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Filosofia - Forum filosofico sulla ricerca del senso dell’essere.
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Vecchio 06-07-2006, 21.54.37   #11
epicurus
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Messaggio originale inviato da giovanni
- non credo esista un linguaggio specifico per alcuna materia, esistono sicuramente delle mode linguistiche; utili più a consolidare l'insieme dei membri che le condividono che a veicolare specifiche conoscenze;

non credevo, giovanni, che proprio tu avresti negato il fatto che ogni disciplina ha un proprio linguaggio specifico. come forse ti ricordi io faccio informatica, e ti assicuro che non è pensabile di privare tale disciplina del proprio linguaggio specifico. naturalmente ciò non toglie che si possano fare delle traduzioni locali dall' 'informatichese' al 'normalese', ma appunto tali traduzioni non possono che essere locali, approssimative e estremamente più lunghe e incasinate di quelle in informatichese.

non nego che tutti i linguaggi specifici siano intrecciati tra loro, questo no; ma affermo la loro legittimità (se non la loro necessità). il linguaggio specifico si fonda sulle conoscenze acquisite della disciplina specifica. se io dicessi "le proposizioni grammaticali (a là Wittgenstein) non affermano degli stati di cose, bensì sono un modo di vedere il mondo e di descriverlo; d'altro canto, però, Quine con il suo argomento dell'olismo semantico ha dimostrato che non esistono proposizioni grammaticali (le famose proposizioni analitiche) vere per stipulazione non rivedibili, ma che l'analiticià è un fatto di grado etc. etc.", non vedo perchè non dovrei. siamo in un forum di filosofia, e credo che sia lecito e profiquo usare un determinato linguaggio (e conoscenze di sfondo). anche perchè se si dovesse usare un linguaggio ordinario per dire quel che ho detto (o altro) si dovrebbe scrivere un mega-papiro, e allora la comunicazione diventerebbe molto ma molto più complicata e pesante. questo, ripeto, non toglie che se uno mi chiedesse delucidazioni su ciò che ho scritto, non stenterei per un momento a dargliele.



epicurus
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Vecchio 06-07-2006, 22.37.35   #12
giovanni
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Come si discute di filosofia? Se voglio centrare il mio discorso sull'ontologia o sulla metafisica, per quanto queste siano parole astruse per molti profani, non posso non usarle: fanno parte del linguaggio della filosofia, inteso quale insieme di termini connotanti idee, concetti, sistemi di pensiero ed altro di cui si è arricchita la filosofia nel corso della sua storia. In questo senso, sì, ogni disciplina possiede un certo "linguaggio", seppure sarebbe più corretto parlare di "terminologia" o di "gergo"; l'ombrello semantico offerto da "linguaggio" è decisamente tanto ampio da ricoprire anche concetti tra loro non sovrapponibili.
Tra l'altro, infilarsi in una catena di definizioni può vanificare ogni possibilità di condurre una qualsiasi discussione senza prima esaurirsi nel vano sforzo di chiarire tutto. Per fortuna, di solito, si supera questa difficoltà venendosi incontro, negoziando solo quei significati che sono effettivamente controversi e importanti per la discussione, mentre quelli magari sfumati ma di contorno si danno per accettati senza ulteriori spaccamenti del capello.
Il problema non è "quali" termini usare, ma "come" usarli. Il "filosofese" non è il particolare modo di esprimersi della filosofia e dei filosofi, ma una strategia comunicativa (non necessariamente intenzionale) volta a nascondere la mancanza di contenuti con l'ostentazione terminologica.
Detto questo, e prima di infilarci in un "cul de sac", non è che qualcuno è andato a curiosare sulle fallacie? E se c'è andato, che impressione ha avuto? E qualcuno ha letto qualcosa di retorica, logica e teoria dell'argomentazione?
giovanni is offline  
Vecchio 06-07-2006, 23.32.46   #13
epicurus
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Messaggio originale inviato da giovanni
In questo senso, sì, ogni disciplina possiede un certo "linguaggio", seppure sarebbe più corretto parlare di "terminologia" o di "gergo"; l'ombrello semantico offerto da "linguaggio" è decisamente tanto ampio da ricoprire anche concetti tra loro non sovrapponibili.
[...]
Il problema non è "quali" termini usare, ma "come" usarli. Il "filosofese" non è il particolare modo di esprimersi della filosofia e dei filosofi, ma una strategia comunicativa (non necessariamente intenzionale) volta a nascondere la mancanza di contenuti con l'ostentazione terminologica.

in quest'accezione di 'filosofese' (cioè come uso di termini astrusi per nascondere l'assenza di contenuto) allora sono d'accordo.

