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Filosofia - Forum filosofico sulla ricerca del senso dell’essere.
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Vecchio 10-01-2008, 08.59.40   #11
emmeci
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Giorgiosan, è vero che non esiste una moralità assoluta? Piuttosto è vero che non esiste una moralità condivisa, ma è anche indubbio che nel momento in cui dobbiamo prendere una decisione che può aver conseguenze fatali per noi o per altri, ci sentiamo spinti a pensare più in grande….. E’ un’esigenza naturale? Aristotele direbbe di sì, portando sul piano della natura quello che per Platone era un’aspirazione ideale. Comunque è da credere che a partire almeno da quando la specie uomo è uscita dalle caverne, ciò che l’individuo vedeva e sapeva non bastava più, il rapporto fisico ha cominciato ad assumere altri valori e l’istinto del branco si è trasformato in un bisogno di solidarietà, un aspettarsi dal capobranco una regola che giovasse al bene di tutti e che, una volta nata la religione, fu attribuita a quell’essere superiore immaginato di somma saggezza e sommo potere…..Era il bagliore di una moralità assoluta? Una moralità superiore a quella degli individui?
Certo noi vorremmo veder sparire quelle divisioni fra l’uno e l’altro Dio per una religione senza potere, convinti che solo questa potrebbe rivendicare a sé qualcosa come una moralità superiore. E con questo, Giorgiosan, mi pare che l’aspirazione all’assoluto rimanga anche in noi, superando il relativismo delle volontà personali.
Ma ho detto che la moralità balza oltre il sapere e mette in crisi ogni verità del pensiero – per questo una teoria della moralità, cioè la formulazione di leggi morali, è così difficile da accettare anche se ne possiamo sentire l’urgenza. Eppure, la sua nascita (la nascita di una teoria etica) è così diversa da quella di una teoria scientifica o filosofica? Questa nasce nell’individuo come uno sprazzo di assoluta verità, che viene successivamente offerta al pubblico e discussa diventando una verità relativa (contrariamente alla verità religiosa che rimane potenzialmente intoccabile per l’eternità), mentre una teoria etica, anche se, opponendosi alle religioni, non si offre come un’etica assoluta, tende però a questo, quasi intravedendo al di là della verità del pensiero un più elevato obiettivo: si potrebbe quasi dire un più assoluto assoluto, invitando i filosofi – e perché no gli scienziati? - a cercarla anche se impedisce loro di formularla. La moralità in fondo sta nello sforzo di arrivare ad essa, magari contro quello che appariva raccomandato se non imposto (dalla moda, dall’uso, dal codice) in qualità di dovere ….Sì, la moralità può andare contro sé stessa, cioè contro tutto ciò che possono pensare scienziati e filosofi. E naturalmente i politici.
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Vecchio 10-01-2008, 10.19.22   #12
Giorgiosan
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Giorgiosan, è vero che non esiste una moralità assoluta? Piuttosto è vero che non esiste una moralità condivisa, ma è anche indubbio che nel momento in cui dobbiamo prendere una decisione che può aver conseguenze fatali per noi o per altri, ci sentiamo spinti a pensare più in grande…..
..............

E con questo, Giorgiosan, mi pare che l’aspirazione all’assoluto rimanga anche in noi, superando il relativismo delle volontà personali.
Ma ho detto che la moralità balza oltre il sapere e mette in crisi ogni verità del pensiero – per questo una teoria della moralità, cioè la formulazione di leggi morali, è così difficile da accettare anche se ne possiamo sentire l’urgenza............ .

Ho detto che non esiste una moralità assoluta nel senso che nessuna norma è assoluta...
Se si parla di "assoluto" allora entrano in gioco le morali religiose...per questo avrei limitato il discorso alla morali autonome....
Sono d'accordo che l'aspirazione all'assoluto vorrebbe superare il relativismo, però la morale segue la cultura e ne è la sintesi e questo dinamismo feedback comporta una evoluzione nel tempo....come del resto, in parte, tutte le morali...

