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Filosofia - Forum filosofico sulla ricerca del senso dell’essere.
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Vecchio 27-11-2007, 19.23.15   #1
Celavano Ganneviz
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"che nel pensier rinnova la paura"

Ho riflettuto a lungo e su vari argomenti, ma l’argomento che più mi sta a cuore è il senso della vita. Non mi sono estranee le argomentazioni di quanti giustificano la vita ponendo a sostegno di essa un disegno divino e quindi giustificando l’esistenza proponendola come una commedia il cui scopo è la realizzazione della stessa per il suo “scrittore”. Non mi sono estranee neanche le argomentazioni di quanti sostengono che lo scopo non è qualcosa di definito, ma qualcosa che si scopre nell’arco dell’esistenza. Non mi sono estranee nemmeno le argomentazioni di quanti credono che lo scopo sia un limite dell’uomo, che non riesce a staccarsi dalla sua natura biologica. Altri invece sostengono che lo scopo sia qualcosa di inconoscibile e che compito dell’uomo sia affannarsi alla sua ricerca fino alla “fine”. Altri invece credono che la ricerca dello scopo sia l’errore che l’uomo commette da sempre e che gli turba l’esistenza, quando potrebbe vivere il “qui” e “l’ora” senza preoccuparsi del perché.
Anche se lungi da me ritenermi edotto su tutte le teorie che ricerca il senso della vita, ritengo che queste siano le principali, ma proviamo ad analizzarle…
Coloro che ritengono che il senso della vita sia in un “Dio” o da “Dio” in genere accettano acriticamente quanto detto loro dalla loro società e dalla loro tradizione, ma non tutti ovviamente. Molti invece passano la vita a cercare le prove della sua esistenza e a mio parere per quanto abbiano cercato, cerchino e cercheranno non arriveranno mai a dimostrare la “loro” verità in maniera definitiva. Altri ancora mentre cercano le prove confondono le proprie speranze ed i propri desideri con le prove stesse che cercano ed attribuiscono certezze a significati molto arbitrari.
Coloro che ritengono che lo scopo sia qualcosa di indefinito e sa ricercare giorno per giorno sono certamente saggi, poiché trovano un motivo semplice e pratico all’esistenza, ma sono a mio parere dei retori, che aggirano la domanda piuttosto che risponderle.
Coloro che invece ritengono che lo scopo sia una necessità dell’uomo e che esso non deve necessariamente esistere sono i più rigorosi nella logica e nella scientificità, sono persone che vedono nella materia l’unica “res” degna di essere argomentata e studiata. Certo ciò che propongono è interessante e quanto di più logico si possa cercare… ma i suoi punti di forza sono anche i suoi punti deboli; infatti logica e scientificità hanno il difetto di proporre teorie valide fino a prova contraria e, mi spiace ammetterlo, ci sarà sempre una prova contraria o un difetto che renderà questa o quella teoria giusta o sbagliata. In definitiva la solidità del fine ricercato dalla scienza è quasi tutta apparenza.
Coloro che credono che il fine dell’uomo sia di affannarsi verso una “verità” irraggiungibile sono quelli più affascinanti, quelli che io sono più incline a definire “filosofi”, poiché vedono la loro vita come una missione, la missione della ricerca del sapere; tuttavia essi, proprio come coloro che cercano lo scopo in un’entità divina, non fanno altro che affidarsi ad un’altra entità, più astratta, più difficilmente antropomorfizzabile, ma pur sempre lontana dall’uomo e dallo scopo stesso.
Infine c’è chi crede che cercare uno scopo sia un errore, che bisogni vivere la vita così come si presenta. Mi sembra quest’ultima la pretesa più superficiale, in quanto chi opta per questa risposta non fa altro che scrollare le spalle e dire indirettamente “non me ne importa niente”.


Ora chi mi starà leggendo si chiederà: “ ma se nessuna strada gli va bene che soluzione propone lui “ ?
Nessuna… È il caos. L’incertezza. Si cerca, ma non si trova. Si trova, ma non si ci accontenta di quel che si è trovato. Si giunge quindi al titolo di questo 3d: “che nel pensier rinnova la paura”. È l’inquietudine che ammanta l’umanità fin dalle sue origini e l’incapacità di porvi rimedio che assilla i pensatori di ogni epoca. Ogni persona l’ha provata in una parte della sua vita, per questo o quel motivo. È dunque la paura di conoscere ? È, come asseriva Freud, il timore della morte trasposto dalla paura di non aver il controllo della nostra esistenza ?

