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Riflessioni sulla Mente

Riflessioni sulla Mente

di Luciano Peccarisi -  indice articoli

 

L'afasia motoria

(pensare e non poter parlare)

marzo 2011

  • Mancanza patologica del linguaggio

  • Un bipede che parla

  • Cenni neurologici

  • Coscienza linguistica

  • Le parole

Quando si potrebbe parlare, perché funzionano tutti i meccanismi preposti a farlo, nervi periferici, muscoli, corde vocali, lingua, eppure non si può parlare vuol dire che siamo in presenza dell'afasia. Non si formano più nella testa le parole. Se è colpito solo il versante espressivo, e non la comprensione, abbiamo a che fare con l'afasia motoria.

 

Mancanza patologica del linguaggio

Mio padre aveva perduto l'uso della parola, così Milan Kundera inizia a descrivere la sua esperienza nel “Il libro del riso e dell'oblio” (1). Ogni volta, continua lo scrittore, che si sforzava di precisare il suo pensiero finiva sempre con la stessa frase 'è strano'. Diceva è strano, e nei suoi occhi intravedevo l'immenso stupore di sapere tutto e di non poter dire nulla. Le cose avevano perduto il loro nome, si confondevano in un unico essere indifferenziato. Spesso lo portavo a fare una passeggiata, camminava a stento e dovevamo fermarci, discutevamo molto di musica. Finché mio padre aveva parlato normalmente, gli avevo chiesto poche cose. E adesso volevo riguadagnare il tempo perduto. Quando parlavamo di musica era una strana conversazione, fra uno che non sapeva niente, ma conosceva moltissime parole e uno che sapeva tutto, ma non conosceva neanche una parola. Scriveva, ma il suo testo era diventato incomprensibile perché composto di parole inesistenti.
Le lesioni nelle afasie, colpiscono le aree del linguaggio, ma il resto del cervello funziona. Il signor Earl, descritto dal dottor Damasio (2) non aveva più l'emisfero sinistro (asportato per un tumore) dove sono, nella maggioranza degli individui, collocate le aree linguistiche. Poteva utilizzare solo due imprecazioni, ma era sveglio e attento nonché con un comportamento adeguato e con la melodia delle emozioni in perfetto accordo con la situazione del momento. Tentava di rispondere alle domande che gli venivano poste usando gesti, e vi erano intervalli di riflessione tra il momento in cui si figurava cosa mai significassero le pantomime dell'esaminatore e quello in cui concludeva di non essere in grado di fornire una risposta.
In una maniera telegrafica parlava invece il signor J, che all'età di soli vent'anni venne colpito da ictus cerebrale e perse totalmente la fluidità, rimanendo in grado di pronunciare solo pochissime parole (3).

 

Un bipede che parla

L'Australopithecus afarensis, vissuto tra 3,7 e 2,9 milioni di anni fa, s'alzò in piedi forse per scrutare meglio l'orizzonte, ma solo 300.000 anni fa gli organi necessari per l'articolazione dei suoni si modellarono e la trachea, la laringe e altre strutture, cominciarono a modulare una quantità enorme di versi. Anche le scimmie più vicine all’uomo (scimpanzé, gorilla e bonobo) hanno una regione cerebrale preposta alla comunicazione, più piccola però di quella dell’uomo. L'uomo non parla per miracolo; come nemmeno le ali degli uccelli o la proboscide dell'elefante sono un miracolo. Dopo aver acquisito un ricco repertorio gestuale la parola prese infine il sopravvento; senza tuttavia eliminare i gesti dalla comunicazione tra individui. Infatti nel nostro cervello le aree del linguaggio e le aree del controllo motorio sono largamente coincidenti. Il linguaggio permise di trasmettere un patrimonio culturale fatto tra l'altro di tecniche di fabbricazione di strumenti, sistemi di caccia o produzione del fuoco. All'inizio doveva essere un linguaggio molto rudimentale e solo con una lenta evoluzione si giunse ad un linguaggio complesso, capace di esprimere anche i concetti più astratti.

 

Cenni neurologici

Il 18 aprile del 1861 il dottor Paul Broca presentava il signor 'Tam tam' all'ospedale Salpetriere di Parigi. Lo chiamavano così perché si limitava a ripetere queste due sole sillabe; anche se capiva quello che gli veniva detto. In seguito alla sua morte l'autopsia rivelò una lesione nell'emisfero sinistro del cervello. L'afasia motoria (o afasia di Broca) è una forma di afasia meno grave rispetto all'afasia globale ed è diversa dalla afasia sensitiva, in cui si può parlare ma non comprendere il significato delle parole udite. Si da l'impressione, in questo caso, di essere dementi e infatti una volta questi disgraziati erano ricoverati nei manicomi. Ma vorrei veder voi se improvvisamente scopriste che parlano tutti arabo o cinese, in quale stato psicologico vi ridurreste. Non si capisce ciò che viene detto, non si è in grado di leggere. Gli afasici che perdono l'intenzione dell'eloquio invece capiscono, e non passano per dementi, ma non possono esprimersi che tramite qualche stereotipo (per lo più imprecazione). Non si formano le parole nella loro mente, dove rimane solo un processo mentale muto. Nell'afasia motoria la comprensione delle parole udite o viste è solitamente intatta, perché queste funzioni sono svolte da aree diverse. Vi sono forme più gravi e altre meno gravi. In alcuni casi i pazienti continuano a ripetere poche parole, come se fossero costretti a farlo: si, no, ciao, bene, grazie o buongiorno. Possono essere cantate alcune parole di canzoni note o contati numeri consecutivi; o esclamazioni. Nelle forme più lievi si ha perdita della fluenza, con contenuto povero, perdita della normale melodia, intonazione, inflessione.
La comprensione può essere in parte compromessa, ma anche normale. Una sindrome strettamente collegata è il mutismo verbale puro (afemia) che rende completamente muti, tuttavia capaci di eloquio interiore e scrittura.