Citazione:
non è che qualcuno è andato a curiosare sulle fallacie? E se c'è andato, che impressione ha avuto? E qualcuno ha letto qualcosa di retorica, logica e teoria dell'argomentazione?

io conoscevo già il sito, non che abbia letto tutti i tipi di fallacie... comunque credo di conoscerle praticamente tutte.
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Vecchio 07-07-2006, 01.29.31   #14
odos
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Chiedo scusa. Effettivamente l’ho messa proprio sul personale. Ma proprio perché sono d’accordo sul filosofese, ci tenevo a non far parte di quella categoria.
Inoltre quando Giovanni parla di non dare rilevanza a ciò che supporta la nostra autostima, si avvicina molto a ciò che intendevo, oltre alla parafrasi, chiamiamola così riconoscendo un po’ di ellitticità nelle mie parole, di Epicurus.

Porto un esempio che mi sembra calzante, ai fini della genuinità di pensiero:

“Aristotele è un uomo, quindi è socievole” .

Questa proposizione rimanda logicamente a “Tutti gli uomini sono socievoli”, o a là Peirce, è un pensiero interpretato in un altro pensiero.

Ecco, esplicitare fin quando è possibile in questo modo è garanzia di chiarezza. In questo modo si sa cosa andare a guardare o rivedere. E mi sa che mi fermo anch’io…
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Vecchio 07-07-2006, 17.08.14   #15
Ish459
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Quante volte mi è capitato di aprire il forum di filosofia, leggere con attenzione i post, le discussioni che mi attiravano e non aver nemmeno fatto un intervento..
Proprio mi faccio speso questa stessa domanda: come si discute di filosofia? Oppure, come si dovrebbe discutere di filosofia? (concordo su questo punto con Giovanni) O meglio ancora, chi dovrebbe/potrebbe discutere di filosofia? È un campo ristretto, chiuso a chi ha una formazione specifica in merito? Penso appunto che qua il linguaggio giochi un punto determinante nella faccenda.. È chiunque in grado di discutere di filosofia? Qualcuno scaltro potrebbe sospettare che è una domanda che di sicuro mi rivolgo a me stessa. Ma è anche sicuro che chiunque non può discutere su qualunque ambito della filosofia si parli, perché asseconda di come si imposti un argomento la precisione del linguaggio e soprattutto una corretta conoscenza di quello di cui si parla sono fondamentali.
Quindi a questo punto mi prendo come importante appiglio personale questa frase sempre di Giovanni che mi induce a rispondere diverse domande: “si dovrebbe anche tenere conto dei motivi che spingono a discutere di filosofia”, perché è questa “spinta” a discutere di filosofia o “con filosofia” che ritengo sia innato nella natura umana. L’essere umano si pone delle domande ed interpreta il mondo che lo circonda per arrivare “ad una verità” quindi, se è parte della natura umana, non è lecito che chiunque possa discutere di filosofia o sulla filosofia? Ma… attenzione… io parlo di tirare fuori in qualche modo quella sorta di “spirito filosofico” ma senza cadere nell’imbroglio inutile delle parole (anche tratto dal Giovanni: “visto che le arzigogolazioni linguistiche nulla aggiungono alla validità degli argomenti,” ). Ma c’è anche un’idea di grande valore che differenza la discussione da un punto di vista filosofico dal semplice “difendere” la propria opinione e qua vorrei aggiungere una frase che condivido pienamente di Epicurus : “non farsi possedere dalle nostre idee, bensì usarle finchè è necessario, e gettarle senza ripensamenti quando non funzionano più……ed è proprio per questo che continuo a rivedere le mie idee, modificandole, o, addirittura, stravolgendole”..
