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Riflessioni sull'Esoterismo

di Daniele Mansuino   indice articoli

Il Sufismo

Agosto 2014

 

Per esporre gli insegnamenti del Sufismo in modo completo, si dovrebbe esporre almeno un sommario della dottrina sufi ; comprendente la metafisica, ossia lo studio del principio e della natura delle cose ; la cosmologia riguardante la struttura dell’Universo e degli stati molteplici dell’essere ; la psicologia tradizionale, alla quale è unita una psicoterapia tra le più profonde ; e infine l’escatologia, che riguarda lo scopo ultimo dell’Uomo e dell’Universo, nonché il divenire postumo dell’Uomo.
L’esposizione degli insegnamenti sufici dovrebbe inoltre includere una trattazione sui metodi spirituali, sulla loro applicazione e sul modo in cui prendono radici proprie nella sostanza dell’anima del discepolo.
Seyyed Hossein Nasr (1933- )

 

 

Il Sufismo

 

Il SufismoIl Sufismo può essere considerato un tentativo di risolvere la dualità di fondo celata in ogni religione, ma che l’Islam - con l’enfasi che pone sul concetto di trascendenza divina - sottolinea particolarmente : creazione e Creatore, manifestato e non-manifestato.

In verità, quello di innestare nella mente delle persone contraddizioni insolubili è un trucco ipnotico, che serve a mantenere l’attenzione dell’individuo su un dato argomento senza che se ne stacchi. Il primo a scriverne fu Erickson, che lo battezzò tecnica di confusione (devo averne già parlato in qualche articolo, e ne parlo nel libro Signori di Volontà e Potere).

Al novero delle tecniche di confusione possono essere ascritte dualità illustri, come quella tra egoismo e altruismo suggerita dalla morale cristiana o quella tra coscienza individuale e coscienza collettiva proposta dal marxismo ; ma secondo me, proprio quella tra manifestato e non-manifestato è la più geniale di tutte - non a caso, quei grandi esperti di ipnosi che sono gli esoteristi tradizionali l’hanno adottata con entusiasmo.

Dio è trascendente, quindi è non-manifestato. Ma si manifesta mediante la creazione, quindi è. Per cui, ovviamente, noi esseri manifestati possiamo pervenire alla completezza accedendo al non-manifestato. Ma se accediamo al non-manifestato, il fatto che lo percepiamo non lo fa diventare manifestato ? Ma no, è solo che non hai capito bene…

Non è perfetta ?

E ancora meglio sono i suoi derivati - per esempio, la distinzione che ne consegue tra stati spirituali e stati mentali consente la produzione di ideologie a prova di bomba, che partono dall’accogliere a livello subliminale (ovvero bypassandone l’analisi) l’idea che per forza debba esistere uno spirito da contrapporre alla mente, cioè un Dio.

Vorrei essere chiaro : non sto dicendo che Dio non esiste (o perlomeno, non lo sto dicendo qui) - sto solo osservando che se esiste non dovrebbe aver bisogno di trucchi, e quindi da chi afferma la sua esistenza mediante trucchi sarebbe meglio diffidare.

Anche perché, di solito, chi vuole a tutti i costi affermare l’esistenza di Dio ha la coda di paglia : quello che vuole promuovere davvero è la legittimazione dell’autorità - cioè il dovere morale dell’uomo di doversi sottomettere per forza a qualcosa, anzi a qualcuno, anzi a noi.

Nota : l’autoritarismo è, in realtà, una forzosa esasperazione della tendenza dei nostri cervelli a ordinare le forme in modo gerarchico (per mezzo di quelle strutture neuronali che sono state definite colonne di riconoscitori).

Proprio ieri ho avuto con un amico esoterista tradizionale una conversazione su questo argomento, alla quale mi permetto di accennare perché è in tema.

Lui mi ha chiesto (con una certa aria di rimprovero) se mi paresse il caso di parlare di Sufismo in una rubrica dove ho dedicato un articolo anche alla Juve.

Io gli ho risposto : ma dai, non buttare giù il Sufismo in questo modo, non c’è nessuna ragione di pensare che il Sufismo sia inferiore alla Juve, e lui (non ho capito perché) si è un po’ risentito.

