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Vecchio 28-01-2008, 19.26.57   #11
Mirror
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Riferimento: Può il dubbio definire la Certezza?

Citazione:
Originalmente inviato da maxim
In questo forum assisto continuamente ad attacchi “zitelleschi” nei confronti di qualcuno solo perché non sta dicendo le solite cose che ormai ho imparato a memoria anch’io (prima o poi finirò per crederci ).
Ma insomma…è mai possibile che non ci sia la capacità di leggere e comprendere o perlomeno tentare di comprendere e ci si scagli addosso al primo che invade le vostre certezze?


Chissà perchè bazzichi ostinatamente il forum di spiritualità, dopo le comprovate, a tuo avviso, incapacità dei tuoi interlocutori?
Spero che non sia una perversione intellettuale.
Noto anche che cerchi immancabilmente di accompagnarti ai soggetti che ritieni colti, eruditi, e che ti piace farti sponda con chi parla bene... che ha il linguaggio forbito... che ritieni intelligente, al tuo pari.
Sulle solite cose che dici aver imparato ormai a memoria... sono d'accordo.
Purtroppo per te, però, esse vanno comprese nello spirito e non nella lettera.
Forse sono cose troppo semplici per la tua mente complicata.
Forse sono troppo banali per la tua testa che si è allontanata, distaccata dal cuore.

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Vecchio 29-01-2008, 11.34.08   #12
visechi
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Riferimento: Può il dubbio definire la Certezza?

Citazione:
Quando si parla o scrive di senso e significato, il rischio che questo sia interpretato attraverso l’ottica di una superiorità del punto di vista, dal quale si estraggono teorie, è necessariamente forte e inevitabile. Si tratta, ogni volta, della giusta tendenza dello “spirito critico” a stabilire la natura e la posizione del punto d'osservazione che focalizza l’ampiezza e la profondità dell'orizzonte osservato e che determina, attraverso l’analisi, la sintesi dell’argomentare.

Questo, in estrema sintesi, significa che il ‘punto di vista’ espresso è di solito il migliore per colui che l’esprime. Nulla di nuovo, dunque, sotto l’adusato nostro sole.

Citazione:
Questo procedere è valido quando il punto d'osservazione si trova sulla circonferenza e deve essere giustamente chiamato "punto di vista", poiché ha un correlativo che si situa sul lato opposto della stessa circonferenza. In questo caso, l'orizzonte osservato da ciascun punto di vista, per quanto vasto, sarà sempre incompleto e l’analisi dispersiva prevarrà sulla sintesi concentrativa. La possibilità che è riservata all'intelletto individuale, mediato dal suo situarsi in un punto d'osservazione relativo è, per questa ragione, riservata al piano del relativo, e quindi mai esaustiva e completa. Il senso di superiorità o d'inferiorità delle visuali che compongono questa dialettica è, a sua volta, relativo e quindi opinabile e soggetto a modificazioni. La superiorità, dell’una o dell’altra delle visuali impegnate nel confronto, sarà decisa dal grado di prossimità che ognuna di loro ha alla sintesi centrale dalla quale proviene la loro ragione d’esistere e di dibattere.

Ovvio che se tutti i ‘punti di vista’ sono allocati alla medesima distanza dal centro, scaturigine e causa causante dell’argomentare di ciascuno di loro, non è rilevabile una loro gerarchia in rapporto al centro, né per ciascuno di loro in rapporto agli altri ‘punti di vista’. Quindi non sarà reperibile una differente gradazione di assolutezza, restando, inevitabilmente, tutti alla stessa distanza dalla sintesi centrale, a meno che non stiamo tracciando una circonferenza ellittica, in tal caso sarebbe opportuno chiarire. L’eventuale pretesa di superiorità dell’uno sugli altri non è, e non potrà mai essere, determinata dall’argomentare in sé, piuttosto sarà la risultante sempre di un ulteriore ‘punto di vista’ istituito dai precedenti. Necessariamente, si è quindi nel campo dell’opinabile. Situandosi ognuno sull’ipotetica linea della circonferenza propagata dal centro, o, se si preferisce, che lo circoscrive, va da sé che non vi potrà neppure essere una diversa gradazione di prossimità alla sintesi centrale… si tratta pertanto di una chiara contraddizione esistente nell’argomento che premette l’intero successivo ragionamento.
Nessuno, però, ci racconta il perché i ‘punti di vista’, sebbene siano sempre parziali, dunque relativi, debbano essere necessariamente tutti iscritti sull’arco della circonferenza, e non alcuni, per esempio, all’interno della sua area, cosi che alcuni indugino alla distanza originariamente descritta dall’arco della circonferenza, altri, invece, più prossimi al fatidico centro di sintesi. In questo caso non sarebbe eccessivamente arduo rinvenire nei diversi ‘punti di vista’ differenti gradazioni di prossimità al centro, definendo, in sintesi, il concetto di Verosimile, che è quanto occupa il campo della speculazione umana, unico approdo concessole.
In ogni caso, pare non ci sia dato conoscere il perché di questo mistero.

