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Filosofia - Forum filosofico sulla ricerca del senso dell’essere.
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Vecchio 09-02-2012, 18.36.41   #11
barce
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Riferimento: E Se Fossero Le Differenze L’unico Modo?

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Originalmente inviato da Aggressor
Inoltre c'è di mezzo un discorso sul passaggio del potere all'interno delle istituzioni. Le istituzioni creano un meccanismo tale, per il quale chi detiene un titolo può passare quel titolo a qualcuno, e questo qualcuno non verrà scelto a caso, ma sarà una persona in linea con il suo pensiero. Così il potere gira quasi sempre tra le mani di chi ha una certa visione delle cose, alla fine, di chi crede di essere superiore e di non dover condividere la sua ricchezza con chi non se lo merita.

Non capisco neanche il senso dell'eredità: cosa ha fatto mio figlio per meritare i miei averi? Gode della fortuna di essere mio figlio? Bha...

Quello che intendevo dire io è in linea con questo tuo pensiero. Si può creare una società completamente egualitaria all'origine ma, a meno di sopprimere la libertà personale (aborro), dopo una generazione le disuguaglianze si saranno ristabilite. Inoltre, di generazione in generazione, i figli di coloro i quali sono riusciti ad ottenere il potere o una migliore condizione, riceveranno dei doni per i quali dovranno ringraziare solo e soltanto paparino e così via fino a quando non si ristabiliranno le differenze tra uomo e uomo fin dalla nascita. Le soluzioni per questo dilemma sono dure da attuare: si può forse pensare ad una sorta di redistribuzione meritocratica di ciò che un uomo ha creato nella sua vita. Ciò si potrebbe fare, ma non è affatto detto che quello stesso uomo sia d'accordo che il lavoro della sua intera vita venga messo in mani di "sconosciuti". E poi questo "merito" come lo giudichiamo? O magari c'è ancora qualcuno che ipotizza un'abolizione della proprietà privata?
Anch'io tenderei ad una società senza disuguaglianze economiche e sociali a livello ideale, ma come trasformare in prassi la teoria?
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Vecchio 10-02-2012, 11.54.25   #12
Aggressor
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Riferimento: E Se Fossero Le Differenze L’unico Modo?

Brace, io ho spesso riflettuto su questo, ma ancora non abbastanza, e visto il tuo interesse esporrò una teoria della retribuzione che ho elaborato.

Essa non è in realtà veramente soddisfacente poiché probabilmente presenta delle falle, o meglio delle difficoltà, di cui ci si può rendendere conto riflettendoci sopra. Ma sicuramente delinea un ambito e un metodo che possono essere elaborati costruttivamente.

L'idea di base è che non ha senso far decidere a uno o pochi individui quanto mi spetta per quello che faccio. Questa situazione, che è quella attuale e che il capitalismo amplifica in massimo grado, permette alle persone di credere di non ricevere ciò che gli spetta; a questo punto perché dovrei rimanere nella legalità se la legalità è con me ingiusta? Allora ho pensato che la cosa migliore sarebbe stabilire un metodo di calcolo della retribuzione oggettivo. Un giudizio oggettivo si fonda su dati e cose sperimentabili, è qualcosa di imparziale, che si attiene ai fatti, senza intervento del giudizio o della discriminazione ad opera di un qualsivoglia soggetto.

Alla fine arrivo a questo:

Il valore di ogni impiego sarà proporzionale al numero di uomini che si decide essere quello proporzionato alle esigenze dello Stato, in relazione (rapporto matematico) col numero degli elementi di uno Stato che lo svolgono.

Nel senso che si permette ad ogni persona qualificata di poter svolgere il lavoro che egli stesso richiede. Ma poiché è stato stabilito un certo numero di persone che conviene lo realizzino, quando il numero reale di persone assunte supera quella soglia il reddito inizia a diminuire, in proporzione, per ognuno di loro; al contrario, se questo numero è minore rispetto alle esigenze statali, il reddito aumenta.

