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Prosa e Poesia

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La Gorgone che rapì l'innocenza

inviata da Amedeo

 

Lungo un rimbombo di voci straziate echeggiavano impietose armi da fuoco. La guerra somigliava alla greca Gorgone, che insensibile impietriva di paure chiunque fosse costretta ad affrontarla.
Volti truccati di polvere e fumo nero, labbra livide che sussuravano "fame". Io ricordo tutto sebbene vorrei non aver vissuto. Nelle mani di mio figlio le ferite sporche e ingiuste gorgogliavano ancora sangue. Inutili le mie lacrime non le potevano cicatrizzare ma piuttosto alimentavano il terrore e inumidivano il mio sguardo inevitabilmente stanco.

Poi la notte, che non sarebbe stata più cupa del giorno passato. Aspettando il sorgere della pace arrivò l'alba della mattina di uno degli ultimi giorni di conflitto e già assaporavo illuso la lieve speranza di una risoluzione pacifica, della cessazione dell'incubo, già gustavo la comunione tra il riposo e la meritata libertà, vibrava in me desiderosa voglia di ricostruire e di ridare dignità all'infanzia negata della mia creatura.
In vero quel giorno nuovo avrebbe titolato di dolore tutto il resto della mia esistenza. Uno dei tanti frastuoni cruenti squarciò il mattino, un colpo solo, uno soltanto, se solo il destino avesse deviato il tragitto!
In tutta la guerra mai più nitido chiasso si liberò nel vento quanto quello di quel fucile, ad oriente non brillava più niente, del rosso delle prime luci, restava l'ombra degli ultimi attimi di vita.
Io ascoltai solo quel grido, io tremai solo quella volta, io pregai d'essere cieco, io non avrei voluto vedere, io non avrei potuto accettare. Lenta moviola del mio bambino che cade, drammatica coesistenza dei miei battiti impazziti e della mia impotenza. Occhi d'angelo inermi senza futuro, tra le mie braccia lo strinsi dondolandolo con le mie urla.
Mai nessun inverno aveva tanto gelato il mio sangue, mia nessun freddo aveva rapito così i miei sensi, la guerra iraconda lo uccideva pur notando la sua innocenza. Quanti mancati abbracci raccolsi in quell'ultima stretta, quanti baci non dati in quell'ultimo bacio.
Cosa potevo essere io in quel momento non lo saprò mai spiegare, non ho mai trovato termini esatti per dire come potetti morire mille volte di più seppure la mia carne non aveva lesioni.
Se avessi potuto scegliere tra la mia e la sua anima di sicuro avrei reso al futuro la sua bellezza, le sue ambizioni. Avrei voluto ereditargli la mia conoscenza ma fui io ad ereditare il suo coraggio, la sua forza, il suo ultimo gesto d'amore, quello che mi invitò a continuare, il suo ultimo dono a me ingrato. Mio figlio infatti non potette accarezzarmi ma so che avrebbe voluto farlo, mi guardò dentro, quasi a voler cercare il suo papà e non l'uomo distrutto di quel momento, egli finalmente lo trovò, quando io mi calmai, in un attimo eterno, prima di morire per poi rinascere solo nelle mie memorie, prima del silenzio, vinse la sua paura e mi sorrise.


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