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Filosofia - Forum filosofico sulla ricerca del senso dell’essere.
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Vecchio 13-02-2013, 21.59.52   #91
green&grey pocket
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Riferimento: L'uomo e la tecnica

sentite volevo scusarmi con i toni, francamente non mi si addicono per niente.

@gyta

gran bel post, sottoscrivo frase per frase, anzi mi hai risolto un problema che avevo lasciato in stand-by, e cioè che il rapporto primitivo con la madre non è un "essere" ma una modalità (bravissima! bella intuizione) di rappresentazione, a cui cui si può dare più di un conforto, spero una direzione.

sulla verità dissento, in quanto non è quella relativa a se una frase sia logicamente vera, nè epistemologicamente vera, bensì è la verità relativa all'essere in sè (ed è unica). sono tematiche centrali dell'ontologia classica.
tematiche che tra l'altro sono in grado di argomentare la/le "primarietà" (emotiva/e giusto gyta?) del nostro essere nel mondo.


saluti
green&grey pocket is offline  
Vecchio 14-02-2013, 10.30.37   #92
Giorgiosan
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Riferimento: L'uomo e la tecnica

Citazione:
Originalmente inviato da Giorgiosan
Stanchi di un pensiero esausto e snervato che dovrebbe produrre la sapienza, stanchi di sofismi, di avvitamenti verbali, di bizantinismi, l'umanità sta diventando pragmatica.

Citazione:
Originalmente inviato da gyta

L’umanità non sta ora diventando pragmatica ha sempre puntato a rispondere concretamente ai bisogni e la cecità della risposta immediata ed apparente a quei bisogni da sempre accompagna l’uomo nella sua immobilità, nel suo infantilismo.

Secondo quello che dici non si distinguono le varie epoche per un carattere prevalente della cultura.
Mi sembra, la tua, una completa cecità storica.
Dal punto di vista filosofico ignori, poi, che il pragmatismo è un movimento filosofico sorto negli Stati Uniti alla fine del secolo scorso e diffusosi anche in Europa. L'espressione popolare che lo esprimeva è "americanismo" termine che indicava un qualche disprezzo o ironia, dovuta proprio ad un differente clima culturale che si respirava nel nostro continente.

Il portato pragmatico della cultura americana è di tale evidenza ed è tanto globalmente diffuso che non vale la pena soffermarsi sul fatto che sia o non sia così, ma solo di analizzarlo, eventualmente ... ma sembri non averne alcuna consapevolezza.

Tu che sembri, dal tuo nick, frequentare la religiosità induista sei stata di recente a Calcutta e a Bolliwood, a proposito di americanizzazione ?

Non ti sembra un poco superficiale obiettare a quello che ho detto nel post precedente riguardo al pragmatismo affermando che l'essere umano si è sempre dato da fare per portare a casa il pane?


Ora devo, pragmaticamente, andare a fare spesa perché, come dici tu,
la necessità materiale accompagna sempre l'essere umano ed hai ragione.

Risponderò più tardi al resto del tuo post. Ciao Gyta

Ultima modifica di Giorgiosan : 14-02-2013 alle ore 15.33.48.
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Vecchio 14-02-2013, 18.37.08   #93
Giorgiosan
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Citazione:
Originalmente inviato da gyta
La filosofia non è un’istituzione ma una capacità individuale; è quella capacità individuale a produrre sapienza non l’istituzione filosofica come universale.

Qui parti da una constatazione ovvia ed evidente e cioè che l’essere umano individualmente produce pensiero e sapienza ( ma la può produrre anche comunitariamente: l’espressione “sapienza di un popolo” nella sua genericità testimonia proprio questo) per inferire che non si può ammettere il prevalere epocale di una determinata filosofia o visione del mondo. La dimostrazione che è vero il contrario è data dalla storia. come ho già detto.

La filosofia in quanto storia del pensiero è anche una disciplina istituzionalizzata nel senso che è assunta nei corsi di studio istituzionali.
-------------------
(Quella che segue è una specie di tua analisi psicologica sulla mia persona, un po' troppo lunga e che c'entra poco.)

