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Vecchio 05-11-2007, 14.29.39   #31
odos
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Riferimento: "L'uomo può pensare solo ciò che può dire".

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Contrariamente a questa affermazione di Wittgenstein, non sono del tutto d'accordo nell'affermare che il linguaggio abbia uno scopo ben preciso. Che di fatto il linguaggio esprima pensieri è altra cosa.

L'affermazione di Wittgenstein intende proprio mostrare che il linguaggio come "mezzo" è solo un aspetto secondario della sua natura. Cioè dice quello che dici tu.



Citazione:
Originalmente inviato da benedetto
Che l'uomo possa pensare solo ciò che può dire, a mio giudizio, si deve al fatto che un'immagine mentale esiste quando qualcuno nota un certo evento nel mondo valorizzandolo con un atto di distinzione, quindi direi che l'uomo può pensare solo a ciò che può essere notato, solo a ciò che per lui assume un dato valore. Con questo criterio nascono le parole,

Questo è proprio il processo descritto da psicologi costruttivisti come Vygotskij in fase ontogenetica. E' il processo, molto istruttivo per noi, in base al quale un bambino impara un linguaggio. Per intenderci, "pane" non potrebbe essere la prima e unica parola appresa da un bambino, può esserlo come suono, ma non come significato. Senza una costellazione di unità di significato già istituita il suono "pane" può significare, se è la prima parola, almeno metà dell'universo del bambino, ciò che in un linguaggio adulto e formato può signficare ho fame, cibo, buono, voglio qualcosa ecc.. Il bambino prelinguistico non sa il significato di pane, come lo sappiamo noi.
Noi non facciamo distinzioni di significato tra pezzi della stessa pagnotta, anche se hanno forme e dimensioni diverse. Ma se distinguere i pezzi della pagnotta diventa praticamente utile, li si distinguerà per differenza dallo sfondo del campo semantico da cui provengono.

In questo senso la realtà è linguaggio. Secondo questo principio il numero di connessioni che noi possiamo rilevare o creare sono potenzialmente infinite e costituiscono sempre uno sfondo passivo non tematizzato, che non pensiamo, e di cui non possiamo predicare l'esistenza, un po' come gli aggiustamenti fatti sulla sedia mentre si leggevano queste righe. Questo sfondo passivo quando assumerà la forma della "pensabilità", quando verrà pensato, verrà pensato in modo linguistico, con i sistemi di significato già a disposizione e sullo sfondo di questi. (per chi ha familiarità con Wittgenstein questa è la critica all'apprensione per ostensione dei signficati).

Il pensare quindi è un pensare di segni lingustici che richiamano ad appropriazioni di pratiche disgiuntive. Ogni signficato è tale solo perchè si differenzia da altri significati e non ne invadono il campo. E gli oggetti sono tali solo perchè si stagliano da un sistema di signficati precostituito che noi abbiamo dimenticato di avere appreso, quando cominciamo a pensare come soggetti o individui isolati (da qui l'ingenuità dell'empirismo).

A questo livello è l'intersoggettività, l'"altro" nella forma della famiglia, della comunità e della cultura a decidere su quali connessioni sia lecito considerare come reale o irreale.

Questo "relativismo linguistico" però (e questo è l'errore principale degli oppositori) non signfica che noi dobbiamo abbandonare il nostro mondo perchè relativo. Esso è l'unico nostro mondo, sul quale argomentiamo, ragioniamo e pronunciamo verità che si adegueranno o meno al mondo precostituito.


Citazione:
Originalmente inviato da benedetto
ma se un evento fosse valorizzato da due persone su cento, quell'evento, quella parola che si riferisce a quell'evento avrà ben poche possibilità di entrare nel linguaggio di quella comunità. Alla fine è una questione di interessi comuni oppure anche di carisma individuale , ovvero che la comunità tende a valorizzare tutto ciò che dice la persona carismatica.
Ciao

questo processo in verità è un processo normale di costruzione del mondo, di creazione di nuove unità disgiuntive, ed è sostanzialmente ciò che fanno le nostre scienze, che presuppongono i significati del linguaggio naturale e producono nuove specificazioni, sulla base di quegli stessi significati logicamente anteriori. (e se vuoi Benedetto, questo può essere un suggerimento per quella genealogia dei concetti che potrebbe fornire unità alle nostre scienze)

Spero di non aver parlato troppo filosofese.
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Vecchio 05-11-2007, 16.30.06   #32
epicurus
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Riprendo da Epicurus

Per quanto riguarda la domanda di Re Sole, vorrei postare una breve riflessione che fece Wittgenstein:
Citazione:
'Lo scopo del linguaggio è di esprimere i pensieri'. - Dunque lo scopo di ogni proposizione sarà proprio di esprimere un pensiero. Che pensiero esprime allora per esempio la proposizione 'Piove'?

