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Filosofia - Forum filosofico sulla ricerca del senso dell’essere.
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Vecchio 17-10-2006, 14.27.04   #1
VanLag
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ateismo e bene - religione e bene.

Premessa: - Leggiamo il termine bene come "predisposizone al bene" o se volete "buona volontà" -

Sembrerebbe che, nella mentalità comune, il bene sia legato indissolubilmente con l’idea di Dio. Chi crede quindi è spinto ad agire bene mentre, chi non crede, sarebbe una sorta di satana predisposto solo al male.

Ma ha senso un’affermazione del genere?
Perché mai un uomo che crede in un essere soprannaturale dovrebbe avere maggiore spinta interiore ad agire bene, di uno che non crede?

Il bene è prima di tutto un bisogno che deve nascere dal nostro cuore. Che valore può mai avere un bene fatto per dovere, fatto perché Dio ce lo chiede o peggio ce lo impone?

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Vecchio 17-10-2006, 18.33.59   #2
Patri15
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Riferimento: ateismo e bene - religione e bene.

Citazione:
Originalmente inviato da VanLag
Premessa: - Leggiamo il termine bene come "predisposizone al bene" o se volete "buona volontà" -

Sembrerebbe che, nella mentalità comune, il bene sia legato indissolubilmente con l’idea di Dio. Chi crede quindi è spinto ad agire bene mentre, chi non crede, sarebbe una sorta di satana predisposto solo al male.

Ma ha senso un’affermazione del genere?
Perché mai un uomo che crede in un essere soprannaturale dovrebbe avere maggiore spinta interiore ad agire bene, di uno che non crede?

Il bene è prima di tutto un bisogno che deve nascere dal nostro cuore. Che valore può mai avere un bene fatto per dovere, fatto perché Dio ce lo chiede o peggio ce lo impone?

Infatti, nella maggior parte dei casi le religioni adottano verso il bene l'approccio dualistico che vede il bene come una forza contrapposta al male.

Dualismo perciò, che rafforza la paura e i sensi di colpa: le energie della paura e della colpa sono usate per obbligarci a "comportarci bene".

Tante volte ci si ritrova a "fingere" di aiutare l'altro, ascoltandolo, mostrando tutta la nostra comprensione: dentro di noi però, totale indifferenza.

Maschera, ipocrisia e/o lavaggio del cervello? a me sembra di sì.

Il bene, che in noi essere umani coesiste con il male, dovrebbe essere una energia positiva autenticamente sentita dentro di noi e in questo modo, manifestata.

Dio che è onnipotente, omnisciente ..omni-tutto, necessariamente è bene e male, notte e giorno, speranza e disperazione.

A noi è permesso qualche volta entrare in sintonia con il dolore dell'Altro, forse perchè nell'altro riusciamo a rispecchiare il nostro dolore ed è più facile rispondere con sincerità, facendo del BENE.

Non possiamo dedurne quindi che l' Altro sono IO?

Ciao
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Vecchio 17-10-2006, 22.51.34   #3
VanLag
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Citazione:
Originalmente inviato da Patri15
Tante volte ci si ritrova a "fingere" di aiutare l'altro, ascoltandolo, mostrando tutta la nostra comprensione: dentro di noi però, totale indifferenza.

Maschera, ipocrisia e/o lavaggio del cervello? a me sembra di sì.
Si credo che faccia parte degli insegnamenti che abbiamo ricevuto e per chi ci è dentro arrivano a sembrare normali e non ci si rende più neppure conto che si sta simulando. In realtà quello che proviamo non è empatia reale ma è lo sforzo deliberato di una partecipazione e di una comprensione che però non si può forzare. Ne derivano quegli atteggiamenti di modo e di maniera che spesso sfociano nell’ipocrisia. E quanto espresso sopra è auto-critica perché anche io sono stato cresciuto con questi insegnamenti.