Citazione:
Originalmente inviato da gyta
Delegare la nostra individuale stanchezza ad una stanchezza universale è negare la nostra stanchezza,

Magari si potesse delegare la nostra individuale stanchezza ad un qualsiasi universale … !
Temo che ognuno dovrà sopportare la propria.

Volevi dire che un individuo può “proiettare” la sua propria stanchezza e “vederla” come connotato della filosofia contemporanea?
Può essere, ma non capisco allora perché mai io abbia un interesse vivo e fattivo per la teologia e per la filosofia, interesse che è prevalente su ogni altro. E perché, nel campo teologico e necessariamente anche filosofico, sto determinandomi ad una qualche produzione … finalmente (e lo dico, ovviamente, a prescindere dal valore di questa produzione ).

Citazione:
Originalmente inviato da gyta
è negare la nostra personale risposta alla stanchezza che individualmente sentiamo
La mia personale risposta alla stanchezza è il riposo e non me lo nego, potendo ( immagino sia anche la tua )

Citazione:
Originalmente inviato da gyta
è alimentare l’oblio di sé, è rispondere con cecità ad un problema che è solo nostro, che è individuale.
Stai tranquilla non mi dimentico di me stesso, ho quanto mai aperti gli occhi sui miei problemi individuali. Posso affermare senza tema di smentite che mi sto molto a cuore.

Citazione:
Originalmente inviato da gyta
La capacità di pensare, la capacità di rendere quel pensare motivo di sapienza è arma individuale: non si lavora sull’astrazione insiemistica del sociale ma sull’individuale, sul singolo dal singolo, la nostra personale risposta, la nostra personale sapienza. Non può esserci rapporto se manca l’identità. Non può esserci solidarietà se manca l’individuo a sé medesimo. Passatemi una battuta sfogo: l’insiemistica ha minato il nostro modo di intendere!



Nella conclusione hai rivelato la tua intenzione, che è sempre determinante per capire un pensiero: la difesa dell'individualità, della tua personale individualità.

L’individualità non si può negare a meno di cadere in un “pantuttismo” fantasioso e risibile.

L’individualità è una realtà biologica e spirituale ineliminabile mentre la comprimibilità delle sue manifestazioni esistenziali è possibile, sul piano sociale e politico ed entro certi limiti anche necessaria.

Un insieme è una collezione di oggetti, che è a sua volta considerata un oggetto ... ma gli uomini rimangono soggetti anche quando vengono considerati gli oggetti di un insieme. L'insiemistica non ha minato minimamente il mio modo di intendere, non mi ha neanche mai impressionato.
E tu non farti impressionare dalla mia firma ... la individualità è esaltata da quella unità.


Va da sé che sul piano morale sono d’accordo: non ci può essere amore del prossimo quando non c’è amore per sé stessi … il che non toglie che si possa e si debba amare il prossimo come sé stessi, questa è la mia opinione morale.

Ciao gyta.

Ultima modifica di Giorgiosan : 15-02-2013 alle ore 10.03.18.
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Vecchio 15-02-2013, 07.11.02   #94
gyta
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Green&grey pocket, grazie degli apprezzamenti ma temo di essere stata fraintesa
È possibile che non mi sia spiegata troppo chiaramente
ed abbia dato luogo a fraintendimenti..

Mi riferivo al neonato, al forgiarsi della mente, al linguaggio-base, alle prime profonde simbologie a sintesi della capacità esperienziale.
Una mente base forgiata dall’abc del linguaggio percettivo emergente dalla radice esperienziale della differenziazione, dove il simbolo-radice universale resta a fondamento e la specificità caratteriale della madre e dell’ambiente viene ad aggiungersi quale rivestimento a quella base.
Anche se, come ho detto, ad un certo livello d’indagine sembrerebbero essere inscindibili, rivestimento e base.
Una mente base vergine che stabilisce in sé l’abc di un linguaggio percettivo-intellettuale radicato sull’esperienza fondamentale della differenziazione (madre-figlio)* risolta nel concetto “di ruolo”..
Ed il resto a seguire come rivestimento.

