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Sul Sentiero I Dalla “divina inquietudine” alla Gioia

Sul Sentiero I
Dalla “divina inquietudine” alla Gioia

di Bianca Varelli
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Il Gruppo: Ammonire ed Amare


Non è facile penetrare nel profondo di noi stessi, nelle nostre reali motivazioni, nell’oscuro abisso dei nostri psichismi; non è facile togliersi le maschere e affrontare la nudità di noi stessi, non è facile elaborare il fallimento dell’immagine che ci siamo costruiti con la nostra scelta, o pseudoscelta, di spiritualità, che ci preserva dalla scarsa valutazione di noi stessi ci permette di presentarci a noi stessi e agli altri come individui “evoluti”.
Ma Verità, Coraggio, Coerenza ed Evoluzione procedono necessariamente di pari passo; la franchezza nei rapporti, amorevole e orientata al Bene, può essere di ispirazione a chi è sul Sentiero nella ricerca della propria essenza e nel miglioramento di sé e, conseguentemente, dell’efficacia del proprio Servizio.
Anche il Cristo comanda di riprendere il fratello che erra (Mt 18,15) e non ha esitazioni nell’ammonire, e talvolta anche crudamente: Pietro (“Mi sei di scandalo perché non pensi secondo Dio ma secondo gli uomini, Mt. 16,21-27); i farisei per la loro ipocrisia; i discepoli “di poca fede” spaventati dalla tempesta; Giacomo e Giovanni (Lc 9,51-56); Tommaso per la sua incredulità; la città di Cafarnao e altre (Guai a te, Corazìn! Guai a te, Betsàida!, Mt 11,20-24);  l’adultera (“Va’ e non peccare più”). Sappiamo anche con quanta veemenza ha scacciato i mercanti dal Tempio.
E nelle sacre scritture leggiamo:


Rimprovera il saggio ed egli ti sarà grato. Dà consigli al saggio e diventerà ancora più saggio; istruisci il giusto ed egli aumenterà il sapere» (Pr 9,8s).


Tra le opere di misericordia spirituale il Cristianesimo annovera quella di ammonire i peccatori. In tal senso, secondo la tradizione cristiana, non tacere per amore, ammonire, è vera carità e non farlo non è rispetto, ma indifferenza. Il rimprovero cristiano non è naturalmente mai animato da spirito di condanna o recriminazione; è mosso sempre dall’amore e sgorga da vera sollecitudine per il bene.
Afferma l’iniziato Paolo:


Se uno viene sorpreso in qualche colpa, voi che avete lo Spirito correggetelo con spirito di dolcezza. E tu vigila su te stesso, per non essere tentato anche tu. (Gal 6,1).


E durante il suo viaggio ad Agrigento, Giovanni Paolo II così si rivolse ai mafiosi:


Nel nome di Cristo, mi rivolgo ai responsabili: convertitevi! Un giorno verrà il giudizio di Dio!


Ammonisce Annie Besant:


“...(il discepolo) penserà alla verità, al suo valore nel mondo, al suo valore nella società, al suo valore per il suo proprio carattere…
Non solo non mentirà, ma curerà persino di essere quanto più potrà preciso, perché l’imprecisione stessa è falsità. Non essere precisi nel racconto di ciò che si è veduto è non dire il vero.
Ogni esagerazione od abbellimento di un racconto, tutto ciò che non è perfettamente conforme al fatto quale è a nostra conoscenza, ogni cosa che abbia una piccola ombra di falsità, deve essere evitata da chi vuol diventare discepolo. Ed egli deve essere sincero anche nel pensare.” (Annie Besant, Il Sentiero del discepolo)


Il nostro vero - che sa elevarsi al Sublime e al tempo stesso irradiare luce nelle oscure profondità dell’inconscio - richiede coraggiosa spregiudicatezza, e a volte spietatezza, nella ricerca di ciò che è veramente autentico (da autòs, sé stesso), al fine di sprigionare luce:


“Ogni momento della vita può essere legato nella sua essenza ad una apertura interiore, ad una dimensione del cuore senza paura.” (Bhagwandas, Il Filo d’oro della coscienza)


Bianca Varelli


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