Citazione:
Non si può parlare di superiorità relativa tra due visuali, quando una delle due osservazioni non proviene da un punto di vista, ma proviene dal centro della circonferenza.

Fuori di dubbio. Come dire che la verità è tale per sua stessa essenza, e non è falsità, sopravanzando notevolmente ciò che non è Verità assoluta, bensì relativa o parziale. Qui la gerarchia è addirittura tautologica.

Citazione:
Questo Centro (uso, per semplificare, il simbolismo spaziale e geometrico) costituisce la sintesi e, nello stesso istante, l'origine della ragione d'essere di tutti i punti di vista situati sulla superficie, che sono il risultato dell'irradiamento delle potenzialità di questo stesso Unico Centro, nella molteplicità relativa che ne deriva.

Considerazione in sé irreprensibile, ma abbastanza ovvia. La Verità, o l’Assoluto, s’irraggia nel relativo, di cui costituisce la genesi e, per converso anche la sintesi. L’unicità del fatto reale, quindi vero in sé, si diffonde nell’esplosione della molteplicità, e, per converso (dipende dal punto d’osservazione), contemporaneamente si contrae nella sua unicità originaria… è un po’ la descrizione del respiro cosmico, dalla sua fase d’espansione, che parrebbe abbia originato l’Universo (diastole), potrebbe contrarsi in una sistole, fino a ritornare al suo punto di singolarità. La raggiera ben descrive la circostanza.

Citazione:
Dal Centro, l'orizzonte che si apre alla vista, interiore come il Centro stesso, è totale. Il Centro non è un punto di vista, ma è "il punto di vista" perché non ha un antagonista in opposizione. E non è variabile, quindi è immobile nel rapporto con la sua circonferenza. In questo caso diventa impossibile parlare di "superiorità", perché a osservare non è l'intelletto individuale, ma l'Intuito sovra-individuale e non relativo, quindi "immediato" e non “mediato” dalla mente.

Non rilevo quale sia il nesso di connessione fra l’intuire sovra-individuale, non mediato dalla mente, e il Centro immobile di cui parli. Se dal punto di vista prettamente teorico è condivisibile l’immagine del punto di vista (IL Centro) che si dischiude ad una visione a 360 gradi, avendo cioè di fronte a sé la totalità dell’arco dell’orizzonte (la curva della circonferenza); da quello pratico mi appare una forzatura voler pretendere che questo centro immobile rappresenti in sé l’intuizione sovra-individuale di cui parli, ancor più se è anche equidistante rispetto ai diversi ‘punti di vista’ che da esso si sono irradiati, tutti allocati sulla linea della circonferenza. A maggior ragione se intendi proporlo come un fattore di conoscenza individuale, o perlomeno cui i soggettivi ‘punti di vista’ sono naturalmente predisposti a tendere. Non è mediato dalla mente giusto perché è trascendente, intendendo con ciò che si colloca al di là ed oltre le capacità cognitive del singolo individuo e del suo ‘punto di vista’.
visechi is offline  
Vecchio 29-01-2008, 11.34.39   #13
visechi
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Riferimento: Può il dubbio definire la Certezza?

