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Vecchio 30-08-2014, 10.20.07   #1
elsire
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Sogni e realtà.

Quale è la definizione di "reale"?
"In effetti, se per reale ci riferiamo a quello che percepiamo, a quello che possiamo odorare, toccare e vedere, quel "reale" sono semplici segnali elettrici interpretati dal cervello."
Questa è la definizione tratta dal film “Matrix” ed è enunciata da Morpheus a Neo, nel momento in cui tenta di spiegargli la vera natura di Matrix, un’elaborata neuro-simulazione virtuale concepita per sfruttare l’energia corporea degli inconsapevoli esseri umani.
Il problema è che lo stesso cervello viene da noi "immaginato" attraverso la mente, perchè tutto quello che ne sappiamo (fotografie delle circonvoluzioni della corteccia, articoli scientifici ecc.), sarebbero anche essi "semplici segnali elettrici interpretati dal cervello."
Gli stessi "segnali elettrici", in verita', non vengono direttamente percepiti, ma sono il frutto di un'inferenza, basata su quanto la nostra mente -presume- di aver "percepito" dalla lettura di libri, dalla visione di documentari o dall'ascolto delle lezioni di alcuni professori; in realtà, la stessa "percezione" tramite lettura, visione o ascolto, è una illazione, perchè, stringi stringi, si tratta sempre di mere rappresentazioni mentali, che noi, "supponiamo" derivare da oggetti esterni.
Al riguardo, Schopenhauer osservava che dopo che la “realtà” si è rivelata come rappresentazione del soggetto, diventa molto difficile distinguerla dal sogno (Il mondo come volontà e rappresentazione, I, 5).
In effetti, esiste un criterio sicuro per distinguere sogno e realtà, allucinazioni ed oggetti reali?
Far riferimento alla minor vivacità e chiarezza dell’immagine sognata rispetto a quella reale non è corretto; dato che nessuno ancora ha avuto presenti contemporaneamente l’uno e l’altro per confrontarli, ma si può confrontare soltanto il ricordo del sogno con la realtà presente.
Idem dicasi per la paradossalita' di alcuni sogni; che ti appare tale solo quando ti svegli.
O,addirittura, quando ti "svegli" in un altro "sogno", credendo di esserti destato nella "vera" veglia.
In proposito Kant dice: “Il rapporto delle rappresentazioni fra di loro secondo la legge della causalità distingue la vita dal sogno”.
Però, anche nel sogno ciascun particolare dipende parimenti in tutte le sue forme dal principio di ragione, e questo si "interrompe" fra la vita e il sogno e/o fra i singoli sogni, in cui ci risvegliamo da altri sogni.
Il solo criterio sicuro per distinguere il sogno dalla realtà, in effetti, è quello del risveglio, laddove il nesso causale fra le circostanze sognate e quelle della vita cosciente, viene espressamente e sensibilmente spezzato.
Ma, come sopra detto, ciò avviene anche quando, da un sogno, ci svegliamo in un altro sogno, che ci sembra a tutti gli effetti la realta'; e ciò può addirittura avvenire "a catena".
Quale è, allora, l'ultimo effettivo risveglio.
La cosiddetta "illuminazione"?
O la morte?
"Ma quali sogni possano venirci in quel sonno della morte, dovrebbe farci riflettere", diceva Amleto nel suo famoso monologo.
Calderon de la Barca, era preso cosí profondamente da questa tematica, che cercò di esprimerla in una rappresentazione teatrale: "La vita è sogno".
Secondo la Mandukya Upanishad, infine, quattro sono gli stati della coscienza: veglia, sonno con sogni, sonno profondo, e il quarto stato, nel quale si sperimenta la beatitudine della non-dualità.
Ed in effetti, nè la veglia nè il sogno sono del tutto illusori...perchè esistono e noi li sperimentiamo; sia pure con modalità che a noi sembrano diverse.
Forse la vera illusione siamo "noi", nel momento in cui contrapponiamo soggetti ed oggetti distinti in un mondo che ci appare molteplice.
E che invece, magari, è solo UNO.
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Vecchio 30-08-2014, 15.57.56   #2
sgiombo
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Riferimento: Sogni e realtà.

