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Filosofia - Forum filosofico sulla ricerca del senso dell’essere.
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Vecchio 27-09-2004, 18.50.00   #1
epicurus
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Lo scietticismo assoluto: problematica grammaticale o fattuale?

Cosa ne pensate dello scietticismo assoluto?
I pro e i contro di tale posizione quali potrebbero essere?

Anticipo che io ritendo il problema "Quella cosa esiste davvero?" e, allargato, "Il mondo esiste davvero?", come un problema strettamente ed esclusivamente linguistico (grammaticale) e non conoscitivo.

Aspetto interventi...

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Vecchio 27-09-2004, 20.42.29   #2
Dade1607
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Non credo di aver capito bene cosa intendi sapere, comunque:

Innanzitutto, credo che lo scietticismo (o il dubbio) serva, sia indispensabile (sia per gli atei, che per i credenti), ma in una giusta ed equilibrata dose, pertanto:

PRO: consente di rimanere con i piedi per terra, più vicini alla realtà, e tende ad allontanare dalla pura fantasia/fantascienza (anche se non è sempre infallibilmente così).

CONTRO: se è eccessivo (il dubbio-scetticismo) rischia di avere l'effetto opposto, cioè allontanare da possibili realtà ritenute frettolosamente irrealtà... insomma, porterebbe a un sistema troppo chiuso o "rigido", controproducente.

Ecco perchè è importante e ammirabile un giusto scetticismo, ma non un scetticismo assoluto.

(in parole povere, forse ovvie)


Ultima modifica di Dade1607 : 27-09-2004 alle ore 20.44.56.
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Vecchio 28-09-2004, 01.01.52   #3
epicurus
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ciao dade, grazie per l'intervento.

preciso: vorrei sapere il vostro parere sullo scetticismo assoluto, cioè chi nega la realtà perchè il dubbio può essere esteso ad ogni cosa; cioè vorrei sapere cosa si può dire per sostenerlo o per rifiutarlo (non come tu, dade, che mi mostri le conseguenze pratiche).

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Vecchio 28-09-2004, 04.49.15   #4
neman1
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Ciao Epicurus

Innanzitutto negare non vuol dire dubbitare ma crearlo il dubbio, contrastando un'opposizione. Questo non vuol dire essere dubbiosi, scettici, ma 1)diffidenti, 2) amante di contrasti quali modo per dimostrarsi, affermarsi...in parole povere lottatore. La diffidenza: Vuoi che sia per paure, vuoi per la facilita' di mostrare la forza in lotta con una pseudo intelligenza dato che e' piu facile distruggere argomentazioni altrui che costruire discorsi propri. Basta dire sempre di no ed apparentemente sembriamo forti agli occhi degli altri esponenti negati i quali in mancanza di controprove (dimostrare il credo, la fede) oppure in mancanza di forze cedono...simile all'aspettare gli errori altrui in agguato, simile all abuso del potente "no" su un piu delicato "si", paragonabile ad un "no" assorbi forze vitali....ecco la diffidenza e il "potere oscuro" dell'analisi....... Ricorda che dopo il forum sull'intelligenza, attribuisco questo termine all'individuo solo per convenzione. Il "no" ha la sua funzione naturale costruttiva, (dovrebbe fungere da diffesa ultima) quindi non lo condanno ma era per precisare la differenza tra difido e dubbio.
Sull'ultimo ti dico una cosa che mi hanno insegnato da bambino: le domande intelligenti sono quelle che vengono dal cuore....vedi te allora. Questo secondo me e' il criterio per seguire il dubbio "giusto", ma non il giusto-conforme alle regole in se, altrimenti il progresso sarebbe lentissimo circolando solo in limiti conosciuti, convenzionali, ecco..aspettando che la maggioranza si muova. Guarda nel secolo precedente a quante cose abbiamo detto di si...e che progresso (inteso come quantita di cambiamenti) che c'e' stato. Ciao

Ultima modifica di neman1 : 28-09-2004 alle ore 05.06.46.
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Vecchio 30-09-2004, 22.02.37   #5
epicurus
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ciao neman, il mio disappunto non è verso chi si fa domande in continuazione e che dubita scetticamente (andrei contro la mia fisma ) ma contro chi, dal dubbio radicale (quello totale) passa all'allontamamento (intellettuale) definitivo dal mondo: "tutto è soggettivo", "tutto è illisione, nulla è reale", cose del genere io non condivido.