Non è questo il meccanismo fondamentale del pensamiento filosofico? Un ricerca dinamica, non stagna.. un porre delle idee che possono essere perfettamente soggette di cambiamenti, di adattamenti… Si tratta di INTERPRETARE non “teorizzare”…
Ritengo che il linguaggio specifico sia comunque imprescindibile quando si parla di argomenti concreti per i quali ci si deve esprimere con rigore e precisione, perché ci sono delle basi stabilite. È ovvio che si parlo di argomenti scientifici, sono costretta ad utilizzare terminologia ovviamente specifica, ma intendo che la filosofia sia un campo piuttosto “aperto”, perché l’interpretazione dei fatti va al di là dei limiti delle parole.
Ma anche è fondamentale sapere di cosa si parla per non fare una brutta figura.. Se parlo ad esempio di Epistemologia (faccio questo esempio perché ne ho approfondito parecchio su questo ambito della filosofia) devo sapere appunto di cosa sto parlando, con delle basi concettuali concrete ma possiamo perfettamente interpretare qualsiasi forma di pensiero e fare una forma di pensiero assolutamente personale, aperta e discutibile.
Qualcuno ha parlato di “ostentazione” che è un problema legato sia ai termini usati e a come vengono usati (qualcuno ha anche accennato questo, non ricordo chi, mi scuso) che porta all’esclusione e alla delimitazione della discussione filosofica verso un terreno inflessibile, “privato” ed esclusivo…
Se qualcuno ha un modo di esprimere un’interpretazione concettualmente semplice su un argomento è da considerare questa sua interpretazione di minore valore che uno che arricchisce il suo intervento con citazioni di noti filosofi o concetti filosofici alla portata di chi studia intensamente la materia? Chi ha il potere dell’interpretazione e di giudicare giusta l’interpretazione altrui?
Ish459 is offline  
Vecchio 24-07-2006, 16.21.05   #16
giovanni
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Ho dovuto prendermi un po' di tempo, ma alla fine eccomi qui a rispondere all'interessante post di Ish459, devo dire anche stupendomi della mancanza di altri interventi ai problemi sollevati.
Vorrei soffermarmi intanto su due punti particolari:
- il primo: cosa intendere per "filosofia";
- il secondo, connesso al problema dell'interpretazione: cosa si cerca "filosofando".
Senza pretendere di dare risposte precise, credo utile intendere per "filosofia" quella classe di processi cognitivi, comunque influenzati dai problemi esistenziali di chi li conduce, con cui questi cerca di chiarirsi le idee su ciò che è venuto a sapere. Inevitabilmente questa proposta di definizione ha in sé il seme del punto successivo, ed anche lascia intendere perché la riflessione su molti problemi si è spostata dallo stretto ambito filosofico (nel senso di "perseguita da filosofi") al campo proprio di alcune discipline o della relazione tra saperi interdisciplinari (nel senso di "perseguita da chi opera in quel campo").
[OK, quanto sopra non è molto lineare, ma se non renderà l'idea vedrò di aggiustarlo dopo le vostre reazioni.]
Secondo. Credere che la filosofia sia la ricerca della verità, relativistica o assoluta, è una ingenuità, specie se si esula dall'intenzionalità espressa esplicitamente e ci si riferisce alla filosofia tipicamente affrontata nelle riunioni amicali. Mi sembra sempre più corretta l'affermazione fatta da Robert Wright in "The moral animal": "la mente si è evoluta per difendere lo status del possessore, non per cercare la verità" (traduzione per come la ricordo). Che poi qualche verità venga raggiunta è una conseguenza non prevista del percorso evolutivo.
Qualcosa in più su questo... in seguito
giovanni is offline  
Vecchio 08-08-2006, 02.38.56   #17
epicurus
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Riferimento: Come si discute di filosofia

sono appena tornato dalle vacanze, quindi continuo il discorso lasciato in sospeso...

