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Spiritualità - Religioni, misticismo, esoterismo, pratiche spirituali.
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Vecchio 10-07-2015, 21.31.14   #21
iano
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Originalmente inviato da Sariputra
Lucedistella interrogò Nonessere:"Maestro, esistete o non esistete?".
Lucedistella non ebbe risposta, e guardò fissamente la sembianza di Nonessere: era un profondo vuoto. Guardò il giorno intiero; non vide nulla. Ascoltò; non udì nulla. Volle abbracciarlo; non strinse nulla.
Disse Lucedistella: " Questa è perfezione! Chi può raggiungerla?".

Ciuang Tze

E' questa tensione alla perfezione,che non coinvolge e non mi convince.
Nella mia esperienza soggettiva è sempre stato fruttuoso non pormi alcun limite a priori.
Perchè è utile e fruttuoso sondare,capire e accettare i propri limiti,non accetando i limiti che ci vengono proposti o imposti da altri.
Io sono felice quando sono pienamente me stesso.
Non è molto,ma è molto più di quanto pensassi una volta,frastornato da dottrine e precetti vari assunti in modo acritico.
iano is offline  
Vecchio 11-07-2015, 16.54.27   #22
Sariputra
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Citazione:
Originalmente inviato da iano
E' questa tensione alla perfezione,che non coinvolge e non mi convince.
Nella mia esperienza soggettiva è sempre stato fruttuoso non pormi alcun limite a priori.
Perchè è utile e fruttuoso sondare,capire e accettare i propri limiti,non accetando i limiti che ci vengono proposti o imposti da altri.
Io sono felice quando sono pienamente me stesso.
Non è molto,ma è molto più di quanto pensassi una volta,frastornato da dottrine e precetti vari assunti in modo acritico.


Acritico mai !! Nessuna dottrina , precetto, religione deve essere assunta in forma acritica. Sono assolutamente d'accordo.
L'investigare porta sempre a sondare i propri limiti e a porseli quando è necessario e fruttuoso.
Ma la ricerca non deve coinvolgere, dare soddisfazione, sentirsi bene. Se così è siamo sempre all'interno del nostro cerchio autocostruito, non stiamo progredendo in nessuna direzione. Crediamo solo di salire e invece giriamo in tondo. Ben sapendo che non c'è niente da scalare in definitiva. Che tutto è qui e ora. Il problema è vederlo....
Penso che la verità non deve necessariamente coinvolgere. Non c'è niente di spettacolare da compiere qui, in questo "mondo", per me.
La tensione a capire non è tensione alla perfezione. Anche perché credo che la perfezione sia solo un'ideale. Infatti Lucedistella , dopo aver contemplato Nonessere, si pone la domanda:"Chi può raggiungerla?..."
Tu dici "Sono felice quando sono pienamente me stesso"...
Vorrei tanto capire quando riesci a sentirti "te stesso". Ti confesso che, in vita mia, non ho mai provato quella "sensazione" e potuto dire : "Ecco, in questo momento, mi sento veramente me stesso".
Mi sembra che, ad ogni stante che viviamo, tendiamo sempre in avanti, a qualcos'altro, senza tregua.
Io non penso che esista un "me stesso" in noi. Che confini gli dai ? Come puoi definirlo? E' una sensazione o un pensiero? Una speranza ? Una consuetudine della nostra testa ? Un provare qualcosa? Un filo che lega insieme tutto quello che pensiamo e percepiamo ?
Assumere acriticamente l'idea di un "me stesso" in noi, cosa che viene proprio spontanea a tutti, è una cosa da investigare
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Vecchio 12-07-2015, 04.01.30   #23
acquario69
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Secondo me "sentirsi" pienamente se stessi avviene nel momento in cui non ci si sta a pensare..e' qualcosa che si vive e tutto coincide simultaneamente.
probabilmente e' in quel senso che va inteso il non attaccarsi
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Vecchio 12-07-2015, 11.50.54   #24
Duc in altum!
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Avvertire quel brivido indescrivibile di essere davvero te stesso è possibile solo quando t'accorgi, improvvisamente, che stai compiendo la volontà divina con tutta la tua volontà, ragionevolmente e con passione.