come ho anticipato io ritengo questa una faccenda meramente linguistica.
ora cercherò di esporre la mia idea a riguardo (cercando di mostrare perchè l'idealismo, l'anti-realismo e lo scetticismo radicale siano solo degli errori linguistici), riprendendo in parte quello già scritto nel mio altro topic, quello sulla verità:

La realtà assoluta è un concetto al quale non si è dato un significato: non si capisce cos’è veramente, cosa dovremmo attenderci dalla realtà assoluta e come ci accorgeremmo di essa? Il fatto è che tale termine è nato solo da un uso improprio del linguaggio; se ci pare lecito tale uso è solo perché se ne è sentito molto parlare, o meglio, si è sentito parlare molto dello scetticismo totale, che indirettamente sorregge l’idea della sensatezza di una realtà assoluta.
Si potrebbe forse pensare ad un ente che sancisce cosa è vero e cosa è falso nel senso assoluto, ma la soluzione è estremamente ingenua: infatti, anche le parole di tale ente non sarebbero esenti dal dubbio.
Alcuni credono che la realtà assoluta sia composta da proposizioni vere in ogni contesto. Allora è ovvio che ‘La macchina è nel garage’ non è vera assolutamente perché se la macchina fosse nel giardino allora la proposizione sarebbe falsa. Se si accettasse questa impostazione allora bisognerebbe riconoscere che le uniche verità assolute sarebbero le proposizioni vere della logica: le tautologie. Ma è del tutto naturale osservare che a noi interessano quasi esclusivamente le verità non logiche (perché autentiche portatrici di informazione), e che se la macchina è effettivamente nel garage allora la proposizione è vera, anche se non lo è in ogni contesto (o come alcuni dicono metaforicamente: non è vera in ogni mondo possibile).
Il discordo è più facile di quel che sembra e può esser sintetizzato con la banale osservazione: una proposizione perché sia vera non deve esser necessariamente vera in ogni struttura.
Riconoscendo che credere ad una realtà assoluta è un non-senso (per esser precisi c’è da osservare che nell’ultima concezione che ho esposto, quella in cui si identificava la realtà assoluta come l’insieme delle tautologie, il termine ‘realtà assoluta’ non è senza senso, comunque tale convinzione non è affatto problematica), si deve ammettere che credere anche che non vi è una realtà assoluta è un non-senso. O meglio, anche lo scetticismo totale è un non-senso. Lo scettico continua a cercare tale realtà assoluta, non la trova, e sancisce che tutto è illusione. Ma è naturale come anche tale posizione sia insensata.
Lo scettico crede che esistano solamente le immagini del mondo, ossia crede che sia tutto un’illusione. Ma come abbiamo visto ciò è assurdo: io non so che cosa sia una 'realtà assoluta'. Io dico che la realtà è quella in cui vivo: questo basta. Anche perché dal punto di vista linguistico non avrebbe senso parlare di ‘illusioni sistematiche’.
Una domanda interessante e fruttuosa, in questa direzione, potrebbe essere: come fai a dire che ciò che vivi è un’illusione e non la realtà, non è forse solo una convenzione linguistica questa?

Le proposizioni sono descrizioni del mondo (di una parte di esso), ma esistono più descrizioni vere di un fatto, non solamente una.
Se getto a caso dei sassolini sul pavimento di casa mia posso basare la mia descrizioni su differenti fattori: grandezza, attiguità, colore, peso etc…
I nostri interessi determinano la descrizione, ma il mondo non cambia.
La descrizione non è una mera copia dell’oggetto che si intende copiare, bensì tale descrizione viene modellata dalle nostre scelte concettuali, influenzate dalla nostra natura, dalla nostra cultura e, in particolare, dai nostri interessi: i linguaggi sono infatti funzionali a dei particolare scopi. Kant si accorse di questo, ma sbagliò volendo andare oltre, credendo che se la descrizione è modellata dalle nostre scelte concettuali allora noi non stiamo descrivendo il mondo, non giungiamo alla cosa come essa è in realtà (notiamo che il noumeno richiama il concetto di realtà assoluta: concetto che io ritengo, nella maggior parte dei casi, vuoto, e nei rimanenti non problematico).
In particolare l’errore che fece è rappresentato dalla domanda “Se le descrizioni del mondo sono solo che le nostre descrizioni del mondo, dipendenti da fattori che ci riguardano, allora qual è la descrizione del mondo come il mondo è in sé?”.
Questo ‘in sé’ (come ‘realtà assoluta’) è un termine senza senso: chiedersi “qual è la descrizione del mondo come il mondo è in sé?” equivarrebbe a chiedersi “qual è la descrizione del mondo nel linguaggio proprio del mondo”, ma noi sappiamo che tale linguaggio non esiste, perché esistono solo linguaggi umani funzionali a scopi umani.(Notare che se non ha senso affermare che “è possibile descrivere il mondo come è in sé” non ha senso neppure la negazione “non è possibile descrivere il mondo come è in sé”.)