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Originalmente inviato da elsire
Quale è la definizione di "reale"?
"In effetti, se per reale ci riferiamo a quello che percepiamo, a quello che possiamo odorare, toccare e vedere, quel "reale" sono semplici segnali elettrici interpretati dal cervello."

(omissis)

Ed in effetti, nè la veglia nè il sogno sono del tutto illusori...perchè esistono e noi li sperimentiamo; sia pure con modalità che a noi sembrano diverse.
Forse la vera illusione siamo "noi", nel momento in cui contrapponiamo soggetti ed oggetti distinti in un mondo che ci appare molteplice.
E che invece, magari, è solo UNO.

Stati di coscienza costituiti da sensazioni sono l' unica realtà di cui possiamo essere certi (se e quando li avvertiamo).
E sono reali unicamente in quanto (costituiti da) sensazioni (materiali: "oggetti della vista, udito, tatto, propiocezione, enterocezione, olfatto, gusto; oppure mentali: ricordi, concetti, nozioni, pensieri, giudizi o predicati o credenze, sentimenti, desideri, volizioni, soddisfazioni o piaceri, insoddisfazioni o dolori, ecc.).

Se qualcosa di reale esiste (anche) allorché queste sensazioni non accadono nella nostra coscienza (gli oggetti e il soggetto di queste sensazioni fenomeniche coscienti), allora non può essere costituito dalle medesime sensazioni fenomeniche coscienti, pena la caduta in una patente autocontraddizione (l' affermare contemporaneamente che tali sensazioni, materiali e/o mentali -ovvero i loro "contenuti", dei quali esse sono costituiti- accadono realmente -anche- allorché non accadono realmente).
Non può trattarsi che di "qualcosa di congetturabile" (letteralmente, dal greco, "noumeno") e non "percepibile sensitivamente", cioé apparente (letteralmente, dal greco, "fenomeno").

Quello che si può ragionevolmente ipotizzare (non dimostrare) é solo che fenomeni materiali e fenomeni mentali siano "determinati eventi nell' ambito delle esperienze coscienti che ne sono costituite per così dire corrispondenti per filo e per segno a determinati eventi nell' ambito del noumeno" (non essendo direttamente conoscibili -al contrario dei fenomeni- non se ne può parlare che in maniera inevitabilmente "oscura" e "vaga": di qui le virgolette); e in particolare che certe "circostanze" proprie di determinate particolarissime "entità o eventualità noumeniche coscienti", a ciascuna delle quali corrisponde un' esperienza fenomenica cosciente, siano tali che a determinati "rapporti di ciascuna di esse con se stessa" vi corrispondano (nella rispettiva esperienza fenomenica cosciente) determinate sensazioni mentali; mentre a determinati "rapporti di ciascuna di esse con altre da essa diverse entità o eventualità noumeniche non necessariamente particolarissime (qualsiasi)" vi corrispondano (nella rispettiva esperienza fenomenica cosciente delle prime "particolarissime entità o eventualità noumeniche coscienti") determinate sensazioni materiali.
In questo modo determinati eventi neurofisiologici presenti in un certo cervello (reali in quanto insiemi di sensazioni fenomeniche materiali, almeno potenzialmente e di fatto solitamente indirettamente: deducibili da altre osservazioni dirette grazie alla scienza e alla tecnica), per esempio nel "mio cervello" nell' ambito della "tua" coscienza, corrispondono determinati eventi di coscienza (mentali o anche materiali a seconda dei casi) nell' ambito di un' altra diversa esperienza fenomenica cosciente (in questo esempio la "mia").

Mi sembra di poter affermare che l’ accadere di un fatto paradossale (almeno in apparenza), il “paradosso delle moderne neuroscienze, come lo potremmo chiamare, cioè il fatto che i notevolissimi progressi compiuti nella spiegazione scientifica del funzionamento cerebrale e delle correlazioni fra funzionamento cerebrale (o meglio determinati casi ed eventi nell’ ambito del funzionamento cerebrale) ed esperienza cosciente non sembrano minimamente avvicinarci alla soluzione del problema “ontologico” (in che cosa consistono? Come vanno intesi?) dei rapporti mente cervello (o più in generale materia/pensiero).

Perché?