* Io- altro da me, sino alla comprensione dell’apparenza
di questa sintesi di differenziazione duale nella unitaria,
impersonata dal concetto apparente di ruolo e sostanzialmente
di io-io, ovvero di unitarietà intrinseca di ciò che appare molteplice.


Citazione:
Qui parti da una constatazione ovvia ed evidente e cioè che l’essere umano individualmente produce pensiero e sapienza ( ma la può produrre anche comunitariamente: l’espressione “sapienza di un popolo” nella sua genericità testimonia proprio questo) per inferire che non si può ammettere il prevalere epocale di una determinata filosofia o visione del mondo. La dimostrazione che è vero il contrario è data dalla storia.
(Giorgiosan)
Il mio fine non è quello. Mi interessa la parte utile delle analisi e cerco di riportarla nell’ambito della coscienza e dell’azione individuale..
Citazione:
Volevi dire che un individuo può “proiettare” la sua propria stanchezza e “vederla” come connotato della filosofia contemporanea?
(Giorgiosan)
No, non volevo dire questo. Cerco di portare l’attenzione a ciò che è il nostro campo di azione individuale. Per me la filosofia e la discussione dovrebbero essere finalizzati proprio a portare una luce maggiore in noi stessi presi individualmente, nella nostra possibilità di azione personale.
Citazione:
Nella conclusione hai rivelato la tua intenzione, che è sempre determinante per capire un pensiero: la difesa dell'individualità, della tua personale individualità
(Giorgiosan)
.
Non vorrei essere fraintesa.. La mia intenzione è la luce della ragione atta ad illuminare in noi il nostro porci di fronte ai problemi, una luce che dovrebbe essere conoscenza del nostro modo di pensare nel profondo per poter giungere ad un agire non trascinato da vaghezza, da impotenza o da ineluttabilità.

Un possibile movimento di comprensione, di analisi dovrebbe essere rivolto verso l’interno, la nostra mente (non rivolto al fuori ), come noi ci poniamo di fronte al fuori, cosa viviamo individualmente di fronte a ciò che consideriamo problematico fuori, come è fatta, come funziona, quale realtà, quale parte della nostra mente interagisce con quello che riteniamo problematico fuori. Senza questo lavoro potremo dire tante belle cose persino vere ed apparentemente utili ma incapaci di smuovere qualcosa. La filosofia non dovrebbe a mio avviso essere una comprensione rivolta al fuori ma principalmente incentrata a quella mente che cerca di comprendere il fuori. Una luce fondata su di un’auto osservazione che rivolga a sé medesima quell’analisi di comprensione di sostanza invece spesso principalmente direzionata all’ipotetico fuori.
Allora quella visione interiore del proprio sentire, essere e porsi potrà diventare risposta attiva a quel fuori senza fermarsi invece ad una analisi incapace di influire autenticamente e direttamente sui problemi individuati.

Citazione:
Va da sé che sul piano morale sono d’accordo: non ci può essere amore del prossimo quando non c’è amore per sé stessi … il che non toglie che si possa e si debba amare il prossimo come sé stessi, questa è la mia opinione morale.
(Giorgiosan)
E non ci può essere “amore” per “se stessi” senza una reale conoscenza del funzionamento del nostro sentire e del nostro pensare, degli archetipi, delle sintesi, dei simboli che giocano al di sotto di ogni nostro personale interagire e ancor prima del nostro credere e pensare, del nostro sentire. La filosofia priva della luce della psicologia del profondo è come la rappresentazione matematica del reale priva della conoscenza del significato attorno al senso del numero.
Il mio non è un discorso morale né una posizione morale ma una posizione auto coscienziale, di direzione autentica verso l'auto analisi, dove prima della luce della ragione verso un fuori c’è l’individuare quale luce e quale ragione illumina l’interno, ovvero quali strumenti utilizzo nell’indagine verso ciò che individuo come problematica e come fuori.