La reale empatia è altro ….. è farsi il male di pancia dell’altro anche se, se ne farebbe volentieri a meno. L’ho sicuramente provata negli ultimi sei mesi di vita di mia madre….. avevo dentro un dolore fortissimo ed ho perso 6 kg io che già non sono grasso…. Il suo dolore era il mio, anche se non l’ho praticamente mai vista sofferente e sentivo che non potevo fare nulla ne per me ne per lei….

La domanda però che volevo lanciare era diversa….. Perché sembra che basti dire: - credo in Dio - e già automaticamente uno si sente migliore, quasi che quel credo di per se inalzi una persona. E’ così vero?
Chi non si appoggia ad un ente trascendente è davvero meno predisposto al bene di chi crede?
In altre parole l’ateo è cattivo? E' privo di buona volontà?

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Vecchio 18-10-2006, 01.55.12   #4
FunkyMarc
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Riferimento: ateismo e bene - religione e bene.

Se credere in Dio è un'ovvia adesione ad una verità e ad un agire "bene", il non farlo pone dubbi nei confronti dell'ateo in quanto "non di per sè" iscritto in un certo codice etico.

Ma il problema secondo me va oltre la semplice differenza tra atei e credenti: anche un ateo può accettare principi deontologici antropocentrici.
Non vedo differenze tra l'etica degli uni e degli altri. Il problema sorge nel momento in cui una cultura si emancipa dalla convinzione che esistano verità comprensibili dall'uomo, sposando la tesi ermeneutica secondo cui "non esistono fatti, solo interpretazioni".

In questo caso la legittimazione di un principio avviene lungo un iter più tortuoso e prudente, e proprio per la sua non immediatezza chi vi abita viene tacciato di disimpegno morale.

Il "pensiero debole", per la sua attualità, è destinato a divenire la "forma mentis" della cultura moderna, o ha già perso la battaglia contro le violente filosofie fondazionaliste?
Io, da ateo, relativista, auspico una crescita del pensiero verso un sano e tollerante agnosticismo!
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Vecchio 18-10-2006, 08.53.17   #5
Patri15
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Citazione:
Originalmente inviato da VanLag

La domanda però che volevo lanciare era diversa….. Perché sembra che basti dire: - credo in Dio - e già automaticamente uno si sente migliore, quasi che quel credo di per se inalzi una persona. E’ così vero?
Chi non si appoggia ad un ente trascendente è davvero meno predisposto al bene di chi crede?
In altre parole l’ateo è cattivo? E' privo di buona volontà?

L'ateo è il senza-dio.
Senza nulla togliere ai credenti (beh, quelli autentici però), penso che l'ateo abbia una vita più attivamente responsabile, nonchè dolorosa, mancando ad esso il rifugio di Dio che protegge e che dà vita eterna.

Non mi risulta che l'ateo per il solo fatto di essere tale non possa avere buona volontà, amore per gli altri: sarebbe come dire che solo i credenti possono essere "buoni" . Ma nella natura dell'uomo c'è la conoscenza del bene e del male e la volontà, lo spirito sociale, l'intelligenza, sia esso credente o ateo.

Quindi la risposta alla tua domanda, VanLag è "no".

Ciao!
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Vecchio 18-10-2006, 15.10.14   #6
Tommy2005
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Riferimento: ateismo e bene - religione e bene.

Citazione:
Originalmente inviato da VanLag
Premessa: - Leggiamo il termine bene come "predisposizone al bene" o se volete "buona volontà" -

Sembrerebbe che, nella mentalità comune, il bene sia legato indissolubilmente con l’idea di Dio. Chi crede quindi è spinto ad agire bene mentre, chi non crede, sarebbe una sorta di satana predisposto solo al male.

Ma ha senso un’affermazione del genere?
Perché mai un uomo che crede in un essere soprannaturale dovrebbe avere maggiore spinta interiore ad agire bene, di uno che non crede?

Il bene è prima di tutto un bisogno che deve nascere dal nostro cuore. Che valore può mai avere un bene fatto per dovere, fatto perché Dio ce lo chiede o peggio ce lo impone?