Credo perché i cultori delle neuroscienze e la maggior parte dei cultori della filosofia della mente pongono malamente la questione, in termini scorretti ed errati (ed è ovvio che a un problema mal posto non si può trovare alcuna soluzione corretta e veritiera).
I monisti materialisti attaccano il dualismo cartesiano, che è una posizione più che rispettabile nell’ ambito della storia della filosofia occidentale ma è da gran tempo superato, pretendendo che sia l’ unico dualismo possibile, l’ unica alternativa praticabile al riduzionismo del mentale al cerebrale, o alla “sopravvenienza” oppure all’ “emergenza” di quello su questo o ancora alla pretesa ed evidentissimamente falsa eliminazione di quello dalla realtà di fatto oggetto di immediata constatazione empirica (a seconda della variante di monismo materialistico che propongono) e ignorano altre possibili forme di dualismo più attuali e meno attaccabili: così facendo si scelgono un avversario di comodo “di una categoria o serie chiaramente minore” con il quale disputare partite a senso unico e dall’ esito scontato, e pretendono di essere campioni per il fatto che le loro prestazioni sono nettamente superiori a quelle di qualche mediocre “sparring partner”.

Ciò che conta in filosofia della mente non è il fatto, alquanto ovvio e banale, che non c’ è nessuno “spettro nella macchina”, bensì quello, profondo e non affatto banale, non immediatamente evidente, che “la macchina è nello spettro”.

L’ esperienza cosciente ma non è né sopra, né sotto, né di lato e men che meno all’ interno del cervello osservato “dall’ esterno” (da altri soggetti di coscienza; e che è fatto unicamente di neuroni, cellule gliali, assoni, sinapsi, attraverso i quali avvengono conduzioni di impulsi elettrici lungo vie e centri nervosi, eccitazioni, inibizioni, trasmisioni sinaptiche, ecc. e non affatto di qualia materiali o mentali, dai quali l’ esperienza cosciente è invece costituita): è quest’ ultimo -il cervello percepito da altri osservatori- ad essere nella coscienza di chi lo osserva e non viceversa (se l’ esperienza cosciente fosse nel cervello, il quale -con il comportamento cosciente che dirige, che determina- è nell’ esperienza cosciente di chi lo osserva, allora l’ esperienza cosciente -dell' osservato- sarebbe in un’ altra esperienza cosciente -dell' osservatore-; e allora assurdamente sarebbe solo una parte dell’ esperienza cosciente dell’ osservatore e non l’ esperienza cosciente dell’ osservato).

Sono convinto che se non si compie questa “rivoluzione copernicana”, se non si capisce che non è la coscienza nel cervello ma invece il cervello nella coscienza (di chi lo osserva; anche se spesso solo potenzialmente, e di fatto indirettamente, tramite l' imaging neurofisiologico) e che le coscienze, le esperienze coscienti sono (insiemi e successioni di) eventi reali bensì correlati intersoggettivamente nella loro componente materiale esterna, ma comunque reciprocamente separate, discontinue, “universi fenomenici” (fatti di percezioni interne-mentali ed esterne-materiali) reciprocamente chiusi, trascendenti, seppur divenienti per così dire “in parallelo”, su “piani ontologici” diversi, in modo per l’ appunto correlato, la filosofia della mente (e anche le neuroscienze nella misura in cui pretendono di affrontare il problema piuttosto filosofico che scientifico dei rapporti materia/pensiero) é necessitata a brancolare nel buio del “mistero”.

Se non ci si pone la domanda giusta (nel modo corretto), per quanti sforzi si facciano, non è possibile dipanare “il mistero” e cogliere la risposta vera (come infatti accadeva agli evoluzionisti pre-darwinaini, che postulavano e pretendevano invano di provare la trasmissione ereditaria dei caratteri acquisiti; e se non fossero arrivati Darwin e Wallace sarebbero ancora lì a brancolare nel buio del "mistero dell' evoluzione biologica").
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Vecchio 30-08-2014, 22.04.56   #3
and1972rea
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Riferimento: Sogni e realtà.