 

Coscienza linguistica

La coscienza di base, che percepisce, osserva, che s'avvicina al partner o fugge dal nemico, non necessita di linguaggio. Le qualità che hanno consentito alla mente umana di crescere in conoscenza, intelligenza e creatività, non hanno minimamente a che fare con la produzione della coscienza di base. Ogni interlocutore ad esempio fa uso, praticamente senza saperlo, della lettura della faccia. L'espressione facciale può alterare il senso di un enunciato; l'ironia può manifestarsi tramite un movimento delle sopracciglia o un certo sbattere delle palpebre; questa prosodia del volto è molto evidente nei film muti. Ed è noto il disagio quando si guarda un film mal doppiato. Le glorie del linguaggio tuttavia sono legate alla costruzione di una coscienza diversa, capace di creare un mondo più esteso dell'ambiente che ci sta intorno. Sono nella capacità di tradurre i pensieri con precisione in parole e frasi, e le parole e le frasi in pensieri; nella capacità di classificare la conoscenza in modo rapido ed economico, sotto l'ombrello protettivo di una parola; nella capacità di esprimere costruzioni immaginarie o vaghe astrazioni, mediante una parola semplice ed efficace. La perdita del linguaggio è particolarmente grave per l'essere umano: “Si può affermare che il linguaggio è lo specchio di tutte le attività mentali di livello più elevato...e le conseguenze di un danno sono superiori per gravità a qualsiasi altro disturbo funzionale, comprese la cecità, la sordità e la paralisi” (4).

 

Le parole

Freud sosteneva che collegare le parole ai pensieri permette a questi di diventare consci. Anzi, in un articolo dal titolo 'l'inconscio' (5) spiegò che questa era la base razionale della sua “talking cure” (cura parlata o cura della parola). Secondo Freud, i desideri rimossi sono letteralmente impensabili, in realtà proprio perché sono indicibili. L'essere umano sin dai suoi primi balbettii fino al suo ultimo giorno di vita emette milioni di parole: parole quotidiane o parole fatali, parole scherzose o parole tristi, frasi crudeli o battute di spirito, parole sensuali o parole che feriscono. Una parola può esprimere dolore, vita, gioia, tragedia, amore; non contiene solo 'senso' ma trasmette emozione che colpisce come un pugnale o guarisce come un balsamo. Le parole, dice Oliver Sacks, sono pietre angolari su cui poggiano non solo i nostri rapporti interpersonali, ma anche il nostro costruirci come individui. Sono un filtro tra il nostro vissuto interiore e la realtà esterna; quando crollano, cede anche la nostra essenza di persone interconnesse in un sistema sociale. L'afasico perde certe facoltà, almeno fino a quando non comprende di dover riprogrammare il rapporto col mondo e con se stesso, e fino a quando non riesce a trovare un materiale alternativo a queste "pietre" per costruire la sua identità. La neuroplasticità, la capacità del cervello di creare nuovi percorsi neuronali, è determinante per il recupero cognitivo. In particolare certe attività creative come suonare uno strumento o anche il semplice ascolto della musica, hanno mostrato di avere una particolare forza plasmante sul cervello. Ma il rimodellamento cerebrale e mentale vale sempre e può essere messo in pratica anche imparando una nuova lingua, viaggiando in luoghi nuovi o semplicemente pensando in modo nuovo un problema vecchio (6).
L'uomo è stato in grado di trasformare il grido animale in una emozione sonora, ha inventato parole che ha volte toccano veramente il cuore. Riprendendo più o meno le parole di Marcel Proust, si potrebbe dire che, come nei pozzi artesiani, la parola sale tanto più in alto quanto più la sofferenza  e la gioia hanno scavato profondamente nel cuore.

 

     Luciano Peccarisi

 

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NOTE
1) Kundera M. Il libro del riso e dell'oblio, Gli Adelphi IX ed. Milano, 2009
2) Damasio A. (1999) The Feeling of What Happens. Body and Emotion in the Making of Consciousness, tr. it. 2000, Emozione e coscienza, Adelphi, Milano
3) Kaplan-Solms, K., Solms, M(2000) Neuropsicanalisi, Raff. Cortina pp. 63-78
4) Adams e Victor Principi di Neurologia, ottava ed. tr. it. 2006, McGraw-Hill, Milano, p. 449
5) Freud S. L'inconscio  OSF vol. 9 Bollati Boringhieri, Torino, 1976
6) Sacks O. La Repubblica Missione 2011 impariamo a cambiare la nostra mente, 03 gennaio 2011


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