Allora gli ho chiarito meglio il concetto - se proprio siamo obbligati a dover essere gerarchici in un modo o nell’altro, tanto vale tifare Juve.

Comunque, anche questa piccola e tutto sommato comprensibile debolezza di alcune persone, di voler ridurre l’uomo in schiavitù per mezzo del pensiero gerarchico (magari anche spiegandogli con la massima serietà che era libero nel Medioevo, quello che davvero lo ha ridotto in schiavitù è stato il progresso…) potremmo perdonarla, se non portasse inconvenienti davvero antipatici.

Per esempio, l’esoterismo tradizionale non contempla la possibilità che chi parla in favore della tradizione e contro il progresso possa essere un ruffiano a cui conviene farlo, ovvero un furbo all’italiana che vuole arrivare in Paradiso a forza di spintarelle, ecc. - o meglio : forse la contempla, ma suppone che agli occhi di Dio questi difetti siano più accettabili della presunzione dell’Uomo di pensare con la propria testa.

Perché ? Perché, ovviamente, la presunzione di pensare con la propria testa implica un senso di ribellione all’autorità, quindi  una maggiore separatività, quindi una minore qualificazione per il conseguimento degli stati spirituali

Ovvero, il divieto di pensare con la tua testa te lo argomentano dialetticamente (cioè pensando con la loro testa), e se timidamente gli fai notare che forse anche quella è ribellione, ti rispondono : Se sia ribellione o no, lo decido io.

Vabbè, pazienza… comunque, come dicevo, il Sufismo è appunto un metodo per trascendere le contraddizioni del nostro essere, ovvero anche per liberarsi da queste assurde gabbie ; e il fatto che in Occidente (non, grazie a Dio, nel mondo mussulmano) sia in larga parte amministrato dagli esoteristi tradizionali, è ai miei occhi un prodigio che trascende ogni comprensione.

Forse non hanno capito cos’è.

A proposito : da dove viene il termine Sufismo ?

Non si sa. C’è chi afferma che derivi da safa (purezza) ; chi dall’espressione saff (livello più alto) ; chi da Ahl alSuffa (espressione per designare i Compagni del Profeta, su di Lui la benedizione e la pace).

Per altri deriva dal termine suf, lana, che molti Ordini usavano per i loro abiti. Per altri ancora da safwa (eminenza).

Comunque, nel mondo islamico, la parola per designare il Sufismo è Tasawwuf, derivato da suf.

Lo si designa anche con il termine di Via dello Spirito (in arabo tariqa, plur. turuq ; con questa parola vengono anche definite le varie scuole sufiche) - volendo significare una via che consente al credente di avvicinarsi a Dio più delle ordinarie pratiche religiose.

Il tratto che conferma l’appartenenza del Sufismo al mondo dell’esoterismo è rintracciabile nella necessità della trasmissione diretta, che deve essere conferita dal Maestro (o da un suo delegato) secondo appropriati riti.

Nel Sufismo, la figura del Maestro (sheikh, plur. shuiuk) è molto ingombrante. Viene considerato il rappresentante del Profeta, su di Lui la benedizione e la pace, e secondo l’insegnamento di Abu alHasan Kharaqani (960-1033) la grazia di Dio si manifesta in lui senza alcuna ingerenza ; quindi le sue prescrizioni non possono essere considerate alla stregua di opinioni individuali dalle quali il discepolo eventualmente può dissentire - sarebbe un sacrilegio.

Di qui la necessità (valida per tutti i cammini iniziatici, ma per il Sufismo in particolare) di scegliersi un Maestro di cui si sia ben sicuri, e con il quale esista un rapporto di compatibilità psicologica.

La funzione che definirei principale del Maestro è gestire il menù di impressioni tramite cui il discepolo si rapporta col mondo.

Nella vita profana, gli input sensoriali si affollano e si accavallano disordinatamente, rendendo molto difficile trarne una sintesi. Il Maestro Sufi ha il potere di correggere questa tendenza, fornendo al discepolo la chiave che gli consente di trarre dalle sue esperienze di ogni giorno una lezione superiore.

Esistono a questo scopo diverse categorie di prescrizioni e strumenti (come ad esempio interessanti esercizi sulla respirazione) ; ma il principale è il Ricordo di Dio (dhikr), una formula che deve essere recitata dal discepolo un certo numero di volte al giorno - ad alta voce o mentalmente, da solo o in compagnia. Ogni tariqa si distingue per il suo specifico dhikr e il suo modo di recitarlo.

