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Filosofia - Forum filosofico sulla ricerca del senso dell’essere.
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Vecchio 15-10-2013, 10.52.52   #31
and1972rea
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Riferimento: Il principio di identità

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Originalmente inviato da albert
Anche se qua saremmo nel tema della discussione "l'esistenza" - la definizione è che per me una entità "esiste" se ritengo utile comprenderla nella mia visione del mondo - ovviamente avendo ridotto l'esistere ad un concetto di servizio, privo di ogni connotazione metafisica. Quadrati e triangoli mi sono sicuramente utili.


...ok, ma se la tua visione del mondo cambia ,contraddicendo il principio di identita' di cui quì si discorre, allora vuol dire che in essa cambieranno pure tutte le entita' che smetteranno di essere tali, poiche' mutando smetteranno di essere identita' e con l'identita' pure l'entita' iniziera' a starci stretta dentro la definizione di esistenza.Se oggi il quadrato mi aiuta entitariamente a definire il concetto di superficie, domani smettera' ogni sua utilita' nel farci comprendere uno spazio non euclideo; se ieri Newton ci aiutava a vivere in questa piccola porzione spaziotemporale del nostro Universo, domani quei miti risulteranno invenzioni evanescenti che non ci serviranno piu' a nulla in una comprensione razionale e piu' ampia del Reale; cio' non vuol dire che nelle leggi di Newton non agisca il Reale, o che dentro al falso miraggio delle forme di quadrati e triangoli non agisca Veramente il Reale, e' soltanto il nostro modo di esperirlo che cambia , in questo senso anche nell'ippogrifo permane una certa valenza di realta' ...
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Vecchio 15-10-2013, 12.30.03   #32
maral
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Riferimento: Il principio di identità

@ 0xdeadbeef
Il tuo discorso è senza dubbio interessante e ricco di spunti.
Per Severino (ed è evidente alla luce della sua filosofia che parte dalla tautologia dell'essere coinvolgendo in essa ogni essente) la distinzione tra essere predicativo ed essere esistenziale è del tutto superabile. Dire questo foglio è equivale a dire che questo foglio è questo foglio, dire questo foglio è bianco equivale a dire che questo foglio bianco è (ove il bianco di questo foglio non può venire separato da questo foglio che è bianco per come esso solo è, inoltre ogni verbo diverso da essere può venire ricondotto a descrizione di uno stato dell'essere (Luigi corre significa Luigi è nello stato di correre, dunque Luigi che corre è).
Se l'essere copulativo-esistenziale (e dunque ogni verbo a esso riconducibile)esprime in ultima analisi solo tautologie, si potrebbe certo anche sottintenderlo, ma le conseguenze logiche assolutamente certe di queste tautologie proprie a ogni essente e a ogni stato degli essenti sono tutt'altro che indifferenti, come Severino viene a mostrare fondando proprio su di esse la certezza della sua filosofia.
Per quanto riguarda l'imperativo categorico kantiano che mostra il carattere metafisico della morale vorrei richiamare il di scorso di Karl Jaspers ne "Il male assoluto". Egli qui afferma (riprendendo anche il Kierkegaard di "Timore e tremore")che proprio la mancanza di oggetto all'imperativo tu devi, non è tanto un'apertura a qualsiasi oggetto (uno spazio lasciato vuoto a una scelta soggettiva che relativizza la morale), ma esprime la completa autoreferenzialità del dovere (tu devi dovere) che è sufficiente a se stesso, incondizionabile da qualsiasi azione assunta a posteriori come termine di questo dovere. Proprio e solo in questi termini il dovere morale assume un'assoluta posizione metafisica (una categorica assoluta necessità) espressa dalla tautologia (in termini severiniani) il dovere è. In tal senso la morale non riduce l'ontologia a una metafisica liberamente discutibile, ma al contrario è l'ontologia dell'essere che rende la morale un a priori inflessibilmente necessario.
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Vecchio 15-10-2013, 13.12.48   #33
maral
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Riferimento: Il principio di identità