Se faccio riferimento all'assoluto allora la mia coscienza è quella formata dal cristianesimo, è una morale eteronoma, le cui norme sono dettate da Cristo...
Bisogna ( e questo vale per tutte le morali) far riferimento ad un'antropologia: debbo sapere chi è l'uomo e come è costituito prima di teorizzare come deve agire.
Tu sai che l'antropologia marxista e ben diversa da quella cristiana, (per esempio) , e che un ateo o un agnostico non fanno riferimento a quella cui faccio riferimento io.
Insomma una moralità condivisa è molto improbabile.

Se si volessero saltare queste difficoltà si potrebbe concentrare l'attenzione sulla struttura della coscienza.

Mi rendo conto che l'argomento è vastissimo e più ci addentriamo più si dilata...
Giorgiosan is offline  
Vecchio 10-01-2008, 16.17.45   #13
emmeci
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Dunque mi sembra che siamo d’accordo, Giorgiosan, se pensiamo che gli uomini, pur divisi da esigenze e obbedienze molteplici (individuali o di gruppo, filosofiche o religiose….), tendono a una moralità potenzialmente unica ed assoluta. Ma faccio osservare che, se questo è un criterio che gli stati del mondo (mi pare tu citi associazioni simili all’ONU) aspirano – sinceramente o con mille riserve - a seguire, forse proprio le religioni sono più decise a respingere, imprigionate nella loro rete di dogmi e di catechismi, nelle loro dorate anche se a volte deplorevoli tradizioni: in quel sentirsi diverse dagli usi del mondo ma anche diverse l’una dall’altra, che solletica il loro orgoglio anche se le rendono impure di fronte alla possibilità, che credo sia nel cuore della gente comune, di fondersi in una religione che superi le religioni e che, se non è stata ispirata da un profeta o uno sciamano, è forse attesa da un Dio che davanti a loro respira e respira nel cuore segreto degli uomini: di quelli che, nella tenebra del loro venerdì santo, cercano non le frasi dei predicatori, ma quello cui tende la loro fiamma di fede e li spinge a soffrire quel misterioso bruciore che è il bisogno di una moralità superiore a ogni formula perché alla fine è solo un contrasto fra ciò che è e ciò che dev’essere.
E’ sempre il medesimo fatto, il medesimo vicolo cieco: il voler imporre ciò che l’individuo non può non sentire in sé e vorrebbe seguire, sciogliendosi dai vincoli degli schiavi verso un mare difficile da attraversare ma che rispecchia, nella sua infinità, l’assoluto divino.
Giustamente tu ricordi le tante morali terrestri cioè la vita molteplice della storia, ma è questo il vero concetto di storia, l’esser costretta a fare un finito dell’infinito cioè a tentare di staccarsi dai vincoli che impediscono di raggiungere l’assoluto - che è, in fondo, lo stesso sforzo che attua l’individuo nel suo colloquio con Dio: l’impossibilità di racchiudere la verità in una teoria e la moralità in una formula, una massima, un altisonante dovere. Ma forse quella che chiamiamo la storia lo sa e non pretende di raggiungere l’assoluto, proprio perché esso balza al di là di tutto ciò che – individui popoli umanità - si può pensare ed attuare.
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Vecchio 10-01-2008, 17.46.03   #14
Il_Dubbio
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Dunque mi sembra che siamo d’accordo, Giorgiosan, se pensiamo che gli uomini, pur divisi da esigenze e obbedienze molteplici (individuali o di gruppo, filosofiche o religiose….), tendono a una moralità potenzialmente unica ed assoluta.

Forse Giorgiosan sarà d'accordo, ma non riesco a capire cosa vuol significare la parola <<assoluto>> per te. Se per assoluto intendi qualcosa che non si sa cosa sia ma a cui noi aspiriamo a raggiungere, non hai definito il termine assoluto, lo hai identificato in ciò che non conosci.
Se il filosofo deve fermarsi a capire cosa non conosce facendosi sfuggire ciò che conosce, continuerà a rincorrere le streghe invece di trovare soluzioni.

