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Filosofia - Forum filosofico sulla ricerca del senso dell’essere.
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Vecchio 15-01-2015, 15.39.34   #1
vjc
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Possibilità dell'essere

Nel suo primo rapporto con sé l’essere è immediatamente identico a sé. Si parla in tal senso di identità; di un rapporto di “identico a sé”.
Questa modalità di rapporto a sé sta a fondamento dell’essere ed è la semplice tautologia di identità per cui è necessario che una cosa per essere sia; cioè una cosa è se è, o in negativo, una cosa non è se non è. Da cui il «principio di identità» α=α.
Tale principio sta a fondamento della possibilità riconoscitiva-denotativa dell’oggetto. Infatti, privo di identità α=α, α non potrebbe avere alcun rapporto con se stesso e non potrebbe essere riconosciuto-denotato.
A questo livello preposizionale di α, dire α oppure dire α=α è sostanzialmente un dire cose diverse: con α diciamo semplicemente l’oggetto non la sua possibilità. Ovvero, con α espresso singolarmente non diciamo affatto che l’oggetto è uguale a se stesso α=α e quindi è possibile, in quanto da α potrebbe anche conseguire che esso non è uguale a se stesso α≠α e quindi non-è possibile.
In questo processo preposizionale, dunque, la posizione in possibile o impossibile di α dipende dal suo rapporto con sé. Ed α da solo non ci dice affatto di questa possibilità o meno. Quindi α ha un significato diverso sia da α=α che da α≠α; a meno che α non sia inteso e utilizzato implicitamente come già in causa di α=α; così come avviene quotidianamente:

PRINCIPIO DI IDENTITÀ IMMEDIATA: Uguale a se stesso, uno e se stesso (o in negativo, niente e se stesso).

A livello preposizionale di α, dunque, il significato di α viene distinto dal significato della relazione α=α in quanto quest’ultima ci dice che α è se stesso, uguale a se stesso e quindi è possibile. Ed è diverso anche dalla relazione α≠α la quale ci dice che α non è se stesso, cioè non è uguale a se stesso e quindi non è possibile.
Allora possiamo notare che in questo livello preposizionale di α, laddove α è irrelato da sé o non da sé, l’α da solo non ci dice nulla su questa possibilità o impossibilità di α medesimo. Il che vuol dire che l’α irrelato (da sé o non-da sé) sta in una dimensione costitutiva sospesa, cioè è un oggetto non relazionato ad alcunché, un oggetto di cui un giorno forse diremo che è possibile, o impossibile se è logicamente contraddittorio. Un oggetto che per adesso non rientra neanche fra le domande che ci facciamo o nella cerchia dei nostri concetti, neanche fra quelli immaginati o ipotizzati, in alcun modo conosciuto, pensato o indicato. E per questo si dice:

PRINCIPIO PREPOSIZIONALE DELL’ESSERE: L’irrelato α si distingue dal relato α in quanto quest’ultimo si dice tale solo se ha identità (è uguale a se stesso in α=α dove l’essere si dice possibile) e non anche quando da esso consegue che è diverso da se stesso (in α≠α dove l’essere si dice impossibile).

Possiamo così parlare inizialmente di un livello preposizionale di α in cui α ha un valore esplicativo diverso dalle relazioni α=α e α≠α essendone parte atomica. E in fine possiamo parlare di un livello posizionale di α in cui α è uguale ad α=α. In quest’ultimo caso si parla di uno stesso continuato oggetto α uguale a sé ma diverso da α≠α.

PRINCIPIO POSIZIONALE DELL’ESSERE: α è possibile per la sua identità α=α.

E ciò significa che l’essere (α) e il non essere (¬α) implicano la loro identità (α=α ∧ ¬α=¬α) e l’identità è la loro possibilità: l’essere è possibile se ha identità con valore; il non essere è possibile se ha identità senza valore. Mentre non ha identità e quindi è impossibile solo ciò che è contraddittorio con se stesso α≠α. Come vedremo. Per adesso scorgete il regresso all’infinito di quest’ultimo principio? Una potenza logica per la quale da una sola possibilità si danno un’infinità di identità. La punta di una piramide infinita che si riconduce a sé.

α
=
α=α
=
α=α α=α
=

Linguisticamente la formalità di questo inscatolamento infinito dell’identità si scrive [αα…]. Ed eminentemente ciò significa che il sé (α) separato da sé (α≠α) non può essere sé (), perché il sé (α) per dirsi sé (α) dev’essere sé (), identico a sé (α=α). E questo all’infinito.