Citazione:
Questo intuire superiore partecipa della natura Universale dell’Intelletto che domina il Centro ed è, per così dire, il “canale” attraverso il quale fluisce l’Ispirazione. Questo è l’Intelletto della Conoscenza senza limite espressa dallo Spirito. Esso non è sottomesso allo spazio e al tempo e si esprime, nei confronti dell'intelletto mediato, col senso dell'Eterno che obbliga l'intelletto relativo, sua espressione nella manifestazione e che noi chiamiamo “intelligenza individuale”, a ragionare per Principi.

Dalla geometria ti sposti alla filosofia metafisica sviluppando un ragionamento privo di premesse, poiché l’argomento precedente è tutto tranne che un corpus coerente con questa seconda parte. Le due sezioni appaiono accostate arbitrariamente utilizzando l’immagine metaforica dell’Ispirazione – concetto estratto all’improvviso dal cilindro del mago –, che non è però sufficiente a rendere coese e coerenti le due parti del discorso; essendo, infatti, logica in sé solo la prima delle due sezioni ma esclusivamente nel campo della geometria.
Inserisci, volta per volta, elementi nuovi, ma eviti di spiegarne il significato: il Senso dell’Eterno, cosa è? L’Ispirazione sarebbe il flusso che percorre le vie segnate dall’irradiamento del centro immobile, il senso dell’eterno sarebbe l’invocazione o il richiamo che l’ispirazione, nel suo moto ‘da a…’, si trascina appresso; invocazione rivolta ai ‘punti di vista’, molto simile al concetto di Logos Spermatikos tanto caro alla Chiesa di Roma. Si tratta, ancora una volta, d’argomentazioni che muovono da una concettualizzazione abbastanza dogmatica.

Citazione:
Il Principio Universale è, per Sua natura Uno, ma dirama le sue conseguenze negli altri Principi che lo seguono, e che hanno un grado di relatività maggiore man mano che discendono a creare la realtà totale, prima del "non essere" e poi dell'essere. Essere del quale noi sperimentiamo un piccolissimo spicchio nel dominio che, nella presente esistenza, ci è dato vivere. Non si deve parlare di superiorità di coloro che hanno stabilito una, più o meno, intensa relazione con il loro Centro rispetto a coloro che ancora non l'hanno fatto, per molteplici ragioni. Questo Centro, essendo Universale, è lo stesso per ognuno e, per tutti, rappresenta il legame e l'eredità che deriva dal Sacro che sovrasta ogni limitazione.

Molto sinteticamente stai parlando del concetto che io tradurrei in un’unica vocalizzazione: il Vero-Simile. Quanto è maggiore la sua prossimità al nucleo di Verità – che io ritengo intangibile e inenarrabile –, tanto superiore sarà il suo grado di Verosimiglianza. Ben funziona l’immagine della Circonferenza che si dirama dal centro, ma trasferire questo concetto, in sé più che sensato, in ambito metafisico mi pare ancora una volta un azzardo. Non è rilevabile in nessuna evidenza che i punti iscritti sulla circonferenza o all’interno della superficie della sfera colloquino con il centro, e non è neppure rinvenibile in un’evidenza che il Centro ispiri la nostra vocazione speculativa e/o religiosa tendente a raggiungerlo. Viceversa, quel che si rileva in maniera quasi sperimentale nell’esperienza diretta di ciascuno di noi, è che i ‘punti di vista’, o d’osservazione (come preferisco definirli io), eleggono un centro di verità cui tendere. Non è dunque il centro la scaturigine dell’osservazione; piuttosto, e assai più convenientemente e probabilmente, sono i punti d’osservazione che lo premettono, divenendo così, quest’ultimo, l’irradiazione della soggettività. In quanto tale, non si ha un unico centro per l’insieme dei punti d’osservazione, bensì tanti centri quanti sono i punti che lo eleggono come tale. IL complesso delle religioni è solo un artificio posto in essere per ‘sistematizzare’ questo stato di cose. E’ però certo e condivisibile che l’uomo ha un’innata vocazione verso la propria soggettiva ed intima percezione del trascendente.
Il Centro unico di cui parli è un accadere solipsistico e romito, lontano dalla nostra esperienza diretta e dalla nostra speculazione. La creazione della divinità è appunto l’emergere nella nostra esperienza esistenziale del centro soggettivo, non per nulla esistono tante divinità quanti sono i punti d’osservazione. Non accade, come si afferma spesso, che la Verità irraggi la propria Luce indiante sulle verità parziali ed individuali, avviene il contrario: sono le verità individuali e soggettive a proiettare il proprio cono d’ombra sulla Verità, fino a soggiogarla e nasconderla totalmente. Anche tu, nel seguito del ragionamento, ti fai sfuggire quest’intuizione, quando affermi che ciascun individuo soggiace o si sottomette al proprio Centro, anche se aggiungi che questo centro colloquia con quello Universale. Ma l’aggiunta è più che altro un auspicio, non una realtà fattuale, altrimenti non sarebbero rilevabili tante troppe individualità.
Per concludere, il dubbio non definisce la certezza, viceversa definisce sempre se stesso e la certezza permane in un’area soggettiva che attiene esclusivamente al proprio punto di vista che oggettiva la divinità e la Verità.