Il grande bug nel perfetto mondo di matrix è che la realtà, anche se virtuale, rimane pur sempre un effetto reale di dispositivi reali che agiscono nel reale, e, quindi, la realtà virtuale di matrix rimane connessa e modificabile dalle strutture reali che pilotano i cervelli in vasca, ma anche queste strutture reali rimangono logicamente connesse e modificabili a partire dalla stessa realtà virtuale che esse generano. Lo stesso tema ricorre nel soggettivismo tedesco ; io e nonio, fenomeno e noumeno, sogno e realtà , soggetto e oggetto non vengono mai distinti in modo razionalmente spiegabile, la realtà fenomenica rimane misteriosamente ed intimamente legata alla ineffabile , indicibile realtà noumenica, il soggetto continua quasi ad essere determinato oggettivamente e viceversa, insomma, il soggettivismo non riesce a costringere il reale nel soggetto senza ricorrere a quello che soggetto non è. Bisogna attendere l'idealismo hegeliano per cancellare la dicotomia evanescente fra soggetto ed oggetto, fra razionale e reale, la realtà diventa una e una sola, il soggetto verrà a coincidere con l'oggetto, e il reale biunivocamente con il razionale.
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Vecchio 30-08-2014, 23.28.42   #4
maral
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Riferimento: Sogni e realtà.

Reale è l'esserci dell'essente per come è, il dasein che implica il suo apparire. Reale è pure il sogno che è un sogno, l'illusione che è un'illusione, senza pretendere di essere altro da ciò che sono.
Il binomio mente cervello è fuorviante quanto quello spirito materia, poiché il cervello è solo un aspetto della mente che a mezzo di esso crea un'immagine cosciente, un'apparizione. E questa apparizione immediata ci sta davanti in una ineluttabilità in cui il soggetto è nascosto e non ha pretese di determinazioni su di essa. Il soggetto nasce dalla disponibilità di questa immagine, disponibilità a farsi vedere, riconoscere, afferrare, trattenere, rappresentare, desiderare e volere perché il soggetto è proprio colui che vede, riconosce, afferra, trattiene, rappresenta, desidera e vuole in prima persona laddove c'è un altro, ma può apparire solo come immagine riflessa di ciò che c'è e si presenta.
Reale è un unico mondo che vuole conoscersi apparendo a se stesso e può farlo solo sdoppiandosi in un oggetto e un soggetto di conoscenza e accetta di sopportarne il dolore della lacerazione, non può farne a meno per rappresentarsi per quello che è e godere di quello che è.
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Vecchio 31-08-2014, 06.00.03   #5
leibnicht
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Riferimento: Sogni e realtà.

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Originalmente inviato da elsire
Quale è la definizione di "reale"?
"In effetti, se per reale ci riferiamo a quello che percepiamo, a quello che possiamo odorare, toccare e vedere, quel "reale" sono semplici segnali elettrici interpretati dal cervello."
Questa è la definizione tratta dal film “Matrix” ed è enunciata da Morpheus a Neo, nel momento in cui tenta di spiegargli la vera natura di Matrix, un’elaborata neuro-simulazione virtuale concepita per sfruttare l’energia corporea degli inconsapevoli esseri umani.
Il problema è che lo stesso cervello viene da noi "immaginato" attraverso la mente, perchè tutto quello che ne sappiamo (fotografie delle circonvoluzioni della corteccia, articoli scientifici ecc.), sarebbero anche essi "semplici segnali elettrici interpretati dal cervello."
Gli stessi "segnali elettrici", in verita', non vengono direttamente percepiti, ma sono il frutto di un'inferenza, basata su quanto la nostra mente -presume- di aver "percepito" dalla lettura di libri, dalla visione di documentari o dall'ascolto delle lezioni di alcuni professori; in realtà, la stessa "percezione" tramite lettura, visione o ascolto, è una illazione, perchè, stringi stringi, si tratta sempre di mere rappresentazioni mentali, che noi, "supponiamo" derivare da oggetti esterni.
Al riguardo, Schopenhauer osservava che dopo che la “realtà” si è rivelata come rappresentazione del soggetto, diventa molto difficile distinguerla dal sogno (Il mondo come volontà e rappresentazione, I, 5).
In effetti, esiste un criterio sicuro per distinguere sogno e realtà, allucinazioni ed oggetti reali?
Far riferimento alla minor vivacità e chiarezza dell’immagine sognata rispetto a quella reale non è corretto; dato che nessuno ancora ha avuto presenti contemporaneamente l’uno e l’altro per confrontarli, ma si può confrontare soltanto il ricordo del sogno con la realtà presente.
Idem dicasi per la paradossalita' di alcuni sogni; che ti appare tale solo quando ti svegli.
O,addirittura, quando ti "svegli" in un altro "sogno", credendo di esserti destato nella "vera" veglia.
In proposito Kant dice: “Il rapporto delle rappresentazioni fra di loro secondo la legge della causalità distingue la vita dal sogno”.
Però, anche nel sogno ciascun particolare dipende parimenti in tutte le sue forme dal principio di ragione, e questo si "interrompe" fra la vita e il sogno e/o fra i singoli sogni, in cui ci risvegliamo da altri sogni.
Il solo criterio sicuro per distinguere il sogno dalla realtà, in effetti, è quello del risveglio, laddove il nesso causale fra le circostanze sognate e quelle della vita cosciente, viene espressamente e sensibilmente spezzato.
Ma, come sopra detto, ciò avviene anche quando, da un sogno, ci svegliamo in un altro sogno, che ci sembra a tutti gli effetti la realta'; e ciò può addirittura avvenire "a catena".
Quale è, allora, l'ultimo effettivo risveglio.
La cosiddetta "illuminazione"?
O la morte?
"Ma quali sogni possano venirci in quel sonno della morte, dovrebbe farci riflettere", diceva Amleto nel suo famoso monologo.
Calderon de la Barca, era preso cosí profondamente da questa tematica, che cercò di esprimerla in una rappresentazione teatrale: "La vita è sogno".
Secondo la Mandukya Upanishad, infine, quattro sono gli stati della coscienza: veglia, sonno con sogni, sonno profondo, e il quarto stato, nel quale si sperimenta la beatitudine della non-dualità.
Ed in effetti, nè la veglia nè il sogno sono del tutto illusori...perchè esistono e noi li sperimentiamo; sia pure con modalità che a noi sembrano diverse.
Forse la vera illusione siamo "noi", nel momento in cui contrapponiamo soggetti ed oggetti distinti in un mondo che ci appare molteplice.
E che invece, magari, è solo UNO.