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Mondo. Strutture portanti e inferenze di Vito Ceravolo
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vjc is offline  
Vecchio 17-01-2015, 10.15.22   #2
maral
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Riferimento: Possibilità dell'essere

Citazione:
Originalmente inviato da vjc
Nel suo primo rapporto con sé l’essere è immediatamente identico a sé. Si parla in tal senso di identità; di un rapporto di “identico a sé”.
Questa modalità di rapporto a sé sta a fondamento dell’essere ed è la semplice tautologia di identità per cui è necessario che una cosa per essere sia; cioè una cosa è se è, o in negativo, una cosa non è se non è. Da cui il «principio di identità» α=α.
Tale principio sta a fondamento della possibilità riconoscitiva-denotativa dell’oggetto. Infatti, privo di identità α=α, α non potrebbe avere alcun rapporto con se stesso e non potrebbe essere riconosciuto-denotato.
A questo livello preposizionale di α, dire α oppure dire α=α è sostanzialmente un dire cose diverse: con α diciamo semplicemente l’oggetto non la sua possibilità. Ovvero, con α espresso singolarmente non diciamo affatto che l’oggetto è uguale a se stesso α=α e quindi è possibile, in quanto da α potrebbe anche conseguire che esso non è uguale a se stesso α≠α e quindi non-è possibile.
Sinceramente non vedo proprio come "dire α oppure dire α=α è sostanzialmente un dire cose diverse". "a" significa esattamente a e non, insieme non a, altrimenti dire "a" equivale ad assolutamente niente.
L'impossibilità dell'oggetto non risiede in una originaria ambiguità neutra, totalmente insignificante, da cui si sviluppa il significato di identità come certezza o la sua negazione come impossibilità denotativa, ma esattamente a partire dall'identità ontologica specifica originaria di "a" che può essere negata solo quando è intesa in termini di una parzialità isolata dalla totalità in cui pur tuttavia la si vuole identificare. Ossia l'impossibilità è la contraddizone che si manifesta quando si vuole che a sia solo quella parte di a che non è a.
Dunque "a" significa esattamente e sempre "a=a" e dire "a" è semplicemente un modo abbreviato per esprimere la tautologia.
maral is offline  
Vecchio 17-01-2015, 15.12.38   #3
vjc
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Riferimento: Possibilità dell'essere

Per conservare la tua tesi in senso coerente devi:

1) Dimostrare (a livello «posizionale») che l'identità ontologica di α non sia data dalla relazione α=α; e che quindi l'identità non sia originariamente frutto dell'uguaglianza di α a sé, cioè di un rapporto di "insieme a sé", di "unito a sé", di "unità".

Se confuti questo è sufficiente, altrimenti puoi provare a confutare quest'altro:

2) Dimostrare (a livello «preposizionale») che da tale parte atomica α di una possibile identità α=α non possa seguire tanto tale identità α=α quanto la sua contraddizione α≠α.


Se neghi (1) neghi che la relazione di identità si dia in forma α=α, cioè neghi che il valore di "insieme a sé" (α=α) stia alla base dell'identità originaria dell'essere.

Se neghi (2) neghi sia la possibilità della tautologia di identità quanto la contraddizione logica: non potendosi formare α=α in mancanza di α, a fronte di α=α deve esserci anche la possibilità di α≠α da cui la necessità di (2) al fine di tale possibilità.
vjc is offline  
Vecchio 17-01-2015, 15.29.46   #4
jolly666
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Riferimento: Possibilità dell'essere

Frase di Einstain..
Non hai veramente capito qualcosa se non sei in grado di spiegarlo a tua nonna...
Da come uno esprime il concetto che vuol far comprendere si deduce la conoscenza stessa che ha lui stesso su quell'argomento..
Se lo farei leggere a mia nonna quello che hai scritto mi prenderebbe per pazzo...si perdeva alla prima riga..:-))
.
jolly666 is offline  
Vecchio 17-01-2015, 15.44.06   #5
paul11
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Riferimento: Possibilità dell'essere

“Mi scusi, lei è Vic?”, “No io sono Maral”.

