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Filosofia - Forum filosofico sulla ricerca del senso dell’essere.
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Vecchio 05-07-2009, 21.41.01   #21
Gaffiere
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Riferimento: Un Dubbio che non posso avere...

Cosa intendi dire quando affermi che l'esperienza non è riducibile al logo? Questo non capisco, né capisco i motivi che ti spingono ad affermare ciò.
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Vecchio 05-07-2009, 23.34.22   #22
Noor
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Originalmente inviato da Gaffiere
Cosa intendi dire quando affermi che l'esperienza non è riducibile al logo? Questo non capisco, né capisco i motivi che ti spingono ad affermare ciò.
Vediamo di dirlo in altro modo..

La parola incarna l’essere ma non è l’essere.
Intendo per parola anche il silenzio,ovvero ciò che svela l’indescrivibile.
Ma c’è sempre uno iato tra l’esperienza e ciò che la descrive:nessuna parola crea l’esperienza perquanto la corrisponda.
Talvolta la parola è solo un gesto,ma anch’esso è linguaggio.
C’è però da dire che non è linguaggio comune ciò che indica ad esempio la metafisica.
Dunque c’è parola e parola..
Sostengo che sia piuttosto un linguaggio analogico,mitico,simbolico,poe tico, piuttosto che logico e razionale.
Non è il pensiero che crea la metafisica,ma è questa che indica il linguaggio giusto,tutte le volte, per ciò che deve mostrare.
Solitamente è linguaggio che scaturisce da catarsys come direbbe Nietzsche che conosceva bene i Greci e i Grandi Misteri.
Questa sembrerà oscura..ma la metafisica non è frutto di esperienza personale..
Non è un io cartesiano che pensa ,ciò che produce metafisica..
Non so se ho risposto Gaffiere alla tua richiesta,porgendo queste mie riflessioni estemporanee sorte al momento.
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Vecchio 07-07-2009, 10.02.16   #23
Noor
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Aggiungo quest'altra considerazione in merito per chiarire ed evitare ulteriori equivoci:

Non c’è processo dialettico nella non-dualità e conviene distinguerlo dal monismo se vogliamo capirci qualcosa e non creare un madornale errore di lettura.. (lo ha fatto Severino?).
Prima considerazione:l’Essere-Uno e i molti non sono che due facce della stessa medaglia,benché quella molteplicità dipenda dall’Uno.
Seconda considerazione:non c’è nell’apparante molteplicità una programmazione-creazione da parte dell'Uno come fosse un’uomo che forgia un’opera..
L’Essere ,essendo atemporale è al di fuori del pensiero,dunque non può avere nemmeno scopi:
l’Essere è atto puro dell’eterno presente.
Infine ciò che si vede dipende dall’occhio che guarda..
Se guardiamo con l’occhio fisico del corpo-mente pensante,ci identifichiamo con questo e vediamo solo il molteplice,se invece Chi guarda è l’Occhio impersonale, si osserva l’Unità.
Sono queste le due vie-odos di Parmenide:una che porta all’errore ,l’altra alla Verità. Scompare così qualsiasi panteismo intravisto in egli :visto dall’Uno,la molteplicità è solo apparenza che, pur partecipando alla realtà dell’Essere,non lo è.
Dunque si può aggiungere che il divenire,il mondo dei nomi e delle forme, è pensabile solo postulando l’unità,secondo cui il fenomeno appare.