Contrariamente a questa affermazione di Wittgenstein, non sono del tutto d'accordo nell'affermare che il linguaggio abbia uno scopo ben preciso. Che di fatto il linguaggio esprima pensieri è altra cosa.

Come ti ha ben detto Odos, l'esempio wittgensteiniano tira proprio nella direzione opposta. Leggilo come riduzione ad assurdo...

Citazione:
Originalmente inviato da benedetto
Che l'uomo possa pensare solo ciò che può dire, a mio giudizio, si deve al fatto che un'immagine mentale esiste quando qualcuno nota un certo evento nel mondo valorizzandolo con un atto di distinzione, quindi direi che l'uomo può pensare solo a ciò che può essere notato, solo a ciò che per lui assume un dato valore. Con questo criterio nascono le parole

Condivido l'analisi che ha fatto odos.

In più volevo aggiungere un esempio banale per cercare di chiarire il tutto.
Prendete un uomo del medioevo (e già qui siamo in una buonissima situazione perché egli avrà già un linguaggio complesso col quale pensare e parlare): se gli mostrate un cellulare lui poi avrà l'immagine mentale di un cellulare. Ma avrà il concetto di "cellulare"? Saprà usare la parola "cellulare" (cioè, conoscerà il suo significato)?

La risposta è negativa a tutte e due le domande. Si potrà rispondere positivamente solo dopo aver fatto vedere il funzionamento del cellulare, e dopo avergli spiegato la sua utilità. Cioè devo istruirlo su un mucchio di cose, mescolando il linguistico ("questo si chiama 'tasto'") con l'extra-linguistico (mostrando cosa succede se schiaccio un tasto).

Tutto questo per dire come l'avere un concetto non è come avere un oggetto (tipo un'immagine per i mentalisti, o una proposizione scritta in mentalese per Fodor e alcuni cognitivisti) nella propria mente.
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Vecchio 06-11-2007, 19.45.07   #33
albert
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Originalmente inviato da epicurus
In più volevo aggiungere un esempio banale per cercare di chiarire il tutto.
Prendete un uomo del medioevo (e già qui siamo in una buonissima situazione perché egli avrà già un linguaggio complesso col quale pensare e parlare): se gli mostrate un cellulare lui poi avrà l'immagine mentale di un cellulare. Ma avrà il concetto di "cellulare"? Saprà usare la parola "cellulare" (cioè, conoscerà il suo significato)?

La risposta è negativa a tutte e due le domande. Si potrà rispondere positivamente solo dopo aver fatto vedere il funzionamento del cellulare, e dopo avergli spiegato la sua utilità. Cioè devo istruirlo su un mucchio di cose, mescolando il linguistico ("questo si chiama 'tasto'") con l'extra-linguistico (mostrando cosa succede se schiaccio un tasto).

Tutto questo per dire come l'avere un concetto non è come avere un oggetto (tipo un'immagine per i mentalisti, o una proposizione scritta in mentalese per Fodor e alcuni cognitivisti) nella propria mente.

Beh, allora penso sia importante cercare di capire che cosa sia un concetto. Secondo me lo possiamo paragonare ad un "oggetto" (scusate la collisione dei termini) nella programmazione Object oriented. Consiste di una etichetta (la parola "cellulare") e di tutta una serie di informazioni, la sua immagine, tutte le descrizioni sensoriali, come quella tattile, ad esempio il peso. In più ci sono le informazioni sui modi in cui può funzionare, l'informazione che se scrivo una serie di numeri posso chiamare una persona identificata da quel numero, l'informazione che se premo due volte il tastino verde ripeto l'ultima chiamata e così via.

Quando posso dire che una persona ha il "concetto" di cellulare? Quando associa alla parola "cellulare" una serie sufficiente di informazioni. Quando si possano definire "sufficienti" le informazioni di cui uno dispone? è ovviamente un giudizio soggettivo.

