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Filosofia - Forum filosofico sulla ricerca del senso dell’essere.
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Vecchio 09-07-2007, 15.33.03   #1
emmeci
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Einstein e Pirandello, eroi del relativismo

Tutti noi conosciamo l’obiezione che la chiesa cattolica, nella sua massima autorità, rivolge al mondo di oggi, cioè non tanto alle altre religioni quanto alla civiltà democratica e liberale: relativismo, contro la fede nell’assoluto. Eppure il relativismo ha rappresentato una conquista della scienza che ha influito sull’intera cultura come incitamento a non accettare misure di parte e posizioni prestabilite, ma ad aprirsi ad un orizzonte più ampio e al dialogo con qualsiasi interlocutore senza presumere che debba essere errato.…Ma dunque si deve o non si deve credere in una verità assoluta?
Forse il mistero della verità è proprio questo: che certamente una verità assoluta esiste (nessuno può negare che lo sia, premi essa la fisica o la metafisica, il monismo o il pluralismo, l’essere o il non essere, la ragione o i sensi, la logica o l’incomprensibile e assurdo.....), ma nessuno può arrivare a coglierla, perché la verità esiste solo se esiste il dubbio e a noi è dato solo cercarla, non possederla. Ed è qui che arriva oggi la scienza, con la relatività di Einstein e l’indeterminismo quantiano – quasi riproducendo in termini matematici ciò che hanno intuito i più liberi e inafferrabili geni del Novecento e come avviene nel teatro pirandelliano, dove ogni personaggio ha la sua verità e sembra confermare un relativismo senza rimedio, superiore alla condanna sartriana ad essere liberi, sintetizzata nel motto finale del dramma Huis clos: l’enfer c’est les autres (che potrebbe essere al massimo uno sfogo morale). Ma dunque - per rimanere nell’ambito della filosofia - ha ragione il sofista oppure Platone? O, per tornare a quello spruzzo d’attualità che interessa i mass-media, ha ragione il relativista o l’autorità della chiesa? O hanno ragione entrambi? Perché, ripeto, la verità assoluta esiste e nessuno può dimostrare il contrario, mentre noi possiamo solo cercarla, inseguirla e forse non raggiungerla mai. Per questo noi laici non possiamo non dirci relativisti, così come gli altri non possono non dirsi assolutisti, in quanto non cercano ma possiedono la verità. A voi, filosofi, stabilire da che parte state.
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Vecchio 09-07-2007, 18.13.43   #2
TheDruid
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Riferimento: Einstein e Pirandello, eroi del relativismo

Se vuoi la mia opinione, io direi di essere relatistista, se non altro, sotto un aspetto prettamente sensoriale e percettivista.
Il concetto di verità assoluta, mi puzza, e non poco, come una sorta di ordine etico del mondo, questa enorme balla messa in giro da non so bene chi.
La intenderei più come una realtà infinita, rispetto a una verità assoluta, che non può essere concepita da noi, ma solo lontanate avvertita.
La verità, è un giudizio che noi diamo a una porzione di realtà percepita, verità assoluta significa pietrificare la realtà a un immagine, stantia e moribonda, come se quello che in un momento percepiamo( o meglio in caso di verità assoluta, ci fanno credere) dovesse rimaner tale per sempre, cosa che con onestà non accetterebbe penso nemmeno il più radicale tra i sostenitori di questa noiosa visione della realtà, noiosa se non mortifera.
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Vecchio 09-07-2007, 20.27.26   #3
nexus6
like nonsoche in rain...
 
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Non so cosa una cosa sia,
ma a volte capita sappia ciò che quella cosa non sia
e penso sia già un buon punto di partenza.


Su Einstein "eroe del relativismo" ed il relativismo come "conquista della scienza":