Ciò vuol dire che se un lavoro è veramente umiliante, o faticoso, o comporta una dose troppo massiccia di responsabilità, la gente non lo vorrà fare se effettivamente non lo si retribuisce a dovere. Il bilanciamento del reddito sarà stabilito dalla massa stessa che determinerà effettivamente quante persone sono disposte a svolgerlo a tot prezzo; allora non si potrà dire che ciò che si guadagna è ingiusto, poiché quella cifra è stata stabilita con un metodo oggettivo e di facile comprensione.

Una cosa che mi preme dire, inoltre, è questa. Ammessa l'inesistenza della libertà, dunque eleminando una volontà che è quella di premiare chi è meglio per il fatto stesso di aver scelto liberamente il meglio durante la sua vita, è credibile che esistano persone che si sforzano, che si impegnano, 100, 200, 300 o adirittura 600 volte in più rispetto agli altri?
Ma anche 20 volte... Secondo me, una volta che si decida di non premiare la fortuna che hanno delle persone di possedere capacità particolari o di aver conosciuto la gente giusta, il metodo oggettivo di retribuzione non creerà quei grandi dislivelli che si vedono oggi.
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Vecchio 10-02-2012, 20.36.29   #13
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Non sono d'accordo col tuo modo di intendere la legge di natura, o magari non ti ho bene inteso. In base a quanto ho capito, tu assimili la legge di natura alla legge del più forte. Io credo che invece l'essere umano in natura non abbia alcun bisogno di essere in competizione con gli altri suoi simili almeno fino a quando vi saranno risorse sufficienti alla sopravvivenza di ognuno. Per il resto mi trovo piuttosto d'accordo con te. Non sta scritto su nessuna pietra che, una volta entrato in gioco uno stato sociale, esso debba necessariamente presupporre radicali differenze economiche. Dovrai però concedere che tale sistema è finora stato solo teorizzato a livello utopico e mai raggiunto. Dovrai inoltre concedere che l'abolizione delle differenze economiche è per forza limitazione della libertà individuale. Io credo che per giungere ad una situazione accettabile sia necessario bilanciare la famosa "giustizia sociale" con la libertà individuale, a mio parere imprescindibile e non sacrificabile. mettere in pratica la completa uguaglianza economica risulta impossibile. Forse bisognerebbe operare per una uguaglianza economica di partenza, cioè alla nascita, cercando di eliminare il più possibile i favoritismi che necessariamente riceve chi nasce in un certo strato sociale piuttosto che in un altro. però si tratta anche qui di limitare.
In parte mi sembra che tutti siano del parere che, al massimo, la differenza economica si possa attenuare ma non eliminare. Per esempio, ammettiamo pure che l'uomo riesca a eliminare gli esistenti dislivelli, il quesito chiedeva: Senza differenze economiche il mondo potrebbe funzionare ugualmente o s’incepperebbe? Ovvero: seguiamo un istinto naturale perché si è rivelato efficiente per il funzionamento, o potrebbero esistere altri metodi altrettanto funzionali ma più consoni alla sensibilità e giustizia umana?
Per altro, non vi è dubbio che chi possieda la ricchezza e il potere si è fatto prendere la mano dall'egoismo; ma questo è un altro problema. Per quanto riguarda gli alimenti e i mezzi atti alla sopravvivenza, ogni giorno muoiono 26.000 bambini; uno ogni tre secondi, senza contare gli adulti, vecchi ecc.
In pratica il problema esiste da sempre, eppure la competizione da te accennata non si è mai innescata e le cause si possono facilmente immaginare.
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Vecchio 10-02-2012, 20.49.24   #14
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Brace, io ho spesso riflettuto su questo, ma ancora non abbastanza, e visto il tuo interesse esporrò una teoria della retribuzione che ho elaborato.

Essa non è in realtà veramente soddisfacente poiché probabilmente presenta delle falle, o meglio delle difficoltà, di cui ci si può rendendere conto riflettendoci sopra. Ma sicuramente delinea un ambito e un metodo che possono essere elaborati costruttivamente.

L'idea di base è che non ha senso far decidere a uno o pochi individui quanto mi spetta per quello che faccio. Questa situazione, che è quella attuale e che il capitalismo amplifica in massimo grado, permette alle persone di credere di non ricevere ciò che gli spetta; a questo punto perché dovrei rimanere nella legalità se la legalità è con me ingiusta? Allora ho pensato che la cosa migliore sarebbe stabilire un metodo di calcolo della retribuzione oggettivo. Un giudizio oggettivo si fonda su dati e cose sperimentabili, è qualcosa di imparziale, che si attiene ai fatti, senza intervento del giudizio o della discriminazione ad opera di un qualsivoglia soggetto.