Ciao
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Vecchio 29-01-2008, 12.59.15   #14
Noor
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C'è una sola Acqua nella quale ci bagniamo che non è mia o tua..
Nulla è parziale in ciò o soggettivo.
Le verità parziali appartengono solo alla mente come le parole che le rappresentano..
come i punti di vista o i ragionamenti su questo e su quello..
Un solo Mare ,un solo Sole per tutti..
ognuno può indicarlo con parole diverse,descriverlo in modo più o meno poetico o come gli pare..
ma è Uno,e non è un punto di vista..
Al di là delle parole ..
è l'unica cosa che "sappiamo"...
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Vecchio 30-01-2008, 09.21.25   #15
visechi
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Originalmente inviato da Noor
C'è una sola Acqua nella quale ci bagniamo che non è mia o tua..
Nulla è parziale in ciò o soggettivo.
Le verità parziali appartengono solo alla mente come le parole che le rappresentano..
come i punti di vista o i ragionamenti su questo e su quello..
Un solo Mare ,un solo Sole per tutti..
ognuno può indicarlo con parole diverse,descriverlo in modo più o meno poetico o come gli pare..
ma è Uno,e non è un punto di vista..
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è l'unica cosa che "sappiamo"...


A dire il vero, se osservi più attentamente, il fatto che ci sia un unico sole e un unico mare, non è la sola cosa che sappiamo. Per esempio, sappiamo bene che quell’unico sole non scalda la terra e i suoi abitanti al medesimo modo e con la stessa intensità in tutte le latitudini. Tanto che il sole agostano può essere definito quasi una sollazzevole benedizione balneare in talune regioni del mondo, mentre, invece, in altre diventa motivo d’aggravio delle sofferenze. Perché se qui scalda la pelle e sovente l’accarezza, in altri luoghi del medesimo pianeta secca le messi e asciuga i pozzi, divenendo, in concorso con altri eventi, fattore di quel fenomeno non certo gradevole che è definito carestia. Quell’unico sole non è dunque mai uguale per tutti. Neppure l’unico cielo che fa da cappello al pianeta azzurro può essere considerato uguale per tutti. In talune latitudini rilascia la pioggia con equilibrio, inzuppando la terra che accoglie i raccolti, nutre le piante e alimenta le falde acquifere utilizzate per l’irrigazione dei campi e per dissetare il bestiame. In altre, mi darai atto, è assai più parco, rifiuta il suo dono, tanto da essere causa di un fenomeno assai preoccupante chiamato ‘desertificazione’, con le conseguenze che puoi ben immaginare. La stessa cosa può dirsi per l’unico mare, spesso troppo salino e povero di vita, altre volte troppo irruente, tal’altra pullulante di vita e lussureggiante. Non è quindi vero che quell’unico mare che bagna le coste del nostro unico pianeta sia poi così unico per tutti.

Tutto ciò senza che vi sia alcuna colpa da poter addebitare all’uomo.