L'insistenza su questioni di denominazione potrebbe sembrare eccessiva. Diamo qui alcune ragioni per le quali, a nostro avviso, non lo è affatto. Le denominazioni in uso sono state, e continuano ad essere, foriere di equivoci di ogni sorta, alcuni dei quali hanno prodotto seri guasti. Primo e fondamentale quello che deriva dall'uso indiscriminato dei termini "relativo, relatività, relativistico,...". Non è solo presso il grande pubblico che esso ha indotto la convinzione che, con la "Teoria della relatività", si sia prodotta una rivoluzione filosofica che sottolineerebbe l'ineliminabile soggettività di ogni percezione; da cui, con "facile" estrapolazione, la conclusione che essa porterebbe necessariamente a forme di relativismo filosofico e morale. Che, per fissare le idee, sarebbe come dire che porta necessariamente a forme di relativismo morale la constatazione che la nota emessa dalla sirena di un camion dei vigili del fuoco risulta più acuta al nostro orecchio se il camion è in moto verso di noi.
Anche quando non si scade a questi livelli, d'altra parte, la denominazione in sé ha contribuito a diffondere la sensazione che si abbia in qualche modo a che fare con una teoria filosofica. Sembra il caso di sottolineare con forza che, mentre nessuno ovviamente vieta ai filosofi di occuparsi secondo i loro punti di vista degli aspetti contenutistici e metodologici implicati, qui abbiamo a che fare con capitoli della fisica, diremmo della fisica nuda e pura; anzi, con i capitoli iniziali della fisica, posto che vi si delineano le proprietà del contenitore di ogni fenomeno, il continuo spazio-temporale. [...]
L'effetto negativo massimo è poi forse conseguito dalla locuzione "Teoria della relatività di Einstein", dove la fama conseguita da Einstein, non per colpa sua, di escogitatore di cose strane, aggiunge un ulteriore elemento alla sensazione complessiva che si tratti di qualcosa di esoterico e di scarsamente terreno.


in "Le strutture dello spaziotempo, vol I" (Silvio Bergia, Alessandro Paolo Franco) - edizioni CLUEB


Il prender spunto da idee scientifiche per costruire da noi, creare immagini, simboli, prospettive differenti, filosofie, è quanto di più straordinario mi sia capitato di osservare, ma a quelle nostre immagini forse non è opportuno attribuire carattere di "scientificità"; sminuirebbe anche di molto il nostro simbolo creato, con immaginazione e con la nostra potente creatività: ha senso a quel punto presentarlo come una "conquista della scienza"? Non è piuttosto una "conquista" del nostro intelletto, essendo poi anche la scienza, in ultima analisi, tale? Tale pensiero, penso, possa portare nuova luce alla "scienza" ed all'analisi delle sue "leggi", poichè ancora purtroppo si respira un'aria di chiusura, a volte opprimente.

Gli -ismi in questo periodo han perso molto della loro presa su di me, poichè per quanto ci si affanni a dipingere con colori razionali il proprio dipinto, esso non sarà che determinato molto più essenzialmente da un'emozione di passaggio o in sé repressa nell'oscurità dei propri ricordi. Sento la mia mente ti vorrebbe fare tante domande ovvero che significato date ai termini "oggettivo", "assoluto", "verità", ma me ne astengo e sto semplicemente ad osservare questo incessante lavorio.

In cosa si deve credere, da quale parte sto?

Bello guardarsi mentre si tenta di rispondere a queste domande, spostandosi da una roccaforte all'altra...

Ebbene, ad uso di questa sezione, sono sia un relativista che un antirelativista, possono sostenere tramite la mente con ardore appassionato che la "verità assoluta" non "esista" ed al pari sostenere, percependo in me la contraddizione logica di una mente solo all'apparenza illogica*, il contrario con uguali argomenti razionali ed addurre i relativi motivi psicologici per i quali indugio nell'uno o nell'altro pensiero... semplici prospettive, d'altronde, mi pare sia questo l'argomento della presente discussione...

Ma mi sembrerebbe di stare sopra un ponte
fermo immobile
a disquisire sulla possente portata d'acqua di un fiume
che scorre gaio sotto i miei piedi...
piuttosto ora preferisco spiccare un bel salto
per assaggiare il sapore del fiume
misurarne con il mio essere il letto
e magari, a poco poco, sciogliermi
liberamente senza senso
nell'acqua...


Un saluto affettuoso...




* = con una mutazione di logica verso i mari dell'apparente illogicità forse si può scorgere quanto sia sinora stato illogico essersi fermati nell'isola della presunta logica...

ps. comunque, nel nucleo del relativismo ho osservato ed osservo, almeno in me, vi sia l'energia per spiccare quel salto...
nexus6 is offline  
Vecchio 09-07-2007, 23.32.32   #4
katerpillar
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emmeci
Citazione:
Per questo noi laici non possiamo non dirci relativisti, così come gli altri non possono non dirsi assolutisti, in quanto non cercano ma possiedono la verità. A voi, filosofi, stabilire da che parte state.
katerpillar

Se la verità assoluta qualcuno già la possiede: o non ha saputo trasmetterla o racconta bugie, giacché la presunta verita assoluta in loro possesso, in questo universo, non ha smosso nemmeno una virgola, se non in senso peggiorativo.