anch'io trovo interessante l'intervento di ish459. naturalmente concorso il suo richiamo alla conoscenza delle basi del settore di filosofia che ci interessa (per esempio Epistemologia, come dice ish) per apportare una buona dose di interventi accattivanti (questo non vieta, ovviamente, che parti di tali basi vengano fornite su richiesta da forumisti ad altri forumisti).

per quanto riguarda "forumulazione semplice" vs. "formulazione complessa", dipende da cosa si intende con i due termini. se la formulazione complessa è tale solamente perchè ha citazioni di grandi filosofi o perchè usa un linguaggio più arzigogolato, allora è da preferire la formulazione semplice. mentre se per formulazione complessa se ne intende una che argomenta nel dettaglio una tesi, mostrando tutte le implicazioni di tale tesi, assieme alle argomentazioni pro-tesi e contro le tesi avversarie, allora la forumulazione complessa è da preferire.

Citazione:
Originalmente inviato da giovanni
- il primo: cosa intendere per "filosofia";
Senza pretendere di dare risposte precise, credo utile intendere per "filosofia" quella classe di processi cognitivi, comunque influenzati dai problemi esistenziali di chi li conduce, con cui questi cerca di chiarirsi le idee su ciò che è venuto a sapere. Inevitabilmente questa proposta di definizione ha in sé il seme del punto successivo, ed anche lascia intendere perché la riflessione su molti problemi si è spostata dallo stretto ambito filosofico (nel senso di "perseguita da filosofi") al campo proprio di alcune discipline o della relazione tra saperi interdisciplinari (nel senso di "perseguita da chi opera in quel campo").

forse sarà una finezza, ma io credo che la filosofia non sia da identificare in una classe di processi cognitivi. questa, credo, dovrebbe essere identificata con una classe di domande e potenziali risposte. ciò non toglie che il "fare filosofia" (non la "filosofia") è un processo cognitivo, come anche "progettare un ponte"; ma è ben noto che i progetti di ponti non sono processi cognitivi.

naturalmente è difficile caratterizzare tale classe, nel senso che è difficile dire, in generale, quali sono le domande filosofiche. credo che un criterio generale per dire "questo è un(a potenziale soluzione ad un) problema filosofico?" non esista (forse il fatto che un problema sia etichettato come 'filosofico' dipende da fatti storico-sociali, non da criteri generici e astorici). ma d'altro canto, neppure tu cerchi di specificare che caratteristiche speciali devono avere dei processi cognitivi per essere ammessi all'altare della filosofia (dire che "filosofia è cercare di chiarire vecchie conoscenze" è una definizione troppo generale per distinguere la filosofia da ogni altro ramo del sapere).

aggiungo un'altra riflessione, che sarà ancora più una finezza: la filosofia non è accompagnata necessariamente da sentori esistenziali. mi risulta difficile dire, per esempio, che ogni ricercatore di sematica atificiale, mentre ricerca, si senta invischiato in problemi esistenziali. può accadere, ma non è necessario.

Citazione:
Originalmente inviato da giovanni
- il secondo, connesso al problema dell'interpretazione: cosa si cerca "filosofando".
Credere che la filosofia sia la ricerca della verità, relativistica o assoluta, è una ingenuità, specie se si esula dall'intenzionalità espressa esplicitamente e ci si riferisce alla filosofia tipicamente affrontata nelle riunioni amicali. Mi sembra sempre più corretta l'affermazione fatta da Robert Wright in "The moral animal": "la mente si è evoluta per difendere lo status del possessore, non per cercare la verità" (traduzione per come la ricordo). Che poi qualche verità venga raggiunta è una conseguenza non prevista del percorso evolutivo.

io, da buon ingenuo , credo che la filosofia sia un modo di cercare credenze vere, un modo fra i tanti, quali: sociologia, economia, fisica nucleare, etc.

comunque il tuo argomento poggia su due (o 3?) credenze false:

1) che ogni organismo naturale sia stato selezionato dalla selezione naturale. (vedi P.S.)