Immagina che un individuo nel corso della sua intera esistenza faccia esperienza di un mare povero, di un cielo eccessivamente parsimonioso e di un sole smodatamente caldo, come credi si rapporterebbe nella sua bucolica narrazione rispetto ad un altro soggetto calato per caso o per volontà suprema in una landa beneficiata da Madre Natura? Probabilmente ciascuno dei due racconterebbe una storia diversa – una storia di vita -, fino a dipingere un ambiente assai differente, tanto che quegli unici mare, cielo e sole apparirebbero due soli, due mari, due cieli, e anche noi, al di là delle parole, finalmente capiremmo che non ha poi troppa importanza sapere che il cielo è unico, come il mare e il sole, mentre assume maggior rilevanza, ai fini della qualità della vita che ciascuno di noi è chiamato ad affrontare, che qualità ha quel cielo, quel mare e quel sole. Allora forse svanirebbero, anche nei più ottimisti e tetragoni propugnatori dell’unicità e della fratellanza cosmica, il vano concetto della mono-definizione e il sentimento monocorde, poiché credo sia quantomeno conseguente che quell’unico sole, mare e cielo talvolta possono essere maledizioni, altre volte delle sacre benedizioni.

Tutto ciò, caro Noor, non è un punto di vista, è, purtroppo, realtà che si contrappone alla filosofia spicciola da farmacopea spirituale. Alle parole scritte, spesso si oppongono con veemenza le condizioni oggettive in cui ciascuno è immerso; alla filosofia, le condizioni dell’esistenza che l’ambiente implica; alla spiritualità eccessivamente rosea, la plumbea sopportazione di ambienti dichiaratamente ostili che non suggeriscono la celebrazione ieratica del Dio o del Tutto amorevole, piuttosto la roca maledizione per un disequilibrio che è sicuramente sotto gli occhi di tutti… anche i tuoi, basta che per una volta li voglia finalmente aprire.

Ciao
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Vecchio 30-01-2008, 10.14.31   #16
Noor
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Originalmente inviato da visechi
non è un punto di vista, è, purtroppo, realtà che si contrappone alla filosofia spicciola da farmacopea spirituale. Alle parole scritte, spesso si oppongono con veemenza le condizioni oggettive in cui ciascuno è immerso; alla filosofia, le condizioni dell’esistenza che l’ambiente implica; alla spiritualità eccessivamente rosea
Il Sole e il Mare erano un simbolo..tantè che li ho scritti in maiuscolo..
Non davo nessun peso naturalistico e nessuna qualità particolare a questo dato di fatto..
Dico solo che è oggettivo che ci sia il sole e nessuno lo può negare..
e non è un punto di vista o una interpretazione.
Poi c'è chi muore di fame ,chi ha un sacco di soldi e sta male,e chi riesce a sopravvire con poco e sta bene..
Qui,come sai,oltre certi dati oggettvi che come sai non nego,invece ci sono delle interpretazioni di quel Sole ..ed è la sofferenza psicologica di cui parlava il Buddha e di cui si continua a parlare qui,adesso, senza per questo essere superficiali,"rosei" o poco oggettivi..
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Vecchio 30-01-2008, 11.55.51   #17
visechi
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Caro Noor, non avevo dubbi che la tua fosse una specie d’allegoria per comunicarci che siamo tutti sulla stessa barca che beccheggia. La mia risposta voleva solo metterti sull’avviso che non è detto che la comunità sia uniforme, così come nella barca non è mai detto che tutto l’equipaggio affronti la stessa traversata nel medesimo modo: alcuni sorseggiano il loro profumato the alla pesca, stando beatamente sdraiati a godersi i tiepidi raggi del sole, altri, invece, devono provvedere alla sala macchine, insozzandosi abiti e pelle con il grasso dei macchinari, sudando e, talvolta, perdendoci la vita. Tutto ciò mentre sul ponte infuria la sarabanda del festeggiamento per il conquistato oblio dal peso di vivere. Quell’oblio è garantito da chi pena anche per loro.
Così è anche in una narrazione dallo scipito sentore bucolico. La meraviglia destata da un fiore ingrossato dalla tiepida rugiada notturna, è, per contrappeso naturale, affinché la Natura mantenga un proprio equilibrio complessivo che se ne fotte dell’abito ben stirato e senza un piego confezionato con l’opulenza del cachemire, ben controbilanciata da chi non ha forse neppure uno straccio di stoffa con cui proteggersi la notte dal freddo o durante le ore diurne dal torrido sole che al festeggiante accarezza la pelle cosparsa d’oli e profumi.
Caro Noor, su questo punto proprio non riusciamo a comprenderci. Non v’è meraviglia nella Natura, anzi, quella che rilevi e che anch’io percepisco, è per noi un prezioso eccedere, mentre per altri è un obbrobrioso difetto o un’abominevole privazione. Quel che non dona al prossimo lo restituisce troppo copiosamente inserendola come regalia immeritata all’interno della cornucopia di altri.
TUtto ciò, caro Noor, dovrebbe quantomeno sconsigliarci di gioire troppo sfrontatamente per il dono immeritato che abbiamo ricevuto.