Gli stati dell’essere, progressivamente più elevati, che si possono raggiungere conformandosi agli insegnamenti del Maestro si chiamano maqamat.

Il più elevato - quello che Guénon definì Uomo Universale, raggiunto solo da pochi Sufi nella storia - è detto in arabo classico alInsan alKamil.

Questo stato è solo l’applicazione conseguente dell’unico dogma dell’Islam : Non c’è altro dio che Dio, e Muhammad (su di Lui la benedizione e la pace) è un profeta di Dio. Come attesta il Corano, è possibile all’Uomo l’esperienza assoluta di Dio, senza mediazioni di sorta.

Senza abbandonare il mondo della materia, i realizzati Sufi sono fuggiti da tutto ciò che non è Dio (Abu alHasan Nuri) ; vivono tra noi, ma si sono lasciati alle spalle i limiti dell’umana condizione.

Il Sufismo esiste da quasi un millennio e mezzo, e come si può immaginare è difficile elaborare, per un fenomeno di questa durata, una definizione omogenea.

Come ogni altra via iniziatica, sembra essere tutto e il contrario di tutto - per esempio, in certi tempi e luoghi fu stampella della politica, raggiungendo livelli di potere mondano che difficilmente altri rami dell’esoterismo hanno eguagliato ; ma in altri fu l’incarnazione del dissenso dalla rigidità delle pratiche religiose, elaborando una prospettiva teologica libertaria e vivificante che (oggi non si direbbe) l’Islam conobbe molto prima del mondo cristiano.

Nell’Islam mediorientale e occidentale, allo spostamento del Sufismo verso destra (mi scuso per questa semplificazione - intendo dire : verso l’osservanza exoterica e il rigorismo) contribuì l’affermazione dei Wahabiti.

Si tratta del primo e più importante movimento fondamentalista moderno, formatosi nel corso del diciottesimo secolo, il cui Islam si stacca tanto dal Sunnismo che dallo Sciismo.

Per consolidare il potere in Arabia, i Wahabiti non esitarono ad allearsi prima con gli Inglesi e poi con gli Americani, scelte che crearono dolorose divergenze.

Con il controllo americano dell’Arabia, pareva avverarsi la prima fase della profezia formulata nel 922 dal grande Sufi alHallaj : Tra dodici secoli (in anni lunari, è una scadenza già trascorsa) il sole dell’Islam tramonterà, e le tenebre di Satana avranno il sopravvento per duecento anni. Poi il sole ricomincerà la sua corsa, e verrà il secondo giorno dell’Islam

Anche per questo, in nessun ramo dell’Islam il dibattito sul concetto di jihad (guerra santa) occupa un posto altrettanto rilevante che nel Wahabismo, portando i suoi esponenti alle scelte politiche più opposte.

Il loro atteggiamento nei confronti del Sufismo ha avuto un grande peso, perché gli sono (salvo eccezioni) fortemente avversi ; come del resto è naturale, per un movimento tutto incentrato sull’exoterismo, avversare chi a livello teologico sembra minimizzarne l’importanza, e a livello sociale introduce idee e pratiche difficilmente controllabili dall’alto.

Questo ha causato diverse reazioni, che possiamo tuttavia grossolanamente riassumere in un ulteriore spostamento delle scuole sufiche occidentali verso una maggiore osservanza della shariah (legge coranica - in effetti, l’influenza sul mondo islamico di chi controlla l’accesso ai luoghi santi non può non essere enorme) ; mentre le scuole orientali conservano la maggiore libertà che storicamente le ha caratterizzate, riscontrabile nelle loro pratiche mutuate dallo sciamanesimo.

Non vorrei eccedere nella generalizzazione - troppe cose sono successe in un millennio e mezzo, e turuq sia dell’uno che dell’altro tipo sono presenti un po’ dovunque (anche in varie parti dell’Africa il peso delle tradizioni locali è forte : vedi ad esempio la Qadiriya e i suoi derivati).

