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Vecchio 02-02-2015, 18.55.09   #1
jolly666
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morte o vita..

Gli ultimi studi sembrano accreditare una specie di vita ultra terrena, sembra che la coscienza continui a vivere in altre dimensioni, tanti Pasienti dopo un arresto cardiaco e dichiarati morti clinicamente, descrivono un viaggio ultracorporeo, la scienza a proposito di ciò teorizza che c'è differenza tra morte clinica e morte, inquanto a livello quantistico esiste un interazione che continua per un determinato tempo delimitato così spiegherebbe i racconti dei Pasienti con esperienze ultra corporee,ma tanti teorizzato che questa coscienza quantica continui ad esistere per sempre, Robert Lanza grande scienziato dei nostri tempi ipotizza una reincarnazione continua, dove gli attimi descritti dai Pasienti sono il passaggio ad altra vita magari anche diversa da quella conosciuta oggi, questa teoria sembra stia prendendo piede all'interno della comunità scientifica, dove Lanza conclude dicendo che se ci riflettiamo e molto più probabile che la morte non esista anzichè esista, dalla descrizione quantistica quasi impossibile che la vita termini col corpo fisico...
Personalmente penso, che se noi siamo parte integrante dell'universo, continueremo ad esserlo anche dopo la morte fisica, qualcos'altro diventeremo il corpo diventerà terra e la coscienza, quella è il problema, la coscienza resterà compatta da interagire per farci pensare ancora?? Tutti i racconti dei Pasienti sono diventati ricordi una volta rientrati nel corpo che permette di avere ricordi, quello umano, ma se non rientrano più sono o non sono ricordi?? Penso non siano ricordi ed una qualsiasi cosa che non ha ricordi non è niente, quindi anche se la coscienza continua ad esistere, se non ritorna nel proprio corpo, per potersi manifestare in ricordo, sarà niente per sempre ed anche se c'è la reincarnazione visto che prima eravamo niente, i nostri ricordi saranno niente..o c'è la reincarnazione o no noi senza il corpo saremo sempre niente anche se in forma coscienziosa. .
Voi cosa ne pensate??...
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Vecchio 03-02-2015, 02.49.29   #2
acquario69
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Riferimento: morte o vita..

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Tutti i racconti dei Pazienti sono diventati ricordi una volta rientrati nel corpo che permette di avere ricordi, quello umano, ma se non rientrano più sono o non sono ricordi?? Penso non siano ricordi ed una qualsiasi cosa che non ha ricordi non è niente, quindi anche se la coscienza continua ad esistere, se non ritorna nel proprio corpo, per potersi manifestare in ricordo, sarà niente per sempre ed anche se c'è la reincarnazione visto che prima eravamo niente, i nostri ricordi saranno niente..o c'è la reincarnazione o no noi senza il corpo saremo sempre niente anche se in forma coscienziosa. .
Voi cosa ne pensate??…

vita e morte sono complementari.
i ricordi (la memoria) e' solo una caratteristica umana,idonea alla sua condizione necessaria,tale perché possa esserci la vita.
quando lasceremo questo corpo non sarà necessario avere la memoria
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Vecchio 03-02-2015, 08.07.22   #3
sgiombo
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Riferimento: morte o vita..

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Originalmente inviato da jolly666
Gli ultimi studi sembrano accreditare una specie di vita ultra terrena, sembra che la coscienza continui a vivere in altre dimensioni, tanti Pasienti dopo un arresto cardiaco e dichiarati morti clinicamente, descrivono un viaggio ultracorporeo, la scienza a proposito di ciò teorizza che c'è differenza tra morte clinica e morte, inquanto a livello quantistico esiste un interazione che continua per un determinato tempo delimitato così spiegherebbe i racconti dei Pasienti con esperienze ultra corporee,ma tanti teorizzato che questa coscienza quantica continui ad esistere per sempre, Robert Lanza grande scienziato dei nostri tempi ipotizza una reincarnazione continua, dove gli attimi descritti dai Pasienti sono il passaggio ad altra vita magari anche diversa da quella conosciuta oggi, questa teoria sembra stia prendendo piede all'interno della comunità scientifica, dove Lanza conclude dicendo che se ci riflettiamo e molto più probabile che la morte non esista anzichè esista, dalla descrizione quantistica quasi impossibile che la vita termini col corpo fisico...
Personalmente penso, che se noi siamo parte integrante dell'universo, continueremo ad esserlo anche dopo la morte fisica, qualcos'altro diventeremo il corpo diventerà terra e la coscienza, quella è il problema, la coscienza resterà compatta da interagire per farci pensare ancora?? Tutti i racconti dei Pasienti sono diventati ricordi una volta rientrati nel corpo che permette di avere ricordi, quello umano, ma se non rientrano più sono o non sono ricordi?? Penso non siano ricordi ed una qualsiasi cosa che non ha ricordi non è niente, quindi anche se la coscienza continua ad esistere, se non ritorna nel proprio corpo, per potersi manifestare in ricordo, sarà niente per sempre ed anche se c'è la reincarnazione visto che prima eravamo niente, i nostri ricordi saranno niente..o c'è la reincarnazione o no noi senza il corpo saremo sempre niente anche se in forma coscienziosa. .
Voi cosa ne pensate??...