Proprio così: se esiste una verità assoluta, questa non può riguardare solo la nostra piccola pallina di creta, ma tutti gli universi, conosciuti e sconosciuti; altrimenti: di cosa stiamo parlando?

Quando ho affermato, nel thread sul principio Antropico, che gli astrofisici avevano la verità sotto il naso e non l'hanno saputa agguantare, mi riferivo alle motivazioni sull'esistenza dell'uomo in questo universo e non alla verità assoluta, perché, come ripeto, se verita assoluta deve esistere questa riguardera tutti gli universi.
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Vecchio 10-07-2007, 18.00.31   #5
emmeci
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Riferimento: Einstein e Pirandello, eroi del relativismo

Giustamente The Druid rifiuta di immobilizzare la verità, diffidando di ciò che ci è offerto come “verità assoluta”, mentre Nexus6 crede nel valore del tentativo di cercare la verità, senza prefissare punti d’arrivo o metodi tassativi, siano essi scientifici o filosofici, fisici o metafisici. Così si potrebbe credere che il quesito posto implicitamente dal tema che ci sta di fronte abbia trovato una compiuta risposta: noi crediamo nella verità, ma non crediamo di averla afferrata, forse perché – più umili di Cartesio – non pretendiamo d’aver sconfitto il demonio del dubbio ma forse solo quello dell’assolutismo. Che non minaccia solo la filosofia ma, come ci è dato constatare ogni giorno, la piccola e grande politica, oltre che le chiacchiere giornalistiche e televisive. La Milanesiana di quest’anno è stata intitolata “confini dell’assoluto” mentre Umberto Eco interviene con un lungo articolo su Repubblica, avvertendo che la prima domanda che un filosofo dovrebbe porsi è: “che cosa intendo con la parola assoluto?”.
Credo che, al di là di ciò che hanno pensato religiosi e filosofi di tutto il pianeta, i primi identificando l’assoluto con dio, gli altri con la materia, il pensiero, la volontà, l’essere o il non essere…., non possiamo che attribuire l’aggettivo assoluto alla verità, qualunque essa sia: perché nessuno può negare che esista pur non potendo e non sapendo nominarla o descriverla, cioè affermare se è fisica o metafisica, se è materia o pensiero, se equivale all’essere o al nulla, se è verità di ragione o di fede…..Dunque qui si attua la sintesi abbozzata da The Druid e Nexus6, cioè nel paradosso, per non dire il mistero, di una verità che tutti sappiamo che esiste e che tuttavia non possiamo avere in quanto per noi verità è sempre condizionata dal dubbio, e quindi richiede l’illimitatezza della ricerca, ossia – ancora una volta – l’impossibilità di raggiungerla. Ciò che pare sufficiente a giustificare, di fronte a chi proclama: “la verità è questa”, la potenza inesorabile del relativismo: relativismo contro assolutismo.
(Una posizione che mi sembra sia anche quella di katerpillar che, nei suoi interventi sul tema “il principio antropico” dibattuto in questo nostro forum, afferma che la scienza stessa non può ammettere posizioni assolute: la teoria della relatività e quella del quantismo sono lì ad insegnarcelo).
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Vecchio 11-07-2007, 08.37.07   #6
katerpillar
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emmeci
Citazione:
Ciò che pare sufficiente a giustificare, di fronte a chi proclama: “la verità è questa”, la potenza inesorabile del relativismo: relativismo contro assolutismo.
katerpillar

Relativismo contro assolutismo? io ho sempre creduto che il relativismo fosse la strada più onesta da perseguire, fino a quando non si potrà affermare, finalmente: la nostra verità ultima.

Per verità, non ancora assolutismo, intendo tutti quei processi che hanno portato l'uomo ad esistere e stare qui nel web a ragionarci sopra; giacché, a mio modo di vedere, inevitabilmente bisogna porsi, più che dei limiti, delle tappe da raggiungere con l'applicazione del relativismo pirandelliano o altro, anche quando avremo le certezze di come sia nato l'uomo, e se esso avrà degli scopi precisi in questo universo.

In quest'ultimo caso, se risultassero degli scopi, dovremo dar ragione alla teoria del principio antropico, e allora scopriremmo che il nostro dio non è altro che "semplice materia" che pensa, programma e organizza.

Ma applicando sempre il relativismo, i pronipoti si dovranno domandare cosa sia la materia e il significato di tutto quello che vediamo e sappiamo: perché un significato dovrà averlo, altrimenti ci dovremmo mangiare le mani per non aver ascoltato quando qualcuno ha affermato: "Beati coloro che non sanno"
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Vecchio 11-07-2007, 10.36.17   #7
trismegistus
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Dire Platone ha ragione sul sofista (più per una questione di dialettica che per altro, e poi non è bello fare dell'eristica!).