Allora secondo questo modo di procedere non ci si interroga sul rapporto fra la tecnologia e l’uomo se non prima di esserci nel profondo interrogati sul rapporto che intercorre fra la nostra coscienza e l’esperienza interiore di ciò che sintetizziamo ed individuiamo come tecnologia. Il problema diventa un nostro problema, la tecnologia non è più una fotografia scattata verso l’esterno ma una indagine una fotografia scattata direttamente all’interno, andiamo ad individuare ad analizzare nel particolare cosa e come determinati oggetti influiscono nella nostra coscienza interiore nel nostro modo di muoverci interiore, di pensare, di intendere, di vedere, di sentirci, entriamo in prima persona dentro quella fotografia a conoscerci per davvero, a comprendere quali elementi di noi si muovono entro quella problematica che allontaniamo da noi attraverso l’identificazione oggettiva di “tecnologia”. Cerchiamo di individuare quali simboli e quali bisogni, quali maschere, quali trucchi muovono al di sotto del nostro intendere e percepire, al di sotto di ciò che fotografiamo accaderci internamente in relazione alla problematica che andiamo indagando.

La totalità di questa realtà profonda ed individuale in merito alla problematica presa in esame ci fornirà quella fotografia autentica intorno a ciò che cerchiamo di comprendere e risolvere e non un apparente dipinto usurpatore di presunta oggettività e fondamentalmente di impotente oggettività. Quindi non individuerei nella mia posizione una cecità storica ma una centralità di sintesi analitica che non può prescindere dalla personale analisi della propria esperienza interiore in merito.
gyta is offline  
Vecchio 15-02-2013, 08.59.21   #95
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Allora Gyta, vediamo se riesco a spiegarti meglio il mio punto di vista; per come la vedo io un individuo non è mai qualcosa in sé ma in relazione a*, l'identità si forma nella relazione, es. sono italiana rispetto a chi è francese, spagnolo, ecc, sono madre, moglie, commessa, dirigente, disoccupata ... ecc tutti aggettivi che definiscono un ruolo all'interno di una comunità rispetto ad una pluralità di tanti altri e in relazione a questi. Per essere davvero individui occorre stare sul cucuzzolo di una montagna eppure anche lì dubito che il pensiero non si formuli sempre come se fosse rivolto a qualcun altro, le idee in relazione ad altre. La relazione altro non è che comunicazione, Lacan diceva addirittura che l'individuo è parlato, ovvero si comincia ad esistere ancora prima di venire al mondo, nei discorsi sul nascituro dei genitori, nonni ecc. ed è impossibile non comunicare. Attraverso la comunicazione si stabilisce una relazione ( che poi spesso prevale sull'aspetto contenutistico ma è un altro discorso, anche se per la schismogenesi potrebbe benissimo applicarsi alle interazioni simmetriche tra mercati e a quella tra mercato e lavoratore dove infine quest'ultimo arriva ad annichilirsi o suicidarsi). Così la relazione tra madre e figlio non pone solo le basi dell'identità futura del figlio, ma identifica anche la madre, nel ruolo di buona, cattiva, di responsabile di una nuova vita, accuditrice ... e insomma ci siam capiti, anche nel momento in cui si diventa madri è nella relazione che si acquisisce ruolo ed identità.
Questo per quello che concerne le relazioni tra persone. Col medium invece ho un'altra idea (precisando che di Luhmann so poco e niente e che io parlavo di Marshall McLuhan che conosco invece un po' meglio) che spero di rendere con un esempio. Noi interagiamo col mondo attraverso i sensi quindi quando osserviamo possiamo pensare che il nostro corpo finisca sulla superficie dell'occhio, ma un cieco che "vede" attraverso il bastone, fino a dove possiamo presumere che il suo corpo finisca? alla mano? all'inizio del bastone? alla sua fine? Io propendo per quest'ultima, e la tv che ci fa arrivare fino in Cina a vedere cosa succede lì ora,non è forse come quel bastone? un prolungamento della vista, degli occhi, quindi non uno strumento, ma una parte del nostro corpo. Per questo è difficile non pensare che in qualche modo la nostra identità sia anche forgiata dal mezzo, quando non sia proprio uno status symbol a fare di noi "appartenenti" ad una certa parte di gente, una ristretta cerchia di persone che posseggono quell'oggetto. In alcuni periodi della nostra vita scegliamo l'abbigliamento utile a definire l'dentità, oggi credo siano cappellini e snikers hip hop, oppure la divisa da lavoro comunica l'appartenenza a quel gruppo. E questo rientra nella comunicazione e nelle relazioni in una comunità tra ruoli, identità.
* Non tantissimi anni fa la Tatcher diede il via ad una modalità di pensiero individualista affermando che non esiste la società ma solo individui, la tecnologia continuò questo percorso di isolamento dagli altri prima con le cuffiette, si ascoltava musica in cuffia col walkman, anche camminando tra la gente, ideologia di mercato e tecnologia si son fuse dando vita all'orrore che viviamo oggi dove un clochard che in realtà è il prodotto della società che ha deciso che tutto deve essere fatto attraverso il denaro, e se non lo hai ti arrangi, viene ritenuto unico responsabile della sua condizione.
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Vecchio 15-02-2013, 18.43.32   #96
Giorgiosan
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Citazione:
Originalmente inviato da gyta
1)La mia intenzione è la luce della ragione atta ad illuminare in noi il nostro porci di fronte ai problemi, una luce che dovrebbe essere conoscenza del nostro modo di pensare nel profondo per poter giungere ad un agire non trascinato da vaghezza, da impotenza o da ineluttabilità.
2)Un possibile movimento di comprensione, di analisi dovrebbe essere rivolto verso l’interno, la nostra mente (non rivolto al fuori ), come noi ci poniamo di fronte al fuori, cosa viviamo individualmente di fronte a ciò che consideriamo problematico fuori, come è fatta, come funziona, quale realtà, quale parte della nostra mente interagisce con quello che riteniamo problematico fuori.
3)Senza questo lavoro potremo dire tante belle cose persino vere ed apparentemente utili ma incapaci di smuovere qualcosa.
4) La filosofia non dovrebbe a mio avviso essere una comprensione rivolta al fuori ma principalmente incentrata a quella mente che cerca di comprendere il fuori. Una luce fondata su di un’auto osservazione che rivolga a sé medesima quell’analisi di comprensione di sostanza invece spesso principalmente direzionata all’ipotetico fuori.