2) che l'adattamento non abbia nulla a che vedere con la capacità dell'organismo di formarsi credenze vere sul mondo. (il fatto che un elefante sia giunto fino a noi, per esempio, è dato dal fatto che quando vede un pericolo lui riesca a formarsi delle credenze vere del tipo "c'è un pericolo", etc.)

[3) che la mente sia riducibile alla biologia.

metto questo punto tra parentesi, perchè solamente questo ci farebbe uscire troppo dalla discussione, comunque ho argomentato in più topic la mia idea che la mente non è naturalizzabile. d'altra parte, io credo, i primi due sono più che sufficienti.]


epicurus

P.S. per argomentare il mio punto (1) riprendo un mio intervento a pagina 5 del topic sul libero arbitrio:

Citazione:
Originalmente inviato da epicurus
cito il mio amato Hilary Putnam -- che, per chi non l'ha capito, assieme a Wittgenstein, è il mio eroe filosofico -- dal suo "L'evoluzione spiega la rappresentazione?".

----------
Putnam:
"I filosofi che applicano la teoria dell'evoluzione di solito lo fanno in un modo molto semplice. Il filosofo individua qualche capacità posseduta dagli esseri umani, una capacità che in un modo o nell'altro è utile possedere per gli esseri umani, e sostiene che essa deve essere stata selezionata nel corso del processo evolutivo.Quest'uso della teoria dell'evoluzione è considerato estremamente discutibile da molti biologi evoluzionisti. Chi lavora come biologo evoluzionista non dà affatto per scontato che ongi capacità utile di una specie sia il risultato della selezione. Un'alterazione genetica ha di frequente molti effetti diversi. Se uno qualsiasi di questi effetti contribuisce in modo marcato al successo riproduttivo di membri della specie che hanno quel gene, allora il nuovo tratta genetico sarà selezionato e gli altri effetti collaterali gli andranno dietro, a patto che essi non siano così negativi da cancellare i benefici che derivano dal processo del tratto genetico in questione. In questo modo, può anche avvenire che un tratto che non constribuisce al potenziale di sopravvivenza né al successo riproduttivo di una specie, o addirittura che per la specie sarebbe meglio non possedere, emerga attraverso la selezione naturale senza che esso sia stato selezionato. Ma può anche accadere che il tratto che è stato trascinato sia effettivamente benefico per la specie, sebbene non sia quella la ragione per cui esso ne è diventato una carattere universale. In generale, la teoria evoluzionistica contemporanea rifiuta l'assunzione che ogni cambiamento in una specie che sia di beneficio a quest'ultima sia stato specificatamente selezionato. Gli evoluzionisti sono molto cauti nel dire quali capacità, organi e vosì via siano stati specificamente selezionati (siano stati "adattamenti") nella storia evolutiva di una specie e quali invece siano sorti in modo casuale. I filosofi, invece, non sono altrettanto cauti."
---------

voglio aggiungere qualcosa di più specifico, in merito al possibilità o impossibilità di ridurre ogni nostra capacità o ogni nostro atteggiamento (credenza, desiderio, etc.) ad una base di bisogni biologici fondamentali.
innanzitutto va detto che la cultura è un aspetto importantissimo (indispensabile, io direi) della nostra vita, assieme all'aspetto biologico: l'uomo è un agente tanto biologico quanto culturale. tra le moltissime conseguenze che ha questo fatto, c'è anche quello che, per esempio, le nostre decisioni (e le ragioni di queste) non sono riducibili a bisogni biologici fondamentali: (per esempio) se l'istinto di sopravviventa mi spinge a rimanere in vita, i miei valori potrebbero spingermi ad andare contro questi e sacrificare la mia vita per salvare una scolaresca di bambini delle elementari. "ma anche tale tuo valore ha una ragion d'essere perchè un qualche istinto biologicamente radicato in te ha fatto si che tu abbia tale istinto", mi potresti obiettare. ma che forza ha tale obiezione? è convincente? hai delle prove per dire questo? oppure, come io credo, è più ragionevole sostenere semplicemente che i miei valori sono quelli e che non centrino nulla (o gran poco) con i miei istinti primordiali? pensi che l'evoluzione abbia potuto selezionare così accuratamente anche il mio senso dell'altruismo e del sacrificio per gli altri? ma non solo tali principi in generale, ma anche che abbia formato tali principi in modo così preciso che essi fossero applicabili in quel dato e preciso contesto? ne dubito fortemente. d'altro canto l'evoluzione biologica segue un processo darwiniano, mentre quella culturale ne segue uno lamarckiano.