Comunicare ad un'altra persona un concetto con le parole può richiedere molto tempo e fatica, e non è detto che ci si riesca.

Concludendo, secondo me pensiero e linguaggio sono cose ben diverse. La conoscenza di un linguaggio può spingerci a incanalare i nostri pensieri in determinati schemi, ma secondo me restano entità ben distinte. Penso però che, come si è digitalizzato il linguaggio (e tutte le parole che stiamo scrivendo non sono altro che numeri nella memoria dei nostri computer) non sia impossibile immaginare che, chissà quando, si potrà digitalizzare il pensiero, in fondo l'obbiettivo ultimo della Intelligenza Artificiale

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Vecchio 07-11-2007, 10.32.21   #34
benedetto
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Originalmente inviato da albert
Quando posso dire che una persona ha il "concetto" di cellulare? Quando associa alla parola "cellulare" una serie sufficiente di informazioni. Quando si possano definire "sufficienti" le informazioni di cui uno dispone? è ovviamente un giudizio soggettivo.

Comunicare ad un'altra persona un concetto con le parole può richiedere molto tempo e fatica, e non è detto che ci si riesca.

Concludendo, secondo me pensiero e linguaggio sono cose ben diverse. La conoscenza di un linguaggio può spingerci a incanalare i nostri pensieri in determinati schemi, ma secondo me restano entità ben distinte. Penso però che, come si è digitalizzato il linguaggio (e tutte le parole che stiamo scrivendo non sono altro che numeri nella memoria dei nostri computer) non sia impossibile immaginare che, chissà quando, si potrà digitalizzare il pensiero, in fondo l'obbiettivo ultimo della Intelligenza Artificiale

Comunicare il proprio pensiero su un aspetto della realtà è a volte veramente un'impresa da titani, però guarda invece quanto sia facile pianificare un progetto, quanto sia facile cioè accordarsi sul da fare....Ed è proprio in questa fase di progetto che una persona può rendersi conto se il suo interlocutore abbia un concetto sufficiente della parola a cui si fa riferimento (non tutti sanno inviare un sms). A mio giudizio, linguaggio e pensiero fanno parte di una realtà intimamente connessa ed il legame che li vincola, spesso se ne omette la forza, è dato dal comportamento, o meglio dalla forza comportamentale.

Per Odos ed Epicurus:
Mi sembra che siamo più o meno sulla stessa linea di pensiero, ma volevo chiedere: secondo Voi e tutti quelli che leggono, perchè l'ipotesi Sapir-Whorf è tanto contestata? A suo tempo lessi qualche articolo di Whorf e ai miei occhi sembrò che il suo approccio al processo linguistico fosse tra i più adeguati, confrontandolo ad esempio con ciò che disse Chomsky sulla lingua: non voglio negare l'opera di Chomsky, mi sembra solo che l'approccio al problema da parte di Chomsky sia più inerente ad una questione formale dell'aspetto linguistico che alla sua sostanzialità....è vero anche che fu Chomsky a dire "se volete che la linguistica divenga una scienza toglietevi dalla testa tutto ciò che possa riguardare la sua origine, la scienza non ha attualmente gli strumenti per farlo". Erano gli anni '60.
Ciao
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Vecchio 07-11-2007, 11.39.26   #35
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Beh, allora penso sia importante cercare di capire che cosa sia un concetto. Secondo me lo possiamo paragonare ad un "oggetto" (scusate la collisione dei termini) nella programmazione Object oriented. Consiste di una etichetta (la parola "cellulare") e di tutta una serie di informazioni, la sua immagine, tutte le descrizioni sensoriali, come quella tattile, ad esempio il peso. In più ci sono le informazioni sui modi in cui può funzionare, l'informazione che se scrivo una serie di numeri posso chiamare una persona identificata da quel numero, l'informazione che se premo due volte il tastino verde ripeto l'ultima chiamata e così via.
Quando posso dire che una persona ha il "concetto" di cellulare? Quando associa alla parola "cellulare" una serie sufficiente di informazioni. Quando si possano definire "sufficienti" le informazioni di cui uno dispone? è ovviamente un giudizio soggettivo.

Ma tutte le informazioni associate al concetto/oggetto "cellulare", in che modo hanno un significato?

