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Sul sentiero - Parte quarta

Anonimo - novembre 2010
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Verso la  “religione dell’umanità

 

L’Alchimia universale

 

Queste due operazioni, diversificazione e unificazione, coesistono simultaneamente nell’Universo, idea continuamente creata e mantenuta in esistenza dal Pensiero del Grande Alchimista.  Al livello umano, è l’uomo stesso, “essere di transizione” secondo la terminologia di Aurobindo, che, essendo pervenuto dopo lungo cammino nella materia alla svolta della sua evoluzione, rende possibile la “spiritualizzazione della materia” trasmutando volontariamente se stesso; conformemente al suo destino di “Dio in divenire”, decide, ad un certo punto del suo percorso, con un lucido atto di volontà, di andare oltre la sua attuale statura umana. Pertanto, l’“oro” materiale della pratica alchemica non è che un simbolo; la trasmutazione dei metalli in oro è, di conseguenza, allegoria ed esempio didattico che allude alla necessità di apprendere l’arte della purificazione trasmutando i materiali grossolani e impuri della personalità nel metallo puro e prezioso dello spirito.

Solo diventando alchimisti sempre più per-fetti (da per-fectus, portato a compimento) potremo “comprendere dall’interno” i testi sacri, basati sulla visione dell’Unità, le cui interpretazioni sono tanto varie quanto sono diversi i livelli di sviluppo dei lettori:

 

Nessuna interpretazione corretta dei Libri sacri è possibile, senza una disciplina fondata sullo sviluppo dei nostri organi spirituali. È sviluppando questi organi che acquisiamo la facoltà di proiettarci nei mondi superiori per farvi delle indagini. Dal basso, non si può vedere altro che una realtà frammentaria.

Fino a che non si scorge un ordine, una struttura, vale a dire i legami che uniscono tutti gli elementi e tutti i piani della Creazione, non si possono interpretare correttamente dei testi che sono stati ispirati dalla visione dell’unità divina. (Omraam Mikhaël Aïvanhov, Pensieri quotidiani)

 

Come nel processo alchemico “esteriore” è necessario il fuoco materiale, così nel processo di sublimazione interiore è richiesto il Fuoco spirituale, la cui essenza è Amore, che brucia tutto ciò che è di impedimento all’Anima. Il processo avviene con sofferenza, poiché la personalità si oppone allo sforzo dell’anima che con sforzo provvede alla combustione degli elementi grossolani; ma solo quando questo procedimento è sufficientemente avanzato essa può ottenere maggior controllo e flessibilità su tutti i piani:

 

…l’uomo si eleva alla gloria tramite la sofferenza, al fine di rendersi “flessibile e sottomesso”, ossia impermeabile alle emozioni e alle sensazioni generate dai sensi fisici. (Helena Petrovna Blavatskj)

 

La “flessibilità” si riferisce all’assenza di resistenza della personalità la quale, nell’uomo comune,  tende a preservarsi lottando contro ogni cambiamento; tale opposizione  ostacola, implicitamente, la dissoluzione di materiali inutili e nocivi per l’anima che anela alla fusione con l’Unico. La “sottomissione” è il “cedere”  dell’io individuale che prelude alla definitiva capitolazione della personalità egocentrata e all’abbandono alla più alta Volontà.

La Vita onnipervadente ha pertanto uno scopo evolutivo che ci porta a ricercare significati sempre più elevati nella Manifestazione e a riconoscere con sempre maggior chiarezza l’unità dell’Origine e del Fine modificando costantemente, parallelamente all’innalzarsi del livello evolutivo, la nostra “idea di Dio”:

 

Quella profonda consapevolezza emozionale della presenza di una forza mentale superiore, che è rivelata nell’incomprensibile universo, è la mia idea di Dio. (Albert Einstein)

 

L’Universo intero, e l’Umanità in particolare, appaiono pertanto come un grande crogiuolo in cui si compie la Grande Opera, attraverso il Fuoco dell’Amore. Il progresso dell’essere umano avviene per sintesi sempre più ampie dal particolare agli universali: la mente analitica raccoglie informazioni le quali, rielaborate e riunite in forme-pensiero, formano categorie della mente astratta, che costituiscono le idee-archetipo percepite dall’Intuizione.
L’“eresia” della separazione, ovvero la convinzione che tutte le cose siano divise tra loro, porta alla negazione della vita stessa e all’azione egoistica, dimentica del bene comune; la Kathopanishad dichiara che tale modo di considerare l’esistente equivale ad essere morti. Un essere comincia a risvegliarsi quando si risveglia alla presenza dell’altro. Nasce allora nella sua coscienza  una nuova qualità dell’attenzione, che riguarda il mondo interiore in cui sente immersi lui stesso e quell’altro che prima gli appariva in una dimensione diversa e lontana. A tale atteggiamento dell’anima fa riferimento il primo scopo dichiarato della Società Teosofica: “Formare un nucleo della Fratellanza Universale dell’Umanità senza distinzioni di razza, credo, sesso, casta, colore”.