Comunque è lecito, entro certi limiti, parlare di un Sufismo Occidentale più coranico e di un Sufismo Orientale più sciamanico : questo sia per la vicinanza delle nazioni islamiche orientali a quell’immenso serbatoio di sciamanesimo che è l’Asia Centrale, sia perché a più riprese nella storia importanti civiltà asiatiche sovrapposero la loro influenza a quella del mondo arabo.

In verità, all’interno del Sufismo è possibile riscontrare la presenza di due poli ideali, all’interno dei quali è possibile classificare le varie turuq sulla base della loro vicinanza o lontananza dallo sciamanesimo.

Quelle più vicine alla shariah si ispirano al Corano per tutto il loro lavoro, privilegiando in assoluto i concetti di Trascendenza e Unicità divina ; le altre, non certo rinnegandoli, concedono spazio anche a pratiche preesistenti nelle regioni in cui l’Islam anticamente si insediò.

Sui rapporti tra Sufismo e sciamanesimo, pur consapevole che la mia analisi potrà non piacere a qualcuno, devo dire che non vedo grosse differenze tra le pratiche dei Sufi e quelle che ho trovato nelle macumbe interetniche latinoamericane, come il voodoo ; sono tutte palesi derivazioni della tradizione primordiale, il cui simbolismo è facilmente ricostruibile in entrambi i casi.

Sia da una parte che dall’altra abbiamo la trasmissione diretta, nonché un corpo di esercizi volto a indurre certi stati dell’essere ; l’apprendere come gestirli consente al discepolo di trascendere il piano della realtà oggettiva, e di pervenire a una più ampia e giusta concezione del senso della vita.

Dopodiché, vabbè - il grande talento umano per i rancori e le divisioni potrà suggerire ai sostenitori dell’una e dell’altra tendenza innumerevoli argomenti, volti a rassicurarsi sul fatto di avere in tasca la verità assoluta e a svalutare tutto quello che fanno gli altri.

In questo lodevole esercizio, i sostenitori del Sufismo partono avvantaggiati. Hanno dalla loro parte cospicue pezze d’appoggio culturali, elaborate da intelletti di grande calibro nell’arco di un millennio e mezzo di storia ; questo ha prodotto - inutile negarlo - un ambiente qualitativamente molto superiore rispetto a quello delle macumbe (affollato di ragazzine che vogliono far venire il mal di pancia a quella stronza che gli ha portato via il fidanzato).

Le macumbe poi sono state oggetto di secoli di disprezzo, figlio del colonialismo ; e anche il fatto che nel ventesimo secolo la tendenza calunniosa si sia invertita non gli ha giovato del tutto, perché ha intruppato la loro rivalutazione tra i dogmi di quella cultura globalizzata che oggi genera (giustamente) diffidenze e malumori.

A quest’ultimo fenomeno si intreccia abbastanza indissolubilmente la condanna nei confronti delle macumbe portata avanti dagli esoteristi tradizionali ; tra i cui argomenti, però, andrebbero operate varie distinzioni.

E’ certo un discorso troppo lungo per affrontarlo esaurientemente in questo articolo ; ma se qualunque esoterista può senza riserve concordare con loro sulla necessità della trasmissione diretta e su vari altri argomenti, ben diverso ad esempio è il discorso sulla necessità - perché un cammino iniziatico sia valido - del suo collegamento a una tradizione exoterica viva (ve l’ha ordinato il medico ?).

Delicatissimo poi è il discorso sul ruolo svolto dalla parte psichica della tradizione, che conduce i tradizionali a operare un taglio netto tra le forme esoteriche ortodosse e quelle che sarebbero cadute sotto l’influsso della controiniziazione (o che, addirittura, da quest’ultima sarebbero state create). Nel mio libro Signori di Volontà e Potere, ho addotto vari materiali che dovrebbero indurre il lettore a considerare tale presunta contrapposizione da un altro punto di vista.

Comunque, tornando al discorso Sufismo/sciamanesimo : personalmente, se vi fa piacere, sono disposto a considerare gli stati dell’essere trasmessi dal Sufismo qualitativamente superiori a quelli raggiungibili dalle macumbe (anche se l’assolutismo degli esoteristi tradizionali su questo punto mi sembra proprio fuori luogo - sembra che abbiano un talento per elevare a dogma soltanto l’indimostrabile ; come si fa a andare in due in quegli stati dell’essere per vedere chi ha ragione ?).