Ultima modifica di Noor : 07-07-2009 alle ore 10.55.25.
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Vecchio 07-07-2009, 12.22.46   #24
Gaffiere
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Il linguaggio descrive l'esperienza e appartiene all'esperienza, che poi sia esso a creare l'esperienza o meno è un'altro discorso. Il problema intanto è che riesca a descriverla, altrimenti ogni intento speculativo salta per aria.
Ma poi tutte le considerazioni che fai sull'Essere, sul molteplice e via discorrendo che fondamento hanno? perchè, a conti fatti, è questo che fa la differenza. La Metafisica realizzativa riesce a render conto della verità dell'esperienza e del vissuto legati alla realizzazione? riesce cioè a giustificare il fatto che tali siano a sempre e per sempre disponibili, che non siano un'illusione, che non siano le frottole di quattro amici al bar o perfino che non esistano coloro che dicono di averli provati?
Oltretutto non mi garba molto l'intransigenza con cui separi ciò che va bene e ciò che non va bene, come quando scrivi che una via interpretativa di Parmenide porta all'errore e l'altra alla verità, quasi andassi enunciando soluzioni a portata di mano e scevre dal dubbio: ma chi lo dice? e in base a quali competenze? Io andrei molto cauto nel sentenziare perentoriamente su argomenti del genere, come non rendersi conto di essere nani che giudicano sulle spalle di giganti.
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Vecchio 07-07-2009, 12.58.20   #25
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La Metafisica realizzativa riesce a render conto della verità dell'esperienza e del vissuto legati alla realizzazione? riesce cioè a giustificare il fatto che tali siano a sempre e per sempre disponibili, che non siano un'illusione, che non siano le frottole di quattro amici al bar o perfino che non esistano coloro che dicono di averli provati?
Oltretutto non mi garba molto l'intransigenza con cui separi ciò che va bene e ciò che non va bene, come quando scrivi che una via interpretativa di Parmenide porta all'errore e l'altra alla verità, quasi andassi enunciando soluzioni a portata di mano e scevre dal dubbio: ma chi lo dice? e in base a quali competenze? Io andrei molto cauto nel sentenziare perentoriamente su argomenti del genere, come non rendersi conto di essere nani che giudicano sulle spalle di giganti.
Cerchi certezze mentali?
Chi te le può fornire in metafisica?
Se qualcuno lo fa è un ciarlatano..
Per quanto riguarda quella separazione dell'odos tra errore e Verità,non è mia ,ma di Parmenide stesso..
è una citazione indiretta in fondo..
Chi sono i giganti che starei giudicando?
Mi auguro non si parli qui di Severino..che Realizzato non è e non fornisce alcuna certezza oltre l'interpretazione formale che fa della metafisica..
O forse intendevi altro?
ciao

Ultima modifica di Noor : 07-07-2009 alle ore 14.22.38.
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Vecchio 07-07-2009, 14.39.31   #26
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Cerchi certezze mentali?
Chi te le può fornire in metafisica?
Se lo fa è un ciarlatano..
Per quanto riguarda quella separazione dell'odos tra errore e Verità,non è mia ,ma di Parmenide stesso..
è una citazione indiretta in fondo..
Chi sono i giganti che starei giudicando?
Mi auguro non si parli qui di Severino..che Realizzato non è e non fornisce alcuna certezza oltre l'interpretazione formale che fa della metafisica..
O forse intendevi altro?
ciao