Di fondamentale importanza è il principi di fallibilità: si può dubitare di qualcosa, ma non si può estendere il dubbio ad ogni cosa. Che io abbia sbagliato riguardo ad alcune questioni, anche su quelle più importanti e basilari, non mi può far dubitare su ogni mia credenza. (Anche se una volta si credeva erroneamente all’esistenza di draghi, ciò non mi può far dubitare che ora io abbia un mio appartamento.)
Molti pensano che l’inevitabile conseguenza del fatto che una particolare conoscenza potrebbe essere messa in discussione sia lo scetticismo totale: questo non è affatto vero.
“Dubitare solo dove si ha ragioni per farlo” questa è la massima da seguire; ma quali sono queste ragioni? Esiste un algoritmo grazie al quale possiamo giungere all’inoppugnabile?
No, un tale algoritmo non può esistere per il semplice fatto che raggiungere certezze epistemologiche immutabili è solo una fantasia metafisica.
La ricerca non è un algoritmo, o un metodo ben precisabile, ma ciò non significato che non la ricerca non sia attuabile: la ricerca è costituita (anziché da un procedimento universale e immutabile) da un team di ricercatori che tentano di escogitare delle buone idee e le mettono alla prova costantemente: vi è un’iterazione profonda tra l’ambiente e i ricercatori, non vi è semplicemente un’osservazione passiva.
Provare a mettere costantemente sotto pressione le nostre teorie, cercando controesempi e altro che possa falsificarle, è una impostazione chiamata ‘sperimentalismo’ ed essenziale per giungere ad un fallibilismo genuino e costruttivo.

Io dico che quello di poco fa era un sogno perché posso confrontarlo con il mondo, dunque parlare della mia esistenza come fosse un sogno è privo di significato.
Chiarificazione di questo uso linguistico. Vivo una vicenda, poi mi sveglio e inizio il racconto di ciò che ho vissuto; dopo mi insegnano e mi correggono: prima del racconto (così mi dicono) metti ‘Ho sognato che’.
Ancora sul sogno: è possibile che una persona stia sognando, credendo di star vivendo realmente; ma se noi volessimo estendere tale dubbio su noi stessi si verificherebbe un problema non da poco. Affermando, nel sogno, “Noi non stiamo vivendo nel mondo, ma soltanto in un sogno” non si esprimerebbe effettivamente ciò che si vorrebbe per due distinti motivi: 1) il fatto è che tale espressione rientra anch’essa nel sogno e 2) anche il fatto che queste parole abbiano un significato rientra nel sogno.
Da ciò si deduce che non è possibile esprimere un dubbio scettico totale sulla nostra stessa vita.

continua...
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Vecchio 30-09-2004, 22.05.31   #6
epicurus
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continuo:

Cosa abbiamo in mente quando affermiamo che qualcosa esiste?
‘Esistere’ è da definire, non può essere preso come segno primitivo, pena la totale confusione linguistica.
Penso che non vi sia un solo tipo di esistenza, senza allontanarsi troppo dal senso comune.
Vi sono quattro tipi distinti di esistenza: ideale, diretta, funzionale ed elementare.
Esistenza Ideale: un numero, un insieme, superman, etc… esistono idealmente, ossia esistono dal momento e per il momento che li pensiamo. I pensieri sono fatti e dunque gli oggetti del pensiero esistono.
C’è però una cosa fondamentale da notare, infatti, dal momento che questi oggetti non si pensano più cessano di esistere. (Inoltre, istantaneamente possiamo cambiare arbitrariamente le proprietà degli oggetti.) Un oggetto che esiste idealmente è legato indissolubilmente ad un altro oggetto. Dunque gli oggetti e i fatti pensati sono detti ‘fortemente dipendenti’.
(Ovviamente in questo scritto si parlerà di esistenza, escludendo l’esistenza ideale, per evitare confusione: qui si è interessati al mondo e non ai pensieri.)
Esistenza Diretta, o del senso comune: ciò che viene percepito, ossia i dati esterni che apprezziamo tramite i 5 sensi. Inoltre, fa parte di questa categoria tutto ciò che viene rilevato da apparecchiature di osservazione.
Esistenza Funzionale: fanno parte di questo insieme le entità (chiamate entità-modello) che mai potremo rilevare, ma che in campo scientifico sono assunte perché utili per lo scopo della scienza: prevedere gli eventi. Ovviamente i modelli costruiti a partire da queste entità-modello sono stati ideati perché isomorfi al mondo (più precisamente: i modelli si immergono nel mondo). Quindi, operativamente, studio questi modelli e deduco qualcosa del mondo.
Esistenza elementare: è il senso di ‘esistenza’ più lato concepibile, in cui si può discutere anche di entità non percepibili neppure teoricamente. Ossia si discute di oggetti non presupponendo individui in grado di percepirli. E’ di ciò di cui la filosofia si occupa continuamente.
Anche se la filosofia si occupa principalmente dell’esistenza elementare, non bisogna dimenticare l’importanza e la centralità che possiede il concetto di ‘esistenza diretta’ (in realtà è proprio qui che si verificano le proposizioni). Se ci si dimentica di questo si perde il contatto con il mondo e si cade nel nichilismo assoluto o nell’idealismo.
Se ci concentrassimo solamente sul concetto di ‘esistenza elementare’ filosoferemmo su una “struttura minima comune”, ossia su una struttura supergenerica senza particolari, quindi non sul mondo. Questo genere di analisi può essere utile ma non deve portarci all’annullamento del mondo.
Noi non vogliamo perdere il mondo!
A noi interessa il mondo e questo ci legittima in pieno a prenderlo in considerazione seriamente.

Ma perché, poco più sopra, mi sono spinto alla definizione di esistenza, o meglio alle varie definizioni?
Wittgenstein scrive “L’essenza è espressa nella grammatica”; “Che tipo di oggetto una cosa sia: questo dice la grammatica”.
Io all’inizio di questo scritto ho affermato “Innanzitutto và dichiarato che vi è una struttura che è formata da elementi (che chiamerò spesso ‘oggetti’) e relazioni tra questi elementi (che chiamerò ‘fatti’). Tra le infinite strutture logicamente legittime, la struttura su cui noi desideriamo maggiormente concentrare il nostro studio è quella in cui viviamo. La struttura in cui viviamo io la chiamo ‘mondo’. Nella mia definizione, il mondo è esattamente la realtà”. Ovviamente ciò che viene identificato con l’oggetto e ciò che il linguaggio ci permette di identificare come tale, di conseguenza anche le relazioni dipendono da ciò che il linguaggio accetta: quindi non vi è una totalità di proposizioni ben definita perché il linguaggio cambia continuamente.
Una persona potrebbe vedere un bicchiere di vetro contenente dell’acqua e domandare “chi ci assicura che quel bicchiere sia effettivamente di vetro?” e “chi ci assicura che quel liquido nel bicchiere sia effettivamente acqua?”, poi vedere un gatto che si avvicina al bicchiere annusandolo e domandare “chi ci assicura che quel gatto sia effettivamente un gatto?” (domande tipiche di uno scettico radicale).
Tali domande in alcuni contesti sono più che legittime, ma per rispondere in modo definitivo non serve l’onniscienza divina, come molti credono, bensì, nella maggior parte dei casi, servono procedure abbastanza semplici: noi abbiamo definito cosa significa ‘vetro’, ‘acqua’ e ‘gatto’. Quindi basterà esaminare la struttura chimica del presunto vetro e della presunta acqua e il gioco è fatto! Per il presunto gatto basterà individuare le caratteristiche che deve possedere un gatto (forma del corpo, …).
Noi abbiamo definito alcuni termini e basterà vedere se gli oggetti soddisfino le richieste di tali definizioni e si identificherà il segno con l’oggetto. (Ovviamente esistono definizioni vaghe, oppure un oggetto può soddisfare in una certa percentuale una data definizione.)
Qui ritorniamo al motivo delle definizioni dei vari tipi di esistenza. Infatti è palese che se non si chiarisce il significato del termine ‘esistenza’, cioè non si propone una definizione, allora la domanda “Ma esiste veramente quel camion?” non ha proprio senso. Citando Austin (Le altre menti): “Il trucco del metafisico consiste nel chiedere: ‘E’ realmente un tavolo?’ senza specificare, senza delimitare che cosa c’è che non va, così che non si sa da che parte cominciare per ‘provare’ che è realmente un tavolo”.
Tutto questo dovrebbe convincere ulteriormente quanto il problema dello scetticismo radicale sia un problema meramente linguistico, e quindi risolvibile linguisitcamente.


