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Riflessioni Teosofiche

Riflessioni Teosofiche

di Patrizia Moschin Calvi  - indice articoli

 

La Teosofia e i problemi mondiali del presente

Di Antonio Girardi
Conferenza tenuta dal dr Girardi in occasione delle celebrazioni per il 180° anniversario della nascita di Helena Petrovna Blavatsky, che si sono svolte dal 23 al 25 giugno 2011 a Dnepropetrovsk (Ucraina), città natale della Blavatsky.

- Ottobre 2011

 

“La verità non è in India
o in qualche altro paese.
La verità è qui, dove siete voi.
Non cercatela altrove.
La verità è qui, dove siete voi,
dove sono le vostre pene,
i vostri tormenti, il vostro sconforto,
la vostra infelicità".
J. Krishnamurti (1)

 

 

Helena Petrovna BlavatskyVorrei iniziare questa relazione con un sentito omaggio alla grande pioniera della Società teosofica che risponde al nome di Helena Petrovna Blavatsky, la cui figura eminente acquista di giorno in giorno sempre maggiore importanza. Lo dimostrano queste tre considerazioni di studiosi differenti che ho raccolto e che porto alla vostra attenzione:

“La Società Teosofica, di cui fu la cofondatrice, è stata la maggiore sostenitrice della filosofia occulta in occidente e la sola più importante strada dell’insegnamento orientale all’occidente” (J. Gordon Melton, 1991).

“L’importanza della Teosofia nella storia moderna non dovrebbe essere sottostimata. Le opere della Blavatsky ed altri non solo hanno ispirato parecchie generazioni di occultisti ma il movimento ha avuto un ruolo rimarchevole nella restituzione ai popoli delle colonie in Asia del 19° secolo, della loro eredità spirituale” (Robert S. Ellwood, 1989).

“Helena Petrovna Blavatsky… è sicuramente fra le menti più originali e percettive del suo tempo. Sepolte nella massa disordinata delle sue due maggiori opere giacciono in forma rudimentale la prima filosofia dell’evoluzione psichica e spirituale apparse nel mondo moderno” (Theodore Roszak, 1975).

Qualcuno ha affermato che la Teosofia e la ricerca spirituale non sono in grado d’interpretare e - soprattutto - di risolvere i problemi mondiali del tempo presente.

In realtà si potrebbe dire - al contrario - che la storia ha dimostrato che gli strumenti che vengono definiti “pratici", per esempio l’economia, la politica, la sociologia, non sono stati in passato e non sono nemmeno oggi capaci di risolvere i problemi dell’umanità.

Ed è certamente necessario chiedersi il perché.

Il momento storico che stiamo vivendo ci appare ricco di possibilità, ma anche di problemi.

E’ inutile fare un’elencazione di questi ultimi: li conosciamo bene tutti.

Il presente riflette in qualche modo la storia, con il suo alternarsi di speranze e di cadute, di slanci generosi e di paure, di amore e di negatività.

Non possiamo dire che i problemi attuali dell’umanità siano più o meno gravi di quelli del passato.

In realtà i problemi degli esseri umani - almeno per quella parte di storia che ci è dato di conoscere - sono rimasti fondamentalmente gli stessi ed il faticoso ampliamento dei livelli di coscienza non ha portato a quella maturazione collettiva che i Saggi di ogni tempo hanno sempre auspicato.

La sofferenza e il dolore sono dunque presenti nella realtà del singolo e della collettività. E dovremmo forse chiederci qual è per l’umanità il significato che si cela dietro ad essi.

Il Buddha ha cercato di dare una risposta in questo senso, individuando nell’impermanenza di tutte le cose una delle cause della sofferenza.

I problemi dell’Umanità sono essenzialmente il frutto e la conseguenza dell’ignoranza, della paura e dell’egoismo.

E questi, a loro volta, sono figli del dominante senso di “separatività", cioè di una percezione frazionata della realtà.

L’uomo e l’umanità potranno risolvere i loro problemi solamente se ci sarà una riflessione sulla complessità della vita, sulla sua Unità e sulla realtà spirituale.

Ed è proprio attorno alla consapevolezza su tutto ciò che si inserisce, come possibile risposta positiva a questo stato di cose, l’approccio teosofico, basato sulla libertà della ricerca e sul concetto di Unità della Vita.

In uno scritto di Sri Ram, pubblicato recentemente sulla Rivista Italiana di Teosofia (2), c’è un’affermazione preziosa: “L’unità e la diversità sono entrambe riassunte dalla Fratellanza, che è una relazione concreta e comprensiva. La Fratellanza riconosce le differenze, come in una famiglia, ma non dimentica mai l’unità. La Fratellanza è la chiave che risolve tutti i nostri problemi; essa è una relazione pura, perché in essa non esiste possesso. Il possesso implica un godimento e porta inevitabilmente al conflitto".

Il concetto di relazione pura è di straordinaria importanza, perché nel nostro mondo tridimensionale la percezione dei problemi e il loro stesso dispiegarsi si collocano in una dimensione spirituale e temporale.