Il punto, però, è un altro. Infatti, il lavoro dell’esoterista non dovrebbe consistere nel decollare come una mongolfiera verso il non manifestato, bensì nel mirare alla totalità, sia pure per trascenderla.

Un'altra bipolarità di cui va tenuto conto è quella tra Sufismo legale - in diverse occasioni e varie nazioni, regolato dallo Stato - e Sufismo popolare, spesso legato a movimenti di protesta politica e/o  dissenso religioso ; ma anche qui il confine è labile, perché parecchi ordini sufici dapprima sovversivi si moderarono col tempo, o comunque vennero accolti nel sistema.

Fu forse nell’ambito del Sufismo legale che vennero toccate le vette speculative più alte. Sono figure note anche in Occidente alHallaj, crocifisso dagli integralisti per essersi dichiarato tutt’uno con Dio ; Avicenna, il cui pensiero ispirò San Tommaso d’Aquino e Ruggero Bacone ; alGhazali, le le cui opere rappresentarono nel mondo islamico l’impulso fondamentale alla congregazione della diaspora sufi nei grandi Ordini oggi esistenti.

E’ tuttavia la storia del Sufismo popolare a offrirci il caleidoscopio più affascinante di forme spirituali, formando un quadro ben diverso dall’immagine dell’Islam integralista e conservatore cui siamo abituati.

Così ad esempio la Malamatiya, alcune delle cui derivazioni erano caratterizzate da professioni di anarchismo anche molto spinto, e da affermazioni provocatorie come quella (famosa) di Oghlan Sheikh : per lui la moschea era un luogo di perdizione, e il luogo più conveniente per adorare Dio erano i bordelli.

Non era un pazzo, ma un coltissimo dottore del Corano, e la sua tariqa si affermò notevolmente negli ambienti militari ottomani (finché non riuscirono a ammazzarlo).

Miglior fortuna ebbe un altro dottore, l’egiziano Ali alBayyumi (1696-1769), che nella sua Bayyumiya accoglieva carcerati e banditi di strada.

Anche a lui volevano tagliare la testa ; ma fu il rettore dell’Università del Cairo a salvarlo, lodando senza mezzi termini la lungimiranza sociale della sua opera.

Indubbiamente originali nei contenuti furono anche la khanaqah di Dost Bu Sad Dada, le cui iniziate di sesso femminile danzavano nude (un altro grande Sufi nudista fu Muhammad Said Sarmad - a lui la testa la tagliarono), e la Hulmaniya indiana, che credeva nella reincarnazione e insegnava che Dio si manifesta nelle opere d’arte.

Sul discorso della reincarnazione sarebbe andata ancora oltre la Imamshahiya, che operò nelle sue dottrine un vero e proprio sincretismo tra Islam e Induismo ; è tuttora presente nel Gujarat, lo Stato indiano più occidentale.

Si noti, sto parlando solo di forme regolari dal punto di vista tradizionale (in questo articolo non ho voluto tenere conto di ordini eterodossi, come ad esempio il Subud, anche se in certi casi il loro interesse dal punto di vista esoterico è davvero notevole) : ovvero di turuq regolarmente provviste della loro silsila, il documento che certifica la discendenza spirituale dei loro shuiuk dal Profeta (su di Lui la benedizione e la pace).

Non va dimenticata poi la Qalandarya. Nata come la Via dei libertini, fu successivamente influenzata dal buddismo, e prescrisse un Islam fondato sulla più assoluta libertà di pensiero e affrancato dall’osservanza di qualsivoglia forma rituale.

E’ questo, dell’affrancamento dai rituali, un tema ripreso da molti altri. Veniva da una famiglia illustre, ma stabilì la sua tariqa in un remoto paesino dell’Egitto Ibrahim alDasuqi : in lui la critica alla religiosità formale arrivò al punto di definirla nociva alla fede, perché si frappone alla comunione diretta con Dio.

Ben lungi dal rappresentare un elemento di ostacolo, deviazione o travisamento della tradizione, i Qalandari sono definiti da Gabriele Mandel i clerici vagantes del misticismo islamico. A loro può essere idealmente collegata la grande figura di Ibn Sabin, che poneva come fondatore della sua tariqa Ermete Trismegisto e aveva inserito nella silsila i nomi di Platone, Aristotele e Alessandro Magno ; morì suicida, aprendosi le vene sulla spianata della Mecca, per giungere in questo modo all’annientamento in Dio.