E perchè dovrebbe essere un ciarlatano a prescindere, a priori, se riesce a farlo? a prescindere c'è solo una cosa di cui non mi fido, cioè di chi parla senza argomentare il fondamento di quel che va dicendo, perchè se non sa farlo ciò che dice è problematico, cioè non è in grado di imporsi con evidenza, di allontanare le negazioni che lo incalzano.
Che poi quello (da te riportato) fosse il senso dei brani di Parmenide è un'interpretazione, filologicamente rilevante, ma non certo l'unica (vedi Reale e Ruggiu in particolare). Ma concedendo pure che il senso sia effettivamente quello (concessione che banalizza decenni di discussioni accademiche), negare il molteplice empirico a favore di una realtà impersonale, assoluta e monolitica comporta aporie di cui lo stesso Parmenide si era avveduto (dal momento che, per esempio, deve pur apparire, tale molteplice, per poter essere negato, cioè la negazione lo presuppone, così si pone il problema di come possa convivere l'infinito con il finito senza esserne inevitabilmente limitato). Platone svolge nel Sofista questa aporia, ma quel che importa veramente in questi due pensatori (e questo è un merito intramontabile della filosofia greca) è la comprensione del senso dell'immediatezza del fondamento, immediatezza dell'esperienza del molteplice (la cui negazione è autonegazione) che dunque non può essere bollato come illusione e messo da parte alla buona.
I Giganti stanno a destra e a manca, a Oriente come a Occidente: Severino, come pensatore, è certamente tra questi, ed anzi è senza ombra di dubbio tra i più illustri, ma qui mi auguro di parlare con qualcuno che abbia avuto (ancora una volta) il buon senso di studiarne gli scritti per stare qui a giudicarne l'operato, sapendo almeno il motivo per cui (e dunque la legittimità delle ragioni, e qui ritorna il problema del fondamento) arriva a sostenere ciò che sostiene. Ma vedo che continui a porre vincoli e discrimini gratuiti: chi lo dice che i Realizzati possano fornire spiegazioni? Questa domanda ne comporta altre di conseguenza: chi lo dice che esistano o siano esistiti o esisteranno mai dei Realizzati, o in generale altre coscienze, altre manifestazioni del mondo? Altri Io? La presenza di una moltitudine di soggettività oltre alla mia non appare, cioè è un'interpretazione (legata a ciò che interpreto come atteggiamenti altrui), a tutte queste domande un linguaggio pre-filosofico non può dare risposta, perchè privo di strumenti concettuali adeguati.
Dicendo che la Realizzazione da le risposte alle domande che cerchiamo tu inizi a presupporre che: esistano altre coscienze, tali coscienze abbiano vissuto ciò che hanno vissuto, ciò che hanno vissuto è l'esperienza di una dimensione veritativa stabile e incontrovertibile e non il frutto dell'abuso di allucinogeni e stupefacenti o di verità storiche, contingenti, hai fiducia nel fatto che non ti abbiano mentito, che tu non abbia compreso l'opposto di quanto intendevano comunicare, devo continuare? Oltretutto altro è parlare di certezza e altro di Verità, due termini che non necessariamente stanno in equazione. Un pò troppi atti di fede per pretendere di disquisire sulla presunta "superiorità" di una delle parti in gioco.
Infine: ridurre la speculazione occidentale al mentale (al cogito) è (qui sono intransigente io, per una volta) un'errore grossolano, nel senso che è grossolana l'idea che fa del cogito cartesiano il "pensiero", un ambito puramente concettuale. Quando Cartesio parla del cogito si riferisce al manifestarsi del mondo nel senso più ampio, cioè trascendentale, non solo al Pensiero del soggetto, che ne è solo un'aspetto. Tenendo conto di ciò, chi pensa di opporsi a Cartesio dicendo che "Sono, dunque Penso" non si avvede minimamente del senso di quel "Penso dunque Sono", perchè finisce per dire la stessa cosa ed anzi restringendone pure l'ambito, perchè pure la percezione d'esistere (che si crede di opporre al mentale) è, in quanto percezione, momento dell'apertura trascendentale dell'apparire del mondo (d cui il mentale è solo parte), ma di certo non la satura. Si finisce dunque non solo per non discostarsi affatto dalla linea cartesiana, ma anche per porsi ad un livello di comprensione più basso.
Si ripresenta, a parer mio, quella carenza di concetti legati al linguaggio filosofico ("trascendentale", "totalità", "apparire del mondo") che impedisce poi di porsi ad un livello adeguato di comprensione, generando un sacco di fraintendimenti, molto visibili per altro perchè pare vada molto di moda replicare al "cogito ergo sum" con "sum ergo cogito".