Alla fine arrivo a questo:

Il valore di ogni impiego sarà proporzionale al numero di uomini che si decide essere quello proporzionato alle esigenze dello Stato, in relazione (rapporto matematico) col numero degli elementi di uno Stato che lo svolgono.

Nel senso che si permette ad ogni persona qualificata di poter svolgere il lavoro che egli stesso richiede. Ma poiché è stato stabilito un certo numero di persone che conviene lo realizzino, quando il numero reale di persone assunte supera quella soglia il reddito inizia a diminuire, in proporzione, per ognuno di loro; al contrario, se questo numero è minore rispetto alle esigenze statali, il reddito aumenta.

Ciò vuol dire che se un lavoro è veramente umiliante, o faticoso, o comporta una dose troppo massiccia di responsabilità, la gente non lo vorrà fare se effettivamente non lo si retribuisce a dovere. Il bilanciamento del reddito sarà stabilito dalla massa stessa che determinerà effettivamente quante persone sono disposte a svolgerlo a tot prezzo; allora non si potrà dire che ciò che si guadagna è ingiusto, poiché quella cifra è stata stabilita con un metodo oggettivo e di facile comprensione.

Una cosa che mi preme dire, inoltre, è questa. Ammessa l'inesistenza della libertà, dunque eleminando una volontà che è quella di premiare chi è meglio per il fatto stesso di aver scelto liberamente il meglio durante la sua vita, è credibile che esistano persone che si sforzano, che si impegnano, 100, 200, 300 o adirittura 600 volte in più rispetto agli altri?
Ma anche 20 volte... Secondo me, una volta che si decida di non premiare la fortuna che hanno delle persone di possedere capacità particolari o di aver conosciuto la gente giusta, il metodo oggettivo di retribuzione non creerà quei grandi dislivelli che si vedono oggi.
Poiché i lavori umilianti sono altrettanto necessari, se non di più, dei lavori di concetto (Guardate che cosa è accaduto a Napoli e Palermo se si ferma la raccolta dell'immondizia), gli addetti allo svolgimento di tali mansioni, con uno stipendio più alto potrebbero emanciparsi loro e le loro famiglie. Il problema si presenterebbe quando tutti si fossero emancipati al punto da non voler più fare quel tipo di lavoro.
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Vecchio 12-02-2012, 12.01.20   #15
barce
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Brace, io ho spesso riflettuto su questo, ma ancora non abbastanza, e visto il tuo interesse esporrò una teoria della retribuzione che ho elaborato.

Essa non è in realtà veramente soddisfacente poiché probabilmente presenta delle falle, o meglio delle difficoltà, di cui ci si può rendendere conto riflettendoci sopra. Ma sicuramente delinea un ambito e un metodo che possono essere elaborati costruttivamente.

L'idea di base è che non ha senso far decidere a uno o pochi individui quanto mi spetta per quello che faccio. Questa situazione, che è quella attuale e che il capitalismo amplifica in massimo grado, permette alle persone di credere di non ricevere ciò che gli spetta; a questo punto perché dovrei rimanere nella legalità se la legalità è con me ingiusta? Allora ho pensato che la cosa migliore sarebbe stabilire un metodo di calcolo della retribuzione oggettivo. Un giudizio oggettivo si fonda su dati e cose sperimentabili, è qualcosa di imparziale, che si attiene ai fatti, senza intervento del giudizio o della discriminazione ad opera di un qualsivoglia soggetto.

Alla fine arrivo a questo:

Il valore di ogni impiego sarà proporzionale al numero di uomini che si decide essere quello proporzionato alle esigenze dello Stato, in relazione (rapporto matematico) col numero degli elementi di uno Stato che lo svolgono.