Se tu ponessi una morale assoluta in un mondo fantastico, per esempio il paradiso in cui tutti sono buoni, in cui non c'è avidità, e si vive in gioia e beatitudine, e ponessi questo come ideale sulla terra, stai ponendo un mondo assoluto (ipotetico) ad un mondo relativo che anche se aspira al raggiungimento di tale scopo, non può arrivarci ponendo l'assoluto come base, poiché qui, dove viviamo, c'è avidità, le gioie sono poche e c'è molta disperazione, viviamo nell'immondizia e nella delinquenza..ecc. ecc. Il tuo modello di assoluto (anche se fosse quello il vero modello) non serve al mondo relativo (che viviamo oggi, o che domani vivremo) che ha bisogno anche di "ordine", "pulizia", "tranquillità"; l'ordine morale secondo cui la Bontà(per esempio) è un assoluto da imporre, fa a botte con la nostra idea di giustizia (per esempio)... siamo buoni si, ma non fessi. O dobbiamo essere sempre buoni e mettere tutti fuori(dalle galere) a far fare loro ciò che vogliono (vedi la storia dell'indulto)?

Non voglio dire che non serve pensare all'assoluto, ma è matematicamente certo che l'assoluto si concilia con l'idealismo, che mal si concilia con il reale. Un giorno un ideale (per esempio maxista) potrebbe essere un <<modo reale>> per guardare il mondo. Gettando invece l'ideale dall'alto, senza nemmeno rendersi conto che non si concilia con il mondo reale, ha la cattiva conseguenza di distorcere una bella idea in una cattivissima idea.
Il_Dubbio is offline  
Vecchio 10-01-2008, 18.01.31   #15
Giorgiosan
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... forse proprio le religioni sono più decise a respingere, imprigionate nella loro rete di dogmi e di catechismi, nelle loro dorate anche se a volte deplorevoli tradizioni: in quel sentirsi diverse dagli usi del mondo ma anche diverse l’una dall’altra, che solletica il loro orgoglio anche se le rendono impure di fronte alla possibilità, che credo sia nel cuore della gente comune, di fondersi in una religione che superi le religioni e che, se non è stata ispirata da un profeta o uno sciamano, è forse attesa da un Dio che davanti a loro respira e respira nel cuore segreto degli uomini: di quelli che, nella tenebra del loro venerdì santo, cercano non le frasi dei predicatori, ma quello cui tende la loro fiamma di fede e li spinge a soffrire quel misterioso bruciore che è il bisogno di una moralità superiore a ogni formula perché alla fine è solo un contrasto fra ciò che è e ciò che dev’essere.
E’ sempre il medesimo fatto, il medesimo vicolo cieco: il voler imporre ciò che l’individuo non può non sentire in sé e vorrebbe seguire, sciogliendosi dai vincoli degli schiavi verso un mare difficile da attraversare ma che rispecchia, nella sua infinità, l’assoluto divino.
Giustamente tu ricordi le tante morali terrestri cioè la vita molteplice della storia, ma è questo il vero concetto di storia, l’esser costretta a fare un finito dell’infinito cioè a tentare di staccarsi dai vincoli che impediscono di raggiungere l’assoluto - che è, in fondo, lo stesso sforzo che attua l’individuo nel suo colloquio con Dio: l’impossibilità di racchiudere la verità in una teoria e la moralità in una formula, una massima, un altisonante dovere. Ma forse quella che chiamiamo la storia lo sa e non pretende di raggiungere l’assoluto, proprio perché esso balza al di là di tutto ciò che – individui popoli umanità - si può pensare ed attuare.


Una morale non si può imporre perché l'atto morale è un atto libero.
La traduzione in legge di un qualsiasi precetto morale, e quindi un obbligo che si fa rispettare coercitivamente dipende dal sistema politico.

Oggi si ritiene che il meno peggio dei sistemi sia la democrazia ed in questo sistema la maggioranza impone la propria volontà...ma come scegliere il sistema morale che deve essere sotteso alle leggi?
E' il sistema morale della maggioranza, cioè della metà + uno.


Attribuire alla religione solamente comportamenti negativi è un pregiudizio ideologico, secondo me... (pensa a Myanmar per esempio).
E chi ha come punto di riferimento un partito o una idea politica sarebbe in una posizione migliore? Pensa al nazismo ed al comunismo...

Hai idea di quanti siano gli individui nel mondo che aderiscono ad una religione?
E come potrebbe trovarsi una morale condivisa prescindendo dalle religioni?