Saluti
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Vecchio 08-07-2009, 10.53.00   #27
Noor
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negare il molteplice empirico a favore di una realtà impersonale, assoluta e monolitica comporta aporie di cui lo stesso Parmenide si era avveduto (dal momento che, per esempio, deve pur apparire, tale molteplice, per poter essere negato, cioè la negazione lo presuppone, così si pone il problema di come possa convivere l'infinito con il finito senza esserne inevitabilmente limitato
Vedi Gaffiere,sarebbe stupido se ti controbattessi..
Conosco i miei limiti ,le falle che evidenzi,poiché la mia ricerca si è svolta in altri ambiti,e se sto qui è perché piace mettermi alla prova,e in fondo so che ,come qualsiasi esperienza,non può che essermi utile..
Detto ciò,come ho avuto già modo di evidenziare,non è sui libri che la mia esperienza si è concentrata negli ultimi anni:una vera tabula rasa di nomi e pensieri.
Dunque capisco bene come molte mie invettive risuonino soltanto come delle provocazioni all’alto senso civico che qui si respira. Tolti questi preamboli che servono soltanto a definire il mio procedere,posso aggiungere soltanto qualche altra riflessione.
Vedi,trovo che ormai questi siano tempi della mente avida di sistemi logici e costrutti teoretici che la appaghino.
Se parlo di Parmenide,non è per farne fare la stessa fine..ma per evidenziare l’aspetto contemplativo,di diretta sperimentazione ,di unità con la vita,di identità con la verità..
Se non si comprende altresì che l’Essere non è un ente che crea sistemi e costrutti teoretici o dottrine,e che è pura Coscienza senza sovrapposizioni ,per cui è sopra ogni logica (e ciò non significa irrazionale o prelogica) molti discorsi non possono che portare all’incomprensione e tutto ci sta…

Ciò che trovo abbagliante in P.è che egli ,come più avanti anche nei grandi nomi dell’Advaita Vedanta,veda il mondo empirico (il mondo dei nomi e delle forme) come semplice apparenza e momento dialettico dell’Essere,ma non come sua necessità assoluta.
Si potrà altresì notare come egli affermi che ciò che egli indica è dono del Daimon..e ciò non lo dice tanto per fare letteratura ed inventarsi dei miti,quanto per indicare un percorso iniziatico,come bene intuì anche Jaeger in un libro che lessi anni fa;se non si capisce questo e ci si sofferma soltanto sul suo ragionamento logico-dialettico,si sta togliendo di mezzo un’aspetto primario del procedere del processo realizzativo in P. e nell’uomo di conoscenza in genere..
Altrimenti,come accenni si può pensare ad allucinazioni per uso di droghe..
Ed eccolo che rientra il pallino scientifico della prova,della dimostrazione che s’impone ormai come unica sine qua non,e non invece intuire che la verità la si comprende solo per identità con essa,per riconoscimento,per rimembranza come diceva Platone.,non certo per ragionamento..


Dunque ti dico semplicemente:quando parli,quando si parla di P., attenti a non cadere nel tranello del ragionamento dualistico,perché è un non troppo evidente ma grossolano errore,e nel ragionamento che ne hai tratto sopra,lo hai ancora fatto..
ciao

Ultima modifica di Noor : 08-07-2009 alle ore 12.39.05.
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Vecchio 09-07-2009, 21.37.33   #28
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Vedi Gaffiere,sarebbe stupido se ti controbattessi..
Conosco i miei limiti ,le falle che evidenzi,poiché la mia ricerca si è svolta in altri ambiti,e se sto qui è perché piace mettermi alla prova,e in fondo so che ,come qualsiasi esperienza,non può che essermi utile..
Detto ciò,come ho avuto già modo di evidenziare,non è sui libri che la mia esperienza si è concentrata negli ultimi anni:una vera tabula rasa di nomi e pensieri.
Dunque capisco bene come molte mie invettive risuonino soltanto come delle provocazioni all’alto senso civico che qui si respira. Tolti questi preamboli che servono soltanto a definire il mio procedere,posso aggiungere soltanto qualche altra riflessione.
Vedi,trovo che ormai questi siano tempi della mente avida di sistemi logici e costrutti teoretici che la appaghino.
Se parlo di Parmenide,non è per farne fare la stessa fine..ma per evidenziare l’aspetto contemplativo,di diretta sperimentazione ,di unità con la vita,di identità con la verità..
Se non si comprende altresì che l’Essere non è un ente che crea sistemi e costrutti teoretici o dottrine,e che è pura Coscienza senza sovrapposizioni ,per cui è sopra ogni logica (e ciò non significa irrazionale o prelogica) molti discorsi non possono che portare all’incomprensione e tutto ci sta…