Pace&Bene
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Vecchio 12-07-2015, 17.14.25   #25
iano
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Citazione:
Originalmente inviato da Sariputra
Acritico mai !! Nessuna dottrina , precetto, religione deve essere assunta in forma acritica. Sono assolutamente d'accordo.
L'investigare porta sempre a sondare i propri limiti e a porseli quando è necessario e fruttuoso.
Ma la ricerca non deve coinvolgere, dare soddisfazione, sentirsi bene. Se così è siamo sempre all'interno del nostro cerchio autocostruito, non stiamo progredendo in nessuna direzione. Crediamo solo di salire e invece giriamo in tondo. Ben sapendo che non c'è niente da scalare in definitiva. Che tutto è qui e ora. Il problema è vederlo....
Penso che la verità non deve necessariamente coinvolgere. Non c'è niente di spettacolare da compiere qui, in questo "mondo", per me.
La tensione a capire non è tensione alla perfezione. Anche perché credo che la perfezione sia solo un'ideale. Infatti Lucedistella , dopo aver contemplato Nonessere, si pone la domanda:"Chi può raggiungerla?..."
Tu dici "Sono felice quando sono pienamente me stesso"...
Vorrei tanto capire quando riesci a sentirti "te stesso". Ti confesso che, in vita mia, non ho mai provato quella "sensazione" e potuto dire : "Ecco, in questo momento, mi sento veramente me stesso".
Mi sembra che, ad ogni stante che viviamo, tendiamo sempre in avanti, a qualcos'altro, senza tregua.
Io non penso che esista un "me stesso" in noi. Che confini gli dai ? Come puoi definirlo? E' una sensazione o un pensiero? Una speranza ? Una consuetudine della nostra testa ? Un provare qualcosa? Un filo che lega insieme tutto quello che pensiamo e percepiamo ?
Assumere acriticamente l'idea di un "me stesso" in noi, cosa che viene proprio spontanea a tutti, è una cosa da investigare
Ammetto di non saperti rispondere.
Mi sembra però che il concetto di me stesso e di verità condividano qualcosa.
Il gabbiano gira in tondo,salendo a spirale.
La verità semrba possa essere raggiunta sfrondando ogni cosa da ciò che sembra superfluo e ridondante,fino a ritrovarsi col nulla.
Ma credo che il concetto di verità agisca in noi con effetti molto più pratici ,un po' come il codice genetico di una comunità che alcune verità condivide e se ne lascia così determinare,contemplando il me stesso come caso limite singolare.
iano is offline  
Vecchio 13-07-2015, 17.52.39   #26
sebastianb
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Originalmente inviato da Duc in altum!
*
come spiega San Paolo con quel Dio la mortificazione diventa santità, il sangue versato si trasforma in redenzione e il dolore diviene amore.

Pace&Bene

Tu scrivi : poiché come spiega San Paolo con quel Dio la mortificazione diventa santità, il sangue versato si trasforma in redenzione e il dolore diviene amore.



C'è qualcosa che non quadra.

Saulo, il dottrinario, in merito alla santita' - dolore/amore - riporta invece ben altro.


Ora la " santita' " era un concetto GIA' presente nell' ebraismo.. a partire dal Libro di Esodo, ove l' autore del testo fa"" parlare "" il Dio biblico che esorta "verbalmente" Mose' di imporre al popolo di osservare la Sua volonta' ( i Suoi Comandamenti, le Sue regole, i Suoi precetti.. ) per far si' che esso ottenga la "" santita' "" perchè santo è il Dio della Creazione. ( Es. cap. 19 ) -

Cosi' sara' ripetuto nel Levitico ( 19.2/37 - 20.7/26 - 22.31/32 ), sempre con lo stesso mantra:
siate santi - perchè IO sono santo !
Il popolo " scelto ", la nazione santa.. doveva cosi' diventare il fulgido modello, l' esempio per tutti gli altri popoli politeisti, fungere da guida, luce, faro delle nazioni:
- Deut. 4.6 - Isaia 42.6 - Isaia 49.6 -

Pertanto l' originale MONOteismo NON presenta alcuna mortificazione per diventare " santi ".


Tanto meno per Saulo di Tarso, colui che fece intendere di aver avuto la "rivelazione" espressamente dal cielo e NON dagli uomini.
Infatti ANCHE per l' artefice dottrinario della costituenda "nuova" fede la "" santificazione "" si puo' ottenere evitando l' iniquita' e/o l' impurita' - mentre è quanto mai necessario attivarsi, adoperandosi per la giustizia ( Rm. 6.19 ).

