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Riflessioni sul Senso della Vita

Riflessioni sul Senso della Vita

di Ivo Nardi

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Riflessioni sul Senso della Vita
Intervista a Gianmichele Galassi

Febbraio 2011

 

Gianmichele Galassi è nato e vive a Siena, laureato in Scienze Statistiche ed Economiche ed in Scienze Politiche e Relazioni Internazionali, è attualmente direttore editoriale di Secreta Magazine, mensile edito da Ed. Olimpia SpA, e di YRMagazine, quadrimestrale, house organ del Gran Capitolo RAM in Italia - Rito di York. Svolge poi la funzione di Editor in chief degli "Atti dei Fisiocritici", rivista scientifica dell’omonima Accademia delle Scienze di Siena dal 1761, ove ricopre l'incarico di Sovrintendente alla Stampa per il triennio 2010-13.
Autore di circa 60 articoli su riviste nazionali ed internazionali, sia scientifiche che divulgative, dal 2003 è docente a contratto in ambito biostatistico in varie Facoltà dell'Università degli Studi di Siena. Nel 2005 ha pubblicato un "Manuale di Metodologia Statistica" per la Società Editrice Universo di Roma. E' membro di numerose società scientifiche nazionali ed internazionali.

Dal mese di agosto 2010 collabora con Riflessioni.it come autore della rubrica "Riflessioni Iniziatiche Sull'Uomo, lo Spirito e l'Infinito".

 

1) Normalmente le grandi domande sull’esistenza nascono in presenza del dolore, della malattia, della morte e difficilmente in presenza della felicità che tutti rincorriamo, che cos’è per lei la felicità?

La felicità, come ogni altro sentimento, è esclusivamente individuale ed incomprensibile negli stessi termini all’altro, è uno stato dell’animo che può essere reso abituale dalla pratica iniziatica: attraverso la conoscenza di sé, si riesce a comprendere cosa ci sta veramente a cuore, tale consapevolezza è poi utile al raggiungimento della serenità, indispensabile tappa per rendere stabile e duratura la felicità, altrimenti fugace. Percorrendo un cammino di rettitudine e sincerità verso il proprio io, siamo certi e convinti delle nostre scelte che mai potranno divenire fonte di angoscia e di tutti quei sentimenti che non permettono al nostro animo di librarsi leggero.

 

2) Cos’è per lei l’amore?

L’amore nelle sue molteplici essenze è la vita stessa, riempie la nostra esistenza, è la ricchezza più grande che un uomo possa possedere. Provare amore ci rende assolutamente migliori, in tutto. L’amore per la nostra compagna, insieme ad eros e passione, rende dolce ogni istante, il nostro cuore pieno di gioia e positività ci eleva spiritualmente, a volte verso una dimensione poetica dell’estasi spirituale. L’amore per gli altri, si traduce nella benevolenza verso il prossimo che amo paragonare all’amore gioioso che si prova per la vita durante la prima infanzia. Brevemente, l’amore di qualunque forma provato in modo autentico e disinteressato - per intenderci, quello del cane verso il proprio padrone - è capace di mutare la nostra essenza primordiale, farci percepire e valutare le cose della vita per quello che realmente sono: è il mezzo migliore per giungere agli stati di serenità e felicità definitivi.

 

3) Come spiega l’esistenza della sofferenza in ogni sua forma?

Sul concetto di sofferenza ho riflettuto a lungo, ed il tema è difficilmente affrontabile in poche battute, in questo caso - più che negli altri - è necessario porre delle basi logiche al ragionamento, che altrimenti può divenire alquanto fuorviante o, addirittura, può condurre sino ad una visione nichilistica del tutto. Ciò che mi domando, in primis, è l’uomo vive davvero nella sofferenza oppure gran parte del problema nasce da una visione sbagliata dell’esistenza? Non è poi che l’uomo in genere faccia di tutto per ricalcare il noto adagio “chi è causa del proprio mal, pianga se stesso”?
Vorrei in questo caso distinguere la sofferenza materiale da quella mentale - spirituale: semplicisticamente e nell’economia dell’intervista, alla prima, almeno in gran parte, credo potremmo porre rimedio abbandonando un po’ dell’egoismo e dell’ipocrisia che ci attanaglia e ci tiene separati dal prossimo, mentre per la seconda il processo di liberazione mi appare molto più arduo. In tal senso, ho anche una singolare teoria: non mi stupirei affatto se l’uomo, in quanto tale (mi riferisco alle sue origini), non riuscisse più a vivere senza l’angosciosa sofferenza, spesso mi sono chiesto se la vita dell’Eden potesse essere accettabile alla mente umana, se non per l’eternità almeno per lungo tempo, per comprendere meglio, un calzante esempio cinematografico moderno potrebbe essere “Matrix”. Credo, infatti, che la sofferenza interiore sia una sensazione così radicata e permanente nell’uomo da non poter essere estirpata facilmente senza cadere in una vera e propria crisi d’astinenza che si ripercuote sull’esistenza stessa: per questo esiste l’iniziazione, in tutte le sue forme, unico metodo atto alla distruzione della sofferenza auto praticata o stimolata.
D’altra parte, la sofferenza è un sentimento fra i più potenti che a volte, da chi ne è capace, viene sfruttato positivamente per la creazione di opere d’arte fra le più intense, paragonabili solamente a quelle derivanti dall’amore nelle sue numerose forme.