5)Allora quella visione interiore del proprio sentire, essere e porsi potrà diventare risposta attiva a quel fuori senza fermarsi invece ad una analisi incapace di influire autenticamente e direttamente sui problemi individuati.

Ho diviso in paragrafi il tuo post.

1)Socrate avrebbe sintetizzato con gnothi seauton, conosci te stesso.

2) Sembra che tu voglia dire che dovremmo guardare "il fuori" da dentro, dalla mente, in effetti lo facciamo sempre … 3) sembra che tu voglia dire che con la sola mente “possiamo smuovere qualcosa” fuori.

4) Qui sembri voler dire che la vera sapienza è conoscere come utilizzare la mente e conoscendola conosceresti tutto.

5) I problemi si individuano nella mente e si risolvono con la mente mentre l’analisi del mondo esterno, diciamo, è del tutto inutile perché l’ esterno non è la realtà, è una immagine, una proiezione.

Hai tradotto in linguaggio psicologico una delle tante visioni religiose dell’Induismo.
In un tuo precedente post hai menzionato archetipi e simboli.

Il nucleo del tuo pensiero sembra proprio mutuato dall’Induismo, integrato forse con principi junghiani. Ogni essere umano è o può essere un Dio, o meglio un avatar della divinità. L’ignoranza viene dall’errore di considerare il mondo esteriore come reale mentre la realtà efficace è in noi, è la nostra mente.