Cosi' spiega il Tarso: prima dell' avvento del (suo) Messia/Cristo l' uomo era come incatenato / succube del peccato.. e quindi perennemente condannato. Ma grazie al sublime sacrificio della croce l' uomo peccatore è stato "" redento / giustificato / riconciliato / Liberato "".

Se dunque il nuovo credente si sottomette a Dio, puo' raccogliere il frutto della "" santificazione "" che ha come scopo finale la fatidica eternita' / "dono divino" NEL Messia/Cristo celeste ( Rm. 6.20/22 ) -

Il Tarso insiste ancora su questo principio.. e cosi' nella
1 Tess. ( cap. 4 ) egli rimarca come, la "santificazione ", sia possibile ottenerla seguendo le " sue " istruzioni ( e che ovviamente NON potevano discostarsi da quelle impartite, a suo tempo, dal Dio di Israele al Suo fedele servo Mose' ) ovvero:
- astenersi dalla fornificazione,
- evitare comportamenti lussuriosi, ( che sarebbero le passioni " disordinate " proprie dei pagani.. ),
- non offendere il prossimo,
- non sfruttare il proprio fratello ...
perchè "" vendicatore "" è il Signore ! - Infatti Saulo mette in risalto come il Dio biblico pretenda sempre e solo la "" santificazione "" e NON l' empieta' e/o l' impurita' -

Cosi' nella 2 Tessalonocesi ( 2.13/14 ) Saulo elogia i nuovi convertiti, in quanto "" eletti "" alla salvezza ( che secondo il grande dottrinario era GIA' PREvista all' inizio del tempo (!), e cio' per via della " Santificazione " nello Spirito ... eccc...




- Ma di " mortificazione " mirante alla santita' / santificazione.. neanche una parola.

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Tu scrivi : il sangue versato si trasforma in redenzione.


Su questo nulla da obiettare. semmai da "" implementare con " altri " favolosi " benefici che riceverebbe il nuovo convertito dopo aver accettato il suo vangelo: riconciliazione / riscatto / liberazione -



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Tu scrivi: Il dolore diviene " amore " -


Quando mai l' autobeatificatosi apostolo avrebbe sostenuto cio' ?

E' innegabile che si vuol evidenziare come, l' Amore di Dio verso i Suoi devoti, sia un' esclusiva / un monopolio del cristianesimo.. come vorrebbero far intendere i costruttori dottrinari della nuova fede
( Saulo e Giovanni ).

Amore di Dio - in questo specifico caso - NON lo si deve intendere come " eros e/o philia " - ma nel senso piu' sublime.. quello "" proteso al di fuori di sè "" / mirante a manifestarsi "" IN favore di "" ( la sedicente Agape.. tanto per chiarire ) !


Orbene, - GIA' le Scritture evidenziano l' AMORE " incondizionato " del Dio di Israele verso il popolo di Sua " esclusiva proprieta' " ( Es. 19.6 - Gerem. 2.3 ) - Tale sconfinato amore si concretizzo' nel dono
nella divina Torah : le Istruzioni / l' Insegnamento da praticare perchè miranti alla santita' !

- Deut. 4.37 - Deut. 7.7/8 - Deut. 10.15 - Deut. 23.6 --
Isaia 43.4 - Isaia 54.7/8 - Gerem. 31.3 - Sofonia 3.17 - Osea 11.1/9 - Malac. 1.2 .....


E quindi - per l' originale MONOteismo - dolore che diviene " amore " .. neanche l' ombra.



L' esegeta di Tarso, il grande artefice dottrinario, nella sua Rm. 5.8 / riporta che:

- il Dio di Israele, stracolmo d' amore verso il Suo gioiello della Creazione ( il fantoccio di fango vivente ), lo avrebbe dimostrato mandando Suo figlio in carne.
Spiega infatti Saulo.. gli uomini vivevano nel peccato ( per via di quel " fantasioso " racconto dell' Eden ). Ora, a seguito delle terribili maledizioni del Dio Padre-Padrone ( Gn. 3.17 ), nel mondo era entrato il Male con le sue nefaste conseguenze ( morte fisica-spirituale, malattie, bimbi deformi, guerre, siccita', ingiustizie, oppressioni,.. eccc... ecccc.. ).