Ciò che trovo abbagliante in P.è che egli ,come più avanti anche nei grandi nomi dell’Advaita Vedanta,veda il mondo empirico (il mondo dei nomi e delle forme) come semplice apparenza e momento dialettico dell’Essere,ma non come sua necessità assoluta.
Si potrà altresì notare come egli affermi che ciò che egli indica è dono del Daimon..e ciò non lo dice tanto per fare letteratura ed inventarsi dei miti,quanto per indicare un percorso iniziatico,come bene intuì anche Jaeger in un libro che lessi anni fa;se non si capisce questo e ci si sofferma soltanto sul suo ragionamento logico-dialettico,si sta togliendo di mezzo un’aspetto primario del procedere del processo realizzativo in P. e nell’uomo di conoscenza in genere..
Altrimenti,come accenni si può pensare ad allucinazioni per uso di droghe..
Ed eccolo che rientra il pallino scientifico della prova,della dimostrazione che s’impone ormai come unica sine qua non,e non invece intuire che la verità la si comprende solo per identità con essa,per riconoscimento,per rimembranza come diceva Platone.,non certo per ragionamento..


Dunque ti dico semplicemente:quando parli,quando si parla di P., attenti a non cadere nel tranello del ragionamento dualistico,perché è un non troppo evidente ma grossolano errore,e nel ragionamento che ne hai tratto sopra,lo hai ancora fatto..
ciao

Devo scusarmi con te per la foga, che forse (potresti dire tu) è atteggiamento comune, tra chi ragiona dualisticamente, dovendo contrapporre vero e falso, positivo e negativo, dove ogni affermazione è esclusione..dove è evidente che il sostenere una tesi non possa che significare il negare le altre.
Mi sembra di capire che il tuo discorso possa riassumersi così: la realtà è oltre ogni logica, o (come diceva Panikkar a Severino) il mare sfugge alla rete, o comunque al mare posso andare a fare altro che non a gettare reti, la coscienza è al di là di ogni logica. Ebbene, proprio qui sta il problema, il problema a cui ho accennato (che non è solo un problema di linguaggio) perchè ammettere che vi sia una dimensione ulteriore, altra, saturante, svincolata dalla necessità è possibile solo a partire dalla necessità..cioè questo infinito, indeterminato, questo aperto, questa non dualità ha come fondo ultimo la dualità, per esempio tu intendi tener ferma l'idea che il momento non-duale è altro dal duale (suppongo) ma proprio così lo stai riportando in una logica oppositiva. Quando Parmenide nega le differenze del mondo implicitamente le ammette, deve porle, vederle, saperle per negarle, le ha qui davanti agli occhi. E quando tu ammetti che il computer ove stai scrivendo non è il mio, non è la tua stanza, non è la tua cena, stai dando valore ontologico, reale e non solo linguistico, grammaticale al principio di non contraddizione. Ecco, nel momento in cui lo fai allora le belle intenzioni relative alla possibilità di un'Altro che fine fanno? perchè tutto partiva dall'idea di non voler ridurre il reale al concettuale, a schemi logici. Ma l'opposizione delle cose le une alle altre appare, la dicotomia concettuale non è dunque qualcosa che venga affidata loro arbitrariamente e/o successivamente, ma è proprio quell'immediatezza di cui parlavo, che la filosofia ha il merito di portare alla luce. Perchè dico che questa immediatezza (l'immediatezza del carattere duale e dicotomico del mondo) non è smentibile? perchè tu qui e ora non puoi dire che questo computer non si oppone a questa stanza? perchè ponendo l'identità egli opposti hai d vista questa loro differenza, sai che stai considerando i diversi, perchè cioè negando che il molteplice esista (direbbe Parmenide) poni implicitamente il molteplice, lo vedi, lo capisci, lo percepisci, lo hai davanti, non puoi togliertelo di mezzo come ti pare e piace, salvo aver la fede o l'intenzione illusoria di farlo.