Dalla Qalandariya derivò la Malangiya pakistana, il cui rifiuto di ogni forma rituale esteriore è assolutamente totalitario. Non sono in giro molte notizie su questo ordine, ma pare che malangi nella lingua locale significhi prostituta, e una parte dei suoi seguaci siano hijra (travestiti) ; si vestirebbero da donna perché si considerano le spose di Dio, e sostituirebbero il dhikr con l’uso di sostanze allucinogene.

Non sono sicuro per la Malangiya, ma è comunque un fatto accertato che in Pakistan e in India il legame tra Sufismo e comunità omossessuale sia molto forte. E’ usanza comune che gli hijra celebrino i loro festival presso le tombe dei Santi Sufi.

In particolare furono hijra due shuyuk molto rispettati, Khalij Khan e Musa Shahi Shuhag. Quest’ultimo fu il fondatore della Shuhagiya : un ramo della Shurawardiya molto ristretto dal punto di vista delle qualificazioni iniziatiche - per entrare a farne parte, è necessario essere hijra.

Va aggiunto, per completezza, che la Qalandariya è conosciuta nel subcontinente indiano anche per le severe forme di ascetismo praticate da alcuni suoi seguaci.

Sempre a proposito di Sufismo popolare non va dimenticata la Yasawiya, fondata sui riti preislamici della Turchia antica, e destinata a dare origine a un grande Ordine importante, di cui ho già avuto occasione di parlare nell’articolo su Rudolf Von Sebottendorff : la Bektashiya.

A proposito dei grandi Ordini del Sufismo, è difficile classificarli sulla base del numero dei seguaci, perché a dispetto delle molte e divergenti statistiche nessuno lo conosce esattamente.

La Bektashiya è tra i grandi Ordini il meno ortodosso. Distaccato dalla shariah, ha introdotto nell’Islam qualcosa di analogo al concetto cristiano di Trinità - Dio, il Profeta (su di Lui la benedizione e la pace) e Ali.

Ma non a questo si limitano le sue peculiarità : per esempio uno dei suoi massimi Maestri - Qoyun Baba, il Padre dei Montoni - in luogo di recitare le cinque preghiere quotidiane prescritte dalla legge coranica, belava.

Io presumo di essere in grado di cogliere in pieno il significato di quell’azione, e così molti miei lettori non digiuni di surrealismo. Con un sforzo, posso anche capire che gli exoteristi islamici immigrati in Italia per lavorare non afferrino il concetto ; non capisco invece perché non riescano a coglierlo gli esoteristi tradizionali, e non glie lo perdono.

Nota - e li perdonerei ancora meno se riconoscessero il diritto di belare a Qoyun Baba e non a me.

Nella letteratura sui Bektashi, troverete che è consentito loro - in ambito rituale - di consumare modeste quantità di vino ; ma è solo una parte della verità, perché soprattutto in Turchia, per dirla alla ligure, si caricano come orsi.

C’è, del resto, un po’ di ipocrisia nel modo in cui gli esoteristi tradizionali considerano il rapporto dei Sufi con gli alcolici. Personalmente, sono il primo a interpretare in senso simbolico i celebri versi di Ibn alFarid sul Vino dell’Amore per Dio (bevemmo di quel vino prima che la vigna fosse piantata…) ; ma è comunque innegabile che parlano di una violazione della norma religiosa, ovvero di quel principio di autorità sul quale tutto il castello dell’esoterismo tradizionale è fondato.

Eppure, come nella società profana sono stati elaborati respingenti (definizione di Gurdjieff) per distogliere l’attenzione dal fatto che la gente ha sempre violato la legge e continuerà a farlo (vedi ad esempio l’assurdo concetto di trasgressione), così anche nel mondo esoterico sono stati inventati respingenti per il rapporto tra i Sufi e il vino.

Quindi si trovano esoteristi tradizionali pronti a giurare che le lodi dei Sufi sul vino devono essere interpretate soltanto nel senso di lodi alla conoscenza divina : trasposto in termini cristiani, è come se San Bernardo, nella regola dei Templari, avesse lodato il furto come simbolo della rinuncia ai beni terreni, o l’omicidio come simbolo della liberazione dell’anima dal corpo.