Ora il Dio biblico dimostra un " altro " sentimento ( umanemente parlando).. ovvero quel Suo sconfinato Amore, e per questo ( secondo il grande dottrinario ) avrebbe inviato sulla terra nientemeno che Suo figlio, colui che, GIA' sin dall' inizio dei tempi, era PREdestinato ad essere immolato.

Il sacrificio sarebbe stato necessario per "" riparare "" quel "virtuale" fattaccio del grande Giardino e permettere cosi' la Riconciliazione e Redenzione.

Ordunque questo estremo gesto ( sacrificio del Figlio ) è stata l' evidente dimostrazione di quell' incommisurabile Amore del Dio biblico verso i nuovi credenti.

Cosi' infatti recita il celeberrimo passo della Rm. 8.32 :
- Egli ( il Dio monoteista, il Dio di Isarele ) non ha "risparmiato " il figlio Suo - ma lo ha dato PER tutti noi.

Cosi ancora si legge in Ef. 2.4:
- il Dio biblico, ricco di misericordia per il Suo grande Amore con cui Egli ci ha Amati (!), seppur peccatori, ci ha vivificati con il Cristo ..eccc.. da qui la grazie .. salvezza.. eccc.. eccc... -

Dai vari versetti il Tarso descrive si l' infinito Amore di Dio - ma NON del " dolore " che diventa Amore. Piuttosto è il contrario : l' Amore di Dio ( del Dio di Israele ) che si è " manifestato " nel dolore e nel sacrificio del figlio Suo.


Tale tesi è poi ripresa dall' autore Giovanni ( 3.16 ) :
- Il Dio di Israele avrebbe mandato il figlio Suo sulla terra ( e anche se muore Ma ponendo in Lui la fede si otterrebbe la vita perenne, eterna !

Cosi' ancora nella sua lettera 1 Giov. 4.9/10 :
- fa intendere che è stato l' Amore del Dio biblico ( quindi tutto è partito da Lui, di Sua iniziativa ) ad inviare quaggiu' il figlio Suo.. eccc.... ecccc......


--------------------------------------------------------------------------

Sempre riferendosi all' Amore da ricordare quei celebri versetti del Tarso nella sua 1 Cor. 13.4/13 -

Un elenco che egli fa circa l' eccellenza di questo amore speciale.. E comunque - anche qui - nessun riferimento al dolore che si trasforebbe in amore.



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Ora se si leggono altri passi del Tarso si riscontra in effetti che egli tratta del dolore e delle pene che si sperimentano su questa terra.. ( Rm. 8.18 /23 ) -
MA tutto questo E' ben poca cosa rispetto ai " favolosi ed indescrivibili" benefici che si otterrebbero nell' altro mondo.
Il suo intento è quello di:
- incoraggiare il credente a mantenere salda la fede,
- alla giuliva rassegnazione,
- alla soave sopportazione di tutto quanto di negativo avviene su questa terra -
( un po' come Giobbe.. RASSEGNARSI ad avere figli deformi e/o con gravissime patologie, oppure subire con "serenita'" tutte le possibili ed inimmaginabili ingiustizie e/o oppressioni .. eccc. ) perchè DOPO certa sara' la fantastica ricompensa celeste.. inconoscibile, indescrivibile ed incomprensibile alla mente umana ( cosi' garantisce il Tarso )!

Ma nulla a che fare con il dolore che diventa Amore.


sebastianb is offline  
Vecchio 14-07-2015, 13.23.07   #27
Duc in altum!
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Riferimento: Niente a cui attaccarsi

** scritto da sebastianb:

Citazione:
Tu scrivi : poiché come spiega San Paolo con quel Dio la mortificazione diventa santità, il sangue versato si trasforma in redenzione e il dolore diviene amore.

C'è qualcosa che non quadra.


Come nostro solito, non quadra per chi non crede che il Messia già si è rivelato definitivamente.

Il sangue versato da Gesù sulla croce redime; la santità è possibile solo accettando le proprie mortificazioni come sequela di quella eccelsa della passione accettata da Gesù nella tre giorni in Gerusalemme; e per l'amore, è impossibile, umanamente parlando, poter dire io amo senza aver sofferto, senza dolore.