Ciao Vic e benvenuto e ciao Maral

Se ho ben capito il post di Vic.
Il dire di “a”è un procedimento epistemologico,
“a=a” è il principio d’identità ed è ontologico.
Il solo dire di “a” può essere sbagliato e non essere quindi relazionato, denotato argomentativamente(in intensione ed estensione) nell’identità “a=a”

Vic:…” Quindi α ha un significato diverso sia da α=α che da α≠α; a meno che α non sia inteso e utilizzato implicitamente come già in causa di α=α; così come avviene quotidianamente”
Quell’inteso e utilizzato implicitamente pesno che significhi le realzioni e proprietà intensive ed estensive di “a”, cioè il dire di “a” è esatto se sono giuste le relazioni che portano all’identità

“Mi scusi, lei è quello che ha iniziato la discussione –Possibilità dell’essere-?” (intensione) , “ No, io sono colui che harisposto per primo a quella discussione”

Se “a” è irrelato, cioè non ha relazioni esterne a sé, non ci dice nulla delle sue possibilità.
Io vedo ancora il procedimento epistemologico in quanto “a” non essendo relazionato non ci mostra nessuna sua proprietà o caratteristica per identificarlo.
Se invece conosciamo l’identità”a=a” noi possiamo risolvere quel dire di “a” sia ,con le relazioni , la sua identità oppure la Non identità.

La mai critica è verso l’ontologia. L’identità dice poco se non in ambito puramente logico e matematico, finchè sono simboli.
Quando quei simboli dietro una logica o matematica sono coniugati al mondo fattuale e alloro scrivo vic=vic o i ldire di vic non dice ancora nulla di vic= vic.mi comincia a star bene.
Se per Maral l’ambiguità è ontologico , per me è epistemologca, se io non consco vic non mi dice nulla il dire di vic o sapere che vic=vic. Ho bisogno quindi del sistema di relazione per avere la valutazione della corrispondenza di vic=vic, e quel sistema non può che essere epistemologico.
Perché quando nel post si indica un oggetto di cui oggi possiamo parlare ma che non ha identità ,il fatto di parlarne è un tentativo epistemologico che non ha ancora un riscontro oggettivo nell’ontologia (ad esempio la “stinga” nella quantistica).
Il principio di identità in sé e per sé non mi dice nulla del mondo.
Quindi l’epistemologia è il processo conoscitivo per cui la mia mente identifica e denota un nome che ha significati, proprietà e segni e quindi diventa ontologico, ma fin quando quell’oggetto denotato perde di senso.
Perché potrebbe essere il contrario, cioè noi storicamente abbiamo abbandonato oggetti ontologici, superati dalle scienze e dalle tecniche, proprio grazie all’epistemologia

paul11 is offline  
Vecchio 17-01-2015, 20.18.14   #6
maral
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Riferimento: Possibilità dell'essere

Precisazione (di matrice severiniana): dire che a è a (a=a) è ancora contraddizione in quanto pone un'identità tra un a soggetto e un a predicato di a soggetto e questa identità non è quindi vera (a soggetto ed a predicato sono distinguibili per cui a(s)≠α(p) ).
Più correttamente il principio di identità andrebbe enunciato così:
(a=a)=(a=a), ossia a di cui si predica a è precisamente, sempre e solo l'a di cui si predica a (questa mela di cui si predica essere questa mela è esattamente questa mela il cui predicato è questa mela), e questo determina univocamente e in modo non contraddittorio a di cui si predica a.
Il principio di identità ovviamente non è dimostrabile logicamente, poiché è alla base di ogni logica e di ogni dire che non sia un dire nulla, è ciò che rende possibile qualsiasi discorso, qualsiasi epistemologia. Ed esattamente, come dicendo a non ho ancora detto nulla di cosa sia a, così pur esprimendo il principio di identità nella forma estesa non ho detto nulla di a, ma ho solo posto la base per un'epistemologia attraverso la quale apparirà ciò che dell'originaria identità a si viene predicando.
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Vecchio 18-01-2015, 22.44.34   #7
Davide M.
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Riferimento: Possibilità dell'essere

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Originalmente inviato da vjc
E ciò significa che l’essere e il non essere implicano la loro identità e l’identità è la loro possibilità: l’essere è possibile se ha identità con valore; il non essere è possibile se ha identità senza valore.

La possibilità dell'essere non necessita di identità, perché il non essere non è, e non è mai possibile.
Pertanto l'identità non può essere una discriminante dell'essere, perché ammettere la possibilità del non essere per un'identità senza valore è un non senso e ciò che potrebbe avere identità senza valore comunque sarebbe.
Davide M. is offline  
Vecchio 20-01-2015, 03.30.29   #8
vjc
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Riferimento: Possibilità dell'essere

Nella precisazione di matrice Severina c'è un errore evidente:

α=α non è una predicazione o connotazione, bensì una denotazione. In questo caso non si descrive in alcuna maniera l'oggetto α, non lo si predica, lo si indica solamente. Ed è importante la differenza fra indicare e descrivere, confonderla porta all'errore. [nozioni tratte dal libro]
Tale differenza ce la ricorda sopra anche Paul11 e per giunta prova ad accennarla anche maral nella parte finale della sua ultima...