Si chiama "veglia" e può essere misurato dal tracciato EEG fin dal 1937.
Il "determinante" concettuale, invece, non ha misure, né strumenti di indagine.
Ciò che tu ritieni di aver vissuto e ciò che ritieni aver sognato non possono essere distinti strumentalmente.
Io suggerisco il criterio (del tutto non Kantiano) della "coerenza".
Nell'attività onirica i contenuti sono legati tra loro da livelli di coerenza eccessivi, mentre la realtà impone aspettative (positive o negative) molto limitate.
Se nella vita di ogni giorno io parlo con i miei gatti, per esempio, non mi aspetto che essi rispondano. Dentro un sogno ciò può avvenire.
Se sogno l'eruzione di un vulcano, essa avviene in modo coerente con l'idea e l'esperienza che posseggo rispetto all'eruzione di un vulcano.
Se vedo una ragazza che mi pare bella, lei non mi respingerà perché non vuole stare con me, ma solo perché il mio amico le piace di più... etc. etc.
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Vecchio 31-08-2014, 07.57.09   #6
elsire
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Vi ringrazio tutti per i vostri interessanti interventi, i quali, come è giusto che sia, approcciano la questione da diversi punti di vista.
In fondo, siamo tutti come quei due pellerossa ciechi, trasportati in India, che incontrano un elefante.
Tu tocchi la coda, e sostieni che e' una vipera.
Io tocco la proboscide, e sostengo che, invece, e' un pitone.
La verita' è come quell'elefante: ciascuno di noi l'interpreta a modo suo, a seconda da dove e da come la prende in considerazione.
Ma non vuol dire che essa non esiste.
Magari, un giorno, i due pellerossa riacquistano la vista e vedono lo stesso elefante.
Magari basta "svegliarsi".
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Vecchio 31-08-2014, 17.49.52   #7
paul11
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Originalmente inviato da elsire
Quale è la definizione di "reale"?
"In effetti, se per reale ci riferiamo a quello che percepiamo, a quello che possiamo odorare, toccare e vedere, quel "reale" sono semplici segnali elettrici interpretati dal cervello."
Questa è la definizione tratta dal film “Matrix” ed è enunciata da Morpheus a Neo, nel momento in cui tenta di spiegargli la vera natura di Matrix, un’elaborata neuro-simulazione virtuale concepita per sfruttare l’energia corporea degli inconsapevoli esseri umani.
Il problema è che lo stesso cervello viene da noi "immaginato" attraverso la mente, perchè tutto quello che ne sappiamo (fotografie delle circonvoluzioni della corteccia, articoli scientifici ecc.), sarebbero anche essi "semplici segnali elettrici interpretati dal cervello."
Gli stessi "segnali elettrici", in verita', non vengono direttamente percepiti, ma sono il frutto di un'inferenza, basata su quanto la nostra mente -presume- di aver "percepito" dalla lettura di libri, dalla visione di documentari o dall'ascolto delle lezioni di alcuni professori; in realtà, la stessa "percezione" tramite lettura, visione o ascolto, è una illazione, perchè, stringi stringi, si tratta sempre di mere rappresentazioni mentali, che noi, "supponiamo" derivare da oggetti esterni.
Al riguardo, Schopenhauer osservava che dopo che la “realtà” si è rivelata come rappresentazione del soggetto, diventa molto difficile distinguerla dal sogno (Il mondo come volontà e rappresentazione, I, 5).
In effetti, esiste un criterio sicuro per distinguere sogno e realtà, allucinazioni ed oggetti reali?
Far riferimento alla minor vivacità e chiarezza dell’immagine sognata rispetto a quella reale non è corretto; dato che nessuno ancora ha avuto presenti contemporaneamente l’uno e l’altro per confrontarli, ma si può confrontare soltanto il ricordo del sogno con la realtà presente.
Idem dicasi per la paradossalita' di alcuni sogni; che ti appare tale solo quando ti svegli.
O,addirittura, quando ti "svegli" in un altro "sogno", credendo di esserti destato nella "vera" veglia.
In proposito Kant dice: “Il rapporto delle rappresentazioni fra di loro secondo la legge della causalità distingue la vita dal sogno”.
Però, anche nel sogno ciascun particolare dipende parimenti in tutte le sue forme dal principio di ragione, e questo si "interrompe" fra la vita e il sogno e/o fra i singoli sogni, in cui ci risvegliamo da altri sogni.
Il solo criterio sicuro per distinguere il sogno dalla realtà, in effetti, è quello del risveglio, laddove il nesso causale fra le circostanze sognate e quelle della vita cosciente, viene espressamente e sensibilmente spezzato.
Ma, come sopra detto, ciò avviene anche quando, da un sogno, ci svegliamo in un altro sogno, che ci sembra a tutti gli effetti la realta'; e ciò può addirittura avvenire "a catena".
Quale è, allora, l'ultimo effettivo risveglio.
La cosiddetta "illuminazione"?
O la morte?
"Ma quali sogni possano venirci in quel sonno della morte, dovrebbe farci riflettere", diceva Amleto nel suo famoso monologo.
Calderon de la Barca, era preso cosí profondamente da questa tematica, che cercò di esprimerla in una rappresentazione teatrale: "La vita è sogno".
Secondo la Mandukya Upanishad, infine, quattro sono gli stati della coscienza: veglia, sonno con sogni, sonno profondo, e il quarto stato, nel quale si sperimenta la beatitudine della non-dualità.
Ed in effetti, nè la veglia nè il sogno sono del tutto illusori...perchè esistono e noi li sperimentiamo; sia pure con modalità che a noi sembrano diverse.
Forse la vera illusione siamo "noi", nel momento in cui contrapponiamo soggetti ed oggetti distinti in un mondo che ci appare molteplice.
E che invece, magari, è solo UNO.


