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Il bene e il male esistono forse?

di Isabella Di Soragna - Dicembre 2020


Non ci sono malvagi, non ci sono cattivi. È possibile? È possibile che in realtà non ci siano il male, le guerre, gli orrori e la violenza?  Si, ci sono, ma come prodotti di un primo elemento: la PAURA.

La paura - che corrisponde a uno degli elementi fondamentali della manifestazione e della coscienza individuale - è generata dalla divisione (fittizia) io-altro, soggetto-oggetto, che caratterizzano l’umanità intera. È lo sgomento di costatare che siamo un piccolo essere gettato in un mondo immenso e che rischia di scomparire da un momento all’altro: di che cosa si ha paura che possa sparire? Non tanto il corpo, che durante il sonno profondo non appare più, ma siamo abbastanza fiduciosi che ricompaia al risveglio, quanto l’io-sono, il senso di essere, di esistere come individui unici, e che vogliamo continui eternamente. E se questo senso di essere fosse invece qualcosa di collettivo con o senza corpo che lo incapsuli? Infatti, è solo il pensiero che crea il pronome-concetto IO-altri, ossia le distinzioni e chiunque, passati i primi tre anni di vita, ne è assolutamente convinto.

È la paura che non solo crea la divisione, ma anche le guerre, gli orrori e la violenza: perché? La paura genera il bisogno di controllo, di potere, il bisogno di possedere anche a scapito di altri, la collera e la frustrazione che va con essa e che s‘intravede in ogni dittatura, ma anche in tutte le forme di violenza privata e pubblica, gli assassini, i furti. Ma vi è un altro modo di reagire.

È chiaro che non puoi cambiare il mondo manifesto che ognuno di noi crea, grazie al proprio sistema nervoso, ma solo intuire che non c’è mai stata divisione io-tu, io-mondo: l’oggettivazione è sempre illusoria e dovuta al pensiero, ai concetti, alle etichette bloccanti del fluire naturale delle nuvole che prendono la forma di esseri viventi, piante e montagne… La paura, la separazione sono concetti derivanti dal primo pensiero IO, dall’io-sono che vuole continuare a essere. Se sparisce, si estingue, significa morire, ecco la paura, l’angoscia che si rivela in ogni azione, dalla paura della malattia, della solitudine, della povertà, del “che cosa accadrà?”, anche nelle forme più sottili, le esperienze fantastiche o spaventose. Ecco ancora altre reazioni a questa paura primordiale, derivata spesso dal senso di abbandono durante l’infanzia, dal bisogno di una protezione che sparisce e che si tramuta velocemente in collera con tutte le sue varianti: ecco le malattie psicosomatiche tipiche che vanno dalla tachicardia all’infarto, alle crisi epatiche, al cancro con i suoi seri conflitti irrisolti, o invece al bisogno di droghe per fuggire da questo mondo alienante, ostile anche se appare all’inizio un passatempo da adolescenti. Il principio iniziale spesso inconscio, è sempre il medesimo. Viviamo sempre di più in un mondo di tecnologia, di potere intellettuale contro natura e poi ci lamentiamo che stiamo distruggendo la… terra! Quale terra? Quella dei nostri “pensieri” aggrovigliati alla… paura!!   Il pensiero ingigantisce sempre più la divisione fittizia, creando strumenti ‘’globalizzanti’’ di comunicazione, sempre più sofisticati, ma paradossalmente alienanti e divisori che finiscono per governarci con nuove dipendenze e dittature! Gli elementi della natura, semplice e unitaria, si frantumano sempre più e, invece di collegare i cervelli, li rende sempre più solitari e impauriti. Oppure si parla allora di altruismo, di compassione. Si aiutano i malati e i poveri in modo quasi ossessivo: ma la vera compassione nasce dal sentirsi SEMPRE in unità con qualunque cosa, altrimenti è solo per sentirsi bene, per non colpevolizzarsi o per proteggersi attraverso quelle azioni (che spesso sono mancate in famiglia), o forse intralciando il percorso di vita di esseri che hanno invece bisogno di certe indigenze per ritrovare la “strada di…casa”, il Sé senza contorni!

In sostanza viviamo in un mondo di proiezioni che ci tornano addosso come un boomerang. Se abbiamo una forte energia e non la viviamo, allora ci torna contro e diventa una forza negativa (apparentemente) esterna. Possono essere emozioni positive, ad esempio: invece di sentire il nostro giusto valore personale, esso si tramuta in qualcuno che ci fa sentire inferiori, o ci innamoriamo di una persona meravigliosa, siamo soggiogati, scordandoci che è il nostro specchio! Oppure anche negative come il rancore, l’odio, il sentimento di rifiuto - anche lievi - che non coscienti e non accolte, si abbattono ‘’contro’’ di noi e ci sentiamo rifiutati, odiati: “nessuno mi ama!” Se critichiamo spesso qualcuno o lo giudichiamo con severità, in realtà sono pezzetti non visti della nostra autobiografia dimenticata che diventa ostile! Se siamo ansiosi, non viviamo una certa eccitazione e vivacità, basta chiedersi perché siamo in ansia e vedremo che ci impediamo di vivere la nostra naturale esuberanza. Si tratta quindi di riappropriarsi delle vere sensazioni ed emozioni rifiutate per una serie di motivazioni, spesso inconsce: soltanto se le rifiutiamo, appaiono nel nostro ambiente e diventano distruttive.