Per questo preferisco parlare della morale individuale che è anche normata dal bene comune.
Giorgiosan is offline  
Vecchio 11-01-2008, 07.31.41   #16
emmeci
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A il Dubbio.
Rispondo: assoluto per me significa ciò che dicono i dizionari: l’incontestabile, naturalmente in rapporto alla sfera semantica che si copre nel momento che si usa quel termine: per esempio, se si parla di verità, l’assoluta verità è quella che nessuno può contestare; e se si parla, come qui, di moralità è quella moralità che vale universalmente, per ogni tempo e luogo. E non ci vedo nessuna difficoltà a considerare l’assoluto certissimo anche se non lo conosco (ho detto altre volte che il filosofo o lo scienziato, nel momento che è illuminato da una verità, crede in essa come in una verità assoluta, salvo poi a metterla in discussione od offrirla alla discussione. E altrettanto può avvenire per una teoria morale, anche se qui il compito è più rischioso perché la moralità condiziona le nostre vite e può assumere una portata fatale.
Ed è chiaro che il filosofo o lo scienziato, prima del lampo che lo illumina non conosce la verità (solo il religioso l’ha da sempre con sé). E non c’è nulla di strano in ciò: anche tu in questo momento non conosci la verità visto che ti chiami Il Dubbio, ma presumi (io dico sai) che possa esserci, magari un nanosecondo dopo questo istante. Una corsa verso un fantasma? Sì, può essere anche questo, ma l’alternativa è sedersi e lasciare che il fiume continui a passare. Ed è evidente che il mio assoluto va ben al di là di ogni fantasma di paradiso e di quelle perlacee qualifiche che infili al termine del tuo messaggio.
Ma tutto quello che ho detto riguarda non solo questo tema ma l’intera vita dell’uomo e forse dell'universo: che è un cercare quello che non esiste e che pure, anzi proprio per questo, puoi chiamare assoluto.

A Giorgiosan.
Tutto quello che dici della moralità (che presuppone libertà, che forse s’identifica con la democrazia, ecc) può essere senz’altro vero purché si ritenga che questa è una ricerca della moralità e non la moralità assoluta (vedi mia risposta a Il Dubbio).
Quanto alle religioni, la critica ad esse è giustificata se non resa necessaria proprio perché esse pretendono di sapere qual è l’assoluto e, chiamandolo Dio e ornandolo di una quantità di attributi, fino a quello di bene assoluto, lo rendono non solo relativo ma addirittura una semplice espressione dei desideri dell’uomo se non una maschera d’uomo. La fede, una volta definita e identificata con una religione e addirittura con una chiesa è una contraddizione in termini. E’ una fede imperfetta, per non dire una superstizione o un’idolatria.



è giustificata se non resa necessaria proprio perché esse pretendono di sapere qual è l’assoluto e, chiamandolo Dio e ornandolo di una quantità di attributi, fino a quello di bene assoluto, lo rendono non solo relativo ma addirittura una semplice espressione dei desideri dell’uomo se non una maschera d’uomo. La fede, una volta definita e
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Vecchio 11-01-2008, 13.16.43   #17
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Originalmente inviato da emmeci
A il Dubbio.
Rispondo: assoluto per me significa ciò che dicono i dizionari: l’incontestabile, naturalmente in rapporto alla sfera semantica che si copre nel momento che si usa quel termine: per esempio, se si parla di verità, l’assoluta verità è quella che nessuno può contestare;

Ed invece io la contesto

Riporre nell'assoluto qualcosa che non si conosce credendo che sia quello giusto e valevole in tutti i tempi e per sempre, porta a molteplici contraddizioni. Per esempio, non conosco il tuo pensiero in modo assoluto, e non solo non lo conosco io, non lo conosci nemmeno tu. Tu hai una conoscenza di te in terza persona e non potrai mai capirti fino in fondo. Cos'è allora questa ricerca dell'assoluto? E' una ricerca relativa, una conoscenza relativa non rispetto all'assoluto ma rispetto a ciò che tu ti rappresenti come concetto di assoluto.
Esiste un assoluto in te? O questo è fuori di te?

L'esistenza dell'assoluto, del principio primo di ogni cosa quando si parla di "soggetti" mutevoli e autonomi in ogni istante, è inutile e dannoso.

Ho fatto innumerevoli esempi per spiegare ciò che dico.