Nel senso che si permette ad ogni persona qualificata di poter svolgere il lavoro che egli stesso richiede. Ma poiché è stato stabilito un certo numero di persone che conviene lo realizzino, quando il numero reale di persone assunte supera quella soglia il reddito inizia a diminuire, in proporzione, per ognuno di loro; al contrario, se questo numero è minore rispetto alle esigenze statali, il reddito aumenta.

Ciò vuol dire che se un lavoro è veramente umiliante, o faticoso, o comporta una dose troppo massiccia di responsabilità, la gente non lo vorrà fare se effettivamente non lo si retribuisce a dovere. Il bilanciamento del reddito sarà stabilito dalla massa stessa che determinerà effettivamente quante persone sono disposte a svolgerlo a tot prezzo; allora non si potrà dire che ciò che si guadagna è ingiusto, poiché quella cifra è stata stabilita con un metodo oggettivo e di facile comprensione.

Una cosa che mi preme dire, inoltre, è questa. Ammessa l'inesistenza della libertà, dunque eleminando una volontà che è quella di premiare chi è meglio per il fatto stesso di aver scelto liberamente il meglio durante la sua vita, è credibile che esistano persone che si sforzano, che si impegnano, 100, 200, 300 o adirittura 600 volte in più rispetto agli altri?
Ma anche 20 volte... Secondo me, una volta che si decida di non premiare la fortuna che hanno delle persone di possedere capacità particolari o di aver conosciuto la gente giusta, il metodo oggettivo di retribuzione non creerà quei grandi dislivelli che si vedono oggi.

Credo che ormai siamo totalmente off topic in ogni caso la discussione ha preso comunque una piega interessante. Quello che vorrei dire è semplicemente che pensare un sistema politico o economico da sè è impossibile. La società, almeno in teoria, è un qualcosa che è partito da un contratto sociale o comunque da un accordo comune tra un certo numero di persone che vedevano più vantaggi nello stare insieme che nel vivere da soli. Quindi, sempre in teoria, il sistema dovrebbe essere il risultato del lavoro di una comunità, che insieme decide qual è il meglio per tutti. Questo in realtà non è mai successo. E' impensabile pensare che il capitalismo sia stato il risultato del pensiero di una collettività. tuttavia, a mio parere, un sistema sarà veramente giusto solo se sarà pensato in questo modo.
Sono consapevole che non ne uscirà mai un sistema perfetto quanto potrebbe essere quello pensato da una nicchia di pensatori, però sarà più giusto perchè voluto da tutti, una sorta di compromesso. Solo in questo modo tutti e davvero tutti sono spinti ad obbedire alle leggi di uno stato senza sentirsi oppressi da esse e anche la convivenza risulterà senz'altro più piacevole.
Vi sarete resi conto che io parlo di un'utopia, in sostanza, però ormai è l'unico modo in cui mi riesce di pensare senza che il risultato del mio pensiero mi disgusti tanto quanto la realtà attuale. Cambiare il sistema è una vera impresa, sarebbe un miracolo, più che altro. La società è marcia al suo interno, nel nucleo, ha infuso a TUTTI i valori di una vita consumistica e ha insegnato a TUTTI che il modo giusto di pensare,vivere,fare ecc. è quello suo standard. Prima di pensare di cambiare un sistema, bisogna cambiare le coscienze delle persone...
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Vecchio 12-02-2012, 21.34.59   #16
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barce

