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#43 |
Ospite abituale
Data registrazione: 12-01-2013
Messaggi: 331
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Riferimento: La verit� � ci� che si dice
Il problema di Eco � che confonde la semiologia con la semiotica, come giustamente fa notare l'intellettuale Calciolari, la denotazione non � la connotazione.
la tecnica del segno, non � la logica del segno: a me pare di una banalit� sconcertante. la logica non pu� fare a meno del concetto, come si fa a dire che la verit� (che appunto � un concetto tra l'altro) risiede nella lingua?? Certo abbiamo bisogno della semiotica per non cadere nel metafisico(la distinzione tra segno-simbolo-oggetto e tra interprete-interpretante(mezzo)-interpretato: ma poi non possiamo dimenticare l'origine del pensare. Eco allievo di Peirce, s� ma pessimo. (nonostante nelle lacrime dell'ornitorinco di kant abbia corretto parzialmente, cio� lasciandola intendere, la sua posizione o riposizione col kantismo) Non a caso l'esito (che tu chiami soprendente, e ti credo!) � proprio quello di fraintendere completamente l'oggetto kantiano con una forma fittizia (che per lui � reale) linguistica. Possiamo anche vederlo sotto il problema fondamentale dello spazio/tempo hegeliano(ovvero l'intuizione trascendente) : Eco non lo indaga (inferenzialmente) ma lo descrive come se fosse un problema analitico di "nominazione della lista". Ovvero ne rimuove la problematica di base a mio parere. Ma veramente Mauro pensi che la verit� risiede solo orizzontalmente? Facciamo la lista della spesa come fanno gli americani?(che va anche bene, va da s�) Ma tutto il problema degli universali apriori kantiani?! |
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#44 |
Ospite abituale
Data registrazione: 14-12-2012
Messaggi: 381
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Riferimento: La verit� � ci� che si dice
@ Ceccodario
Per intenderci, bisogna che io faccia una premessa (senn� non si capisce di che stiamo parlando). Nella risposta a Epicurus dicevo che Eco, con quella affermazione, intendeva provocare e, forse, provocar-si. Questo perch�, da seguace di Peirce (il quale afferma che il "pensato", prima ancora che il "detto", inserisce l'"oggetto" - di tale pensiero - all'interno di una catena segnica), non avrebbe potuto affermare che quel che ha affermato. Ora, se ci� che possimo conoscere � solo il fenomeno (come una grandissima parte della filosofia contemporanea sostiene), cio� il gi�-pensato (cio� ancora il gi�-interpretato), la "aletheia" (che deve essere necessariamente assoluta, come giustamente affermi) va, per cos� dire, a farsi friggere. Va a farsi friggere nel senso che viene necessariamente relegata nella sfera dell'"in s�", o dell'"evento verticale" (per dirla con Peirce). E la sua conoscibilit� assume i contorni astratti della "trascendenza" (una trascendenza intesa in senso kantiano, o heideggeriano, come di un soggetto che appunto "trascende" verso l'oggetto). Non a caso, lo stesso Peirce parla della conoscenza dell'"evento verticale" (l'oggetto) sostanzialmente negli stessi termini, e dunque poco o nulla aggiungendo. E allora partiamo da questo presupposto (ti inviterei comunque a leggere le mie risposte a Epicurus): Ecco sostiene che la verit� � ci� che si dice, ma la sua sembra pi� una provocazione rivolta alla "vulgata" filosofica contemporanea (fra l'altro avrei voluto analizzare meglio quanto Eco dice ne: "La soglia e l'infinito", ma nessuno � sembrato esserne interessato - c'� un passaggio che, a mio avviso, dimostra inequivocabilmente che quella � stata una provocazione). Diciamo quindi che non solo io (che ho un concetto "aristotelico" della verit�, cio� come corrispondenza dell'enunciato all'oggetto "primo") non mi sento dentro a nessun paradosso, ma nemmeno Eco credo lo sia. Quindi ecco, da "qui" comincerei il discorso. Ma il discorso non � cos� semplice, perch� effettivamente ci� che possiamo conoscere � solo il fenomeno, e quindi questo "dis-velare" � un disvelare cosa? Forse un disvelare il fenomeno? Sarebbe insensato. E d'altra parte le fandonie si ri-costituiscono sempre: quasi mai emerge una verit� incontrovertibile. ciao |
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#45 |
Ospite
Data registrazione: 08-09-2012
Messaggi: 12
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Riferimento: La verit� � ci� che si dice
Buon anno a tutti,
Casualmente ho �sfogliato� i vari interventi sul tema in oggetto e li reputo molto interessanti. Conoscevo, sulla verit�, un�affermazione diversa da quella citata da Eco; �la verit� � ci� che si crede che sia�. Si possono, per mille ragioni, �dire delle cose�, ovvero esternare delle affermazioni, non sempre corrispondenti al proprio convincimento o alla propria credenza e quindi secondo la �propria verit��. Ritenere che l�affermazione �gli ebrei mangiavano i bambini� possa essere vera o falsa (non vera) non dovrebbe essere analizzata con dovizia ? Si usa un criterio del Tertium non datur e quindi � solo vera o solo falsa ? Un�affermazione pu� essere parzialmente vera ? La parola Ebrei � un plurale, ne bastano due. E� mai successo che due ebrei abbiano mangiato dei bambini ? Leggendo un testo dell�arte della guerra di Sun Tsu (se la memoria non mi inganna) si raccontava che in una citt� cinese in assedio, la fame portava a scambiarsi i propri figli, per non mangiarsi i propri. Quindi l�affermazione �i cinesi mangiano i figli�, se il racconto corrisponde al vero, non � falsa. Non si precisa per� in quale circostanza, quanti, in quale epoca, i figli propri o degli altri ecc� ma l�affermazione �i cinesi mangiano i figli� � in assoluto vera ? Possiamo ipotizzare che almeno due cinesi l�abbiano fatto ? Ovviamente non ci autorizza a pensare che tutti i cinesi l�abbiano fatto. Quindi cos�� una verit� ? La verit� funziona, a mio avviso, come per la religione: se tutti ci credono diventa vera, ma rimane una credenza, nulla di pi�. Anche una verit� matematica � tale (Wittgenstein). Essa � vera solo nel contesto del sistema inferenziale adottato mediante una convenzione. Tutti sanno che la somma degli angoli interni di un triangolo � di 180 gradi. E� vero per le geometrie Euclidee ma non per tutte. Essendo gli umani fatti di linguaggio, non possono muovere il proprio pensiero se non in questo. � il linguaggio che ci "costringe" a cercare la verit�, cio� quella conclusione di una sequenza che non contraddice la premessa che l'ha costruita. Se si considera come si pensa, ci si accorger� che si parte da una premessa, ritenuta vera, e attraverso passaggi coerenti, cio� non auto contraddittori si trae una conclusione. Se non esistono regole di convenzione che a loro volta non sono una verit�, la coerenza dei passaggi argomentativi � spesso soggettiva e quindi anche la conclusione. Quindi la conclusione � vera all�interno di quel particolare contesto linguistico. Grazie |
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