epicurus
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Vecchio 03-10-2004, 12.54.29   #7
neman1
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Ciao Epicurus

Eccomi. Scusa se ti rispondo solo ora. Ho dovuto leggere e rileggere diverse volte quanto hai scritto per potermi immedesimare al meglio nei tuoi pensieri-parole, leggermente inebbrianti per me. La tua? Una stabilita' d'idee e pensiero notevole che passo dopo passo segue la linea orrizontale. Quindi, tanto di capello per questa dote che hai a differenza da me che tale pensiero puo comprendere ma non l'ho coltivato. Inoltre, difficilmente contrabatto "contro" tale stabilita' di pensiero, piuttosto lascio ognuno nelle proprie posizioni (per carita' se vado a "distruggere" l'integrita' morale di qualcuno da me) Allora, per educazione a replicare cercero' di indicarti alcuni, pochi bivii tralasciati nel tuo discorso:

Citazione:
Messaggio originale inviato da epicurus
ciao neman, il mio disappunto non è verso chi si fa domande in continuazione e che dubita scetticamente (andrei contro la mia fisma ) ma contro chi, dal dubbio radicale (quello totale) passa all'allontamamento (intellettuale) definitivo dal mondo: "tutto è soggettivo", "tutto è illisione, nulla è reale", cose del genere io non condivido.

come ho anticipato io ritengo questa una faccenda meramente linguistica.

La realtà assoluta è un concetto al quale non si è dato un significato: non si capisce cos’è veramente, cosa dovremmo attenderci dalla realtà assoluta e come ci accorgeremmo di essa? non la realtà, non è forse solo una convenzione linguistica questa?

continua...

Qui inprima mi era venuto da domandarmi, dicendo (tu):>> ...dubbio radicale (quello totale) passa all ....tutto...nulla..<< Leggendoti spesso pensavo che ti riferissi al dubbio tuo, replicato con una spiegazione generale (tutto, nulla etc). Generalizzata, appunto...Ho trovato curioso pero' come hai compresso in poco spazio ben cinque sinonimi del termine assoluto: in continuazione, radicale, totale, tutto, nulla e persino la tua posizione contraria a determinate cose pare assoluta, fine ad una coerenza nel tempo. In alcuni dei menzionati si percepisce connessa una sensazione, intuizione tua dando sostanza alla forma (parola), il che vuol dire che da qualche parte del tuo intimo, l'assoluto lo conosci, per sentirti autorizzato all'uso di tali termini (1 e 0; si e no), altrimenti sarebbero' bugie, allusioni assolute le tue parole e non mezze verita', duali, quali sono.
Ora, siccome ho lasciato capire che rispetto la capacita' di pensare passo per passo, dall'altro canto mi tocca fare un salto di associazioni da tutt'altra parte, effimero che sono. Prendo sotto l'esame uno dei sinonimi di "assoluto": la totalita', totale richiamando le mie conoscenze linguistiche ed in quali trovo la traduzione slava > sav < di derivazione sanscrita, cui concetto esprime la morte sav=cadavere, morte. Gia questa, chiamiamola coincidenza rattificata traduzione, realta' linguistica, per farla breve dovrebbe ricondurre al significato della totalita, assoluto ovvero: la certezza assoluta equivale alla morte....almeno pare, e' la barriera verso l'assoluto, viste le varie vie religiose. Per non dirti che il termine totalita' comprende anche 'tot' che nel tedesco significa morte/morto, ma quest'ultima e' un'ipotesi mia, personale, quindi da prendere con le pinze.
Ti dico questo perche volevo indicarti "il bivio" l'opzione della spiegazione dell ed all'utilizzo di termini tipo: assoluto, totale, radicale, in continuazione=eterno, infinito etc, che rispetto al tuo problema meramente linguistico/vocabolario da uniformare, passa dal mio punto di vista ad un problema, una questione evolutiva, intesa come esperienza accumulata, intesa anche come aver fatto l'esperienza della morte.
Per ultimo (nella quotazione) dici: >>La realta' assoluta e' un concetto...<< e fin qui siamo sulla stessa lunghezza d'onda .>>...al quale non e' stato dato un significato.<< Ed un'altra volta sto a dirti che la parola nel suo piccolo, da sola e' gia il significato stesso. Inutile andare a ri-interpretarla trovando sinonimi o contrari, regole che la sostengono, creando solo confusione dialetticale o paragoni distorti che diventano solo idealizazzioni del significato originario, come dici successivamente nel tuo discorso. Cosi dice anche lo slogan del Webmaster: Si possono dare infinite interpretazioni ad un riflesso confuso nell'acqua, ma l'immagine che da' origine a quel riflesso e' soltanto una. Che sta ancora meglio in questo contesto.
Quindi Epicurus, per il momento tanto da parte mia. Ciao