Scriverò poi un mio commento dopo la tua risposta.

Ultima modifica di Giorgiosan : 15-02-2013 alle ore 19.33.25.
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Vecchio 15-02-2013, 23.14.05   #97
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@gyta

non ti preoccupare non sono a digiuno di psicologia, più che del processo di identificazione tramite lo specchio, mi riferivo all'analisi dei 4 tipi di bion, che non è un dato significante alla Lacan (che considero il filosofo per eccellenza del nostro tempo) quanto piuttosto un dato emotivo e quindi molto più denso di interpretazione.

@giorgiosan
il problema dell'induismo è che vede con una tradizione completamente diversa il mondo, non per questo disprezzabile anzi...
è una tradizione chiaramente platonica (ovviamente è platone che prende dalla tradizione indiana).
per dirne una: se ad un indiano parli di induismo loro non sanno manco cosa esso dovrebbe essere.
per dirne un altra non esiste un induismo, ma decine forse centinai di induismi.
tienine conto quando risponderai a gyta.


@viandante
che noi siamo frutto di posizioni relazionali è insito nel fatto che esiste un io.
il punto che sfugge è questo: ma questo io esiste?
il discorso di Lacan è intriso di questo.(oltre a quello del significante che hai ben esposto tu)
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Vecchio 16-02-2013, 06.56.07   #98
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Citazione:
Allora Gyta, vediamo se riesco a spiegarti meglio il mio punto di vista [..]
(La viandante)
Ho compreso.. e credo di aver indirettamente risposto al tuo dilungandomi abbastanza sul come intendo il prolungamento dell’io nel mio post precedente.. dove per centrale evidenzio l’importanza dell’autoconoscenza.. Per il resto non sento differenze sostanziali..

Citazione:
Sembra che tu voglia dire che dovremmo guardare "il fuori" da dentro, dalla mente, in effetti lo facciamo sempre …
(Giorgiosan)


Non è possibile conoscere il fuori se non si conosce prima la mente che usiamo a guardare il fuori. Conoscerci interiormente a livello profondo non è una sintesi superficiale di come pensiamo ma del perché pensiamo ciò che pensiamo. E’ osservazione ed analisi, è rivoltare la questione secondo cui spesso crediamo di conoscerci e di essere in grado di avere una visione obiettiva del fuori. Questo cercavo di evidenziare..

Citazione:
sembra che tu voglia dire che con la sola mente “possiamo smuovere qualcosa” fuori.
(Giorgiosan)

Questa posizione “filo magica” non è necessaria al fine del nostro discorso.. Ciò che intendevo affermare è che la nostra presa di coscienza interiore, la nostra luce che illumina all’interno la nostra coscienza è in grado di mutare la nostra parte di quel “fuori” che non ci piace. Poiché noi siamo parte di quel fuori. E in secondo luogo, solo una luce autentica interiore è in grado di portare quella medesima luce coscienziale nel rapporto con gli altri, nel “fuori” dove avvertiamo ci sia quella problematica che ci appartiene.

Citazione:
Qui sembri voler dire che la vera sapienza è conoscere come utilizzare la mente e conoscendola conosceresti tutto.
(Giorgiosan)

Conoscendola conosci tutto ciò che è in tuo potere di essere; non conosci “tutto”. Conosci ciò che è essenziale conoscere di te stesso. Cosa che di sicuro non guasta alla comprensione delle dinamiche umane degli altri uomini..

Citazione:
I problemi si individuano nella mente e si risolvono con la mente mentre l’analisi del mondo esterno, diciamo, è del tutto inutile perché l’ esterno non è la realtà, è una immagine, una proiezione.
(Giorgiosan)


Chi mai ha scritto questo? Sob!
L’esterno è reale quanto l’interno ma dobbiamo essere in grado di intenderlo.
Se cerchi di misurare la distanza fra le cose col termometro quella distanza avrà il colore
di una tua proiezione (anzi, di una proiezione del termometro ) non di una visione di rapporto autentico..