Tutto qui. Se in ciò vedi il Tutto acquietante, buon per te, io ne faccio a meno, preferisco tenermi la sensazione d’ingiustizia che contrappongo con fierezza alla tua giustizia cosmica.

Ciao
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Vecchio 30-01-2008, 12.58.35   #18
Noor
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Originalmente inviato da visechi
TUtto ciò, caro Noor, dovrebbe quantomeno sconsigliarci di gioire troppo sfrontatamente per il dono immeritato che abbiamo ricevuto.

Tutto qui. Se in ciò vedi il Tutto acquietante, buon per te, io ne faccio a meno, preferisco tenermi la sensazione d’ingiustizia che contrappongo con fierezza alla tua giustizia cosmica.
Non so nulla della giustizia cosmica..non la comprenderei comunque..
So solo che non ci si comprende perchè non ne faccio una faccenda morale..
Comprendo come la mente rifiuti l'accettazione di cio che E'..
ne comprendo le ragioni profonde..
e per questo non ne faccio una faccenda di meriti o giustizie
personali...con i quali ci identifichiamo.

Qualcuno le chiama "le ragioni dell'ego"..
Oserei dire che la Chiave dell'"essere spirituali" sia solo questa Comprensione.
PS Perdon per le maiuscole...
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Vecchio 30-01-2008, 13.35.32   #19
Yam
Sii cio' che Sei....
 
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Tutto qui. Se in ciò vedi il Tutto acquietante, buon per te, io ne faccio a meno, preferisco tenermi la sensazione d’ingiustizia che contrappongo con fierezza alla tua giustizia cosmica.

Certo e' umano, tuttavia quando il tuo corpo marcira' sotto il peso della vecchiaia o della malattia e poi della morte, tornerai ad essere concime per quella stessa vita...che come ora..si nutrira' di te...e tu di lei.
Bel mostro eh?
Tutto e' cibo, senza cibo niente vita....senza Sole..niente vita.
Io mangio te e tu mangi me....e la vita mangia noi..e anche quei pochi che si sono illusi di mangiare il meglio.
Qui e' tutto un magna, magna...sino a che la bocca piu' grande di tutte....il Vuoto che tutto divora..non si divorera' anche questo piccolo pianeta. Ma chi mai si divorera' il Vuoto? E poi, se e' Vuoto che cosa si divorerebbe? Se stesso?
Yam is offline  
Vecchio 30-01-2008, 14.15.04   #20
Mirror
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... non è detto che la comunità sia uniforme, così come nella barca non è mai detto che tutto l’equipaggio affronti la stessa traversata nel medesimo modo...

Certamente. Ma non è detto che ogni individuo non risponda diversamente alla condizione data.
C'è gente che in condizioni difficilissime, con handicap di ogni genere, sa vivere in modo più sereno e appagato di altri che pur vivono nell'opulenza, senza problemi economici, fisici o ambientali. Ciò potrebbe essere anche la dimostrazione che ciò che conta, aldilà di casi estremi, è lo stato di coscienza di ognuno che fa la differenza.
In cosa consisterebbe questa differenza .sostanzialmente?
Secondo me, nella pienezza spirituale, non necessariamente religiosa, che un individuo porta in sè, nella saggezza acquisita, la quale gli fa trovare un senso profondo nell'esistenza, comunque sia.
Cosa che non sempre la mera cultura razionalistica, filosofia speculativa, sa trovare, offrire all'uomo.

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