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Il cibo nel culto dei morti

Riflessioni sul Paganesimo

di Monica Casalini   indice articoli

 

Il cibo nel culto dei morti

Ottobre 2012

  • Mangia, prega, ama

  • Il cibo che non sfama

  • Il mangiare dei morti

  • Soul Cake

  • Hungry Ghosts

  • Cadaveri messicani

  • Dolcetto o scherzetto?

  • In Italia

  • Conclusioni

 

Che i morti mangino è ormai fatto assodato. Ah no, dite voi? Bè, a giudicare dalla vastità di culti e culture che sin dalla notte dei tempi onorano i defunti con l'offerta di cibo, direi che chi obietta tale postulato sia in netta minoranza.

Banchettare sulle tombe oppure offrire cibo ai morti è una delle pratiche spirituali più vecchie del mondo, esattamente come il culto stesso dei morti e perciò altrettanto vasto in termini di tempo e spazio.

E ora che stanno arrivando le varie feste dei morti è giusto sapere come comportarsi con i propri cari che torneranno a farci visita.

 

Mangia, prega, ama

Nell'antica Roma, tra gli Etruschi, tra i Greci e in tutto il Mediterraneo esisteva un linguaggio alimentare ben delineato e diverso da quello di altre culture (che vedremo in seguito). Il cibo nel culto dei mortiL'offerta di cibo era legata a filo doppio alla ritualità funerea - sia pubblica, sia privata - e non semplicemente come tributo alla "fame" delle anime, perciò i cibi venivano preparati e presentati secondo un iter ben preciso. Ad esempio durante i Lemuria di maggio (feste funebri romane) il capofamiglia si metteva al centro della stanza comune e per nove volte lanciava dietro di sé una manciata di fagioli neri, ripetendo una jacula atta a congedare gli spiriti che in occasione delle feste erano tornati tra i vivi.

A febbraio si celebravano i Manes, spiriti dei defunti, e l'offerta era costituita da una ricca varietà di cibi: grano, sale, olio, vino, latte, miele e sangue di vitelli e maiali. Infine si bruciavano i baccelli delle fave e tutti i parenti banchettavano sulle tombe dei cari.

Stesso banchetto rituale si ripeteva durante il giorno chiamato Feralia (ovvero l'ultimo giorno di festa dei Parentalia, feste dedicate ai propri avi): tutta la famiglia si recava alle tombe dei defunti facendo un vero e proprio picnic con i cibi preparati in casa e si pregava affinché i dipartiti stessero bene. Mangiare accanto ai propri morti era anche una pratica che scacciava la morte, perché secondo gli antichi lo stomaco era la tomba del cibo e, per il principio della magia simpatica (cioè che il simile attrae il simile), se c'era già un "morto" all'interno del corpo non poteva essercene un altro.

Anche in Egitto il cibo era legato al rito funebre, tanto che veniva preparato appositamente e posto nella tomba del defunto, insieme ai suo averi, affinché egli potesse condurre una vita uguale a quella terrena.

Perciò appare chiaro quanto il banchetto funebre fosse non solo un rituale religioso, ma soprattutto una tradizione che onorava i morti quasi fossero ancora in vita e capaci di interagire, mangiando insieme ai vivi. I cibi venivano preparati con rispetto e amore affinché il defunto si sentisse ancora benvoluto e parte della famiglia. E a ben pensarci questa tradizione si è conservata - seppur limitatamente - nei paesi del nord Europa (e in America importata dai primi coloni inglesi) in cui la famiglia del defunto offre il banchetto a tutti gli invitati dopo il funerale.

 

Il cibo che non sfama

In alcuni testi antichi greco-romani appare questa dicitura in relazione ai banchetti rituali. Qualcuno - erroneamente - sostiene che tale cibo è quello "inesistente" riferendosi all'assenza di banchetto durante le celebrazioni pagane delle persone più povere. In realtà il cibo che non sfama è ben altro: nell'antichità indicava il fumo che saliva al cielo mentre si cuocevano i cibi per i banchetti rituali. Infatti si credeva che gli spiriti e gli Dèi si cibassero solo con il fumo delle pietanze o degli incensi. Per questo motivo anche durante i riti funebri si bruciavano alimenti ben precisi come fave e fagioli.

 

Il mangiare dei morti

Più precisamente, per quanto riguarda le tradizioni nostrane, il cibo dei morti era costituito da fave, fagioli e in generale da tutta la verdura a baccello. Questo perché si pensava che tali piante, avendo il fusto privo di noduli, fossero un collegamento diretto tra la terra e l'oltretomba.