La vera condivisione, interiorizzata nel profondo del Cuore, può germogliare solo quando l’ego cede al ; essa ristabilisce l’ordine naturale, ripristina luce e salute; nel “dono” spontaneo e reciproco, “chi dà” e “chi riceve” perdono la coscienza della propria identità di “donatore” e “ricevente” poiché si muovono insieme, nella gioia, in un movimento a spirale ascendente.

Questo nuovo stato di coscienza tende a unificare sé e l’altro in un unico movimento e in un’unica direzione, nella comprensione sempre più chiara dell’unica Origine. Nella “Voce del silenzio” di H. P. Blavatskj il “dono” è la “chiave d’oro” che apre il primo dei sette portali che conducono l’aspirante all’altra riva, quella della liberazione dal ciclo delle rinascite. In tale stato scompare ogni separatività poiché l’io e l’altro sono avvertiti come immersi nel  Sé:

 

Prima di comparire sulla soglia del Sentiero, prima di oltrepassare la porta, tu devi immergere i due nell’Uno, sacrificare il personale al Sé impersonale e distruggere così il sentiero tra i due, o antahkarana. (Helena Petrovna Blavatskj, La Voce del Silenzio)

 

La percezione sensoriale, la frammentazione dell’esistenza e la molteplicità del conosciuto possono indurre ad una visione parziale e dolorosa del mondo e della propria vita individuale. Tale “pensare frammentario” ostacola la costruzione dell’ antahkarana, cioè del  ponte che collega la mente al Sé spirituale; esso non solo divide la vita in settori, quali l’umano e il non-umano, il mio e il tuo, il superiore e l’inferiore, ma separa gli eventi dalle azioni, i mezzi dai fini e le cause dagli effetti; in tal modo, perdendo la “visione olistica”, il reale appare oscuro e  irrazionale,  temibile e  incomprensibile.

Sono le nostre abitudini, i nostri pensieri, le nostre paure che ci tengono ancorati alla frammentazione, alla divisione, al dolore.

Ma nell’uomo risvegliato esiste una forte spinta all’unità e una ricerca volta a conciliare gli opposti, a superare le divisioni, ad andare oltre i personalismi e l’alternanza degli stati d’animo. La mente concreta ci spinge ad analizzare, discriminare, suddividere, confrontare; la mente astratta ci porta sul piano degli archetipi, ove l’Universale illumina la realtà quotidiana, rendendo pertanto più limpidamente affrontabili conflitti e contrasti, e ove possiamo avvicinarsi alla sensazione dell’Unità del Tutto.

 

Allora:

  • le emozioni si trasformano in veicoli di alti sentimenti;

  • le analisi concordano con le Sintesi;

  • il pensiero concreto si apre all’Universale;

  • la prospettiva del quotidiano si dilata nell’Eternità;

  • il dolore rivela il suo senso evolutivo;

  • il travaglio si pacifica nell’accettazione;

  • la sensibilità si eleva ad Intuito;

  • la frammentazione si ricompone nell’Unità.

Può allora prevalere lo spirito della con-divisione, che  incita l’individuo a riferirsi nelle sue azioni a quanto c’è di più elevato in lui, al fine di poter realmente “co-operare”, ovvero compiere Opere d’amore per l’Umanità insieme alle altre anime. La Cooperazione permette all’essere umano risvegliato di spiritualizzare la materia liberandola della sua oscura densità. Essa appare così al tempo stesso segno d’evoluzione e mezzo di perfezionamento poiché è il primo passo verso la realizzazione dell’Unità vivente.

Le creature che, nutrite dal medesimo grembo della Terra, usano le loro energie nel combattere per rimanere separate non riescono a fiorire spiritualmente, provocando dolore a se stesse e agli altri esseri della Manifestazione. Ogni offesa, ogni crudeltà, spietatezza o indifferenza nei confronti di qualsivoglia forma di vita porta malattia e morte al Pianeta, organismo vivente ed evolvente:

 

…non potete separarvi in tal modo e procedere nella vostra evoluzione mentre calpestate gli altri. Coloro che calpestate, ritardano il vostro progresso. La sofferenza che causate è come fango che si attacca ai vostri piedi quando volete salire; perché dobbiamo ascendere insieme o cadere insieme e tutto il male che infliggiamo ad esseri senzienti rallenta la nostra evoluzione umana e rende il progresso dell’umanità più lento verso l’ideale che cerca di realizzare. (A. Besant)

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