Per il secondo caso il relativista, piuttosto che veder predominare il falso concetto ecclesiastico di una verità od ordine assoluto che come TheDruid nota:

Citazione:
Originalmente inviato da TheDruid
Il concetto di verità assoluta, mi puzza, e non poco, come una sorta di ordine etico del mondo, questa enorme balla messa in giro da non so bene chi.

Infatti che senso ha mescere la verità oggettiva con una opinione "soggettiva" (fortemente di parte e che la Storia ci mostra sempre contro la verità!) di cui non si ha la minima prova di dimostrazione, non dico scientifica, ma anche razionale, ma che dico razionale anche solo di coerenza nei confronti dell'oggettività stessa del mondo. Un conto è lo studio di oggetti o categorie astratta che già esistono; un altro conto è lo studio di invenzioni come quelle che codesti "maestri del sapere" ci propinano come verità.
Non mi sono molto simpatici i relativisti (più che altro sembrano dei profeti dell'eristica) però se devo scegliere meglio loro che l'assoluto della chiesa.
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Vecchio 11-07-2007, 17.30.13   #8
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In ogni modo, se non altro per non lasciare equivoci sul nostro cammino, sono d’accordo sulle riserve espresse da The Druid e Katerpillar nei riguardi delle “verità religiose”, che preferirei indirizzare soprattutto alle religioni che hanno istituito gerarchie e chiese: non solo per l’assurda ma in fondo tradizionale pretesa di conoscere l’assoluto e di poterlo insegnare, ma per le conseguenze pratiche che ne discendono. E se è vero che il cattolicesimo si è alterato attraverso i secoli tanto da apparire esso stesso secolarizzato, ormai incapace di scoccare anatemi su scienziati e filosofi, e perfino di credere nei propri dogmi, è bastato che salisse al soglio un maestro del Santo Uffizio (oggi Congregazione per la dottrina della fede) per tirare le redini ai relativisti di tutte le specie, nonché ai fedeli di altre forme di cristianesimo, magari assolutisti anch’essi. Mi ricordo che un moralista, al quale avevo confidato la mia speranza nella possibilità di un cattolicesimo nuovo e, in un certo senso, tornato alle origini nazarene, mi rispose: basta aspettare….Basta aspettare e, in caso di supposto pericolo li vedrai agitare l’insegna “E’ Dio che lo vuole!”. Che è la stessa insegna dei fondamentalismi islamici: perché tutte le religioni hanno in sé questa vampa, un entusiasmo che principia con l’asserzione che l’assoluto è il mio Dio, e si completa con la certezza che io sono fatto a sua immagine e somiglianza, e quindi ciò che dico è la verità e se comando tu devi obbedire.
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Vecchio 11-07-2007, 17.41.22   #9
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Già e troppo entusiasmo e zelo in questi campi così delicati, può anche diventare nocivo; ciò spiega l'esistenza del fondamentalismo; già come relazioniamo i fondamentalisti con i relativisti?
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Vecchio 11-07-2007, 23.04.32   #10
katerpillar
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trismegistus
Citazione:
Non mi sono molto simpatici i relativisti (più che altro sembrano dei profeti dell'eristica) però se devo scegliere meglio loro che l'assoluto della chiesa.
katerpillar

Meno male; già stavo indossando la corazza pesante: quella per "battagliare" duramente. Non vi è dubbio che a fronte d'esperienze differenti ci si esprime in modi differenti, ma non per questo alla fine non ci si possa intendere.

Premetto di essere stato un tecnico, addetto alla ricerca di mezzi e dispositivi per il contenimento dei consumi energetici industriali, e piace portarmi dietro la razionalità necessaria alla mia ex professione, anche quando debbo valutare problematiche non inerenti tale attività.

La separazione effettuata sulla ricerca (ancora non conclusa) di come potremmo essere apparsi su questa terra e se abbiamo uno scopo in questo universo (che ho chiamato il nostro assolutismo), e l'assolutismo definitivo, se mai potranno arrivarci, deriva dalla valutazione dei nostri limiti dovuti all'attuale conoscenza.

Ho parlato di tante tappe, in cui, nell'ultima, i nostri lontani eredi si dovranno domandare: se la materia è dio o cosaltro sia, sempre se riusciranno a comprenderne la provenienza o come si sia formata.
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