Ultima modifica di neman1 : 03-10-2004 alle ore 12.56.31.
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Vecchio 04-10-2004, 12.56.28   #8
epicurus
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ciao neman, sono contento che tu mi abbia risposto: temevo che nessuno mi avrebbe fatto compagnia in questo mio topic (forse un po' troppo filosofico).

1) mi sembra che tu mi critichi perche` uso termini quali 'tutto' e 'nulla' appunto perche` io nego cose assolute.
pero` io sto mostrando il mio disappunto con chi dice "tutto e` illusione" o "nulla e` reale" o "tutto e` soggettivo"; io non li sto sostenendo bensi` li sto criticando.
in piu` tali termini sono scritti in una accezione umana: "tutto e` illusione" e` da intendersi come "ogni fatto e oggetto e` illusione"; "nulla e` reale" come "ogni fatto o oggetto non esiste".
quindi non mi riferisco a concetti assoluti

2) in piu`, come puoi ben vedere da cio` che ho scritto, io non nego la realta` e il fatto che alcune cose sono vere o altre false, bensi` non credo alla realta` assoluta o alla verita` (o falsita`) assoluta.

3)sull'ultimo punto non posso che non esser daccordo con te: il segno grafico 'realta` assoluta' e` appunto un mero segno. se io mi chiedessi che cosa significa 'realta` assoluta' cio` e` piu` che lecito. e` lecito sapere: cosa mi aspetto se uno dice 'questa e` la realta` assoluta'? oppure come usero` tale termine? ad un alieno come posso spiegare che significato ha il segno 'realta` assoluta'?

4) in questo ultimo punto vorrei tirarti un po' le orecchie : la tua e` una critica superficiale (non nel senso cattivo, bensi` nel senso che non entra nel merito della faccenda), tu ti fermi sempre al "se tu la pensi cosi` bene" lasciando intendere che tutto e` soggettivo.
invece il mio discorso puo` essere giusto o sbagliato. esso non e` giusto soggettivamente!
diciamo che sarebbe meglio un'analisi piu` dettagliata sui pro e contro della mia tesi...


epicurus
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Vecchio 04-10-2004, 14.20.58   #9
and1972rea
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Salve a tutti,
io penso che chi dubita di ogni cosa,volendo rimanere coerente con la sua posizione, dovrebbe dubitare anche del fatto che si possa dubitare di ogni cosa, dovrebbe cioe'sospendere ogni suo giudizio riguardo ad ogni cosa e dubitare anche di questo.
Credo che riuscire a sostenere la posizione degli scettici sia difficile almeno quanto lo e' dimostrare la logica di un paradosso.
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Vecchio 04-10-2004, 15.45.16   #10
epicurus
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ciao andrea, è vero che il dubitare di ogni cosa genera un paradosso irrisolvibile e quindi confuta la propria tesi.

ma quello che volevo sostenere e che lo scetticismo radicale è dovuto 1) a una superficiale analisi linguistica (o meglio: non viene preso in considerazione come problema linguisitco, bensì solamente come problema fattuale) e 2) se delle volte ci si sbaglia ci si sente legittimati a credere che ci si sbaglia su tutto.


epicurus

P.S. vorrei sottolineare che la mia antipatia non è solo verso lo scetticismo radicale, ma anche verso il soggettivismo radicale.

Ultima modifica di epicurus : 04-10-2004 alle ore 15.51.13.
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