Credo che ormai siamo totalmente off topic in ogni caso la discussione ha preso comunque una piega interessante. Quello che vorrei dire è semplicemente che pensare un sistema politico o economico da sè è impossibile. La società, almeno in teoria, è un qualcosa che è partito da un contratto sociale o comunque da un accordo comune tra un certo numero di persone che vedevano più vantaggi nello stare insieme che nel vivere da soli. Quindi, sempre in teoria, il sistema dovrebbe essere il risultato del lavoro di una comunità, che insieme decide qual è il meglio per tutti. Questo in realtà non è mai successo. E' impensabile pensare che il capitalismo sia stato il risultato del pensiero di una collettività. tuttavia, a mio parere, un sistema sarà veramente giusto solo se sarà pensato in questo modo.
Sono consapevole che non ne uscirà mai un sistema perfetto quanto potrebbe essere quello pensato da una nicchia di pensatori, però sarà più giusto perchè voluto da tutti, una sorta di compromesso. Solo in questo modo tutti e davvero tutti sono spinti ad obbedire alle leggi di uno stato senza sentirsi oppressi da esse e anche la convivenza risulterà senz'altro più piacevole.
Vi sarete resi conto che io parlo di un'utopia, in sostanza, però ormai è l'unico modo in cui mi riesce di pensare senza che il risultato del mio pensiero mi disgusti tanto quanto la realtà attuale. Cambiare il sistema è una vera impresa, sarebbe un miracolo, più che altro. La società è marcia al suo interno, nel nucleo, ha infuso a TUTTI i valori di una vita consumistica e ha insegnato a TUTTI che il modo giusto di pensare,vivere,fare ecc. è quello suo standard. Prima di pensare di cambiare un sistema, bisogna cambiare le coscienze delle persone...
Questa è la solita riflessione che l'uomo porta avanti da moltissimi anni, addirittura dai presocratici, fino ad arrivare al più recente Carlo Max, Lenin o, per ultimo, Norman Mailer. Ovvero: è più opportuno organizzare una società per cambiare i cittadini, o sensibilizzare le coscienze per organizzare una giusta società? A mio modo di vedere, non vi sarebbero dubbi sul fatto che partirei dalle coscienze; ma per farlo occorrerebbe un’organizzazione molto complessa e articolata per sollecitarle. Perciò, un qualcosa di preesistente sembrerebbe inevitabile per raggiungere quello scopo; anche perché una società non nasce da un giorno all'altro, ma è stata costruita nei millenni. In alternativa, se si lascia fare alla casualità, non ci resta che aspettare che l'egoismo di alcuni uomini li faccia precipitare. Allora, ecco che si ricomincerebbe di nuovo da capo, con la speranza di non commettere gli stessi errori avvenuti nel passato. Un po’ quello che sta avvenendo in Grecia, poiché gli stipendi sono stati già portati a un livello di " clochard" (400 €), e con la nuova manovra dovranno scendere ancora di più. Perciò, quando il popolo è avvisato che senza quella successiva manovra che prevede altri tagli alle pensioni e stipendi non si salverà nessuno, allora i greci che non hanno più nulla da cedere, perché hanno perso ormai tutto, scendono in piazza per bruciare il paese. Allora, se quella classe dirigente (come pure quella italiana e di altri paesi che stanno nelle stesse condizioni), avessero operato per far sviluppare le coscienze e non rubare il patrimonio del paese per scopi personali, non si sarebbe arrivati al punto in cui siamo. Sì! Non vi è dubbio che debbano essere i dirigenti politici che, con il loro comportamento onesto, dovrebbero formare le coscienze, che servirebbero a migliorare la società. Un po’ quello che è accaduto in Germania e nei paesi nordici. Di fatto: perché loro si e noi no?
Ps. Perché siamo off topic?
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Vecchio 13-02-2012, 10.01.51   #17
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Sono daccordo Tempo2011.

Spesso mi viene detto che l'uomo è intimamente lupo, alla Hobbes. Io, invece, credo un'altra cosa.
Basta vedere il risultato del nazismo e del fascismo per capire che, più che altro, un uomo è semplicemente ciò che la comunità lo porta ad essere. A quei tempi e in quelle nazioni, quasi tutti gli uomini aderivano a modelli culturali così estremi da apparire impensabili oggi; sebbene alcuni fondamenti di quei modelli fossero, in qualche modo, subdolamente e filosoficamente fondati, tanto da saltare fuori nella contemporaneità, soprattutto in vari atteggiamenti che, ce ne si renda conto o no, ne sono lo sfondo.

Per essere meno oscuro aggiungo che mi riferisco ad un richiamo all'unità nazionale, ad un'unità di valori con connessa adesione nel sottomettersi alle autorità istituzionali. Questo è sicuramente il carattere distintivo dei tedeschi, che porta ad arginare chi si intromette nella loro società ma aderisce ad un pensiero diverso, perché queste persone, alla fine, non lavoreranno per lo stato, ma formeranno un gruppo a-statale che, in qualche modo gli si contrappone. E questo atteggiamento è tanto reale negli ebrei (fondamentalmente di ghettizzarsi), che, almeno inizialmente, con questa scusa della ricerca di un'unità reale ed effettiva, quelli sono stati cacciati ferocemente o uccisi.
Questa unità è però fondamentalmente ricercata in molti paesi, sensa rendersi conto che, se fosse qualcosa di statico, non porterebbe nulla di buono. D'altronde la Germania ha perso la guerra e la sua chiusura l'ha portata a contemplare credenze assurde che l'hanno devastata.