Citazione:
Hai tradotto in linguaggio psicologico una delle tante visioni religiose dell’Induismo.
In un tuo precedente post hai menzionato archetipi e simboli.
(Giorgiosan)

Penso che sia difficile comprenderci l’un l’altro se cerchiamo di inquadrare il discorso di una persona secondo filoni precostituiti di pensiero senza attenerci unicamente alle parole scelte pur con tutta la difficoltà talvolta di sviscerare quella sintesi che queste racchiudono.


Il guaio dell’individuare la realtà del mondo attraverso una visione accademica di pensiero
è quella di non vedere persone ma visioni accademiche di pensiero.

Citazione:
Il nucleo del tuo pensiero sembra proprio mutuato dall’Induismo, integrato forse con principi junghiani. Ogni essere umano è o può essere un Dio, o meglio un avatar della divinità. L’ignoranza viene dall’errore di considerare il mondo esteriore come reale mentre la realtà efficace è in noi, è la nostra mente.
(Giorgiosan)

La prima ignoranza insegnata dall’istituzione scolastica e dall’impostazione sociale della apparente cultura è quella di guardare alle cose e all’esperienza attraverso gli occhi di grandi contenitori di idee. Non esiste l’induismo, non esistono visioni junghiane esiste il nostro pensiero intorno ciò che sperimentiamo. Esistono esperienze simili. Esistono percezioni simili. Esistono conclusioni simili. Esistono persino visioni coincidenti. Ma non esiste un’autentica comprensione verso un determinato pensiero che rappresenta l’esperienza di quel preciso uomo, di quella precisa esistenza, se ci avviciniamo nella comprensione con un bagaglio zeppo di contenitori pronti ad includerlo. Se ci accostiamo alla realtà pieni di pre-concetti non abbiamo posto per i concetti, non per la scoperta, né per confrontarci autenticamente con l’altro. La conoscenza storica del mondo dei pensieri che hanno abitato l’uomo dovrebbe essere come un grande vocabolario prezioso e non usato per soffocare il pensiero nella finitezza di una sintesi unilaterale e superficiale dentro una sorta di automatismo di ispirazione insiemistica.
Non esistono le filosofie, esiste l’uomo e la sua filosofia, la sua esperienza, il suo pensiero.
Può (quella conoscenza del mondo dei pensieri che hanno abitato l'uomo) servirci per comprendere meglio il nostro, per fornirci domande, mai per sostituirsi al reale confronto diretto con le idee e non (nel confronto) con gli universali delle idee. Gli universali possono tutt’al più servire individualmente per cogliere il simbolo celato dietro i movimenti mentali e non per fotografare l’autenticità e la pienezza del pensiero, tanto meno per un incontro autenticamente critico, in virtù di un autentico e proficuo confronto dell’anima.

Citazione:
non ti preoccupare non sono a digiuno di psicologia
(Green&grey pocket)

E’ un peccato!

Come dicevo a Giorgiosan è utile la conoscenza sperimentata allora sappiamo che è proprio così, perché l’abbiamo in noi osservata e, laddove difficile individuarla direttamente, intuita estrapolata.. Come diceva qualcuno non esiste la psicoanalisi se non quella che sperimentiamo e alla quale diamo linguaggio attraverso la nostra individuale esperienza psicoanalitica. Il resto sono rappresentazioni di universali utili per giocare con le idee non per comprenderle.

E’ bello sapere tu, Green&grey cosa sperimenti, cosa pensi, cosa osservi, quale vita ti abita, tu Giorgiosan, tu per ognuno di voi. E’ bello ed è conoscenza autentica, da anima ad anima, da pensiero a pensiero. Il pensiero espresso tramite teorie pseudo unificanti universali allontanano l’anima dal confronto autentico, sono indolore e non servono che alle accademie.. Per le sintesi spesso e volentieri è sufficiente il vocabolario il resto è smettere di parlare da mente a mente.. Questo francamente sento..