Anzi potremmo affermare che la realtà che noi percepiamo come tridimensionale e temporale è il “luogo" dei “problemi", almeno fintantoché non intervenga una superiore comprensione basata sull’Unità della Vita e sulla considerazione che “la vera relazione deve permettere che ogni differenza si mostri nello splendore che le è proprio" (3).

Nel tempo presente la realtà di ogni giorno ci mostra, nei vari aspetti come l’umanità sia collegata davvero molto strettamente nelle sue varie componenti, indipendentemente dalle differenze culturali, dall’ubicazione geografica, dalle diverse strutturazioni politiche.

Si pensi alla facilità dei viaggi, alle cosiddette “autostrade informatiche", ad Internet etc.

Si pensi, nel recente passato, all’incidente di Chernobyl, che ha drammaticamente coinvolto molte nazioni e milioni di persone che parlano lingue diverse, vivono diversi valori, abitano paesi lontani anche migliaia di chilometri.

La Vita anche in questo caso, pur difficile, ha voluto chiaramente indicare il suo carattere globale.

Viene naturale ripensare con quanta forza questo concetto di Unità della Vita sia stato ribadito nelle Lettere dei Mahātma e ne La Dottrina Segreta (4).

L’unità di tutte le forme e di tutte le possibilità, il sentirsi - anche esistenzialmente - parte del tutto, un modo fraterno di concepire l’esistenza, ci portano vicino a quello che, in fondo, è uno degli aspetti più misteriosi ed affascinanti dell’uomo: la piena convivenza e la stretta interconnessione fra aspetti individuali ed aspetti sociali, fra singolare e plurale, fra la catarsi individuale ed il ricco bagaglio culturale, razziale, familiare.

In fondo nell’uomo convivono e, naturalmente, si fondono una coscienza interpretativa ed una collettiva ed entrambe sono solo arbitrariamente divisibili.

Possiamo anche osservare come, per l’interpretazione dei molti problemi che l’uomo si trova oggi a vivere ai vari livelli (psicologico, esistenziale, politico, sociale, ecc.) e per le loro possibili soluzioni, grande forza simbolica conservi la formulazione buddista delle Quattro Nobili Verità (Verità del Dolore, Verità dell’Origine del Dolore, Verità della Cessazione del Dolore, Verità del Sentiero che conduce alla Cessazione del Dolore) e del Nobile Ottuplice Sentiero (che consiste in: Retti Concetti, Rette Intenzioni, Rette Parole, Retta Condotta, Retti mezzi di Sussistenza, Retto Sforzo, Retta Attenzione, Retta Meditazione).

L’umanità ha certamente coscienza dei suoi problemi, ma ne ha molto meno delle loro cause.

L’Eterna Saggezza, a questo proposito, ci dà comunque molti strumenti di comprensione e di conoscenza, basti pensare ai principi di karma e di reincarnazione.

Affascinante può essere l’esperienza di portarsi oltre il piano della conoscenza per vivere sul piano dell’intuizione, la realtà di un’esistenza troppo condizionata, sul piano tridimensionale, dall’impermanenza e dal dominio di un “io" illusorio, limitato ed infarcito da “impressioni mentali", un “io" che ha sempre bisogno di ottenere dei risultati (materiali o spirituali che siano), di affermare la sua superiorità e la sua differenza rispetto agli altri.

Quale dunque la via per prendere piena coscienza del Tutto?

Per rispondere a questa domanda, in assenza di una diretta esperienza in questo senso, affido il dire alle parole del grande mistico tedesco Meister Eckhart: “Bisogna prima di tutto abbandonare se stessi: così si abbandonano tutte le cose. In verità, se un uomo abbandonasse un regno o il mondo intero e mantenesse se stesso, non avrebbe abbandonato proprio niente. Se invece un uomo ha abbandonato se stesso, anche se mantiene ricchezze, onori e qualsiasi altra cosa, ha già abbandonato tutto (....). Veglia dunque su te stesso ed abbandona te stesso là dove ti trovi: ciò è più importante di tutto (....). Devi sapere che non c’è uomo tanto distaccato in questa vita che non possa più ancora rinunciare a se stesso" (5).

Le parole di Meister Eckhart riportano alla pienezza dell’insegnamento di J. Krishnamurti che afferma: “Nei segreti recessi della mente la verità è stata messa da parte dai simboli, le parole e le immagini; in essi non c’è alcun mistero, sono soltanto agitazioni del pensiero. Nella conoscenza e nelle azioni che ne derivano c’è meraviglia, apprezzamento e diletto. Ma il mistero è tutt’altra cosa. Non è un’esperienza da individuare, immagazzinare e ricordare. L’esperienza è la morte di quell’incomunicabile mistero; per comunicare hai bisogno di parole, gesti e sguardi, ma per entrare in comunione con “quella cosa", la mente e tutto te stesso devono stare allo stesso livello, allo stesso tempo ed al medesimo grado d’intensità di ciò che è chiamato misterioso. Questo è amore. Con ciò si svela l’intero mistero dell’universo" (6).