Affascinante e complesso argomento.
E' un problema di linguaggi che a sua volta pone problematiche epistemiche e ontologiche, come mi pare tutti gli interventi a loro modo implicitamente o esplicitamente hanno sottolineato.
Quando scientificamente un'onda elettromagnetica viene recepita dai recettori sensoriali e trasmessa con i nervi al cervello a questo punto avviene un interfacciamento di linguaggi, quella dicotomia cervello/mente che ha sottolineato Sgiombo.
L'ignoranza (in senso nobile) dell'umanità è proprio nella suddivisone dei linguaggi. La scienza diventa ingenua quando su queste argomentazioni si pone in termini riduzionistici e/o fisicalisti. Beninteso che a mio parere la scienza è la prima disciplina di cui tener conto quando si trattano questi argomenti, diversamente il rischio è parlare del sesso degli angeli.
Quindi mi sta bene l'imaging neurocerebrale, ma l'energia elettromagnetica non è l'energia di un simbolo o significato del linguaggio sociale umano o dei sogni. Si possono vedere negli studi anche del sonno le diverse fasi e verificarne gli andamenti delle onde alfa, beta , teta. Ma siamo ancora alla mancanza di una legge ponte che implicherebbe una coerenza trasformativa dall'energia fisica a una energia concettuale, simbolica.
La scienza,almeno quella diciamo classica, è comunque legata ad uno spazio tempo, il sogno no.