La spiegazione di Paul11 si muove all'interno della stessa logica del testo originale.
Io invece ho pensato che questo α irrelato sia qualcosa tipo un oggetto immaginario, come la √-1, atto anche ad una correttezza di calcolo e al posizionamento sul piano (in questo caso sul piano del possibile o dell'impossibile).
Quindi io e Paul11 forse abbiamo "fenomenizzato" ognuno alla propria maniera il concetto del libro, che secondo me viene spiegato e rimane logicamente saldo sul piano ontologico.

Forse la difficoltà maggiore di Jolly666 a capire completamente questo brano è dovuta al fatto che si tratta di un paragrafo all'interno di un libro di 280 pagine e questo paragrafo è preceduto da 58 pagine.
Le prime due righe richiamano effettivamente il paragrafo precedente, dove si parla del rapporto dell'essere con se stesso, dove si illustrano due tipi di rapporto a sé:
Identità α=α o denotazione
Insieme α={b} o connotazione-predicazione
Si parla anche di α=b ma più avanti, marginalmente.
E questo indipendentemente dal fatto che mio nonno non avrebbe capito così scioglievolemente la teoria della relatività di Einstein.

Davide M.
Nel libro si parla di un essere possibile per la sua identità con valore e di un non essere possibile per la sua identità senza valore e che quindi, in ultimo, non ha identità ed è impossibile. Ci sono diverse dimostrazioni nel libro, da matematiche a logiche a più discorsive ben lontane dall'apparire come non senso. Ma oltre a queste, in fondo: Se il non essere è ciò che è impossibile allora l'essere e ciò che è possibile. E la sua possibilità da cosa è data? Nel libro si dice dalla sua identità α=α, cioè da se stesso α.

n.b. il mio intento ad aver riportato un paragrafo di questo libro è quello di capire quanto sia io pazzo ad aver cambiato modo di vedere le cose tramite questo libro. Ma capisco la difficoltà.
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Vecchio 20-01-2015, 09.35.42   #9
maral
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Riferimento: Possibilità dell'essere

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Originalmente inviato da vjc
Nella precisazione di matrice Severina c'è un errore evidente:

α=α non è una predicazione o connotazione, bensì una denotazione. In questo caso non si descrive in alcuna maniera l'oggetto α, non lo si predica, lo si indica solamente. Ed è importante la differenza fra indicare e descrivere, confonderla porta all'errore. [nozioni tratte dal libro]
Tale differenza ce la ricorda sopra anche Paul11 e per giunta prova ad accennarla anche maral nella parte finale della sua ultima...

Non sono molto d'accordo sull'errore evidente attribuito a Severino (evidente a chi? non mi risulta che l'argomentazione severiniana che sta alla base di tutto il suo assunto logico sia stata sottoposta a critica sulla sua fondatezza, semmai la critica a Severino si muove in ben altra direzione).
"a è a" è infatti pur sempre una predicazione (si predica, in tutta evidenza oggettiva l'esatta equivalenza di a a se stesso), anche se solo denotativa, ossia del tutto generale, tale da prescindere da ogni valore contestuale e riferimento ad altro da a ed è proprio per questa radicale autoreferenzialità oggettiva che resta priva di significato.
Peraltro anche sottoponendo la frase ad analisi logica il primo "a" è soggetto, il secondo "a", dopo la copula, è nome del predicato (e la frase ha comunque un soggetto e un predicato distinguibili dalla diversa posizione dei 2 "a" rispetto alla copula) dunque i 2 "a" sono di fatto comunque distinguibili, quindi per il principio di indiscernibilità (preso in modo forte) la formula semplice di identità "a=a" che esplicita "a" non è corretta.
maral is offline  
Vecchio 20-01-2015, 12.29.44   #10
Davide M.
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Riferimento: Possibilità dell'essere

Beh Ceravolo può scrivere ciò che vuole, ma il mio professore si farebbe le più grasse risate. Quando scrivi: "Ma oltre a queste, in fondo: Se il non essere è ciò che è impossibile allora l'essere e ciò che è possibile", beh, se il non essere è ecc. ecc.,
No, il non essere non è, e ciò che è impossibile comunque è.
Davide M. is offline  

 



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