Qui non si tratta di guardare nella realtà per trovare il principio primo che spiega ogni cosa, e se anche fosse così mai è possibile prescindere dalla soggettività della nostra ricerca. Tu unisci forse il termine assoluto con il termine "oggettivo": cio che è a prescindere dal mio sguardo indagatore. Quella è la scienza che con il suo metodo sperimentale si pone come la migliore indagine possibile dell'oggettivo senza mai arrivare all'assoluto, poichè esso è anche nel soggetto (mutevole e cangiante nel tempo) ed impossibile da imbrigliare. La ricerca di un'etica assoluta fa di questa ricerca una caccia alle streghe, non solo, ma anche una adozione di termini (come libertà, amore, giustizia, bontà ecc.) relativi alla realtà del momento, che se fossero resi assoluti non potrebbero essere messi in pratica realmente.

Ho fatto moltissimi esempi, uno di questi (ripresi anche da giorgiosan) la possibilità che in un tempo X la realtà esiga che il modello "assoluto" (ma relativo al tempo) sia quello (per esempio) di tipo comunista e non quello di tipo democratico. Se tu per esempio ponessi Dio e il paradiso come modello assoluto sulla terra dovrei pensare ad un modello assoluto di "assolutismo" in cui il RE (Dio) è buono e caritatevole e ci fa sta bene, e dove non ci sono invidie, gelosie e attacchi kamikaze e in cui tutti vivono in gioia ed in armonia e beatitudine.
Puoi proporre ora un tipo di modello "assoluto" in cui un "re" è l'unico sovrano della terra? Non è tuo compito proporre un modello "reale" che diventa relativo al tempo che vivi? Che senso ha trovare un modello assoluto se poi non puoi applicarlo alla realtà che vivi?

ciao
Il_Dubbio is offline  
Vecchio 11-01-2008, 14.10.30   #18
Giorgiosan
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A il Dubbio.
Rispondo: assoluto per me significa ciò che dicono i dizionari: l’incontestabile, naturalmente in rapporto alla sfera semantica che si copre nel momento che si usa quel termine: per esempio, se si parla di verità, l’assoluta verità è quella che nessuno può contestare; e se si parla, come qui, di moralità è quella moralità che vale universalmente, per ogni tempo e luogo. E non ci vedo nessuna difficoltà a considerare l’assoluto certissimo anche se non lo conosco (ho detto altre volte che il filosofo o lo scienziato, nel momento che è illuminato da una verità, crede in essa come in una verità assoluta, salvo poi a metterla in discussione od offrirla alla discussione. E altrettanto può avvenire per una teoria morale, anche se qui il compito è più rischioso perché la moralità condiziona le nostre vite e può assumere una portata fatale.
Ed è chiaro che il filosofo o lo scienziato, prima del lampo che lo illumina non conosce la verità (solo il religioso l’ha da sempre con sé). E non c’è nulla di strano in ciò: anche tu in questo momento non conosci la verità visto che ti chiami Il Dubbio, ma presumi (io dico sai) che possa esserci, magari un nanosecondo dopo questo istante. Una corsa verso un fantasma? Sì, può essere anche questo, ma l’alternativa è sedersi e lasciare che il fiume continui a passare. Ed è evidente che il mio assoluto va ben al di là di ogni fantasma di paradiso e di quelle perlacee qualifiche che infili al termine del tuo messaggio.
Ma tutto quello che ho detto riguarda non solo questo tema ma l’intera vita dell’uomo e forse dell'universo: che è un cercare quello che non esiste e che pure, anzi proprio per questo, puoi chiamare assoluto.

A Giorgiosan.
Tutto quello che dici della moralità (che presuppone libertà, che forse s’identifica con la democrazia, ecc) può essere senz’altro vero purché si ritenga che questa è una ricerca della moralità e non la moralità assoluta (vedi mia risposta a Il Dubbio).
Quanto alle religioni, la critica ad esse è giustificata se non resa necessaria proprio perché esse pretendono di sapere qual è l’assoluto e, chiamandolo Dio e ornandolo di una quantità di attributi, fino a quello di bene assoluto, lo rendono non solo relativo ma addirittura una semplice espressione dei desideri dell’uomo se non una maschera d’uomo. La fede, una volta definita e identificata con una religione e addirittura con una chiesa è una contraddizione in termini. E’ una fede imperfetta, per non dire una superstizione o un’idolatria.