Si è parlato, in un'altro topic, della necessità di un'unità di valori globali e io ho detto che sono a favore di questa unità. Ma non è qualcosa che si deve ricercare con la chiusura, non deve essere un importare o imporre dei valori; per questo pongo sempre l'accento sulla mediazione. Un qualcosa che è, almeno in un certo senso, un paradosso; poiché si tratta di un'unità che cerca nella diversità il proprio sviluppo. Dopotutto non si tratta che della stessa condizione umana. Infatti l'uomo aderisce a un certo pensiero tramite cui si muove nel reale, ma deve al contempo imparare dal reale per modificarsi. Un uomo che non ha punti di riferimento è incerto, un uomo che è chiuso nei suoi valori è altrettanto folle (questi estremi sono comunissimi).


Mi sono anche dilungato su dei punti che non erano essenziali ma allo scopo di chiarire ciò che intendevo. Comunque, essenzialmente, volevo affermare che ci deve essere un movimento di informazione esteso col quale modificare la visione della massa su alcuni punti fondamentali. Il fascismo operava un lavaggio del cervello concreto fin dalle scuole d'infanzia; non voglio dire che si arrivi a questo, ma vi fa ben capire cosa intendo quando dico che la gente pensa quello che la società gli impone.

Forse ci sono verità da cui poter partire per reimpostare le società; che siano assolute o semplicemente miglioramenti delle condizioni attuali è bene che si parta di lì, per partire, appunto, e non collassare.
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Vecchio 15-02-2012, 21.12.38   #18
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Sono daccordo Tempo2011.

Spesso mi viene detto che l'uomo è intimamente lupo, alla Hobbes. Io, invece, credo un'altra cosa.
Basta vedere il risultato del nazismo e del fascismo per capire che, più che altro, un uomo è semplicemente ciò che la comunità lo porta ad essere. A quei tempi e in quelle nazioni, quasi tutti gli uomini aderivano a modelli culturali così estremi da apparire impensabili oggi; sebbene alcuni fondamenti di quei modelli fossero, in qualche modo, subdolamente e filosoficamente fondati, tanto da saltare fuori nella contemporaneità, soprattutto in vari atteggiamenti che, ce ne si renda conto o no, ne sono lo sfondo.../..

../.. Si è parlato, in un'altro topic, della necessità di un'unità di valori globali e io ho detto che sono a favore di questa unità. Ma non è qualcosa che si deve ricercare con la chiusura, non deve essere un importare o imporre dei valori; per questo pongo sempre l'accento sulla mediazione. Un qualcosa che è, almeno in un certo senso, un paradosso; poiché si tratta di un'unità che cerca nella diversità il proprio sviluppo. Dopotutto non si tratta che della stessa condizione umana. Infatti l'uomo aderisce a un certo pensiero tramite cui si muove nel reale, ma deve al contempo imparare dal reale per modificarsi. Un uomo che non ha punti di riferimento è incerto, un uomo che è chiuso nei suoi valori è altrettanto folle (questi estremi sono comunissimi).../..

../..Comunque, essenzialmente, volevo affermare che ci deve essere un movimento di informazione esteso col quale modificare la visione della massa su alcuni punti fondamentali. Il fascismo operava un lavaggio del cervello concreto fin dalle scuole d'infanzia; non voglio dire che si arrivi a questo, ma vi fa ben capire cosa intendo quando dico che la gente pensa quello che la società gli impone.