 

4) Cos’è per lei la morte?

Bella domanda… se sapessi rispondere con almeno un po’ di convinzione, avrei forse raggiunto l’obiettivo dell’esistenza. In tutta sincerità non ne ho la minima idea!
Al di là di questo, un breve commento mi sovviene… Ci sono due aspetti su cui mi sono soffermato spesso riguardo l’argomento: l’idea della morte ed il pericolo che questa ci trovi già morti. Mi spiego… il primo aspetto concerne il “come” si arriva al momento fatidico, anche in questo caso un’attenta riflessione può condurci ad un trapasso sereno, consapevole, ad esempio come quello rappresentato nella vicenda di Socrate nell’omonima Apologia. Mentre il secondo aspetto, molto più ampio, può riassumersi nella morte spirituale o mentale in cui molti uomini cadono, sopraffatti dall’esterno, cedono, rifugiandosi in alcuni stati apatico - depressivi, che rendono l’esistenza priva di significato. Per costoro, la morte si riduce ad un avvenimento puramente fisico, che nulla più toglie all’individuo, che in realtà ha già cessato la propria esistenza.

 

5) Sappiamo che siamo nati, sappiamo che moriremo e che in questo spazio temporale viviamo costruendoci un percorso, per alcuni consapevolmente per altri no, quali sono i suoi obiettivi nella vita e cosa fa per concretizzarli?

Lavoro per migliorare me stesso, giorno dopo giorno, passo dopo passo, con l’intento di giungere sino alla felicità passando prima dalla serenità, nell’amore per la famiglia e la ricerca della benevolenza verso gli altri. Tento poi di trasmettere quanto più diffusamente quello che trovo e reputo buono. Utopicamente, vorrei liberarmi infine dall’ignoranza, almeno di quella più bassa che ti porta a giudicare ciò che nemmeno conosci…
A costo di apparire tautologico, vorrei vedere diffuse e comprese le più grandi idee della storia umana, spesso soffocate dall’ignoranza, utile solamente a chi vuole approfittare del prossimo. Dovremmo prendere ad esempio ciò che c’è di buono, quelle idee che di volta in volta tanto hanno migliorato il vivere umano. Dobbiamo produrre nuovi principi che possano essere d’ispirazione per le generazioni a venire, un’ispirazione creata da serenità e benevolenza che possa servire da linea guida per coloro che seguiranno e che vorranno al pari nostro elevare per sempre l’uomo da quelle bassezze che a volte è capace di compiere. La gnosi, e non l’erudizione, è la chiave per procedere lungo questo percorso, ma la conoscenza deve essere perseguita con temperanza: questo è il primo passo.

 

6) Abbiamo tutti un progetto esistenziale da compiere?

Non posso dirlo con certezza, ma credo proprio di si. Quello che c’è di bello è che tutti ne hanno uno diverso, per ciascuno “il progetto” prevede tappe distinte, ciò che ci accumuna tutti è il desiderio di vederlo realizzato, ed infine seppur le probabilità ci sono avverse qualcuno avrà questo grande regalo dalla propria vita terrena.

 

7) Siamo animali sociali, la vita di ciascuno di noi non avrebbe scopo senza la presenza degli altri, ma ciò nonostante viviamo in un’epoca dove l’individualismo viene sempre più esaltato e questo sembra determinare una involuzione culturale, cosa ne pensa?