è giustificata se non resa necessaria proprio perché esse pretendono di sapere qual è l’assoluto e, chiamandolo Dio e ornandolo di una quantità di attributi, fino a quello di bene assoluto, lo rendono non solo relativo ma addirittura una semplice espressione dei desideri dell’uomo se non una maschera d’uomo. La fede, una volta definita e

Per parlare di morale assoluta bisogna introdurre argomenti metafisici...così come per parlare di assoluto in qualsiasi campo....anche in campo scientifico.
Giorgiosan is offline  
Vecchio 11-01-2008, 15.52.10   #19
emmeci
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A Il Dubbio. E’ proprio difficile intendersi…o anche soltanto capirsi. Io non ripongo proprio niente nell’assoluto che per me, come per te, è vuoto: cioè, se sono sicuro che una verità assoluta esiste (e lo ripeto senza impazientirmi) so anche che non la conosco, anzi sono sicuro che esiste perché non la conosco. Sono sicuro perché: poniamo che sia vero che tu, come dici, “non conosci il mio pensiero e non lo conosco nemmeno io”, ecc ecc, ebbene la verità assoluta può essere questa e magari lo è. Poniamo, tanto per allargare il nostro orizzonte, che la verità assoluta sia quella di koan o di katerpillar o di giorgiosan, ebbene la verità sarà questa. Poniamo che la verità assoluta non esista, ebbene la verità assoluta potrà essere questo suo non esistere. Poniamo che sia un’idiozia domandarsi se esiste, e io accetto quest’idiozia….Insomma, puoi inseguire per mille anni la verità e non trovarla, ma essa ti attirerà per altri mille nel suo ludo vertiginoso. Assurdità? Assurda ma incontestabile. Il difficile, credo, è capire proprio questo punto, che cioè qualunque cosa tu pensi può essere la verità assoluta; dunque per quanto ti sforzi di dubitare essa rimane e svolazza là. So anch’io che per noi e non solo per te tutto è dubbio, ma è dubbio proprio perché una verità c’è, altrimenti come faresti a dire che sei in dubbio?
Piuttosto avresti potuto rilevare che il mio concetto di assoluto assomiglia allora al concetto di Dio, che può resistere a ogni contestazione e non si allontana da questo forum (cioè dall’umanità) nonostante l’imperversare del dubbio: e a questo io non saprei risponderti, cioè non so se c’è qualcosa di comune fra il mio concetto dell’assoluto e il concetto di Dio. Forse bisognerebbe chiederlo non a un teologo ma a un mistico, cioè a uno che non abbia paura di affermare che Dio è così lontano da noi da sembrare inesistente.
Mi pare che sia inutile continuare negli esempi e nelle argomentazioni, nonostante il piacere del dialogo, poiché l’argomentazione è una sola: credere o non credere che l’unica logica imbattibile è quella dell’assoluto, cioè che una verità assoluta esiste anche se non la conosciamo e anche se dovesse essere che una verità assoluta non c’è.

Giorgiosan: certo che la verità assoluta, così concepita, è metafisica, ma è l’unica metafisica consentita, perché non scalfisce la fisica anzi non scalfisce nulla: ha solo un potere sul nostro pensiero.
emmeci is offline  
Vecchio 11-01-2008, 19.17.20   #20
Giorgiosan
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Originalmente inviato da emmeci
Giorgiosan: certo che la verità assoluta, così concepita, è metafisica, ma è l’unica metafisica consentita, perché non scalfisce la fisica anzi non scalfisce nulla: ha solo un potere sul nostro pensiero.

Vedi, emmeci, se devo dirti quello che penso riguardo alla metafisica è che nessuno in pratica ne fa a meno, neanche le scienze fisiche. Il rigetto della metafisica è dovuto a certi esiti cui questa pretendeva condurre, parlo della filosofia scolastica.
Preferisco sempre partire dal basso, dall'uomo,...anche se poi inevitabilmente si va verso l'alto, il che nella sostanza non è diverso dal partire dall'alto perché inevitabilmente si scende all'uomo.
Ma bisogna tener conto della realtà emozionale dell'uomo con cui dialoghi...per cui preferisco partire dal basso...
Giorgiosan is offline  

 



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