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Cultura - Civiltà

significato

 

Cultura, termine di origine latina che significava coltivare, l’uso fu esteso poi a tutte le attività e situazioni che richiedevano un’assidua cura, dalla “cura” verso gli dei, quello che tuttora chiamiamo culto, alla coltivazione degli esseri umani ovvero la loro educazione.
Da quest’ultima accezione deriva il valore di cultura nel suo senso moderno: il complesso di conoscenze (tradizioni e saperi) che ogni popolo considera fondamentali e degni di essere trasmessi alle generazioni successive.
Nella nostra civiltà occidentale il concetto di cultura è divenuto erroneamente sinonimo di “conoscenza di quanto depositato nei libri” vi è quindi la tendenza a considerare persone colte o addirittura uomini di cultura coloro che hanno letto tanti libri.
In società come la nostra oramai la cultura non si identifica esclusivamente con le tradizioni scritte, ma con le nuove tecnologie multimediali (ipertesti, immagini e suoni) per questo i grandi mezzi di comunicazione sono responsabili della cultura di massa.

 

Cultura - civiltà, termini che, nella storia della filosofia e delle scienze umane, indicano la totalità o due diversi aspetti del complesso delle conoscenze, delle credenze, dei modi di comportamento, delle convenzioni e delle aspettative dell'uomo. Nel linguaggio corrente la parola cultura, indicando lo specifico patrimonio di conoscenze di cui una persona si è impadronita, conserva un significato simile al greco paidéia (Platone, Aristotele) e al latino humanitas (Cicerone, Varrone): il risultato della massima approssimazione al modello o ai modelli di uomo pienamente realizzato grazie a una educazione o formazione. Questa nozione di cultura passò dall'antichità greca e romana al medioevo cristiano, così come le sue occasioni e modalità pedagogiche passarono dalle bonae artes classiche alle arti liberali medievali. Tali vie alla cultura, pur nelle profonde differenze corrispondenti all'affermarsi del cristianesimo, ebbero un denominatore comune nella loro qualità aristocratica: la cultura classica, paidéia, o humanitas, mirava alla realizzazione dell'umanità degli uomini liberi, ed era preclusa agli schiavi; la cultura medievale cristiana era frutto di arti dette liberali perché riservate a appunto a uomini «liberi», quindi in grado di dedicarsi ad attività teoretico-contemplative.
Durante il rinascimento questa nozione di cultura fu già prossima alla crisi quando alcuni teorici del sapere contemplativo ed esoterico (come l'inglese J. Dee, umanista, scienziato e «mago») si preoccuparono anche di contribuire alle attività dei mechanici, dunque di coloro che operavano nell'ambito delle varie tecnologie. La critica più netta a un ideale aristocratico di cultura fu però formulata dall'illuminismo: la ragione è lo strumento dell'educazione, e poiché ogni uomo è dotato di ragione la cultura può divenire patrimonio universale anziché riservato ai dotti. L'accento posto da J.J. Rousseau e dall'illuminismo tedesco (o Aufklarung: G.E. Lessing, I. Kant) sull'educazione o formazione (Erziehung, Bildung) come valorizzazione della genuina natura umana, fece giungere in primo piano una più specifica accezione di cultura e, in opposizione a essa, la nozione di civiltà. Nel francese del sec. XVIII, però, il termine civilisation, che indicava nel secolo precedente il «buon gusto» e anche le «buone maniere», acquistò il significato illuministico di cultura come potenziale patrimonio di tutta l'umanità, e quindi in lingua francese l'opposizione ideologica tra cultura illuministica e cultura aristocratico-formale non si tradusse nella contrapposizione di due parole. Questo dipese anche dal fatto che nel pensiero illuministico francese la civilisation, pur opponendosi al formalismo aristocratico, tendeva spesso a riferirsi a un affinamento dei costumi che superasse la mera, «negativa» naturalezza degli impulsi. In tedesco, invece, con la parola Kultur si cominciò, a indicare prevalentemente l'espressione della natura umana (insistendo l'Aufklarung sui naturali e istintivi valori autentici dell'individuo), e con la parola Zivilisation un complesso di norme e di valori soprattutto esteriori e convenzionali.
L'opposizione fra Kultur e Zivilisation, già netta in Kant, prosegue lungo la storia del pensiero tedesco fino a F. Schiller, a J.G. Fichte, a A. Schopenhauer, a F. Nietzsche, e al principio del sec. xx trova la sua espressione più radicale nel Tramonto dell'Occidente (1918-21) di O. Spengler e nelle Considerazioni di un impolitico (1919) di Th. Mann: opere in cui si ravvisa nella Zivilisation il momento culminante, ma anche irrigidito, artificioso e prossimo alla decadenza, di un ciclo di Kultur.

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