Riflessioni sulla Cultura Vedica
di Parabhakti das - indice articoli
Alla Ricerca dell'Amore Perduto
Da una conferenza di Radhanath Swami
Ottobre 2011
Steven J. Rosen Radhanath Swami è un guru Gaudiya Vaishnava e membro della Società Internazionale per la Coscienza di Krishna (ISKCON)
La più incredibile rivelazione della mia vita è stata la pura verità che tutti i nostri desideri, le loro complessità, struggimenti, gratificazione e frustrazione hanno come unica origine la dimenticanza dell'amore, passivamente assopito nel nostro cuore. Ho compreso che è ciò di cui abbiamo più bisogno poiché da esso traiamo la vera soddisfazione e la forza per diventare strumenti di cambiamento in positivo del mondo che ci circonda, ben oltre ciò che ci immagineremmo possibile. Alcuni anni fa, ho incontrato Madre Teresa a Calcutta e mi disse che il più grande problema del mondo è la fame, ma non quella dello stomaco, bensì quella del cuore. La gente è sola, emozionalmente insoddisfatta e cerca di riempire il vuoto interiore in molti modi diversi, senza sapere che l'unica cosa che possa nutrire il cuore è l'amore per Dio. Madre Teresa mi disse che conosceva alcune tra le persone più facoltose del mondo e che aveva visto gente morire di fame, ma che la più grande attività assistenziale a questo mondo è soddisfare l'inedia del cuore con amore per Dio. Per riuscirci dobbiamo però possedere una motivazione pura, perché noi confondiamo l'amore con i piaceri temporanei e il fulcro stesso della condizione umana è l'erronea interpretazione delle sensazioni transitorie mondane e il luccichio abbagliante delle sensazioni è comparabile ad un miraggio. Una persona perduta nel deserto cerca disperatamente un'oasi e nella sua disgrazia, complici il desiderio e la speranza, a volte le appare un miraggio che sembra possa soddisfare la sete ma finirà solo con la bocca piena di sabbia.
Cos'è dunque il vero amore? Per capirlo dobbiamo sapere chi siamo davvero.
Il corpo fisico è un veicolo fatto di materia e di per sé gli occhi non vedono, le orecchie non sentono, il naso non percepisce gli odori. Siamo dunque noi a vedere per mezzo degli occhi e a sperimentare la vita attraverso i sensi. Il corpo è paragonabile ad un carro, la mente alle sue redini, mentre i sensi sono i cavalli e l'intelligenza dovrebbe dare la direzione decisa dal passeggero, l'atma o anima. Questo è fondamentalmente l'insegnamento della Bhagavad-gita: noi non siamo il corpo e la mente ma la forza vitale che ne sprigiona. La forza vitale è la nostra natura spirituale e il suo potenziale è amare e il bisogno di sentirsi amata.
Tutti cerchiamo amore spirituale e in realtà l'intero progredire della civiltà attraverso i millenni è unicamente l'espressione di questa ricerca.
Scienza, tecnologia, spettacolo, famiglia, arte, musica, lavoro, economia, tutto è puntato a trovare quell'unica cosa che il cuore desidera, amare Dio e sentire il Suo amore. Sri Caitanya, massima autorità spirituale ed avatara divino, in una preghiera afferma che l'amore per Dio è assopito nel cuore di ogni entità vivente e la nostra posizione naturale è quella di essere Suoi eterni servitori. Nei Vangeli, Gesù si chiede che utilità abbia ottenere l'intero mondo se ciò conduce a perdere l'anima eterna. Il primo grande comandamento è quello di amare Dio con tutto il cuore, la mente e l'anima, e la conseguenza naturale sarà quella di amare il prossimo come sé stessi. Ma come può accadere tutto questo? Amando il centro, ovvero Dio, questo stesso centro di ogni esistenza ci permette di amare spontaneamente ogni essere vivente. La Bhagavad-gita afferma che ogni entità vivente è un frammento di Dio, così come ogni raggio che emana dal sole ne è parte integrante.
Scoprendo nel mio cuore l'amore per Dio posso percepire un'inseparabile parte di Dio nel cuore di ogni essere, non importa quale sia il suo sesso, colore di carnagione, religione, provenienza o razza di appartenenza, tutte designazioni fisiche temporanee paragonabili al vestito che copre il corpo.