Buone vacanze (Pace&Bene)

--------------------------------------------------------------------------------


** Se Gesù è risorto, ha senso ogni cosa. (cit. p.Michele)
Duc in altum! is offline  
Vecchio 07-09-2015, 13.14.21   #28
paul11
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Riferimento: Niente a cui attaccarsi

Citazione:
Originalmente inviato da Sariputra
Come il mio nick fa capire, ho sempre prestato molta attenzione alle scritture buddhiste. Sono state per me , varie volte, fonte viva di ispirazione e anche , bisogna ammetterlo, medicina per il mio spirito malato..in vario modo e in vari tempi.
Sono intervenuto diverse volte su questo forum ma mai ho portato all'attenzione dei passi espliciti tratti dai testi di questa religione ( a parte il Dhammapada, ma quella è autentica poesia).
Per una sorta di strano pudore, quasi infantile direi, nel non voler mostrare...ma tant'è.
Mi è capitato tra le mani un vecchio libro del grande studioso thailandese Buddhadasa. Personaggio atipico ma profondo nel panorama culturale buddhista. Fautore di un ritorno allo spirito autentico di questa religione e all'abbandono di tutti quegli orpelli storico-leggendari-popolari che sono intervenuti nei secoli.
Un ritorno al Dharma autentico di Siddharta Shakyamuni in poche parole.
Molti si chiedono cos'è veramente il Buddhismo.
Ecco la sua risposta...

-Io definirei il Cuore del Buddhismo con la frase: "Niente a cui attaccarsi". Nel Majjhima Nikaya il Buddha viene avvicinato da un tale che gli domanda di riassumere l'insegnamento in un'unica frase.
Il Buddha rispose: "Sabbe dhamma nalam abhinivesaya".
[i]Sabbe dhamma[i] significa "a tutte le cose";[i]nalam[i],"non ci si dovrebbe":[i]abhinivesaya,[i]"attaccare". Niente a cui attaccarsi.
Il Buddha proseguì affermando che, chiunque ode questa frase, ode l'intero Buddhismo; chiunque la mette in pratica, mette in pratica l'intero Buddhismo; chiunque ne coglie i frutti, coglie i frutti dell'intero Buddhismo.-

Ora, qual'è la cosa più difficile di tutte da fare ? Non è proprio il lasciare andare le cose, il non attaccarsi ad esse ? E soprattutto lasciar andare l'eterno nemico, il senso dell'Io-mio ?
Ecco il motivo perché il vero Dharma è sempre stato scelta di pochi e mai è riuscito a sfondare nelle masse. Quando lo ha fatto si è snaturato da se stesso per divenire altro. Qualcosa che placasse le istanze fideistiche delle genti.
Fino a pochi anni fa , anche nella stessa Thailandia, i monaci anziani mettevano in guardia dall'esposizione di punti come non sé, co-originazione interdipendente, quiddità e vuoto, ritenuti troppo complicati per gente semplice. Erano ritenuti sufficienti gli insegnamenti morali ( vi ricorda qualcosa?) basati su antiche credenze non esclusivamente buddhiste, come il karma, la rinascita, i meriti, i paradisi e gli inferni. I punti più profondi della dottrina venivano espurgati dall'insegnamento pubblico. Anche i monaci stessi tendevano ad ignorarli. Pochi liberi pensatori e giovani monaci curiosi se ne interessavano.
Questo per dire che...tutto il mondo è paese. Quanti , anche da noi, conoscono veramente il Cristianesimo, quanti conoscono l'Ebraismo o l'Islam ? Quanti ne parlano senza conoscerlo ?
Spero che questo brevissimo spunto sia utile per gettare un po' di luce su qualcosa visto come "lontano" o "esotico".
Non è affatto così,si tratta semplicemente di...niente a cui attaccarsi .
Questo non attaccarsi porta all'indifferenza e al distacco "nobile" dal mondo ? Nell'idea parrebbe di sì. Nella pratica invece sembra portare nel "cuore delle cose", a vederle in una luce più vera.