Sulla scientificità delle elucubrazioni a partire dai ricordi (onirici) di alcuni (pochi; ma anche se fossero tantissimi non cambierebbero i termini della questione) risvegiati dal coma profondo avrei molte perplessità.
Anzi, credo proprio sia uguale a zero (0).

Ma "morte" non é il contrario di "vita".
Il contrario di "vita" é "non-vita" o "mineralità".
Contrario di "morte" é invece "nascita", ed entrambi sono aspetti ugualmente essenziali e imprescindibili della vita:

Senza vita non ci sarebbe morte e senza morte non ci sarebbe vita, esattamente come senza nascita non ci sarebbe vita e senza vita non ci sarebbe nascita.

Penso che la saggezza consista nell' accettare serenamente la vita in tutti i suoi aspetti naturalmente ineliminabili, morte compresa: sarebbe forse più bello se la vita durasse di più, ma una vita ben vissuta é comunque splendidamente meravigliosa a prescindere dalla sua durata, come ben sapevano gli antichi epicurei (ma in fondo anche gli stoici, e pure gli scettici); ed inoltre ci é "capitata addosso" senza alcun merito da parte nostra: a caval donato non si guarda in bocca!

Certo, purtroppo la vita può anche dare infelicità insuperabile e insopportabile.
In questi casi saggezza é darsi la morte, come ben sapevano gli antichi stoici (ma in fondo anche gli epicurei, e pure gli scettici).

Ultima modifica di sgiombo : 03-02-2015 alle ore 16.07.05.
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Vecchio 03-02-2015, 11.10.46   #4
Duc in altum!
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** scritto da sgiombo:

Citazione:
ma una vita ben vissuta é comunque splendidamente meravigliosa a prescindere dalla sua durata,

E quale sarebbe il parametro di una vita ben vissuta? ...e se percaso si trovasse chi l'ha decretato?


Citazione:
ed inoltre ci é "capitata addosso" senza alcun merito da parte nostra: a caval donato non si guarda in bocca!

Quindi Kunta Kinte è stato sfortunato? ...o sarebbe stato sfortunato il suo padrone se Kunta Kinte per vivere degnamente l'avesse ucciso?

Purtroppo, caro sgiombo, per credere che la vita sia un caval donato accidentalmente è possibile solo per Fede, tesi rispettabilissima, ma pur sempre e solamente Fede.


Citazione:
Certo, purtroppo la vita può anche dare infelicità insuperabile e insopportabile.
In questi casi sggezza é darsi la morte, come ben sapevano gli antichi stoici.


Peccato che questi stoici non abbiano conosciuto l'allegria, la serenità e la vitalità che sperimenta e trasmette, contagiando chi gli si avvicina, Enrico, il clochard che risiede negli atri della stazione del mio paese.


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Vecchio 03-02-2015, 18.59.35   #5
sgiombo
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Duc in altum!:
E quale sarebbe il parametro di una vita ben vissuta? ...e se percaso si trovasse chi l'ha decretato?

Sgiombo:
Credo che non l' abbia decretato nessuno (e chi non esiste non si può trovare).

(Rimango comunque in paziente attesa di dimostrazioni che esista qualcuno che l' ha decretato).

Ognuno lo avverte dentro di sè (in conseguenza dell' evoluzione biologica, e conseguentemente del suo genoma, e delle sue esperienze di vita).