Forse ci sono verità da cui poter partire per reimpostare le società; che siano assolute o semplicemente miglioramenti delle condizioni attuali è bene che si parta di lì, per partire, appunto, e non collassare.
Di fatto, sia il nazismo sia il fascismo, hanno peccato di ottuso provincialismo, pensando che le loro idee fossero la "verità". Per altro, non vi è dubbio che una libertà sull’interpretazione mondiale sia la strada da perseguire, ma va pure aggiunto che una metodologia che persegua lo scopo debba essere attuata. Porto un esempio: ammettiamo che, sia Hitler sia Mussolini, non avessero sofferto di paranoia di grandezza e non fossero stati guerra fondai, dobbiamo ammettere che i metodi attuati, se non fossero stati con il fine del lavaggio del cervello, come affermi tu, hanno funzionato per dare un significato alla vita dei cittadini. Certamente, dopo la disfatta tutti hanno preso le distanze ma, gli assembramenti oceanici sono a testimonianza che vi era una partecipazione unitaria. Allora, punto di domanda: se i loro intenti fossero stati differenti, nel senso che tali metodologie fossero state rivolte alla pace e al benessere dei popoli, oggi, tali metodologie, sarebbero valide per un riequilibrio paritario della società universale? Personalmente, credo che un metodo di partecipazione intensiva alla vita sociale e un controllo serrato sulla spartizione della ricchezza, potrebbe dare degli ottimi risultati: almeno nella mia fantasia. Ciao.
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Vecchio 16-02-2012, 17.50.48   #19
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Allora, punto di domanda: se i loro intenti fossero stati differenti, nel senso che tali metodologie fossero state rivolte alla pace e al benessere dei popoli, oggi, tali metodologie, sarebbero valide per un riequilibrio paritario della società universale?

La mia risposta è no, nel caso queste metodologie non fossero aperte al dialogo, cioè se fossero poste come assiomi del bene sociale.




Personalmente, credo che un metodo di partecipazione intensiva alla vita sociale e un controllo serrato sulla spartizione della ricchezza, potrebbe dare degli ottimi risultati

Concordo.
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Vecchio 16-02-2012, 21.21.22   #20
barce
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Allora, punto di domanda: se i loro intenti fossero stati differenti, nel senso che tali metodologie fossero state rivolte alla pace e al benessere dei popoli, oggi, tali metodologie, sarebbero valide per un riequilibrio paritario della società universale?

La mia risposta è no, nel caso queste metodologie non fossero aperte al dialogo, cioè se fossero poste come assiomi del bene sociale.




Personalmente, credo che un metodo di partecipazione intensiva alla vita sociale e un controllo serrato sulla spartizione della ricchezza, potrebbe dare degli ottimi risultati

Concordo.

Dal punto di vista di un uomo della società moderna il tuo pensiero è quasi ovvio a mio parere. Però attenzione che ai tempi di fascismo e nazismo ci si trovava in situazioni ben differenti. Il nazismo fondava la sua ideologia su basi SCIENTIFICHE APPROVATE da fior fior di scienziati (parliamo dei più progressisti ai tempi) che si erano interessati di quell'eugenetica, al cui solo pensiero rabbrividisco.
Per quanto riguarda il fascismo, c'è da prendere in esame solo quello pre-leggi razziali, perchè quello successivo registrava un calo di consensi nettissimo. Esso propugnava una società sì chiusa, ottusa e tutto quello che volete, ma garanzia di una certa tranquillità sociale e di uno stato forte sia sul piano interno che internazionale. Se pensiamo alle schifezze dei liberali precedenti e ad una società caratterizzata da uomini mediamente infoiati da miti nazionalisti e revanchisti, giungiamo presto a concludere che il fascismo non solo era il male minore (per alcuni), ma perfino un buon sistema. Inoltre Mussolini (è innegabile) era un ottimo statista e la vita degli Italiani sembrava essere in miglioramento, all'inizio (a nessuno importava poi così tanto di come questi erano arrivati al potere e di come lo esercitavano).
Attenzione che in queste società, coloro i quali venivano accettati (rispettivamente ariani fisicamente accettabili e italiani) erano davvero tutti uguali, purchè adepti del partito. Sentirsi parte di un unico corpo sociale, come avveniva nei totalitarismi, rendeva davvero tutti uguali e credo anche felici in qualche caso sinceramente convinto.
Questo avveniva proprio perchè erano società chiuse e non pluraliste. Perchè se così fosse stato il fascismo come il nazismo non sarebbero durati molto, io credo.
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