Quindi il reale non può che essere un modello rappresentativo affinabile e perfettibile per le scienze che con le strumentazioni hanno esteso il linguaggio sensitivo ad esempio dagli infrarossi ai raggi gamma:ma siamo ancora all'interno di un linguaggio storicamente dato.

Il linguaggio umano dalla semiotica alla logica proposizionale, lavora su type, token, su inferenze, deduzioni, ecc. E' un linguaggio comunque di simboli, segni e significati interpretabili storicamente da una cultura.
Laddove la scienza predittiva osserva un fenomeno e alza il livello di probabilità per costruire una legge, il linguaggio umano e socializzato comunica la sua esperienza reiterata nel tempo definendo a sua volta delle leggi legate ad un "sistema esperto". Quindi la prima si dedica ad una osservazione fisica e linguisticamente sceglie la quantificazione, l'altra comunica con un linguaggio più plastico e "deformabile", meno matematico ma più "comprensivo" anche se ambiguo, perchè allarga i domini linguistici.
Per essere chiari, lo scienziato non può andare più in là dell'osservazione strumentale, il filosofo anche analitico del linguaggio, o i filosofi "classici" si pongono domande fra rapporto coerenza, correlazione fra mondo fisico, psichico e pur anche spirituale entrando in concetti come coscienza.

A mio parere la filosofia della mente è molto intricata poichè è quì che entrano in correlazione scienza e filosofia con i loro limiti costruendo parecchie posizioni. Ma potrebbe essere anche un terreno fertile se la scienza non entra in posizioni riduttiviste e fisicaliste.

La realtà non ha possibilità certa di essere "svelata", è comunque interpretazione. Non possiamo dare un valore assoluto ad una realtà (fatto 100) e dire noi conosciamo ad esempio il settanta per cento di questa.
Perchè il problema è endemico alla natura umana e al suo linguaggio, cioè noi continuiamo a conoscere quella realtà con un nostro linguaggio che si modifica adattandosi e non importa se la scelta sia fisica o psichica o quant'altro.

Non ci rimane allora che chiederci : quella realtà e i concetti ontologici ed epistemici, mi aiutano a comprendere il mondo e vivere meglio?
Sono d'accordo che le dicotomie generalmente portano a sofferenza umana, perchè ciò di cui non sappiamo ed è ignoto, crea paure, ansie, incomprensione e quindi le viviamo male, allora forse ci sarebbe da augurare che quanto meno i diversi linguaggi "si parlino" e non si dicotimizzino, a partire dalle discipline linguistiche.

Ma sono quasi convinto (mi rimane sempre l’esercizio del dubbio) che esista una coerenza nei vari domini verso una unicità, ancora inesplicabili nel nostro tempo, ma qualcosa si mostra.

Ad esempio, nel sogno leghiamo uno stato emotivo ad un evento senza necessariamente uno spazio tempo e lo viviamo seppur nel sogno ma anche con le stesse intensità emotive. Da coscienti la differenza rispetto al sogno è che noi uno stato emotivo legato ad un evento rimane finchè quell’evento scompare e non nella durata del sogno.Quindi è il tempo come fattore che condiziona i due ,diciamo, domini. La vita cosciente spezza momentaneamente quel sogno risvegliandoci ad una realtà più fisica con le sue condizioni

Ma che noi viviamo in una matrix, in un cervello in una vasca o in questa realtà sono gli stati emotivi legati agli eventi che ci permettono di discriminare non tanto la realtà quanto il fatto che viviamo,che continuiamo cioè linguisticamente ad interagire con eventi e a parer mio questo è l’importante.
Ma sappiamo anche che noi trasliamo il mondo dei simboli e significati concettuali della nostra realtà quotidiana nel mondo psichico dei simbolismi del sogno e il nostro cervello fisicamente reagisce biochimicamente, vuol dire che questi domini “si parlano”,si correlano.

