.
penso che queste siano le nostre rappresentazioni mentali,che ci fanno "vedere"
un fuori e un dentro."noi siamo",oltre a tutto questo...non posso aggiungere altro perché trovo che sia impossibile poterla menzionare…ma sentire forse si..

tornando nello specifico al tema del dialogo e ricollegandomi alla parola sentire ho trovato su internet un trafiletto che riporto secondo me molto interessante

Nella lingua anglosassone infatti esistono due vocaboli distinti, solo per fare un esempio, che traducono il verbo sentire; uno è to hear, usato per definire l’atto fisico di sentire qualcosa con le orecchie, l’altro è to feel, che invece indica il sentire nel senso di sentimento.
Ma vi sono anche altri significati per questa parola. Sentire nel senso di “percepire” qualcosa, ad esempio. In questo caso ci viene in aiuto ancora una volta il latino, che ci spiega brillantemente l’etimologia di questo termine.
Pecepire viene infatti da “percipio“, composto dalla particella “per” (attraverso, per mezzo di) e il verbo “capio” ovvero “prendere“, nel senso di “intendere“. Il significato originale potrebbe quindi essere tradotto con “intendere attraverso“. Percepire diventa quindi intendere in sè, nel senso di “lasciarsi attraversare“
Ecco che il sentire,ovvero la percezione,si svelano come quel modo assai difficile di apprendere, lasciandosi attraversare, prendendo in sè qualcosa
acquario69 is offline  
Vecchio 12-03-2014, 09.00.59   #20
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Riferimento: Filosofia del dialogo

Citazione:
Originalmente inviato da acquario69

Nella lingua anglosassone infatti esistono due vocaboli distinti, solo per fare un esempio, che traducono il verbo sentire; uno è to hear, usato per definire l’atto fisico di sentire qualcosa con le orecchie, l’altro è to feel, che invece indica il sentire nel senso di sentimento.

Facendo riferimento al passo che hai citato io trovo più corretto e sensato utilizzare i verbi listen e understand. Il primo nel senso di ascoltare (in modo più profondo di hear, come see vedere é più profondo di watch guardare) e il secondo nel senso di comprendere e quindi "prendere con sé", "fare proprio un qualcosa". Understand significa letteralmente "stare sotto" ed é quindi un comprendere che funge da fondamento, quasi una ipostasi plotiniana. Percepire invece è più superficiale, e capio (capienza, capiente) evoca più un vuoto che viene riempito da percezioni, e quindi lo ricondurrei più all'attività della memoria che può apprendere tante cose senza però comprenderne veramente nessuna.
donquixote is offline  

 



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