Cosa ne pensate ?
Celavano Ganneviz is offline  
Vecchio 29-11-2007, 15.39.32   #2
emmeci
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Riferimento: "che nel pensier rinnova la paura"

Di tutte le possibilità che tu indichi per dare un senso alla vita mi pare che emergano fondamentalmente due (quasi un aut-aut più radicale di quello di Kierkegaard): cioè da una la parte risposta che potrebbe dare chi crede nelle verità della scienza (non c’è nessun senso che oltrepassi quanto avviene fisicamente nell’universo), dall’altra quella di un religioso altrettanto intransigente e deciso (il senso sta nella religione in cui credi).
E la filosofia che cosa può dire? Credo che la filosofia non può che dubitare di tutto, quindi estendere il dubbio ben al di là di ciò che osava Cartesio (il quale già dubitando sapeva che non avrebbe dubitare di Dio e che il diavolo sarebbe stato sconfitto). Ma c’è una cosa su cui non si può dubitare, perché è proprio la fonte del dubbio: cioè che la verità assoluta esiste anche se non sappiamo qual è. Proviamo infatti a pensare che la verità sia che tutto è composto di atomi e di fotoni. Oppure, all’inverso, che la verità è uno spirito come quello che chiamano Dio. Pensa a tutte le possibili formule di verità (che la verità sia l’essere parmenideo o il nulla degli induisti, che sia un leviatano o una farfalla, perfino che il concetto di verità sia assurdo o che la verità assoluta sia essa stessa assurda …ebbene, una verità deve esserci in ogni caso – ed è per questo che noi la cerchiamo.
Tutto qui? Sì, credo che sia tutto qui ciò che noi possiamo credere assolutamente e incontestabilmente, mentre tutto il resto, cioè tutto ciò che ci affanniamo ad esprimere e dimostrare è relativo e potrà essere dimostrato falso – cioè tutto quanto dicono o diranno le religioni, le scienze, le filosofie. Un Nathan il saggio chiamato a giudicare quale dei tre metodi sia il migliore non potrebbe che rinunciare al suo incarico, e lasciare che le tre dee si accapiglino fino a trovare un Paride che osi indicare qual è la più bella. Ma noi, che siamo filosofi o aspiranti filosofi, forse potremmo accontentarci di questo piccolo lume, cioè che la verità assoluta esiste e che a noi è dato cercarla. Basta forse questo a sconfiggere la paura.
emmeci is offline  
Vecchio 29-11-2007, 18.15.49   #3
Celavano Ganneviz
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Riferimento: "che nel pensier rinnova la paura"

Citazione:
Originalmente inviato da emmeci
Di tutte le possibilità che tu indichi per dare un senso alla vita mi pare che emergano fondamentalmente due (quasi un aut-aut più radicale di quello di Kierkegaard): cioè da una la parte risposta che potrebbe dare chi crede nelle verità della scienza (non c’è nessun senso che oltrepassi quanto avviene fisicamente nell’universo), dall’altra quella di un religioso altrettanto intransigente e deciso (il senso sta nella religione in cui credi).
E la filosofia che cosa può dire? Credo che la filosofia non può che dubitare di tutto, quindi estendere il dubbio ben al di là di ciò che osava Cartesio (il quale già dubitando sapeva che non avrebbe dubitare di Dio e che il diavolo sarebbe stato sconfitto). Ma c’è una cosa su cui non si può dubitare, perché è proprio la fonte del dubbio: cioè che la verità assoluta esiste anche se non sappiamo qual è. Proviamo infatti a pensare che la verità sia che tutto è composto di atomi e di fotoni. Oppure, all’inverso, che la verità è uno spirito come quello che chiamano Dio. Pensa a tutte le possibili formule di verità (che la verità sia l’essere parmenideo o il nulla degli induisti, che sia un leviatano o una farfalla, perfino che il concetto di verità sia assurdo o che la verità assoluta sia essa stessa assurda …ebbene, una verità deve esserci in ogni caso – ed è per questo che noi la cerchiamo.
Tutto qui? Sì, credo che sia tutto qui ciò che noi possiamo credere assolutamente e incontestabilmente, mentre tutto il resto, cioè tutto ciò che ci affanniamo ad esprimere e dimostrare è relativo e potrà essere dimostrato falso – cioè tutto quanto dicono o diranno le religioni, le scienze, le filosofie. Un Nathan il saggio chiamato a giudicare quale dei tre metodi sia il migliore non potrebbe che rinunciare al suo incarico, e lasciare che le tre dee si accapiglino fino a trovare un Paride che osi indicare qual è la più bella. Ma noi, che siamo filosofi o aspiranti filosofi, forse potremmo accontentarci di questo piccolo lume, cioè che la verità assoluta esiste e che a noi è dato cercarla. Basta forse questo a sconfiggere la paura.


E' una bella risposta, che da quel che ho letto su questo forum mi sarei aspettato proprio da te, ma il senso del mio post è appunto che di fronte a tutte le possibili verità, anche il sapendo che c'è una verità, lascia comunque un'indomabile senso di confusione... Come porsi l'obiettivo di costruire una torre che tocchi il cielo per arrivare a "Dio" (perdonami la metafora biblica), ma piano su piano arrivare solo alla conclusione che tutto il lavoro non può avere fine.
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Vecchio 01-12-2007, 09.23.34   #4
emmeci
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Riferimento: "che nel pensier rinnova la paura"

Celavano Ganneviz,
la mia risposta alla tua risposta la puoi trovare sotto il tema: "Perché credere in qualcosa di divino...." dato che questo tema (che tu hai elegantemente espresso con le parole di Dante) in fondo equivale all'altro. Un doppio invito a superare la paura?
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Vecchio 02-12-2007, 01.34.37   #5
Dasein
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Riferimento: "che nel pensier rinnova la paura"