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Originalmente inviato da epicurus
...
Abbiamo un linguaggio con delle regole, ovviamente, ma lo scopo del linguaggio è di parlare del mondo (e di molto altro).
Certo, ma se il linguaggio (logos) si basa su una regola (il principio di identità A=A) che è quella che ci consente un discorso significativamente coerente che il mondo non rispetta, di cosa parliamo quando crediamo di parlare del mondo con logica?
Se in sostanza quel foglio alto X e largo Y insieme è e non è il foglio alto X e largo Y come facciamo a dire qualsiasi cosa su quel foglio a dare ad esso un qualsiasi significato reale? Certo potremmo anche dire che la realtà in sé sfugge a ogni tentativo di significarla, ma per lo stesso motivo, quanto appena detto non avrebbe alcun significato.
Quello che voglio dire è che negando alla realtà il principio di identità ci troveremmo in un bel pasticcio con i nostri discorsi logici.
Esiste pur tuttavia un linguaggio che rispetta in modo limitato il principio di identità ed è il linguaggio mitico: il dio è e non è quel dio. la terra è e non è la terra, due pezzi di legno incrociati non sono due pezzi di legno incrociati e risolve le contraddizioni a mezzo del simbolo che continuamente produce significati opposti che tuttavia non si annullano, se vogliamo è il linguaggio dell'inconscio all'alba della presa di coscienza sul mondo. Ed è per questo che esso va preservato, consente di produrre significati e senso anche dalla follia annientante della contraddizione, rende possibile parlare realisticamente anche di una realtà che originariamente potrebbe essere intrinsecamente contraddittoria. E' una sorta di uscita di sicurezza nel caso in cui il principio di identità fosse solo regola linguistica (o meglio di quel particolare linguaggio dato dal logos).
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Vecchio 15-10-2013, 13.22.08   #34
maral
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Riferimento: Il principio di identità

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Il principio di indeterminazione è uno spendido "testimonial" dell'impossibilità di raggiungere una conoscenza completa
Ci tengo ancora una volta a precisare che comunque il principio di indeterminazione testimonia l'impossibilità di raggiungere una conoscenza completa se e solo se si intende per conoscenza quella data dalla misurazione quantitativa dei fenomeni, riduzione che è anch'essa quanto meno dubitabile. Magari seguendo una strada diversa che non presupponga l'equivalenza realtà=misura della realtà, una conoscenza completa potrebbe essere raggiungibile.
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Vecchio 15-10-2013, 18.42.18   #35
sgiombo
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Riferimento: Il principio di identità

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Originalmente inviato da maral
Allora potremmo dire che il principio di identità è la traduzione sul piano logico linguistico del presentarsi della sensazione immediata del gatto.
Sei d'accordo?

Ma forse si, non saprei...

Per me la parola "gatto" é la traduzione sul piano linguistico del presentarsi delle sensazioni costituenti il gatto; e la locuzione (il giudizio o predicato) "c' è un gatto" in tal caso (del presentarsi, ecc.) é la conoscenza del fatto che si presentano tali sensazioni.
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Vecchio 15-10-2013, 18.54.27   #36
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Riferimento: Il principio di identità

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Originalmente inviato da maral
Se in sostanza quel foglio alto X e largo Y insieme è e non è il foglio alto X e largo Y come facciamo a dire qualsiasi cosa su quel foglio a dare ad esso un qualsiasi significato reale?


Questa frase semplicemente é senza senso, come parlare di un cerchio-quadrato o di qualcosa di rosso-verde, che c' è e che non c'é.

Non dice nulla.