Altri ammettono invece che i Sufi si ubriacavano per davvero - ma loro potevano farlo perché  disponevano di un legittimo ricollegamento iniziatico, o perché a quegli alti livelli di spiritualità qualunque azione è santa… e comunque, noi (presunti) infedeli miscredenti e fuorviati non siamo certo all’altezza di giudicare.

In questo modo il principio di autorità si salva, anzi ne esce rafforzato… sarebbe forse irrispettoso da parte mia azzardare un paragone tra l’esoterismo tradizionale e quel famoso animale del quale non si butta via niente.

Un altro tema trattato con non minore ambiguità è l’unità trascendente delle religioni.

Un grande Maestro Sufi, Bistami, aveva scritto : Le religioni sono come rami che si dipartono da un unico tronco ; e allora taglia i rami e attieniti al tronco ; mentre per alHallaj le religioni erano  un ceppo unico dalle molte ramificazioni, e a quanti pretendevano di imporre all’infedele la conversione forzata diceva : pretendi piuttosto che egli giunga al ceppo, che esprime tutti i significati più alti. Allora capirà.

E Shabistari : L’Essere Necessario è come il cielo (…) ; quando ti si alza questo velo, cadono i limiti di sette e religioni.

E Omar Khayyam : Sono luoghi di adorazione il tempio degli idoli e la Kaaba. Anche il suono delle campane è un inno in lode dell’Onnipotente. Il mihrab, la chiesa, il tasbih, la croce sono in verità modi diversi di rendere omaggio alla Divinità.

E Jalal alDin Rumi : Vieni, chiunque tu sia, vieni. Sei un miscredente, un idolatra, un pagano ? Vieni ! La nostra casa non è un luogo di disperazione ; e anche se hai tradito cento volte una promessa, vieni !

Sono parole che non dovrebbero lasciare adito a dubbi, e che in diversi momenti storici spinsero varie turuq ad aprire le porte agli infedeli senza che nessuno si sognasse di considerarle perciò eterodosse. Ma da una quarantina d’anni a questa parte, da quando gli integralisti hanno ricominciato a tagliare le gole, non se ne parla più.

Pazienza !

Un altro importante grande Ordine è la Qadirya. Nata in Iran nell’undicesimo secolo, viene oggi considerata la tariqa più diffusa nel mondo.

Ha nel suo nome un simbolo fondamentale dell’Ermetismo : Al Qadir, Il Verde, personificazione della tradizione primordiale.

Fu forse proprio questa sua implicita dichiarazione di continuità con la tradizione sciamanica a sancirne il successo in Africa (soprattutto nel nord Africa mussulmano), nonché la sua impareggiabile capacità di sincretizzare e assimilare le dottrine preislamiche africane, da cui ne vennero innumerevoli derivazioni.

Molte di queste non possono essere considerate parti dell’ortodossia islamica ; ma in un discorso esoterico più globale, la loro ricchezza e forza di impatto sul piano della realtà oggettiva sono senza uguali.

Al Qadir, o il Khidr, fu anche il simbolico iniziatore del più grande Sufi di tutti i tempi, Ibn Arabi ; non gli dedico spazio in questo articolo perché ho intenzione di tornare su di lui presto.

Gli insegnamenti di Al Qadir vennero raccolti in forma organica da Abd alQadir alJilani, fondatore della tariqa. Di essa furono membri eminenti personaggi come il grande poeta Shah Muhammad Badakhshi (1584-1661), e prima di lui lo scrittore Abd alKarim alJili (1365-1428), l’autore de L’Uomo Universale : il grande libro da cui Guénon avrebbe tratto Gli stati molteplici dell’essere.

Anche per Jili, i seguaci di tutte le religioni sono destinati alla salvezza.

La Mawlawiya (i Mevlevi), derivata da Jalal alDin alRumi, è forse il grande Ordine che avvicina più il Sufismo alla mentalità moderna : in quanto tratta temi che (dapprima con l’Illuminismo, poi per mezzo della teosofia e i suoi derivati) furono ripresi e riadattati dalle scuole esoteriche più socialmente impegnate dell’Occidente.