Ciao VanLag,

ho letto questi interrogativi da te posti, e trovo difficile trovare la modalità più appropriata per rispondervi, anche perchè, memore di altri thread e post, l'ambiente "credente" che ti circonda mi sembra più volto a deformare l'immagine di Dio che non ad aiutarti a chiarirtene i tratti (se non ho capito male le tue domande sono impersonali).

Come anche :

Citazione:
La domanda però che volevo lanciare era diversa….. Perché sembra che basti dire: - credo in Dio - e già automaticamente uno si sente migliore, quasi che quel credo di per se inalzi una persona. E’ così vero?
Chi non si appoggia ad un ente trascendente è davvero meno predisposto al bene di chi crede?
In altre parole l’ateo è cattivo? E' privo di buona volontà?

sottolineano l'insipidità di persone che invece di aiutarti, aggiungono ostacoli su ostacoli, al cammino di vita che ogni uomo opera affannosamente, persino quando si proclama relativista o ateo...

Ma veniamo a noi :
a dispetto di quanto affermano questi grossolani ignoranti, affetti da una gravissima presunzione di sapere, cominciamo a mettere alcuni puntini sulle "i" :

-) non è assolutamente vero che chi crede in Dio abbia una maggiore tendenza al bene : non basta il credo per tendere al bene; semplicemente, per coerenza, chi crede, perlomeno deve essere coerente con la sua fede;
se ti può essere d'aiuto, sappi che uno dei più grandi amici di Padre Pio, il dott. Sanguinetti, era ateo !
-) Dio non impone il bene a nessuno, anche perchè non avrebbe alcun valore il bene fatto a quelle condizioni !
-) L'ateo non è cattivo, ma se compie il bene è incoerente, e ne spiego il perchè subito :

l'ateo, per definizione, è colui che non crede nell'esistenza di un essere eterno, ultrasensibile, ingenerato, creatore dell'universo : per lui, dopo la morte, vi è il nulla !
Se il suo destino è il nulla, dovrebbe spiegare che senso ha per lui compiere il bene o il male, giacchè : se compie il bene nessun buono ci sarà ad accoglierlo nel suo mondo, se compie il male, nessuna giustizia mai lo punirà !
Quindi, nell'ipotesi che decida di operare il bene, il bene è fine a stesso perchè non avrà un "dopo" : l'amore per i suoi familiari, l'amicizia per i suoi amici, la solidarietà che ha profuso...tutto, all'atto della sua morte sparirà...e allora ? Che senso avrà avuto il bene ?
Era meglio fare i propri comodi e godersi la vita anche a qualsiasi costo, tanto...poi è finita !

Ma guarda caro VanLag che le cose non stanno così : il bene che tu hai voluto ad amici, genitori, moglie, figli, non è fine a sè stesso !
Loro staranno lì ad aspettarti o tu aspetterai loro, per vivere una nuova vita, vera, degna di essere chiamata con questo nome !

Mi spiace che menti come la tua, fra le più brillanti e ragionevoli che ho trovato in questo forum, si sia lasciata influenzare sia dai dogmatici che dai relativisti !

Rispettosamente ti saluto.
Tommy2005 is offline  
Vecchio 18-10-2006, 16.13.18   #7
epicurus
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Citazione:
Originalmente inviato da Tommy2005
-) L'ateo non è cattivo, ma se compie il bene è incoerente, e ne spiego il perchè subito :

l'ateo, per definizione, è colui che non crede nell'esistenza di un essere eterno, ultrasensibile, ingenerato, creatore dell'universo : per lui, dopo la morte, vi è il nulla !
Se il suo destino è il nulla, dovrebbe spiegare che senso ha per lui compiere il bene o il male, giacchè : se compie il bene nessun buono ci sarà ad accoglierlo nel suo mondo, se compie il male, nessuna giustizia mai lo punirà !
Quindi, nell'ipotesi che decida di operare il bene, il bene è fine a stesso perchè non avrà un "dopo" : l'amore per i suoi familiari, l'amicizia per i suoi amici, la solidarietà che ha profuso...tutto, all'atto della sua morte sparirà...e allora ? Che senso avrà avuto il bene ?
Era meglio fare i propri comodi e godersi la vita anche a qualsiasi costo, tanto...poi è finita !