Poni per altro un altro problema, molto bello secondo me, il problema di stare nella Verità, che non è isolato dal problema di comprenderla. Come comprendere la Verità se non si è originariamente in essa? è come se la Verità fosse altrove e io facessi un percorso per arrivarci, ma il percorso essendo nella non-verità non potrà mai portare ad essa. Credo che questa metafora possa (forse) esprimere l'esigenza di quel vivere la Verità senza specularci sopra che poi è una delle critiche spesso e volentieri mosse dalla cultura orientale (che brutto pensare di sintetizzare in due gocce un mare) a quella occidentale. Certo, dire che non si comprende la verità se non si è in essa è corretto, ma come stabilire se si è in essa o meno? è vero questo mio stare qui nel mondo, questo stare è incontrovertibilmente vero? perchè poi si posson scrivere pagine di metafisica, ma intanto lo stare nell'indubitabilità è acclarato? Il mistico magari pensa che si, la verità si capisce solo se vi è identità con essa. Un buddhista potrebbe dire che non si può fare la pace nel mondo se non vi è comprensione, non vi è comprensione se i belligeranti non diventano tutt'uno con il proprio nemico..non fare la pace ma essere pace. Anche la fisica sperimentale ormai capisce che l'osservazione esterna non basta più, modifica il dato osservato, non permette di capirlo. Allora sono d'accordo anche io che capire l'altro è impossibile se non si è l'altro, ciò che obbietto è che la via maestra sia quella indicata dalla saggezza dell'Advaita.Perchè è vero che la comprensione della Verità data dalla logica è formale e non contenutistica, ma pensare di prescinderne sarebbe come imbroccare una via per giungere alla meta, e giungervi effettivamente ma senza che la meta sia quella preposta. Come a dire che la forma senza contenuto è vuota, ma il contenuto senza forma è cieco, e cioè solo il discorso speculativo può dettare le condizioni (la possibilità o meno) per vivere quell'esperienza di realizzazione, dire cosa essa sia davvero, se è possibile, se non si riduca a uno scherzo, una burla o poco più, cioè a legittimarne il carattere fondativo.
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Vecchio 10-07-2009, 12.22.35   #29
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ammettere che vi sia una dimensione ulteriore, altra, saturante, svincolata dalla necessità è possibile solo a partire dalla necessità..cioè questo infinito, indeterminato, questo aperto, questa non dualità ha come fondo ultimo la dualità, per esempio tu intendi tener ferma l'idea che il momento non-duale è altro dal duale (suppongo) ma proprio così lo stai riportando in una logica oppositiva.
negando che il molteplice esista (direbbe Parmenide) poni implicitamente il molteplice, lo vedi, lo capisci, lo percepisci, lo hai davanti, non puoi togliertelo di mezzo come ti pare e piace, salvo aver la fede o l'intenzione illusoria di farlo.