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Vecchio 02-09-2014, 23.12.17   #8
maral
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Ritornando all'esempio citato da Matrix, ammettiamo che ci sia un cervello immerso in una vasca a cui vengano forniti degli impulsi elettrici da una macchina ad esso collegata in modo da fargli immaginare un mondo in cui esso si identifica come un essere umano che interagisce. Dunque, in questa riedizione in chiave tecnologica del mito della caverna platonico abbiamo una realtà della macchina e del cervello e l'illusione dell'interazione dell'uomo con il mondo che gli appare. Ma la realtà e l'illusione per chI? Non per il cervello che continuerebbe a pensare di essere realmente un uomo integro in un mondo vero. Per la macchina forse? E se la macchina fosse a sua volta il prodotto immaginativo di un uomo che interagisce con il suo mondo (come in effetti ci appare che sia)? Dovremmo ipotizzare quindi un osservatore esterno che dalla sua posizione privilegiata vede come stanno davvero le cose. Ma chi potrà mai essere questo osservatore esterno? E' qualcuno di reale o qualcuno che è sognato dallo stesso cervello sognante? Dove trova il cervello sognante il suo fondamento? Quel fondamento che lo fa sentire IO?
Non credo che in questo modo ci sia alcuna possibilità per privilegiare una realtà a un'altra o un sogno rispetto a un altro.
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Vecchio 07-09-2014, 08.17.42   #9
elsire
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Citazione:
Originalmente inviato da leibnicht
Si chiama "veglia" e può essere misurato dal tracciato EEG fin dal 1937.
Il "determinante" concettuale, invece, non ha misure, né strumenti di indagine.
Ciò che tu ritieni di aver vissuto e ciò che ritieni aver sognato non possono essere distinti strumentalmente.
Io suggerisco il criterio (del tutto non Kantiano) della "coerenza".
Nell'attività onirica i contenuti sono legati tra loro da livelli di coerenza eccessivi, mentre la realtà impone aspettative (positive o negative) molto limitate.
Se nella vita di ogni giorno io parlo con i miei gatti, per esempio, non mi aspetto che essi rispondano. Dentro un sogno ciò può avvenire.
Se sogno l'eruzione di un vulcano, essa avviene in modo coerente con l'idea e l'esperienza che posseggo rispetto all'eruzione di un vulcano.
Se vedo una ragazza che mi pare bella, lei non mi respingerà perché non vuole stare con me, ma solo perché il mio amico le piace di più... etc. etc.


Se esista realmente un tracciato EEG, in effetti, io non lo so; ho solo sperimentato immagini mentali di libri e documentari che ne parlavano.
Nient'altro.
Quanto alla veglia, l'ho sperimentata anche sognando...svegliandomi da un sogno in un altro; e tutto mi sembrava perfettamente coerente.
Non dico che sia tutto una illusione; niente affatto.
Dico solo che è tutto reale...ma precipuamente mentale.
E non dico, ovviamente, della mia mente individuale (sennò sarei da ricoverare), bensì di una Mente che sottende il mio minuscolo io individuato.
Anche quello, infatti, è un'immagine mentale.

Qua
elsire is offline  
Vecchio 08-09-2014, 09.20.58   #10
acquario69
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Riferimento: Sogni e realtà.

e se sogno e realtà fossero anch'essi complementari ad un unico fenomeno simultaneo,così come il giorno con la notte,la contrazione con l'espansione,l'interno e l'esterno..la vita con la morte?

se cio che esiste,esiste in virtù del fatto che ve ne sia un altra "opposta"..perche noi dovremmo fare eccezione?

significativa la famosa storiella zen in proposito;

una volta il grande maestro maoista chuang tzu sogno di essere una farfalla che si librava nell'aria.
nel sogno egli non aveva nessuna consapevolezza della propria individualità di essere umano.
era solamente una farfalla.
improvvisamente si sveglio' ritrovandosi disteso sul suo giaciglio,di nuovo un essere umano.
ma allora egli riflette': "ero prima un uomo che sognava di essere una farfalla,o sono adesso una farfalla che sogna di essere un uomo"
acquario69 is offline  

 



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