Non sono convinto che il “non attaccarsi” sia una cosa giusta.
La premessa è che il corpo fisico è in antitesi con lo spirito ,quindi annullando la fisicità corporea e materiale giungo allo spirito. Stimo comunque chi la persegue , ma non ha concettualmente senso, a mio parere
Comunque è tipica di quasi, se non tutte le spiritualità.
E a mio parere fu un’interpretazione di antichissime conoscenze trasmesse; non la verità.
Il problema fondamentale è che accettare il “non attaccarsi” significa decidere di non vivere, cioè un dato di fatto di essere qui e ora nel mondo senza un appello giustificativo del come e perché.
La mia personalissima interpretazione è che l’uomo DEVE VIVERE la contraddizione, e non sottrarsi, il problema quindi sarebbe”come” vivere dentro la contraddizione dell’esistenza.. Deve accettare la vita ma viverla amorevolmente il più possibile:, con se stesso, i suoi simili e il mondo, trovare un’armonia.
Perché l’uomo non può rinunciare alla sua emozione e sentimento, non può “tarparsi le ali”. Il problema non è sottrarsi dal mondo, ma cercare significati nel mondo. Noi non nasciamo”imparati” spiritualmente, abbiamo bisogno di esperire nel mondo di costruire una dialogia e ciò implica esserne empatici viverne le contradizioni, le gioie e i dolori.
Per non attaccarsi al mondo ci vuole isolamento fisico, quindi vita monastica assoluta e sottrare qualunque sentimento che ci leghi al mondo, compreso l’amore, per veicolare tutto se stesso a un concetto trascendente. C’ è qualcosa che non funziona, ma questo è un mio modesto parere: è la via dalla carne verso lo spirto il problema e non la negazione della carne, cioè negare se stessi.

Semmai il problema è che i legami che costruisce inevitabilmente il cammino della nostra esistenza, non diventino catene: questo forse è ancora più difficile.
Perché se “non attaccarsi a qualcosa” è un estremismo esistenziale che porta al sottrarsi, cercare un’armonia forse è ancora più difficile, perché si è dentro nella vita, e trovare le armonie dentro le contraddizioni forse è ancora più arduo.
Ribadisco comunque il mio totale rispetto per chi ha scelto questa via.
paul11 is offline  
Vecchio 07-09-2015, 16.14.29   #29
Sariputra
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Riferimento: Niente a cui attaccarsi

Citazione:
Originalmente inviato da paul11
Non sono convinto che il “non attaccarsi” sia una cosa giusta.
La premessa è che il corpo fisico è in antitesi con lo spirito ,quindi annullando la fisicità corporea e materiale giungo allo spirito. Stimo comunque chi la persegue , ma non ha concettualmente senso, a mio parere
Comunque è tipica di quasi, se non tutte le spiritualità.
E a mio parere fu un’interpretazione di antichissime conoscenze trasmesse; non la verità.
Il problema fondamentale è che accettare il “non attaccarsi” significa decidere di non vivere, cioè un dato di fatto di essere qui e ora nel mondo senza un appello giustificativo del come e perché.
La mia personalissima interpretazione è che l’uomo DEVE VIVERE la contraddizione, e non sottrarsi, il problema quindi sarebbe”come” vivere dentro la contraddizione dell’esistenza.. Deve accettare la vita ma viverla amorevolmente il più possibile:, con se stesso, i suoi simili e il mondo, trovare un’armonia.
Perché l’uomo non può rinunciare alla sua emozione e sentimento, non può “tarparsi le ali”. Il problema non è sottrarsi dal mondo, ma cercare significati nel mondo. Noi non nasciamo”imparati” spiritualmente, abbiamo bisogno di esperire nel mondo di costruire una dialogia e ciò implica esserne empatici viverne le contradizioni, le gioie e i dolori.
Per non attaccarsi al mondo ci vuole isolamento fisico, quindi vita monastica assoluta e sottrare qualunque sentimento che ci leghi al mondo, compreso l’amore, per veicolare tutto se stesso a un concetto trascendente. C’ è qualcosa che non funziona, ma questo è un mio modesto parere: è la via dalla carne verso lo spirto il problema e non la negazione della carne, cioè negare se stessi.

Semmai il problema è che i legami che costruisce inevitabilmente il cammino della nostra esistenza, non diventino catene: questo forse è ancora più difficile.
Perché se “non attaccarsi a qualcosa” è un estremismo esistenziale che porta al sottrarsi, cercare un’armonia forse è ancora più difficile, perché si è dentro nella vita, e trovare le armonie dentro le contraddizioni forse è ancora più arduo.
Ribadisco comunque il mio totale rispetto per chi ha scelto questa via.