Attenta osservazione dunque, abbandono delle immagini di se stessi e grande senso della sacralità della Vita.

Ma come collegare, almeno dialetticamente, tutto questo alla possibile soluzione dei problemi sociali ed esistenziali?

Non vi è dubbio che l’universo di un uomo individualmente libero non potrà che portare, naturalmente e come diretta conseguenza, ad un miglioramento dell’intera compagine sociale; pare anche ragionevole supporre che proprio dal singolo possa e debba partire la base della nuova coscienza umana.

Proprio per questo, credo si possa riaffermare, ancor oggi, il valore dell’Utopia.

Lungo tutto il corso della storia vi sono state e vi sono tuttora esperienze che testimoniano la possibilità e la bellezza di un vivere basato sul rispetto reciproco, sulla libertà d’azione, sul lavoro costruttivo.

L’Utopia accompagna l’uomo e ne riafferma la fantasia. Questa parola non ci appare quindi tanto nella sua accezione di “luogo che non esiste", quanto piuttosto in quella di “buon luogo".

“Il luogo che non è potrebbe, in definitiva, essere anche la dimensione sempre attiva in cui la coscienza traguarda al supremamente buono" (7).

Molte esperienze testimoniano il valore prezioso del “coraggio di fare" e dell’“Utopia possibile" (8).

La Storia ci ha dimostrato che la politica e l’economia, le scienze e le religioni di per se stesse non sono state in grado di risolvere i problemi dell’Umanità.

Ciò è avvenuto perché la dimensione del mezzo che è loro propria è stata travolta per paura dei “fini", spesso senza sufficiente base etica.

Ma a fronte dei molti problemi mondiali del presente esistono delle possibili risposte, anche concrete.

Queste stesse passano attraverso la consapevolezza della dimensione olistica e dunque globale della realtà dell’Umanità.

E’ dall’individuo, poi, che parte il viaggio verso la realizzazione della Fratellanza, dimensione filosofica e reale ad un tempo.

Una dimensione che implica i differenti livelli della Vita e dell’Individuo: il corpo e le emozioni, i pensieri ed i sogni e tutte le nostre relazioni.

In effetti è nella relazione che deve “essere" la Fratellanza, che è ad un tempo uno stato che implica la personalità e l’anima e che si realizza nel presente, nel “qui ed ora", ben al di là del piacere che ci fa considerare qualcuno o qualcosa in termini di simpatia o di antipatia.

La Fratellanza è collegata all’Unità della Vita e garantisce, nel molteplice, la possibilità di esistenza alla “relazione pura", base eticamente solida e che è in grado di “illuminare" gli strumenti del vivere individuale e collettivo.

Anche in questo senso l’approccio teosofico è un approccio colmo di speranza e di forza.

Lascio la conclusione a queste parole tratte da “La Voce del Silenzio" di H. P. Blavatsky:

 

“Il Sentiero che conduce in alto
è illuminato da una sola fiamma,
dalla fiamma dell’audacia che arde nel cuore.
Più osi, più otterrai.
Più temi, più la luce impallidirà,

ed essa sola può guidare" (9).

 

   Antonio Girardi

 

Il dr Antonio Girardi è il Segretario Generale della Società Teosofica Italiana dal 1995. E’ autore di numerosi articoli pubblicati in riviste italiane e straniere ed ha tenuto conferenze in Italia ed all’estero. Dal punto di vista professionale dirige una  Fondazione che si occupa di formazione, di progetti sull’innovazione, di creazione di nuove imprese e di inserimento lavorativo dei giovani. E’ anche impegnato in campo sociale e culturale.

 

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Note

1) J. Krishnamurti, La fine del dolore, (Discorsi a Saanen, 1980), Aequilibrium, Milano, 1982;

2) N. Sri Ram, La legge del giusto rapporto, in Rivista Italiana di Teosofia n. 8-9, 1997, p. 5;

3) Idem ibidem, p. 5;

4) Vedi, ad esempio, la Lettera n. 10 tratta da Le Lettere dei Mahātma, Ed. Libraria Sirio, Trieste, 1968, pag. 97/106 e H. P. Blavatsky, La Dottrina Segreta, Cosmogenesi, S.T.I., Trieste, 1981 (in questo libro, a pag. 102, troviamo scritto: “Sola, l’Unica Forma di esistenza si stendeva illimitata, infinita, incausata nel Sonno Senza Sogni; e la Vita pulsava inconscia nello Spazio Universale, attraverso quella Onnipresenza che è percepita dall’Occhio Aperto di Dangma";

5) Meister Eckhart, “Istruzioni Spirituali" in Opere Tedesche, a cura di M. Vannini, Firenze, 1982, pag. 61/63;

6) J. Krishnamurti, Diario, (10 aprile 1975), Ubaldini Editore, Roma, 1983, pag. 90;

7) V. Melchiorre, “Utopia", vedi Enciclopedia Europea, Casa Ed. Garzanti;

8) A. Girardi, “Utopia", Vicenza, Marzo 1986;

9) H.P. Blavatsky, La Voce del Silenzio, Ed. S.T.I., 1978, pag. 63.


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