Si tratta in realtà di una succesione di caratteri tipografici allineati a casaccio senza alcun significato (come dire o scrivere "trallallerollerollà").
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Vecchio 15-10-2013, 19.04.07   #37
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Riferimento: Il principio di identità

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Originalmente inviato da maral
Ci tengo ancora una volta a precisare che comunque il principio di indeterminazione testimonia l'impossibilità di raggiungere una conoscenza completa se e solo se si intende per conoscenza quella data dalla misurazione quantitativa dei fenomeni, riduzione che è anch'essa quanto meno dubitabile. Magari seguendo una strada diversa che non presupponga l'equivalenza realtà=misura della realtà, una conoscenza completa potrebbe essere raggiungibile.


Altra citazione (ma come cavolo si fa a farla apparire graficamente inquadrata come quella sopra? Non lo capirò mai!):
Originalmente inviato da maral

Esiste pur tuttavia un linguaggio che rispetta in modo limitato il principio di identità ed è il linguaggio mitico: il dio è e non è quel dio. la terra è e non è la terra, due pezzi di legno incrociati non sono due pezzi di legno incrociati e risolve le contraddizioni a mezzo del simbolo che continuamente produce significati opposti che tuttavia non si annullano, se vogliamo è il linguaggio dell'inconscio all'alba della presa di coscienza sul mondo. Ed è per questo che esso va preservato, consente di produrre significati e senso anche dalla follia annientante della contraddizione, rende possibile parlare realisticamente anche di una realtà che originariamente potrebbe essere intrinsecamente contraddittoria. E' una sorta di uscita di sicurezza nel caso in cui il principio di identità fosse solo regola linguistica (o meglio di quel particolare linguaggio dato dal logos).


Sgiombo:
Accidenti, sei proprio un "mistico"!

Per questo io, "iper-razionalista" (termine paradossale: qualsiasi eccesso fa a pugni col razionalismo!) non rieco proprio a comprenderti.

P.S.: Credo (se ti ho ben capito; e comunque spero fortemente) che il termine "mistico" non ti offenda: Cercavo semplicemente di evidenziare la profondità delle nostre divergenze e la conseguente estrema difficoltà -per lo meno!- di intenderci).

Ciao!

Ultima modifica di sgiombo : 16-10-2013 alle ore 06.12.51.
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Vecchio 16-10-2013, 08.22.12   #38
albert
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Originalmente inviato da and1972rea
...ok, ma se la tua visione del mondo cambia ,contraddicendo il principio di identita' di cui quì si discorre, allora vuol dire che in essa cambieranno pure tutte le entita' che smetteranno di essere tali, poiche' mutando smetteranno di essere identita' e con l'identita' pure l'entita' iniziera' a starci stretta dentro la definizione di esistenza.Se oggi il quadrato mi aiuta entitariamente a definire il concetto di superficie, domani smettera' ogni sua utilita' nel farci comprendere uno spazio non euclideo; se ieri Newton ci aiutava a vivere in questa piccola porzione spaziotemporale del nostro Universo, domani quei miti risulteranno invenzioni evanescenti che non ci serviranno piu' a nulla in una comprensione razionale e piu' ampia del Reale; cio' non vuol dire che nelle leggi di Newton non agisca il Reale, o che dentro al falso miraggio delle forme di quadrati e triangoli non agisca Veramente il Reale, e' soltanto il nostro modo di esperirlo che cambia , in questo senso anche nell'ippogrifo permane una certa valenza di realta' ...

Cioè il principio di identità - o meglio la constatazione della coerenza della realtà - garantisce che i quadrati continueranno ad essermi utili per calcolare le superfici e che le leggi di Newton mantengono la loro utilità anche di fronte alla meccanica relativistica? Sì, ci potrebbe stare

Citazione:
Originalmente inviato da maral
Tuttavia se solo ciò che io penso è reale e se, come dici, niente mi impedisce di considerare (quindi pensare) l'impensabile come tale, resta che l'impensabile è reale, lo penso! A meno che non metta dei paletti all'equivalenza solipsistica (ciò che penso)=(reale), dicendo ad esempio solo ciò che penso guidato dalle mie immediate positive percezioni è reale, ma allora il punto fondamentale non è più il pensare, ma il percepire qualcosa che si lascia percepire.
Se infatti non ci fosse qualcosa da percepire, la percezione sarebbe solo percezione di se stessa che si percepisce e così via all'infinito, per cui alla fine temo che nulla sarebbe mai realmente percepito.