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Originalmente inviato da albert
Comunicare ad un'altra persona un concetto con le parole può richiedere molto tempo e fatica, e non è detto che ci si riesca.

Possiamo dire che in generale la comunicazione funziona. Ma c'è un problema insormontabile nella tua teoria: se due persone non hanno associato esattamente le stesse informazioni a date etichette (e questo possiamo dire che è vero sempre), allora non potrà avvenire la comunicazione.
Questo argomento lo vedo come una riduzione all'assurdo della tua posizione.

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Originalmente inviato da albert
Penso però che, come si è digitalizzato il linguaggio (e tutte le parole che stiamo scrivendo non sono altro che numeri nella memoria dei nostri computer) non sia impossibile immaginare che, chissà quando, si potrà digitalizzare il pensiero, in fondo l'obbiettivo ultimo della Intelligenza Artificiale

Il salto che tu stai facendo, e credo te ne rendi conto, è enorme: un conto è associare ad una sequenza di bit delle lettere (cosa di una banalità sconvolgente: è una pura e semplice convenzione), un altro conto è digitalizzare la semantica, il significato dei termini. Diciamolo in un altro modo: un conto è che un pc manipoli bit, tutt'altro è che esso comprenda.

p.s. Digitalizzare il pensiero è l'obiettivo delle progetto "AI forte", ma la stragrande maggioranza delle ricerche in AI è rappresentato dall'"AI debole".
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Vecchio 07-11-2007, 11.46.12   #36
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A mio giudizio, linguaggio e pensiero fanno parte di una realtà intimamente connessa ed il legame che li vincola, spesso se ne omette la forza, è dato dal comportamento, o meglio dalla forza comportamentale.

Per Odos ed Epicurus:
Mi sembra che siamo più o meno sulla stessa linea di pensiero

Seguendo quanto hai appena detto, mi sembra di sì

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secondo Voi e tutti quelli che leggono, perchè l'ipotesi Sapir-Whorf è tanto contestata?

Innanzitutto vorrei dare a tutti l'opportunità di possedere almeno le basi sull'ipotesi Sapir-Whorf. Andate su questo link wiki: http://it.wikipedia.org/wiki/Ipotesi_di_Sapir-Whorf

Per quanto riguarda la tua domanda, mi vengono in mente due possibili motivi:
1) questa tesi è anche chiamata "ipotesi della relatività linguistica", e molti hanno paura della parola "relatività", non capendo che non sempre è intesa come "tutto va bene";
2) essa va a cozzare con una posizione (o un insieme di posizioni) che va molto di moda in questi ultimi decenni i scienze cognitive e filosofia della mente: la teoria computazionale della mente.

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Vecchio 07-11-2007, 17.28.39   #37
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Originalmente inviato da epicurus
Ma tutte le informazioni associate al concetto/oggetto "cellulare", in che modo hanno un significato?".

Secondo me il significato di una entità è la sua associazione con una partizione della realtà, in ultima analisi con delle percezioni sensoriali.

Alcune informazioni hanno significato perché rimandano immediatamente ad elementi della realtà (l'immagine del cellulare, il peso, etc). Altre informazioni possono rimandare ad altri concetti, come quello di "tasto", associandolo a ciò che si percepisce quando lo si tocca.

Capisco che costruire concetti sofisticati partendo da questo livello diventa lunghissimo, ma secondo me può essere un approccio fecondo.


Citazione:
Originalmente inviato da epicurus
Possiamo dire che in generale la comunicazione funziona. Ma c'è un problema insormontabile nella tua teoria: se due persone non hanno associato esattamente le stesse informazioni a date etichette (e questo possiamo dire che è vero sempre), allora non potrà avvenire la comunicazione.
Questo argomento lo vedo come una riduzione all'assurdo della tua posizione.

Secondo me non è necessario che abbiano associate esattamente le stesse informazioni, ma è sufficiente che abbiano informazioni almeno in parte coincidenti

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Originalmente inviato da epicurus
Il salto che tu stai facendo, e credo te ne rendi conto, è enorme: un conto è associare ad una sequenza di bit delle lettere (cosa di una banalità sconvolgente: è una pura e semplice convenzione), un altro conto è digitalizzare la semantica, il significato dei termini. Diciamolo in un altro modo: un conto è che un pc manipoli bit, tutt'altro è che esso comprenda.

