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Amore e Morte

di Fedro Anacoreta

Ottobre 2017

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Morte

 

Ad eccezione dell'uomo nessun essere si meraviglia della propria esistenza... è invero la cognizione della morte, insieme con la vista del dolore e della miseria della vita, che ha senza dubbio dato l'impulso più forte alla riflessione filosofica e alle spiegazioni metafisiche del mondo. Se la nostra vita fosse senza fine e senza dolore, a nessuno forse verrebbe in mente di domandarsi perché il mondo esiste e perché sia fatto proprio così”
(A. Schopenhauer)

 

Tutti gli esseri viventi, ma in particolare l'uomo, si sono sempre dovuti confrontare con la realtà della morte e con le sensazioni di angoscia e di privazione che si accompagnano ad essa.
Per la società contemporanea, però, ormai caratterizzata dal consumismo edonista, la morte diventa quasi un tabù, anziché, come era per gli antichi, uno sprone a vivere con intensità, consapevolezza, senso di responsabilità ed eticità.
René Guénon, uno dei massimi filosofi esoterici della prima metà del XX secolo, ha scritto:
“la civiltà moderna appare nella storia come una vera e propria anomalia: fra tutte quelle che conosciamo essa è la sola che si sia sviluppata in un senso puramente materiale, la sola altresì che non si fonda su alcun principio di ordine superiore. Tale sviluppo materiale... è stato accompagnato da una regressione intellettuale... Intendiamo qui, beninteso, parlare della vera e pura intellettualità, che si potrebbe anche chiamare spiritualità...”.
Eppure l'uomo ha sempre sentito dentro di sé, fin dai tempi della mitologia, il richiamo di una realtà spirituale alla quale ritiene di appartenere di diritto in quanto essere dotato di coscienza.
Tutti noi siamo mortali ma aspiriamo indistintamente all'immortalità; esiste quindi un qualcosa che ci spinge al di là dello spazio e del tempo, oltre la morte. Si tratta forse di una forza misteriosa che genera la vita e che si muove perpetuamente di generazione in generazione.
Non a caso nella simbologia esoterica occidentale ed orientale vita e morte sono rappresentate in modo inseparabile dalla ruota. Essa infatti non è altro che una circonferenza dove l'inizio corrisponde necessariamente alla fine in assenza però di qualsiasi termine ultimo.
La Filosofia, nata dal confronto con la morte e dalla ricerca della suprema conoscenza mistica può avere la stessa funzione del rito iniziatico: quella di guidare l'anima verso il divino.
Il pensiero socratico-platonico, così come quello mistico orientale, ritiene che la pratica della concentrazione e della meditazione possano preparare l'anima al distacco dal mondo sensibile. Essa vuole di fatto giungere alla illuminazione e al risveglio mistico, in assenza però di alcuna forma di gesto o rituale religioso.
Platone, in particolare, ritiene che ci si avvicini tanto di più al sapere quanto maggiore è il distacco dal corpo materiale.
Per Parmenide vita e morte non sono scindibili; sono due aspetti del mondo sensibile, irreale perché transeunte. In realtà l'Essere, cioè la Vita, non nasce e non muore; l'universo divino è indistruttibile.
Le dottrine della filosofia ellenistica e della mistica orientale riguardo alla morte hanno però, di fatto, un grosso limite “emotivo”: quello di individuare e descrivere una eventuale salvezza del tutto anonima e impersonale.
L'eternità viene promessa ma solo sotto forma di un frammento impersonale e inconsapevole di Cosmos o di Potenziale Karmico, con la perdita, quindi, di tutto ciò che ha costituito la nostra individualità cosciente.
Stoicismo e Buddhismo, ad esempio, cercano entrambe di liberarci della paura della morte al prezzo di una completa eclissi dell'Io che non è necessariamente il nostro sommo desiderio.
Infatti, più di ogni altra cosa, l'uomo vuole ritrovare coloro che ha amato e che l'hanno amato, ognuno con la propria individualità e i propri ricordi.
E proprio su questo punto il Cristianesimo ci promette tutto; una mortalità personale e la salvezza dei nostri cari, se solo sapremo aprirci alla Grazia di Dio.
Con il Rinascimento si recupera il mondo classico e una spiritualità di tipo universalistico discendente dal pensiero platonico-plotiniano.
Ma con la rivoluzione scientifica, avviata dalle opere di Newton, Copernico e Cartesio, l'energia vitale e la coscienza assumono il carattere di “epifenomeni del corpo”, sue semplici manifestazioni secondarie e dipendenti, aprendo la strada al materialismo moderno.
Così, con l'Illuminismo la Ragione diventa l'unica guida e il tema della morte viene ricondotto e limitato all'ambito biologico e soppiantato da una nuova “fede laica” nella Scienza e nel Progresso in grado di creare migliori condizioni di vita per gli esseri umani di questo mondo.
A tale orientamento cerca, tuttavia, di opporsi l'esistenzialismo che rimarca l'irriducibilità dell'uomo ad una semplice “cosa”, in quanto dotato di consapevolezza ed anelito alla libertà.
Per l'esistenzialismo l'uomo non può fare a meno di confrontarsi con la ineluttabilità della morte e con il relativo sentimento di angoscia.
Per Heidegger solo il costante confronto con la morte può salvare l'uomo da una esistenza banale, convenzionale, insignificante, omologata all'opinione comune, priva di reale consapevolezza.
Nell'ottica del pensiero neghentropico la morte coincide con l'azzeramento della Energia Metabolica (EM). Tuttavia ogni essere vivente cosciente possiede anche un Potenziale Neghentropico (PN) strettamente legato alla realizzazione della singolarità, delle proprie qualità trascendenti.
Il PN è scambio di informazione con l'Ordine Implicito e, proprio in quanto tale, può imprimere l'immagine della singolarità individuale nella matrice eterna trascendentale.
Quindi, per qualsiasi essere vivente che abbia riconosciuto e realizzato la propria singolarità, anche grazie all'Amore Assoluto, la Morte, intesa come scomparsa totale dell'individuo dall'universo, non esiste.
Infatti, imprimere la propria immagine trascendente nella matrice alocale e atemporale, significa soprattutto assicurarsi una eterna rinascita. Questo perché l'autocoscienza riflessa dell'Essere, dalla quale deriva ogni universo sensibile, consentirà alla nostra essenza impressa nell'Ordine Implicito di rinascere nella perenne creazione della realtà fenomenica.
Quindi non importa chi siamo stati né chi o cosa abbiamo amato né da chi siamo stati amati. Ciò che importa è aver incontrato, almeno una volta nell'arco della nostra esistenza, l'Amore Assoluto; quello Stato di Grazia che consente alla nostra “immagine” di imprimersi nell'infinita informazione dell'Ordine Implicito e nell'eterno ciclo di rinascita degli infiniti universi sensibili.

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