Purtroppo, credo che l’individualismo sia una conseguenza più o meno diretta dell’evoluzione umana, la cui crescita esponenziale ha trovato unico sfogo nell’estrema specializzazione del pensiero scientifico, che solitamente è precursore dei tempi, da qui il passo verso la diffusione generalizzata dell’individualismo nella popolazione è stato breve.
Agricoltura, commercio, sapere necessitano di una settorializzazione specialistica senza precedenti che conduce alla perdita di una visione d’insieme, se poi aggiungiamo i ritmi frenetici della vita moderna, immancabilmente, l’uomo si troverà sempre più isolato. Come per gli altri numerosi problemi che affliggono l’umanità intera (inquinamento, sovrappopolazione etc.) anche questo necessita di un cambiamento di rotta, di una generale presa di coscienza che possa ricondurci sulla via dell’umanità, intesa come caratteristica.
Purtroppo l’uomo tende a rimanere unito solamente nel bisogno, quando la comunità di cui fa parte è in qualche modo minacciata, mentre ad oggi le differenze culturali e religiose ergono muri insormontabili al di là dei confini territoriali. Ripeto… l’uomo è spesso la causa principale dei propri problemi e finché non giungerà ad averne consapevolezza, non sarà in grado di compiere il passo verso la “grandezza” che potrebbe far veramente evolvere l’umanità ad un livello superiore, mai visto sinora.

 

8) Il bene, il male, come possiamo riconoscerli?

Su questo argomento mi sento piuttosto cartesiano, credo infatti che ciascuno – ancor di più se ha imparato a conoscersi - possieda la capacità innata di riconoscere il bene dal male… se vi poniamo attenzione ciò che è buono ci procura piacere in ogni condizione, per lungo tempo e nel ricordo stesso, mentre ciò che è male può, al massimo, dare una breve sensazione di sollievo durante una situazione emozionale o spirituale difficile. Insomma, la coscienza – soprattutto se allenata - è sufficiente a discriminare il bene dal male.

 

9) L’uomo, dalla sua nascita ad oggi è sempre stato angosciato e terrorizzato dall’ignoto, in suo aiuto sono arrivate prima le religioni e poi, con la filosofia, la ragione, cosa ha aiutato lei?

Sicuramente l’ignoranza della giovinezza si è adagiata sulla facile risposta della religione, purtroppo però con la crescita spirituale non ha saputo fornire le giuste risposte alle domande che più frequente mi ponevo. Nella visione cattolica, l’illogicità diffusa del costrutto teologico, più volte rimescolato sino alla contraddizione nella lunga storia secolare, mi ha condotto a riconoscerlo come molto umano e poco divino. Con ciò, certamente, non stento a riconoscere l’assoluta validità degli insegnamenti cristiani delle origini, così come rimango sempre affascinato dalle numerose “intuizioni” di molte altre grandi figure, basti citare Confucio… Al di là della teoria, ciò che deploro di molte religioni è l’assoluta divisione degli uomini, fra fedeli ed infedeli, in netta contrapposizione con i precetti originali di qualunque di esse, manca il rispetto assoluto per il prossimo, che viene accettato dal relativo dio solamente se dimostra di essere un fanatico seguace. Riguardo all’ignoto, più che paura provo una sensazione di curiosità, tutto ciò che non conosco mi affascina, al contrario ciò che mi è noto, a volte mi annoia. Forse per questo amo incontrare e conversare con persone che hanno poco in comune con me, da loro posso imparare molto; affrontare un argomento dal punto di vista opposto al mio, mi ha condotto spesso a scansare il pregiudizio e vedere con maggiore chiarezza ed obiettività il tema d’interesse. Insomma, per dirla brevemente, ciò che mi aiuta con l’ignoto è un’innata propensione verso ciò non conosco ed affrontare ciò che temo.

 

10) Qual è per lei il senso della vita?

Questo ancora non l’ho ben compreso, il mio lato scientifico mi farebbe propendere verso la negazione di un qualche senso al di là del materiale, ma l’altra parte di me, quella preponderante, filosofica fatta di umanità e spiritualità è intenta a cercarlo… In fondo reputo che sia importante viverla bene, senza rimpianti, con filosofia appunto. Un uomo che ha trovato, conosciuto e compreso se stesso, può finalmente dedicarsi a coltivare, nella necessaria armonia, l’albero della vita.
Infine - se vogliamo - il senso della vita può concretizzarsi nell’idea, platonicamente intesa, ovvero nella conoscenza intuitiva della scintilla divina, o dell’anima che dir si voglia, ossia arrivare ad una visione armonica del tutto così chiara e distinta da far carpire ciò che è normalmente imperscrutabile; seppur arduo, questo potrebbe essere l’obiettivo egoistico del nostro vivere. Dall’altra parte potremmo individuarne un secondo, questa volta altruistico, nella ricerca, scoperta e diffusione di un ideale utile all’umanità tutta: ciò che può sopravviverci sono le idee, la più potente arma a disposizione dell’uomo per migliorare la propria condizione.
Chi riuscisse in tutto ciò concretizzerà l’utopia dell’uomo universale, come amo chiamarlo.


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