dire che non si comprende la verità se non si è in essa è corretto, ma come stabilire se si è in essa o meno?
Il mistico magari pensa che si, la verità si capisce solo se vi è identità con essa. Un buddhista potrebbe dire che non si può fare la pace nel mondo se non vi è comprensione, non vi è comprensione se i belligeranti non diventano tutt'uno con il proprio nemico..non fare la pace ma essere pace.
ciò che obbietto è che la via maestra sia quella indicata dalla saggezza dell'Advaita. Perchè è vero che la comprensione della Verità data dalla logica è formale e non contenutistica, ma pensare di prescinderne sarebbe come imbroccare una via per giungere alla meta, e giungervi effettivamente ma senza che la meta sia quella preposta.
Beh..per affrontare meglio le questioni che poni,vi sono alcuni passaggi che bisogna approfondire,mi pare :
il non-dualismo come detto,non è un monismo spinoziano,altrimenti si chiamerebbe “unismo” e non “non dualità”. Quale la differenza?
Il monismo è l’uno matematico,ove anche il molteplice duale che da esso scaturisce ,visto che contiene tutti i numeri,è comunque un piano assolutamente reale. Così il male ,l’ignoranza ,il limite,la necessità sono trascesi e risolti perché consustanziali all’Uno.
Nel non dualismo,che significa appunto non due,ovvero un’unità che non si moltiplica,che non cade nella generazione e nella matematica,si perviene ad un’ordine metafisico al di là di ogni possibile nomenclatura numerica.
Questo è il primo problema per la mente concettuale.. perchè solo “trascendendola” può essere visto.
(Ecco perché qui ironizzavo su Severino e di ciò che ha compreso..con quale mente..).
L’universo-oggetto nel non-dualismo,non essendo più un emanazione o una creazione dell’Incausato è..
Sogno.
Una proiezione fenomenica (dagli indù detta Maya) che viene osservata su quello schermo che chiamiamo “mente”.
Per questo Parmenide dice che l’Essere è e non può non-Essere: perché è già compiuto in se stesso,non ha dunque necessità di creare,né di trasformarsi da ciò che già E’.
Ciò che determina l’universo “sogno” (da non prendere alla lettera..anche questi ha il suo grado di “realtà” che non si nega:digito sui tasti,penso..)è il movimento dell’anima vivente,proiezione-riflesso dell’Essere .
E’ come quando guardiamo dal finestrino di un treno in movimento: per effetto della Maya ci sembra che si muova il paesaggio,nonostante sia soltanto il treno..
Un’ipnosi illusoria,ma non un’illusione,poiché è a seconda da quale prospettiva ,coordinate,posizione coscienziale,si guarda,che il mondo dei nomi e delle forme è reale e/o non-reale.
Qui solo la conoscenza vera,noetica e non quella concettuale (frutto della stessa Maya) può osservare il fenomeno illusorio descritto .Il meraviglioso miraggio,la bellezza della proiezione a cui crediamo fermamente perché non lo abbiamo dis-velato.
E’ da qui che si passa,e soltanto da qui,dal mondo delle opinioni,dall’errore,dalla credenza,alla vera Conoscenza..
Questo è ciò che s’intende per “risvegliarsi”.
E’ il vedere che,come le nuvole in cielo,le cose appaiono e scompaiano nel campo della coscienza fenomenica,che la mente ,in qualità di sesto senso,semplifica interpretando come permanenti ciò che sono stupefacenti e colorate vibrazioni (come conferma la fisica moderna).
Dunque il reale ,per essere tale,deve essere sempre percepito ,sia dentro che fuori dal tempo,e in qualunque luogo.
Dunque ciò che intendiamo generalmente per conoscenza è semplicemente l’immagine delle cose:è solo pensiero pieno di aporie e contraddizioni. (E qui anche l’affermazione dei relativisti che tutto è relativo,muore subito poiché è un’affermazione relativa,e che dunque non può “essere”.)
Diciamo infine che,la filosofia occidentale non ha mai risolto il problema della conoscenza dell’Essere,perché si è sempre posta sul piano dualistico anche nell’affermazione dell’Unità del reale.
Conoscenza che si risolve non relativizzandola come oggetto,ma soltanto con un “esperienza” d’identità .
Questa è la Realizzazione del’Essere.
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Vecchio 15-07-2009, 09.06.24   #30
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Riferimento: Un Dubbio che non posso avere...

Carissimo il dubbio: riprendo l’argomento da quello che hai detto all’inizio: “Posso dubitare di qualsiasi cosa, ma non posso dubitare di pensare.”, il che ci fa tornare con qualche brivido di soddisfazione ai momenti d’oro del razionalismo europeo (da Cartesio a Husserl). Vedo comunque che almeno per un po’ ti sei generosamente aperto alle sirene della certezza: anche se mi sembra (ironia della logica!) che proprio questa certezza sancisce il trionfo del dubbio, in quanto dubitare di tutto significa dubitare anche del dubitare, col che la certezza acquista il sostegno dell’avversario.
Però questo ha il sapore di una scappatoia. Così preferirei offrire un’alternativa a questo sacrificio finale del dubbio, in quanto proprio se esso ha un’orbita universale, è perché una verità assoluta esiste, altrimenti non avrebbe un nemico da combattere degno di lui - questo mi pare il nucleo imbattibile della verità: se non fosse possibile l’esistenza di un’assoluta verità non avremmo la possibilità o la ragione di dubitare di tutto ma ci fermeremmo a dubitare di questo o di quello. Unico argomento contro lo scetticismo assoluto: muovere un dio contro un dio, il dio bianco contro il dio nero - se puoi nutrire un dubbio assoluto è perché hai l’idea, l’evidenza - o la presunzione, ammetto - di una verità assoluta. E tanto mi basta, anche se non saprò mai quale è.
emmeci is offline  

 



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