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Neghentropismo ed eudaimonia

di Fedro Anacoreta - Luglio 2017

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Mente e Coscienza

“Io sostengo che il mistero umano è incredibilmente sminuito dal riduzionismo scientifico quando esso sostiene, in una sorta di materialismo promissorio, di poter spiegare tutto il mondo spirituale in termini di schemi di attività neuronale. Questa convinzione deve essere classificata come superstizione…Noi dobbiamo riconoscere che siamo esseri spirituali con un’anima che esistono in un mondo spirituale, così come esseri materiali con un corpo e un cervello che esistono in un mondo materiale”  (Sir J.C.Eccles)

Con il termine di mente ci si riferisce, nell’ambito delle neuroscienze, all’insieme delle funzioni cerebrali superiori, in particolare di quelle a cui si può avere accesso per via introspettiva, come il pensiero, la memoria, le emozioni (63).
Strettamente connesso al concetto di mente vi è anche il concetto di coscienza, intesa come consapevolezza di sé e dell’ambiente circostante.
La nostra essenza, di fatto, risiede nella capacità di pensare e di sentire (cogito ergo sum) e di cogliere sensazioni; non solo percezioni esterne ma anche contenuti interni, stati d’animo e immagini mentali (6).
Ma tutti i modelli e le teorie a proposito della coscienza, del pensiero e della mente sono solo approssimazioni, congetture, ipotesi difficilmente verificabili o falsificabili. 
Gran parte del mondo scientifico sembra concorde nel rifiutare il funzionalismo classico, in base al quale la coscienza e la mente deriverebbero semplicemente da un complesso insieme di scariche elettrochimiche e di rilascio di neurotrasmettitori. Anzi, si è sempre più propensi a pensare che la coscienza sia un fenomeno non materiale che nasce da un substrato materiale (il cervello) e che esso non possa essere descritto come semplice prodotto “locale” di un'attività neuronale sufficientemente complessa.
Nasce e si sviluppa quindi una affascinante sfida intellettuale i cui problemi principali sono stati definiti da David Chalmers con due termini: binding problem e hard problem (4).
Con il primo termine ci si rivolge alla difficoltà nel trovare un nesso tra l’impalcatura anatomica e fisiologica “classica” del sistema nervoso centrale e i processi di percezione cosciente. Ad esempio è ormai noto che i dati visivi vengono processati separatamente in varie aree corticali, specializzate e funzionalmente isolate, ognuna delle quali responsabile di una determinata caratteristica dell’oggetto osservato (movimento, colore, dimensione, curvatura, altezza, larghezza, ecc…). Quest’ultimo, d’altra parte, viene percepito nella sua interezza come se si verificasse una fusione delle informazioni processate nelle varie aree cerebrali, pur non esistendo alcun locus in cui avvenga l’integrazione di queste informazioni multimodali.
L’hard problem, invece, è concettualmente più complicato e si potrebbe riassumere nelle seguenti domande:

  • come e perché l’attività neuronale può dare origine all’esperienza soggettiva?

  • come può emergere la coscienza da un sistema fisico di qualsivoglia grado di complessità?

  • Dove e come nasce l'identità personale?

 

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