Allora lottiamo per...la pace, bruciamo le streghe per il bene nostro, stabiliamo inquisizioni e combattiamo crociate per salvare le anime. Il male è necessario per l’esistenza del bene. Il paradiso terreste è stato abbandonato da tempo.

L’aggressività positiva ci aiuta a incontrare il prossimo con decisione ed efficacia per non ingurgitare tutto, discorsi o esperienze, “masticarle’’ non con cattiveria anti-sociale, ma per vero interesse. La vera violenza avviene solo se c’è stata soppressione di emozioni troppo forti e allora che succede? Spesso non la consideriamo, ci riteniamo esseri docili, e allora si tramuta in …paura! Proiettiamo l’aggressività e la sperimentiamo allora come PAURA! Qualcosa di simile avviene se proiettiamo la collera: la riportiamo addosso a noi e si tramuta in depressione. Essere depressi è certo più accettabile. Solo quando si diventa coscienti dalla propria rabbia repressa, ci possiamo liberare da entrambe. Avviene qualcosa di simile se neghiamo la nostra intima ipocrisia, snobismo, meschinità ecc. perché indesiderabili: invece di vederlo e biasimarlo in altri, servirsene come specchio e quindi integrarlo e riacquistare l’energia connessa.

Se qualcuno mi ferisce o insulta per esempio, da un lato è qualcosa che faccio io stesso contro di me ma anche ho l’intimo bisogno inespresso di insultare quella persona.
Non serve quindi voler liberarsene, (l’abitudine è forte), ma assumerlo deliberatamente, sperimentarlo e ringraziare. Se sei depresso, esagera il senso di scoraggiamento, se ti senti colpevole aumentalo. L’adesione conscia a un sintomo, ci libera dal sintomo, ma senza preoccuparsi o attendere un risultato, il che bloccherebbe ancora il processo.

Non esiste di fatto nessuna separazione, solo il pensiero e il giudizio dividono.

- Prima del concepimento e poi nel ventre materno – diceva Nisargadatta Maharaj – sei TUTTO, “non sai” se sei maschio o femmina, o sai forse se esisti?  Poco dopo la nascita, abbiamo imparato la separazione e di essere identificati a un corpo limitato, personale, (che appare e scompare) mentre siamo invece un composto dei cinque elementi che sono universali. Siamo quindi universali, se non ci identifichiamo più a un piccolo ologramma, ma a CIÒ che È, inconcepibile, ignoto e illimitato. -

Dopo la morte ritorni allo stato del pre-concepimento: nulla è cambiato anche durante la vita, ma lo dimentichi. Solo quando appare la sensazione di “esserci” e t’insegnano ‘’sei questo o quella” comincia la separazione e la paura.

Crediamo di essere nati, allora temiamo la morte. Chi è nato? Chi muore? Quello che siamo realmente non è mai nato e non morirà mai. Abbandoniamo solo l’immagine mentale che abbiamo di noi stessi. La mente poi ci inganna ancora mettendoci davanti un traguardo luminoso, una nuova immagine di sé: “Un giorno otterrò l’Illuminazione!” Ecco il nuovo fantasma che rinforza una nuova immagine: l’ego crede di assistere alle sue onoranze funebri, in realtà rinforza la sua identità immaginaria. A quante ipnosi e “impermanenze” dovremmo ancora sottostare? Allora… CHI sono IO? Lì dobbiamo lasciare l’ultima idea che siamo qualcosa di speciale e smettere di proteggerci nella nostra gabbia mentale.

Siamo l’ignoto, ma vogliamo saperlo, questo è il problema. Non possiamo ottenere la liberazione dall’ipnosi, noi già siamo “OLTRE” la libertà.

C’è una differenza tra sì e no?
C’è una differenza tra bene e male?
Devo temere ciò che altri temono? Che sciocchezza!
Avere e non-avere sorgono insieme.
Difficile e facile si completano a vicenda.
Alto e basso riposano insieme…”
Lao-Tzu

Soprattutto nel mondo cristiano-cattolico il “male, il diavolo” è sempre all’esterno e da combattere! mentre noi siamo buoni e mansueti: ecco l’inizio dell’ipocrisia che maschera i veleni interni. In questo modo ingigantiamo la frattura iniziale, le incolliamo etichette morali invece semplicemente di reintegrarle in noi, facendole ritornare nella loro sede naturale. A questo punto la scissione scompare e così la paura. Siamo pronti a risvegliarci!

Risvegliarsi è dapprima sapere che si dormiva.
Risvegliarsi è prendere coscienza che tutto ciò che percepiamo è un’illusione creata dai nostri sensi:
che la sola realtà è la vacuità. *
XIV Dalaï Lama

Isabella Di Soragna


NOTA
(* vacuità = assenza di concetti ma piena di ciò che è)


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