Così la concezione di umanità ; così il rispetto e la promozione di ciò che può giovare alla coscienza collettiva ; così la permissività nei confronti degli errori dell’individuo, così la tolleranza, così l’unità trascendente delle religioni.

Per quanto sarebbe antistorico negare che la massima parte della speculazione su questi temi sia maturata nell’ambito della filosofia europea, è anche vero e documentabile il ruolo di incubazione che il mondo mussulmano esercitò per lungo tempo su di essi, e solo la concezione pregiudiziale e falsa che abbiamo dell’Islam oggigiorno potrebbe spingerci a negarlo.

Oggi i Mevlevi sono famosi soprattutto per i Dervisci danzanti (o tourneur), che raggiungono l’estasi ruotando freneticamente su sé stessi ; ma più che la pratica in sé, è sbalorditivo il simbolismo ad essa retrostante, che rappresenta una delle più felici applicazioni prescientifiche di un modello dell’Universo (del resto, come già altrove ho avuto occasione di precisare, dal Sufismo Orientale astrofisici come Hawking pescarono a piene mani).

Anche la Shadhiliya è un ordine molto numeroso : si contano oggi oltre settanta sue filiazioni sparse in tutto il globo. La più nota da noi è la Darqawiya, fondata nell’Ottocento dallo sheikh marocchino  Muhammad alDarqawi ; il suo più celebre esponente è forse la nobile figura di Abd alKader, scrittore e guerriero.

Fu anche il primo ordine Sufi ad accogliere nelle proprie file esoteristi europei, che si contano oggi a centinaia. Si tratta in molti casi di persone che non frequentano l’ambiente degli immigrati mussulmani : la loro vocazione matura sui libri, e la notizia della loro fede islamica non trapela al di là dalla cerchia familiare e dei più intimi amici.

Sono nati in Europa alcuni dei suoi rami più interessanti, come la Maryamya fondata da Isa Nur alDin Ahmad (Fritjof  Schuon – 1907-1998) e i Murabitun di Abdalqadir asSufi, che sfortunatamente coniugano a una prospettiva metafisica assai apprezzabile una concezione politica di estrema destra.

La Naqshbandiya, creata dall’uzbeco Baha alDin Naqshbandi (1318-1389) è un altro dei grandi Ordini numericamente più importanti, che conquistarono in varie nazioni anche una notevole influenza politica (fu di fatto la Naqshbandiya a decidere la guerra che oppose la Turchia alla Russia dal 1785 al 1791).

Nel corso del sedicesimo secolo, i Naqshbandi di Occidente - più vicini alla shariah - vennero favoriti dalla protezione loro accordata dall’Impero ottomano.

Di fatto, l’Ordine sarebbe stato presente in tutti i movimenti islamici volti al recupero della shariah da allora in poi ; e proprio da questo rapporto felice con il mondo dell’exoterismo i Naqshbandi hanno attinto, poco per volta, quella nomea di primi della classe attraverso la quale molti Sufi seguaci di altre turuq guardano a loro - di volta in volta criticando o ammirando la loro stretta osservanza religiosa, la loro profonda conoscenza della lingua araba classica, eccetera.

Sarebbe tuttavia una grave ingiustizia dipingerli come bigotti : in quanto l’equilibrio tra osservanza esteriore e percorso interiore sta da sempre al centro delle loro preoccupazioni, e viene mirabilmente rispettato.

Più tolleranti nei confronti delle diversità religiose sono i Naqshbandi di Oriente. Era un Naqshbandi Mirza Mazhar Jan-i Janan (1700-1781), che riconobbe ai Veda la dignità di testo sacro, elevandoli di fatto sullo stesso piano del Corano.

Comunque, tirando le somme sui grandi Ordini, vien spontaneo attribuirgli una diversa funzione prioritaria rispetto a quella che gli esoteristi tradizionali riconoscono loro - piuttosto che a custodire la tradizione, parrebbero destinati ad accompagnare l’Islam lungo il cammino della modernità.

In questo breve panorama ho parlato di molte cose, scrivendo senz’altro svariate sciocchezze di cui chiedo perdono ; ma non ho parlato della sola cosa importante, perché non se ne può parlare.

 

Daniele Mansuino

 

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