Il salto è effettivamente enorme. Mi piace pensare, però, che ogni pensiero o concetto contenuto nelle tue parole che io posso ricevere è funzione dei numeri usati per la comunicazione. Il pc di certo non li comprende, ma avrebbe tutte le informazioni necessarie per farlo.

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Vecchio 07-11-2007, 19.25.14   #38
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Originalmente inviato da albert
Secondo me il significato di una entità è la sua associazione con una partizione della realtà, in ultima analisi con delle percezioni sensoriali.

Alcune informazioni hanno significato perché rimandano immediatamente ad elementi della realtà (l'immagine del cellulare, il peso, etc). Altre informazioni possono rimandare ad altri concetti, come quello di "tasto", associandolo a ciò che si percepisce quando lo si tocca.

Capisco che costruire concetti sofisticati partendo da questo livello diventa lunghissimo, ma secondo me può essere un approccio fecondo.

Il problema è che tale approccio non funziona neppure con parole semplici.
Prendi la parola "uovo". Tu proponi che basta avere un immagine mentale dell'uovo (e immagini collegate in modo pertinente) che ecco che sappiamo il significato di "uovo". Ma se ho di fronte l'immagine di un uovo e la indico e dico "uovo" come faccio a sapere a cosa mi riferisco: a quella forma geometrica? al colore? a quella particolare porzione spazio-temporale? a quel particolare oggetto che ho di fronte (tipo nome proprio)? .......

Impossibile. E prova ora a pensare lentamente ad ogni parola tra questa lista: "immagine", "atomo", "assenza", "questo", "quindi", "luogo", "lui", "democrazia", "truffa", "imprenditore", etc....
Se le cose sembravano difficili già con "cellulare" ora appaiono veramente impossibili.

Se vuoi un'argomentazione filosofica, invece dei miei esempietti, ascolta cosa diceva Wittgenstein:
Citazione:
Originalmente inviato da Wittgenstein
[...]potrei dare a lui l'ordine 'immagina una macchia gialla'. Diresti allora sempre che egli si è dapprima immaginato una macchia gialla, comprendendo il mio ordine, e poi si è immaginato una macchia gialla coincidente con la prima?

L'osservazione di Wittgenstein, qui, è molto acuta e risolve in due righe il problema delle immagini mentali: è impossibile che siano le immagini mentali a riempire di significato le mie parole! Spero che almeno Wittgenstein ti abbia convinto

Citazione:
Originalmente inviato da albert
Secondo me non è necessario che abbiano associate esattamente le stesse informazioni, ma è sufficiente che abbiano informazioni almeno in parte coincidenti

E chi decide quanto coincidenti?
Lo so, starai pensando che faccio il puntiglioso, ma pensa alle stelle: le nostre attuali conoscenze su cosa esse siano è cambiata radicalmente da mille anni fa. Direi che non c'è praticamente nulla in comune. Ok, sia noi che loro, quando parliamo di "stelle", guardiamo il cielo ma è questo sufficiente, basta così poco? Mah

Citazione:
Originalmente inviato da albert
Il salto è effettivamente enorme. Mi piace pensare, però, che ogni pensiero o concetto contenuto nelle tue parole che io posso ricevere è funzione dei numeri usati per la comunicazione. Il pc di certo non li comprende, ma avrebbe tutte le informazioni necessarie per farlo.

Ma non vedo su quali basi tu possa affermare questo. Credo che l'esempio della stanza cinese di Searle ti potrebbe far capire un po' meglio il mio punto di vista: http://it.wikipedia.org/wiki/Stanza_cinese
Poi ci sarebbe moltissimo altro da aggiungere sull'AI forte, che ho discusso in molti topic, ma credo si uscirebbe troppo dalla discussione.

epicurus is offline  
Vecchio 08-11-2007, 19.33.34   #39
odos
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Mi sembra che siamo più o meno sulla stessa linea di pensiero, ma volevo chiedere: secondo Voi e tutti quelli che leggono, perchè l'ipotesi Sapir-Whorf è tanto contestata? A suo tempo lessi qualche articolo di Whorf e ai miei occhi sembrò che il suo approccio al processo linguistico fosse tra i più adeguati, confrontandolo ad esempio con ciò che disse Chomsky sulla lingua: non voglio negare l'opera di Chomsky, mi sembra solo che l'approccio al problema da parte di Chomsky sia più inerente ad una questione formale dell'aspetto linguistico che alla sua sostanzialità....è vero anche che fu Chomsky a dire "se volete che la linguistica divenga una scienza toglietevi dalla testa tutto ciò che possa riguardare la sua origine, la scienza non ha attualmente gli strumenti per farlo". Erano gli anni '60.
Ciao