Da cosa deriva la necessità di trovare un senso?
Il senso è puramente una tematica cristiana.
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Vecchio 02-12-2007, 10.21.52   #6
emmeci
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Riferimento: "che nel pensier rinnova la paura"

Quello che dici, Dasein, sembra un po’ troppo tinto d’orgoglio per un animo cristiano. Dopo tutto anche i monaci cristiani si curvarono per secoli sui testi degli antichi filosofi, visto che già molti secoli prima di Cristo essi avevano cercato il senso dell’essere che, come dice il motto applicato in testata di questo forum, è il compito della filosofia.
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Vecchio 02-12-2007, 12.56.17   #7
Celavano Ganneviz
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Il senso nn è una tematica cristiana, o almeno non è un suo monopolio. Non rispondete senza argomentazioni per favore, altrimenti il senso stesso di scrivere in questo forum cade.


Citazione:
Originalmente inviato da emmeci
Celavano Ganneviz,
la mia risposta alla tua risposta la puoi trovare sotto il tema: "Perché credere in qualcosa di divino...." dato che questo tema (che tu hai elegantemente espresso con le parole di Dante) in fondo equivale all'altro. Un doppio invito a superare la paura?


Le due tematiche si avvicinano molto ed infatti mi sto impegnando molto nel seguire e nel tentare a partecipare nell'altra discussione, ma la differenza fra le due è che qui vorrei che qualcuno parlasse anche di qualcosa di più vicino alla vita di tutti i giorni. Quando io dico "che nel pensier rinnova la paura", non solo voglio esprimere un dilemma filosofico, ma un'ansia che pervade me e tutti (chi più chi meno l'abbiamo provata una sensazione cm descritto all'inizio del 3d) nella vita di tutti giorni. Il problema di non essere adeguati o di seguire il gruppo, il problema della scelta politica in un paese in cui non ci si può fidare dei propri rappresentanti, il problema (e qui centra moltissimo l'altro post) di vivere una religiosità non più adeguata ai tempi o di nn viverla affatto... insomma tutte quelle tematiche che il senso di incertezza e confusione (di cui ho accennato nel primo post di questo 3d) fanno sembra inarrivabili o irrisolvibili.
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Vecchio 02-12-2007, 17.30.10   #8
emmeci
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Riferimento: "che nel pensier rinnova la paura"

Caro Celavano Ganneviz, una soluzione può essere suggerita da quello che si dice in questo forum sotto il tema: “Il paradiso non c’è ma siamo destinati alla felicità” che, preso così alla buona, sembrerebbe dire: contentati e vedrai che passa, oppure: io sono un cretino, non so resistere alla felicità, o ancora: chiedi al padreterno il colpo di grazia.
Venendo al sodo, penso che l’unica soluzione alternativa a quello che sembra dire il filosofo parmenideo (tutto è essere, il nulla non è) è qualche filosofia dell’Oriente, forse non il buddismo che suggeriva a Schopenhauer di raccomandare (agli altri più che a sé stesso) la rinuncia alla volontà di vivere, ma la semplice saggezza di uomini della strada, che forse tutto è illusione. Ah se questa saggezza contagiasse l’intera Asia, compresi Islamici e Israeliani….
Ma tu forse chiedevi un argomento più alla portata di mano, e che posso dire, visto che avendo tanti più anni di te, sono anch’io allo stesso punto di incertezza e risentimento? Per me, ho trovato solo una medicina (che non so se sia un placebo o una vera salvezza): l’ironia, da tener pronta per ogni occasione. Ti farà vivere meglio e ti impedirà di ricorrere alle maniere forti quando il troppo è troppo.
emmeci is offline  
Vecchio 02-12-2007, 20.01.18   #9
Celavano Ganneviz
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Riferimento: "che nel pensier rinnova la paura"

Beh, lungi da me criticare il tuo consiglio, ma così finirei per diventare cm quel personaggio televisivo Dr House ^^
Celavano Ganneviz is offline  
Vecchio 03-12-2007, 00.47.06   #10
Dasein
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Riferimento: "che nel pensier rinnova la paura"

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Originalmente inviato da emmeci
Quello che dici, Dasein, sembra un po’ troppo tinto d’orgoglio per un animo cristiano. Dopo tutto anche i monaci cristiani si curvarono per secoli sui testi degli antichi filosofi, visto che già molti secoli prima di Cristo essi avevano cercato il senso dell’essere che, come dice il motto applicato in testata di questo forum, è il compito della filosofia.


Mi hai frainteso: la mia era una constatazione che il senso, inteso come scopo , è una tematica cristiana, e noi risentiamo della necessità del senso dalla cultura cristiana.
Il senso dell'essere secondo me è molto diverso rispetto al senso della vita di stampo cristiano, in primis perchè del senso dell'essere si dibatte tutt'oggi, mentre invece i cristiani un senso pratico (la salvezza) lo hanno già trovato.
Dasein is offline  

 



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