Ultima modifica di epicurus : 08-08-2006 alle ore 02.40.27.
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Vecchio 08-08-2006, 10.32.15   #18
alf54
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Riferimento: Come si discute di filosofia

Salve a tutti sono nuovo e appena iscritto a questo forum, lo trovo molto interessante, dando un'occhiata ai post vedo ke ci sono posizioni opposte come giusto sia e ke, ognuno difende la propria posizione con una certa rigidità.
Credo ke la prima condizione x discutere di filosofia sia l'umiltà, nn ke voi nn lo siate x carità ma diceva Socrate " so di non sapere " ed è la condizione x mettersi a confronto con l'altro ke, poi kiama dialettica da cui si arriva alla verità. Non sono molto giovane anagraficamente ma, la motivazione di mettersi in discussione e la voglia di sapere nn ti fa invecchiare almeno mentalmente.
Ho cominciato studiare da circa un anno, non credevo mai ke dopo tanto tempo avrei avuto l'interesse x certi argomenti.
Ho cominciato gli studi con la metafisica di cui ho sostenuto un esame e sto continuando gli studi con un corso di formazione: Abc della filosofia.....ma di questo ne possiamo riparlare più avanti.
Come si discute di filosofia ? Be secondo x capire il come e il xkè e capire cosa sia la filosofia e quale siano le competenze proprie del filosofo, la cosa migliore da fare è, probabilmente, interrogare i filosofi stessi, ossia i diretti interessati, coloro ke esercitano la filosofia in prima persona.
Vi propongo un pensiero di Platone.
"Ki sono allora Diotima quelli ke filosofano, se nn lo sono ne i sapienti ne gli ignoranti ?
E' kiaro anke ad un bamino ke sono a metà tra questi due e ke di essi fa parte anke Amore.
La sapienza, infatti, fa parte delle cose + belle e Amore è amore del bello, sikkè è necessario ke Amore sia filosofo e, in quanto filosofo, sia in mezzo tra il sapiente e l'ignorante " ( Platone, " Simposio " )
alf54 is offline  
Vecchio 15-08-2006, 18.31.47   #19
giovanni
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Riferimento: Come si discute di filosofia

Epicurus, cercherò di rispondere concisamente:
Qual è la differenza tra "classe di processi cognitivi" e "classe di domande e potenziali risposte"? La prima include la seconda.
La filosofia non è un processo cognitivo? Seguendo il tuo esempio, non lo è se con essa si intende ciò che la documenta -i media attraverso i quali è diffusa- ma credo che questa sia una finezza superflua e, per gli scopi della discussione, sia meglio usare "filosofia" e "fare filosofia" per intendere più o meno la stessa cosa.
I problemi esistenziali sono necessari al pensare filosofico? Certo che no, e neppure io intendevo dirlo (il mio "comunque" forse si prestava al fraintendimento). Però il contesto esistenziale può rivelarsi scatenante, oltre che determinante, ed in grado di alterare persino la correttezza del ragionamento. Su questo punto, notevoli prove sono state addotte dalle neuroscienze (vedi, in particolare, R. Damasio).
Filosofare è cercare la verità? Dipende. Se si guarda alla filosofia mantenendosi al livello delle intenzioni espresse dai filosofi, forse si. Ma non sempre le intenzioni espresse sono veritiere.
Riguardo al P.S., avrei preferito una citazione di un biologo evoluzionista. Comunque, è vero che per "selezione naturale" ci si riferisce spesso a processi diversi che agiscono a diversi livelli sugli esseri viventi. Comunque, ancora, il post scriptum non dimostra che sia falso che ogni organismo sia stato (in qualche maniera) selezionato secondo un processo evoluzionistico, bensì dimostra solo che alcuni filosofi fraintendono i meccanismi dell'evoluzione.
Chi ha detto che l'organismo non può formarsi credenze vere sul mondo? Un organismo può benissimo riconoscere che le ragioni altrui sono più vere delle proprie, ma nonostante ciò può preferire avversarle perché così gli conviene, cosa che si è ripetuta e si ripete in una molteplicità di esempi, tra i quali lo stesso Galilei.
Infine, senza la nostra biologia non esisterebbe la nostra cultura, il che non significa voler ridurre alcunché, ma guardare dove più probabile sembra possa giungere una risposta.
giovanni is offline  
Vecchio 16-08-2006, 16.00.43   #20
epicurus
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Riferimento: Come si discute di filosofia