Il fatto è che l'ipotesi Sapir-Whorf risulta molto imprecisa, in quanto il diversi livelli del linguaggio (lessicale, sintattico, fonologico ecc..) sono trattati spesso indistintamente.
Questa imprecisione ha condotto i lettori a concludere per un'influenza di tipo meccanico della percezione sulla sensazione. Cioè l'ipotesi cosiddetta forte veniva interpretata come: siccome i parlanti Dani avevano solo due categorie per i colori (Mili per colori caldi e Mola per i freddi) essi dovevano vedere sensibilemente solo questi colori.

L'altro approccio fuorviante delle critiche è stato quello di partire dalle lingue empiriche e procedere nello stesso modo, credendo che se in una lingua empirica manca una distinzione, allora essa non è percepita in nessuno modo neanche a livello sensibile.

L'approfondimento successivo in campo psicologico cognitivo e antropologico hanno poi messo bene in luce i diversi termini del rapporto, ed è sostanzialmente su questi ultimi (e sono veramente tanti) che si può fare affidamento per sostenere l'ipotesi.

Insomma la radicalità della tesi, pur nella sua correttezza, originò parecchie confusioni, anche negli autori stessi.

Quanto a Chomsky la disputa è in realtà una finta disputa. La controversia tra innatismo (la grammatica profonda di Chomsky) o empirismo linguistico è del tutto indifferente alla questione pensiero-linguaggio. Ciò su cui sono tutti indistintamente d'accordo è che senza adeguati stimoli ambientali il bambino non apprende il linguaggio, cioè da un punto di vista innatistico non matura le funzioni linguistiche cui è predisposto. Quindi sì, anche secondo me riguarda più la questione formale. Poi, personalmente ritengo che come ogni forma di strutturalismo universalista è destinata al fallimento, in quanto proiettare sull'"essere" quella che è una indagine empirica significa creare qualcosa affetto costitutivamente da incompletezza storica, e quindi non universale. Io preferisco l'approccio genetico, che più che ripercorrere certe tappe di costituzione di un significato non fa.
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Vecchio 09-11-2007, 11.02.32   #40
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Poi, personalmente ritengo che come ogni forma di strutturalismo universalista è destinata al fallimento, in quanto proiettare sull'"essere" quella che è una indagine empirica significa creare qualcosa affetto costitutivamente da incompletezza storica, e quindi non universale. Io preferisco l'approccio genetico, che più che ripercorrere certe tappe di costituzione di un significato non fa.

Perdona la mia poca dimestichezza con termini che non riesco a dominare, tipo strutturalismo. Non possiedo molta cultura di storia della scienza e senz'altro la mia filosofia si è costituita più sulla strada che sui libri. Quello che penso io è che esistono dei fenomeni che possono essere rilevati dai sensi ed in seconda battuta analizzati dalla mente; che la mente cada in trappole risulta evidente dalla manifestazione di opinioni contrastanti sulla natura (essenza?) dei fenomeni, ma la trappola si evidenzia come trappola solo se te ne accorgi tu stesso o se ti viene suggerito da qualcuno. Ma se la trappola mentale risulta essere collettiva fintanto che nessuno se ne accorga tutti penseranno di essere nel giusto. Se un giorno Copernico disse che la terra girava intorno al sole, tutti si adeguarono a quella nuova idea ritenendola giusta; forse era più giusta, ma non era certamente giusta. Non so se era questo che volevi dire nella frase "in quanto proiettare sull'"essere" quella che è una indagine empirica significa creare qualcosa affetto costitutivamente da incompletezza storica, e quindi non universale." Se così non fosse, ti prego di ripetere con altre parole il tuo pensiero. Infine, cosa intendi per approccio genetico?
Per quel che riguarda l'ipotesi Sapir-Whorf resto con Wittgenstein, ovvero che nella fase di spiegazione di un'idea cadono in molti. Ciao
benedetto is offline  

 



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