Quando comprendiamo realmente la nostra anima e la relazione che ci unisce al Supremo, possiamo identificarla in ogni entità vivente e vederne il suo rapporto con Dio. A quel punto l'amore e la compassione sostituiscono l'odio ed è questo ciò di cui il mondo ha più bisogno.
Siamo dunque tutti alla ricerca del nostro perduto Amore e il vero viaggio dell'esistenza umana inizia quando riconosciamo l'oggetto della nostra ricerca. Siamo parti di Dio che hanno perso la connessione con Lui e stiamo tentando di ritrovarla, mentre Krishna, Dio, il Tutto completo, la Verità Assoluta e suprema discende in questo mondo alla ricerca dei suoi amori smarriti, che siamo noi. Sempre nella Bhagavad-gita, Krishna afferma che ovunque i veri valori della religione siano in declino e l'irreligione avanzi Egli appare sulla terra. Ma perché? Nelle sacre scritture dell'Occidente si parla di messia e di profeti e nei testi vedici sono raccontate le gesta degli avatara del Signore che si sono succeduti nei millenni, manifestandosi in accordo ai periodi, ai luoghi e alle sue genti per darci essenzialmente lo stesso messaggio e ricordarci che abbiamo dimenticato l'amore di Dio che abbiamo dentro ed è questa la causa delle nostre sofferenze e il motivo per cui maltrattiamo il prossimo. Ecco dunque la risposta, tutti i grandi avatara non sono altro che il Supremo Amato che viene in questo mondo per cercare i suoi servitori dispersi e per noi ciò è grande motivo di speranza.
Sanatana Goswami, un santo eccelso della tradizione Gaudiya vaishnava, nel suo testo Brihat Bhagavatamrita racconta che un giorno Krishna con i gopa, suoi compagni pastorelli, e le loro mucche erano di ritorno dai pascoli e andavano verso casa attraversando la foresta di Vrindavana. Lungo la strada un'anima che aveva appena ottenuto la perfezione spirituale apparve nelle sembianze di un bellissimo pastorello. Vedendolo, Krishna gli corse incontro, lo abbracciò e nell'estasi d'amore entrambi persero i sensi. Tutti i gopa si meravigliarono molto e si chiesero chi fosse questo ragazzino e perché Krishna si trovasse disteso a terra privo di coscienza. Balarama, Suo fratello, si avvicinò cantando dolci parole e sventagliandoLo Gli fece riprendere conoscenza. Krishna si rivolse allora al nuovo pastorello: "Mi hai abbandonato tanto, tanto tempo fa e ti sei dimenticato di Me, eppure Io non ti ho mai scordato. Vita dopo vita hai cercato di godere del mondo materiale ma Io ero sempre presente nel tuo cuore, in attesa che ti rivolgessi a Me. Hai patito tempeste, malattie e pene d'amore, a volte hai goduto di ricchezza, prosperità, buona istruzione ma eventualmente tutto ti è stato portato via. Non provavi separazione come ne provavo Io per te, ad ogni istante? Infine ti sei girato verso di Me e Mi hai donato la tua vita.
Ho visto quanto sia stato difficile, rimanendoMi fedele in questo mondo materiale. Sei stato ridicolizzato, perseguitato, criticato e a volte hai dovuto mendicare, ma Io ti ero sempre accanto a proteggerti. Ora sei finalmente tornato a casa e sei benvenuto!"
Possiamo vedere che sebbene la Verità Assoluta sia atmarama, soddisfatto in Sé stesso, l'incarnazione stessa di ogni emozione d'amore e non abbia bisogno di nulla, Egli prova il dolore della separazione nel vedere uno qualunque dei Suoi figli soffrire nella dimenticanza della Sua persona.
Questa è la perfezione dell'amore. Per quanto piccoli ed insignificanti ci possiamo sentire, Krishna sente la lontananza da noi ma non interferirà mai con il nostro libero arbitrio, perché l'amore non può essere imposto o forzato. Per soddisfarci davvero e in modo completo l'amore deve essere una libera e autonoma espressione della nostra volontà. Hare Krishna.
Radhanath Swami
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