Il cibo nel culto dei mortiIn Grecia il cibo dei morti era il melograno. Nel mito di Persefone rapita da Ade il melograno è il cibo che i defunti mangiano negli Inferi e perciò, dopo averlo mangiato, Persefone è condannata a rimanere nell'oltretomba con Ade. Perché il melograno? perché è denso di significati: tagliandolo trasversalmente si può osservare una stella perfetta formata dai suoi semi, simbolo del pentagramma e della conoscenza che esso rappresenta. Nel mito arcaico di Cybele il melograno è il pomo della vita; mentre da recenti studi sembra che sia proprio lui il frutto proibito dell'Eden cristiano. Ancora oggi in Grecia si usa appendere melograni sulla porta di casa per propiziare buona fortuna e allontanare gli spiriti maligni. Inoltre c'è la consuetudine di spaccarli a terra allo scoccare della mezzanotte di capodanno, per gli stessi motivi.

 

Soul Cake

Durante il Medioevo in quasi tutta l’Europa del Nord si preparava una torta chiamata “soul cake” (torta dell’anima), probabilmente un rimasuglio delle focacce dolci che si preparavano anticamente. Questa torta consisteva in un pane dolce con uva sultanina o ribes. Per i bambini era tradizione fare “souling” cioè andare di porta in porta chiedendo un pezzo di torta e per ciascuna fetta si doveva pregare per l’anima di un parente defunto (molto simile al dolcetto scherzetto moderno). E c’era anche una canzoncina, rivisitata poi da Sting e adattata al Natale che recitava così:

 

“A soul cake
a soul cake
have mercy on all christian souls
for a soul cake”
Trad.: abbi pietà per tutte le anime cristiane per una torta dell’anima.

 

Hungry Ghosts

In oriente esiste una particolare festa che si celebra a fine agosto e si chiama Hungry Ghosts Festival, ovvero: la festa degli spiriti affamati. Il cibo nel culto dei mortiPer mia grande fortuna ho potuto assistere più volte a questa celebrazione che si tiene anche a Singapore. Per un mese tutti i quartieri allestiscono altari pubblici in ogni angolo della città con centinaia di offerte, tra cui: cibo in quantità, incensi, candele, fiori, amuleti, nastrini, bandierine, ecc... E poi tutta una serie di oggetti di carta come scarpe, vestiti, oggetti di uso quotidiano e soldi finti, destinati ad essere bruciati nei bidoni appositamente costruiti.

Sia i templi buddhisti, sia quelli induisti, offrono gratuitamente enormi quantità di incensi ai fedeli e tutta la festa è pregna del significato di comunione tra vivi e morti. In particolare è il cibo che fa da padrone. Si dice che i morti siano affamati a causa di un antichissima leggenda - che non sto qui a raccontare per motivi di lunghezza - ma più che altro il fulcro è che nella psicologia buddhista un defunto non è del tutto morto e la sua "fame" riguarda gli aspetti terreni di cui sente più la mancanza.

 

Cadaveri messicani

Il cibo nel culto dei mortiSono i Calaveras, scheletri bianchissimi e decorati con mille colori e forme, che caratterizzano la festa dei morti messicana. Un culto a cavallo tra sacro e profano che miscela concetti cristiani e folklore pagano, non poteva che generare questi magnifici esemplari di "morti allegri e vivissimi". E' a loro che Tim Burton si è ispirato per i suoi defunti-e-contenti protagonisti del film d'animazione intitolato La Sposa Cadavere.

La tradizione mesoamericana vuole che a fine ottobre, come da noi, si celebri la consueta festa, ma i toni sono decisamente più vivaci e anche il cibo riflette questo stato d'animo. Rispetto alle sfumature tristi e smorzate del nostro culto novembrino, il giorno dei Morti assume dei connotati estremamente esorcizzanti nei confronti della morte. I dolcetti a forma di teschi colorati sfavillano dalle vetrine di ogni negozio insieme a coriandoli e nastrini, e la loro stessa componente di zucchero sembra voler accentuare la serenità con cui tale argomento viene affrontato. Connotato importante è quello del banchetto al cimitero: le famiglie si recano sulle tombe dei propri cari e gli raccontano i fatti salienti dell'anno appena trascorso.

 

Dolcetto o scherzetto?

In occasione di Halloween è un classico quello di travestirsi e andare di casa in casa a chiedere caramelle col ricatto di uno scherzo. I bambini inglesi e americani lo fanno da tempo, mentre in Italia c'è ancora molta diffidenza. Per guadagnarsi qualche dolce i piccoli monelli cantano filastrocche o raccontano storie da brivido.