La preziosità, l’autenticità è possibile solo nell’incontro diretto del nostro vissuto con il vissuto dell’altro..

In sintesi:
Il rapporto fra l’uomo e la tecnica è prima di tutto il nostro personale rapporto con la tecnica!
E il nostro personale rapporto con la tecnica è frutto di ciò che siamo.
E ciò che siamo è la sintesi di ciò che intendiamo.
E ciò che intendiamo può essere chiarificato solo da una conoscenza autentica
di ciò che alimenta quel nostro intendere.
E ciò che alimenta quel nostro intendere lo possiamo cogliere solo attraverso l’osservazione interiore autentica.
E la conoscenza autentica interiore può fornirci quegli strumenti capaci di portarci ad usare i mezzi con coscienza.
Allora anche il simbolo celato non resterà che a rappresentazione di un nostro potenziale di ampliamento non di alienazione.


Citazione:
ma questo io esiste?
(Green&grey pocket)

Forse potremmo portare questo approfondimento nell’altra discussione sull’io appunto.
Penso che sia più interessante comprendere se per me, per te, per chi l’io esiste e cosa intende con io.. No?

Ultima modifica di gyta : 16-02-2013 alle ore 10.12.01. Motivo: aggiunta di verbi sottintesi; punteggiatura.
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Vecchio 16-02-2013, 09.06.54   #99
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Citazione:
Originalmente inviato da green&grey pocket
il punto che sfugge è questo: ma questo io esiste?

Secondo la psicologia sì, secondo le neuroscienze no, secondo me è qualcosa che viene ricreandosi ogni volta e mai una e per sempre, abbiamo una percezione conscia e inconscia di quanto ci circonda, mediamo col mondo esterno relazionandoci ad esso in ogni istante modificando noi e chi viene a relazionarsi con noi, è un divenire costante. Una sintesi sempre per difetto del totale di informazioni che elaboriamo.
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Vecchio 16-02-2013, 10.55.16   #100
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Originalmente inviato da green&grey pocket

@giorgiosan
il problema dell'induismo è che vede con una tradizione completamente diversa il mondo, non per questo disprezzabile anzi...
è una tradizione chiaramente platonica (ovviamente è platone che prende dalla tradizione indiana).
per dirne una: se ad un indiano parli di induismo loro non sanno manco cosa esso dovrebbe essere.
per dirne un altra non esiste un induismo, ma decine forse centinai di induismi.
tienine conto quando risponderai a gyta.

Non ho espresso alcun giudizio negativo sull'Induismo, che conosco abbastanza bene sia perché ha fatto parte del mio curriculum studiorum sia per aver soggiornato qualche tempo in India, allo scopo di approfondire la mia conoscenza e soddisfare la mia curiosità
Anni fa ho contribuito ad un 3d sul Bhagavad-Gita, dove ho espresso la mia "empatia" per questo poema. I miei giudizi sull'Induismo sono stati sempre positivi e lo sono ancora. La mia posizione, su questo tema, è affine a quella di Panikkar.

L'Induismo ha contenuti metafisici ricchissimi in modo particolare le Upanishad ma tutto l'Induismo ne è intriso.
L'Induismo non si deve pensare come un blocco di tradizioni antiche e immutabili, esso ha avuto ed ha una evoluzione.

Per quello che riguarda Platone oggi sembra escluso un rapporto diretto o indiretto con l'Induismo.
(Propedeutico ad una conoscenza dei rapporti religione-filosofia potrebbe essere Introduzione alla storia delle religioni di Angelo Brelich.)

L'Induismo è stato un plurisecolare melting pot di religioni per la sua capacità
strutturale di incorporare qualsiasi credo e di originare molte riforme, la più importante delle quali è il buddismo.

Gli Indù istruiti sanno benissimo di cosa parlano assai più di noi occidentali, riguardo alla loro religione.

Ultima modifica di Giorgiosan : 16-02-2013 alle ore 14.27.12.
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