ciao tommy, mi sembra un po' troppo azzardato dire che gli atei che fanno del bene sono incoerenti

tu dici che il bene dell'ateo è fine a se stesso, ma un bene fine a se stesso è sempre un bene, non un male (anzi, eventualmente è un bene con finalità che potrebbe essere un non-bene). un ateo, infatti, si costruirà un sistema di valori autonomamente, senza l'aiuto di dio, ma non per questo tale sistema è incoerente. la morale atea si fonda sull'uomo, e non sul divino: la morale è una questione prettamente umana, ed esula dalle competenze trascendentali.

tutto qui. come vedi un ateo con un sistema di valori non è incoerente. (se proprio vogliamo dirla tutta, è l'idea stessa di un essere umano senza valori che è incoerente: pure l'egoismo è un valore!)


epicurus
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Vecchio 18-10-2006, 16.14.38   #8
FunkyMarc
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Citazione:
Originalmente inviato da Tommy2005
Ma guarda caro VanLag che le cose non stanno così : il bene che tu hai voluto ad amici, genitori, moglie, figli, non è fine a sè stesso !
Loro staranno lì ad aspettarti o tu aspetterai loro, per vivere una nuova vita, vera, degna di essere chiamata con questo nome !

Ah, beh, mi hai ragionevolmente convinto!

Scherzi a parte, non credo che menti brillanti, proprio perchè tali, possano accontentarsi di una semplice speranza come questa, per quanto tenera ed umana, per dare un senso alla propria vita.

Anzi, credo che lo splendore di questi intelletti, ed alla fine l'essenza stessa dell'essere uomo, sia proprio la ricerca di valori che vadano oltre il "disimpegnato godersi la vita" senza giudizio morale, ma anche e soprattutto il presuntuoso fondare verità sul mondo e su dio.

Credo che questa sia la vera "religiosità" del pensiero agnostico: un atto di trascendenza che riconosce la bellezza dell'essere (e quindi già la dignità di "questa" vita), senza però pretendere di definirlo hic et nunc, e soprattutto di fondare il proprio agire morale su tale pretenziosa verità!

Inoltre non credo che si possa definire il bene estraendo il dolore come una carie. Credo che il dolore si debba concepire in termini meno negativi, come pathos, come essenza stessa della finitezza umana e quindi, per come la vedo io, come fondamento stesso dell'amore. L'amore in quanto con-passione, che è l'insegamento fondamentale di Cristo stesso.
FunkyMarc is offline  
Vecchio 18-10-2006, 18.40.10   #9
ludovicofrescura
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Rispondendo (un pochino) a FunkyMarc


Un momento!… Perché “credere in dio” è un’ovvia “adesione” al Vero e al Giusto? secondo quale logica?

La mia logica – da cui parto perché la sento reale e concreta in me – mi detta/quasi impone di pensare il contrario: la “credenza in Dio” sta per abitudine, sta per assuefazione; significa trascurare/ignorare la propria funzione intuitiva e la propria funzione creativa, ripetendosi poveramente e vigliaccamente in ciò che viene consigliato/imposto dall’esterno (‘educazione’ si fa per dire). Credere in dio per me vuol dire abdicare a se stesso e al proprio potenziale intellettuale. QUINDI È MALE!... - di primo acchito e per definizione stessa. Un uomo che mi dice di ‘credere in dio’ non mi dà in mano nessuna verità e già mi determina in testa il pregiudizio che agirà/si comporterà pure male; per cui ha da recuperare in credibilità ed affidabilità ai miei occhi, altro che darmi l’impressione di un ‘uomo per bene’! Oltretutto constato quasi sempre che il credente abituale si richiama a modelli di dèi (comprendendoci i nostri biblici e successivi) indifferenti e negativi, incoerenti, crudeli… – c’è al riguardo una letteratura smisurata.