Citazione:
Originalmente inviato da giovanni
Epicurus, cercherò di rispondere concisamente:
Qual è la differenza tra "classe di processi cognitivi" e "classe di domande e potenziali risposte"? La prima include la seconda.
La filosofia non è un processo cognitivo?

il problema, giovanni, è che dire che '(fare) filosofia' è un processo cognitivo, è come dire che 'automobile' è un oggetto solido: è dir troppo poco... la domanda "cos'è la filosofia?" -- seguento la tua proposta -- rimane aperta (come pure la domanda "cos'è un automobile?").

Citazione:
Originalmente inviato da giovanni
Riguardo al P.S., avrei preferito una citazione di un biologo evoluzionista.

mi sembra che quanto detto sia facilmente comprensibile da tutti: le alterazioni genetiche hanno molti effetti, e solamente alcuni potrebbero venir selezionati. comunque se vuoi un parere di un esperto prendi, per esempio, quello di stephen jay gould (famosissimo paleontologo e biologo evoluzionista), nel suo 'il pollice del panda'. ma d'altro canto se i biologi prima di dire 'questo x è stato selezionato' studiano anni e anni, ci sarà un motivo...

Citazione:
Originalmente inviato da giovanni
Comunque, è vero che per "selezione naturale" ci si riferisce spesso a processi diversi che agiscono a diversi livelli sugli esseri viventi. Comunque, ancora, il post scriptum non dimostra che sia falso che ogni organismo sia stato (in qualche maniera) selezionato secondo un processo evoluzionistico, bensì dimostra solo che alcuni filosofi fraintendono i meccanismi dell'evoluzione.

no, quello che ho scritto implica che alcune modificazioni non sono state selezionate.

Citazione:
Originalmente inviato da giovanni
Chi ha detto che l'organismo non può formarsi credenze vere sul mondo? Un organismo può benissimo riconoscere che le ragioni altrui sono più vere delle proprie, ma nonostante ciò può preferire avversarle perché così gli conviene, cosa che si è ripetuta e si ripete in una molteplicità di esempi, tra i quali lo stesso Galilei.

può l'uno o l'altro. ok, su questo siamo d'accordo. (ma più che un discorso sull'evoluzione, qui, io lo farei sulla psicologia e l'antropologia)

Citazione:
Originalmente inviato da giovanni
Infine, senza la nostra biologia non esisterebbe la nostra cultura, il che non significa voler ridurre alcunché, ma guardare dove più probabile sembra possa giungere una risposta.

com'è ovvio, non voglio smontare la biologia, anzi, per me ogni scienza è estremamente interessante ed utile. ma non bisogna scambiare la visione metafisicizzata di una scienza (biologia, per esempio) con la scienza stessa.

non voglio dire che l'uomo non è un organismo biologico, ma che è anche biologico, oltre ad essere un organismo social-culturale. guardare dove è più probabile trovare una risposta (corretta)? be', quando si parla di fenomeni culturali complessi, guardo alla psicologia/sociologia/antrolopoligia, non alla biologia.


epicurus

Ultima modifica di epicurus : 16-08-2006 alle ore 16.02.02.
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