C'è sempre stata una certa incomunicabilità tra l'esperienza spirituale e il pensiero filosofico. Il filosofo ritiene la ricerca spirituale sostanzialmente irrazionale e soggettiva; viceversa l'uomo "spirituale ( che infelice termine) ritiene la filosofia una "giungla del teorizzare", un perdere tempo in infinite ipotesi che poi non trovano riscontro nella vita quotidiana di tutti noi ( e del filosofo stesso in ultima analisi).
Poi però tutte e due cercano appoggi nell'altra. Cosi' nasce la metafisica in un campo e l'identificarsi soggettivo in una teoria nell'altro (un credere irrazionale in una teoria).
Avere una preferenza per l'una o per l'altra fa parte dell'"abito mentale" di ognuno di noi.
Il problema è che non c'è reale conoscenza reciproca.
Un'obiezione classica che si fa alla spiritualità è di voler annientare la corporeità e la materia, per attingere ad un ineffabile spirito.
C'è una visione negativa di essa.
E questo, soprattutto nel caso del Buddhismo, ma ritengo anche nel Cristianesimo non è vero. Il problema è che si identifica la spiritualità con riti, dogmi, precetti, norme morali , ecc, che sembrano castrare i sensi e la "gioia di vivere". Mentre la spiritualità è essenzialmente ricerca di pienezza, di gioia più vera e meno illusoria di quella che possono darci i sensi. Di Pace interiore nella comprensione esperienziale del nostro vivere.
Esagerando si potrebbe quasi dire che la spiritualità cerca una Supervita, non una vita monca e rinunciataria, e il fine non è mai un annullamento nichilistico ma una liberazione da vincoli e condizionamenti. Ossia libertà da...
Nel caso del buddhismo va intesa come libertà dalla sofferenza.
Nella seria ricerca spirituale si toglie per liberare , non per evitare o rinunciare a gioie terrene.
"Il Regno di Dio è qui e ora" è frase che porta alla Bellezza nella vita, non nell'oltretomba. "Dal vedere la sofferenza in cui sono immersi tutti gli esseri" sorge la compassione.
Non penso che Bellezza e Compassione siano negativi e sono cardini della spiritualità.
E' vero che la terminologia porta a pensare il contrario. Salvezza, Liberazione portano a ritenere che la spiritualità veda il mondo come negativo. C'è una bellissima frase di Saichi, grande mistico buddhista che recita così: -Di null'altro mi importa davvero se non dell'amore sincero, e di un poco di pioggia ogni tanto.-
E' una via molto fluida, concreta, potremmo quasi dire ordinaria.
E' stare con le cose , con consapevolezza, amarle ma vederne pure i limiti. Soprattutto essere consapevoli dell'eterno mutamento.
Sulla natura del mutamento (reale , illusoria,ecc.) non vede la necessità di teorizzare ma lo assume come appare, perché è per come appare che agiamo.
Il problema dell'attaccamento è che genera dipendenza. Attaccarsi alle sensazioni piacevoli, come fa la nostra mente, porta alla schiavitù del volerle ripetere, all'incessante ricerca di nuove sensazioni piacevoli, senza tregua, sia fisiche che mentali. E questo non è amare la vita, ma esserne schiavi. Diventiamo una canna che si piega per dove tira il vento. E' per questo che si parla in termini negativi del mondo. Perchè la mente naturalmente tende ad aggrapparsi alle cose piacevoli e all'avversione a quelle spiacevoli. E' un istinto necessario alla sopravvivenza. Ma diventa una gabbia in cui ci rinchiudiamo senza essere consapevoli che si tratta di una gabbia. Il fine della spiritualità è il liberarsi da queste gabbie e , nella libertà da queste reazioni inconsapevoli e vincolanti, realizzare quello stato in cui vi è Equanimità, Compassione, Gioia duratura, Pace , Serenità, Libertà.
Facendo attenzione a non concettualizzare questi stati, a non farci sopra una teoria, ma bensì viverli con il nostro Cuore.
Senza aspettarsi nulla in cambio. Questi stati sono già la ricompensa, la mente che li sperimenta, capisce che non serve cercarli altrove, in paradisi vari e mondi ultraterreni.
E, a quel punto, tutto acquista un senso...
Sariputra is offline  

 



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