E “non aderire” invece a tale credenza – cioè in dio sic et simpliciter – vengon posti dei dubbi di assennatezza e di giudiziosità da chi, per quest’uomo non credente, di grazia? Dal credente di cui sopra?!!…

La mia logica, al contrario, mi orienta con immediatezza verso un giudizio positivo di quell’uomo: mi suggerisce che è/tenderà ad essere più o meno consapevole di sé, che non crede nelle storie seduttive che gli raccontano, e che vuole/vorrà agire coerentemente al suo pensiero libero e in progress. QUINDI È BENE semmai!

“Essere iscritto in un certo codice etico” (per intendere quello che verosimilmente significano queste parole: antropologicamente, storicamente, psicologicamente…) vuol dire, dalle mie parti e secondo la mia testa, esattamente il contrario di quello che si vuole per solito intendere: la formula – la sento in questo modo – è disdicevole, ambigua e bianca.

Il problema inoltre – secondo me – NON “va oltre la differenza fra atei e credenti”. Ma qui resta tutto intero: perché è una differenza – questa – dualistica e monca, una differenza tra opposti che configgono, una differenza di schieramenti contrapposti che obbligano alla scelta senza condizione e alla partigianeria senza condizione. È nel dualismo, di cui è fradicia tutta la mia cultura, che germina la competizione, l’antagonismo, l’inimicizia, il combattimento, il cozzo, la strage… – maledetto Kirkegard!

Ho già detto in questo Forum (ma nessuno ha voglia di rispondere o sa rispondere) che c’è tutto un mondo a latere di una moltitudine di credenti abituali con poca fede (perché forse non hanno più ‘fame’) e di credenti pure abituali con una fede folle (perché hanno di sicuro ancora ‘fame’) oltre che di un manipolo poco più/poco meno di atei e agnostici dichiarati, c’è tutto un mondo – dico – a latere di questi due sproporzionati ingruppamenti che vive la sua religiosità come scoperta, come maturazione del sé, come verità in progress; il quale mondo fa peso e in futuro farà sempre più peso. Mondo a latere dei normali credenti ed atei che se ne ride (perché non potrebbe fare altrimenti se non a scapito della sua stessa ‘grande fede’ in fieri che si sta costruendo, per proprio conto, ora per ora, anno per anno) di invenzioni furbe e devianti, quali quelle delle nostre scienze linguistiche, che han tirato fuori e la sbandierano nelle nostre università… l’ERMENEUTICA!!!

Il discorso delle verità che esulano dai fatti e si vanno impastando, piuttosto, nella ‘interpretazione dei fatti’ è per me pretestuoso, intrigante, intellettualistico; borghese da nuovo arrivato e gesuita da sempre rimasto. Un’interpretazione della mia esperienza - per me che son vichiano – rammollirebbe/non forgerebbe il mio Sé.

Tant’è!… L’ “Io, da ateo, relativista, auspico una crescita del pensiero verso un sano e tollerante agnosticismo!” diventa per me: IO, DA RELIGIOSO, RELATIVISTA, AUSPICO UNA CRESCITA DEL PENSIERO VERSO UN PROPRIETARIO E TOLLERANTE GNOSTICISMO DI TUTTI/DI OGNUNO!

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Il pensatore dovrebbe nominare l’Essere; il politico non dovrebbe mai fare quello che fa; il poeta con la sua Sacralità dovrebbe sapersi coniugare!
ludovicofrescura is offline  
Vecchio 18-10-2006, 18.50.36   #10
dany83
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Riferimento: ateismo e bene - religione e bene.

Dio non ci impone nulla...ti è mai apparso Dio ordinandoti di comportarti bene altrimenti ti avrebbe ucciso?non credo...il bene nasce da dentro il nostro cuore...l'uomo nasce buono,siamo tutti buoni alla nascita ma poi a seconda della vita che uno fa si può diventare cattivi purtroppo...
dany83 is offline  

 



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