Scusa ma temo ci sia un fraintendimento. Dal mio punto di vista il reale è un sottoinsieme di ciò che penso, non coincide con esso. Il fatto che possa pensare qualcosa non garantisce che sia reale. Nemmeno il fatto che la percepisca lo garantisce, le percezioni ci possono ingannare

albert is offline  
Vecchio 16-10-2013, 10.13.00   #39
maral
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Riferimento: Il principio di identità

Sgiombo, non mi offende certo essere considerato un mistico, non ho mai considerato la parola mistico un insulto, come non lo è razionalista. In realtà ritengo che ci sia anche una strada razionale che conduce verso il misticismo, quando la razionalità vede in se stessa la necessità del suo limite.
Certamente il dialogo tra noi è difficile e spesso anche irritante, c'è alla base una grande difficoltà di intendersi, tuttavia proprio per questo, almeno io, lo trovo stimolante.
Per quanto riguarda il cerchio quadrato o altri concetti impossibili, che sono impossibili in quanto ciò che di essi si predica è in contraddizione, sono la dimostrazione di ciò che accade negando il principio di identità (che implica il principio di non contraddizione: se A è A, A non è non A dunque un cerchio non può al contempo essere un quadrato), ossia l'assoluta insignificanza logica che diventa insignificanza totale solo nel caso in cui il principio logico di identità sia assunto come pietra angolare di tutta la realtà. Il linguaggio mistico che fa perno sul simbolo a mio avviso può portare oltre questa pre - assunzione anche se dal punto di vista logico appare assurdo. Come già ebbi a dire con Aggressor tuttavia, questi enti di cui si predica in modo contraddittorio non equivalgono a una successione casuale di lettere priva di significato di cui nulla si predica. I primi infatti mettono insieme significati contraddittori per produrre un'insignificanza logica, la sequenza casuale invece non mette insieme nessun significato, è insignificante per assenza di significati (a parte il significato di esserci), non per presenza di significati contraddittori. Forse la sequenza casuale è ciò che più si avvicina concettualmente alla pura sensazione.
Non vedo infine cosa ci sia di inconcepibile nell'affermare che il principio di indeterminazione della MQ non ha validità cognitiva universale. Il principio su cui si fonda la MQ è che l'ente esiste solo quando lo misuro e da qui constata che poiché non posso misurare due proprietà fisiche tra loro ortogonali l'ente non sarà mai completamente definito, sarà quindi una sorta di probabilità ontologica, ma è evidente che può essere solo una probabilità ontologica nell'ambito della pre assunzione arbitrariamente presa che l'ente esiste solo quando lo misuro.
Ciao

Ultima modifica di maral : 16-10-2013 alle ore 12.15.57.
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Vecchio 16-10-2013, 10.20.26   #40
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Riferimento: Il principio di identità

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Originalmente inviato da albert
Scusa ma temo ci sia un fraintendimento. Dal mio punto di vista il reale è un sottoinsieme di ciò che penso, non coincide con esso. Il fatto che possa pensare qualcosa non garantisce che sia reale. Nemmeno il fatto che la percepisca lo garantisce, le percezioni ci possono ingannare
E allora non ho capito. come per Sgiombo, cos'è che tu chiami solipsismo e al quale mi pare dici di aderire. Che il pensare e il percepire non esauriscano la realtà (e dunque vi è una realtà non pensata e non percepita, pertanto indefinita alla luce del pensiero e della percezione) è esattamente quanto anch'io vengo dicendo ed è proprio per questo che non mi considero solipsista.
maral is offline  

 



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