Anticamente festeggiare Samhain (la festa europea da cui proviene Halloween) era molto importante e chi si rifiutava era mal visto dalla comunità tanto da essere emarginato. Tale trattamento è forse l'origine di questa usanza moderna. Tuttavia va detto che nel Medioevo i mendicanti usavano chiedere l'elemosina nel giorno di Ognissanti in cambio di preghiere, perciò anche questa potrebbe essere una valida ragione.

 

In Italia

Moltissimi sono i piatti che si preparano in vista del 1-2 novembre e anche se cambiano da regione a regione, conservano gli stessi significati. Il cibo nel culto dei mortiIn molte regioni come Lombardia, Umbria, Marche e Lazio si preparano dei dolci chiamati Fave dei Morti che sono una palese eredità delle fave che gli antichi bruciavano nei rituali. Poi ci sono le Ossa dei Morti, biscotti tipici della tradizione siciliana, veneta e piemontese, seppur con differenti preparazioni. Degno di nota è il Torrone dei Morti tipicamente partenopeo; mentre il Pan dei Morti è invece tipico lombardo. Infine in Trentino si fanno i Cavalli, dolcetti a forma di cavallo, appunto, le cui origini non sono molto chiare. Forse si legano all'antico culto della dea Epona (da epos = cavallo), protettrice celto-romana dei cavalli e accompagnatrice dei morti nell'Oltretomba.

In Puglia c'è il grano cotto, sempre dal sapore dolce che si ricollega alle antiche tradizioni: il grano era un elemento basilare nel culto dei morti perché legato al concetto di vita - morte - rinascita che si esplicava nell'azione vegetativa e in quella sfamante. Il grano piantato era il morto che veniva sepolto, quando cresceva era la sua reincarnazione. Una volta tagliato si conservava un covone che veniva dato alle fiamme per simboleggiare il "dio sacrificulo" che dona la propria vita divina per sfamare gli uomini; mentre il pane che si faceva con il resto del grano era il "corpo" da mangiare. Vi ricorda nulla?

I vari ingredienti che aromatizzano questo grano dolce rappresentano concetti ben precisi: il grano è il corpo, come abbiamo visto; il vincotto è ovviamente il sangue; il cedro è l'anima; il melograno rappresenta gli occhi; la noce il cervello; mentre il cioccolato è sinonimo di fertilità e di coniugazione sessuale.

Sempre in Puglia c'è la festa "Fuc Accoste" durante la quale si accendono grossi bracieri per cucinare la carne. Gli avanzi vengono poi accantonati agli incroci delle strade per sfamare le anime dei morti che in quella notte passeranno a far visita ai propri parenti in vita.

In Sicilia è ancora viva la tradizione che i morti tornano dai sepolcri per portare dolci e giocattoli ai bambini. Un'usanza decisamente inconsueta nel nostro Bel Paese sempre in fuga da streghe e demoni. Ma in Sicilia, ancora forte della sua radici pagane, la festa diventa un modo per scacciare la paura della morte dai bambini, che in questo modo pensano ai fantasmi dei propri nonni come a spiriti benevoli e giocosi.

In molte zone italiane si usa apparecchiare la tavola con un posto in più riservato ai defunti. E' un segno di rispetto verso chi non c'è più come a voler dimostrare che non ci si è dimenticati di lui.

Un'altra tradizione, vivificata dalla festa pagana e neopagana di Samhain, è quella di mettere una mela e una candela fuori dalla finestra affinché il morto trovi la via di casa e possa sfamarsi. La mela poi deve essere seppellita.

 

Conclusioni

Vi lascio con un pensiero, leggero se volete, ma lecito. Vista la bellezza dei culti che abbiamo analizzato, sarebbe bello poter riaccendere la fiamma della positività nei confronti di qualcosa che non conosciamo e che quindi potremmo aver male interpretato con tutta quella cupezza che caratterizza la festa dei morti. Se è vero che è una festa, festeggiamo! Brindiamo alla salute di chi non c'è più con la certezza nel cuore che essi si trovano in un luogo certamente migliore di questo, senza tv e inquinamento, senza terrorismo e politica corrotta. Un luogo in cui si balla tutto il tempo e si mangia "divinamente"!

 

   Monica Casalini

 

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Per approfondire
monica-tells.blogspot.it/2012/10/hungry-ghosts-festival-waterloo-street.html
ricercaetnografica.wordpress.com/41-2


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