Duc in altum!:
Quindi Kunta Kinte è stato sfortunato? ...o sarebbe stato sfortunato il suo padrone se Kunta Kinte per vivere degnamente l'avesse ucciso?

Sgiombo:
E chi é questo Kunta Kinte?
Comunque fortuna e sfortuna esistono, variamente distribuiti, per tutti.



Duc in altum!:
Purtroppo, caro sgiombo, per credere che la vita sia un caval donato accidentalmente è possibile solo per Fede, tesi rispettabilissima, ma pur sempre e solamente Fede.

Sgiombo:
No, caro Duc, é una semplice constatazione: prima che i nostri genitori ci generassero non esistevamo, e dunque non possiamo esserci meritati (o guadagnati) di venire al mondo: é un regalo che abbiamo ricevuto.



Duc in altum!:
Peccato che questi stoici non abbiano conosciuto l'allegria, la serenità e la vitalità che sperimenta e trasmette, contagiando chi gli si avvicina, Enrico, il clochard che risiede negli atri della stazione del mio paese.

Sgiombo:
E chi te l' ha detto?

Peccato che i tuoi pretesi "stoici" esistano solo nella tua fantasia.

Gli stoici reali (ma anche gli epicurei e gli scettici, nonché tantissimi altri) hanno conosciuto gioie e dolori; e contrariamente a molti altri (nella misura in cui sono stati coerenti con le loro convinzioni), oltre a godersi moderatamente e senza eccessi le gioie, hanno generalmente saputo sopportare molto degnamente e serenamente i dolori.

Ah, dimenticavo: poiché io non sono invidioso, sono molto contento per Enrico!

Ultima modifica di albert : 04-02-2015 alle ore 08.17.54.
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Vecchio 04-02-2015, 12.02.54   #6
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** scritto da sgiombo:

Citazione:
Credo che non l' abbia decretato nessuno (e chi non esiste non si può trovare).
(Rimango comunque in paziente attesa di dimostrazioni che esista qualcuno che l' ha decretato).
Ognuno lo avverte dentro di sè (in conseguenza dell' evoluzione biologica, e conseguentemente del suo genoma, e delle sue esperienze di vita).

E allora se ognuno lo avverte dentro di sé, la vita ben vissuta è un dato relativo, quindi bisogna accettare come modello da seguire anche quella "ben vissuta" da un bandito o da un politico corrotto.
Anche se poi, secondo me, non è tanto logico e razionale il condannare questi esempi di vita "ben vissuta" che loro avvertono dentro di sé.

Diciamola con un proverbio, forse è più convenevole: <'O sazio nun crere 'o riuno!> (Il sazio non crede a chi ha fame!); l'antico "Mors tua vita mea" del modello politico-sociale in cui stiamo crescendo.

Inoltre la mia risposta a quale sia l'unico modello da seguire (comprovato da millenni) per vivere e non solo esistere (quindi sperimentare una vita ben vissuta, una vita piena, larga, compiuta), tu la conosci, ed anche chi sia il propagatore, è proprio per questo che mi ha interessato la tua riflessione, vuoi vedere, mi son detto, che qualcosa di nuovo è stato scoperto?!?!


Citazione:
Comunque fortuna e sfortuna esistono, variamente distribuiti, per tutti.

Quindi che meriti personali può reclamare chi ha sperimentato una vita ben vissuta per fortuna?
Se si è fortunati il merito è del caso, mentre c'illudiamo che è grazie a noi, producendo l'ernia dello stoico o del credente da salotto.

Senza dimenticare che continuare a dire "esistono", senza prove, è incensare un dogma, anzi un Dogma (e dalle con sta Fede!).


Citazione:
E chi é questo Kunta Kinte?

Kunta Kinte è un uomo negro africano, fatto schiavo, nei secoli scorsi, da un uomo bianco nordamericano.
La domanda che mi faccio io, conseguente alla tua riflessione sulla iella, è: ma Kunta Kinte è stato sfortunato? ...e l'uomo bianco fortunato?
Chi glie lo spiega a quell'uomo bianco (o chiunque al suo posto) che il sentimento che avverte dentro di sé di aver vissuto un'esistenza "ben vissuta" si chiama egoismo?
Tutto qua.


Citazione:
No, caro Duc, é una semplice constatazione: prima che i nostri genitori ci generassero non esistevamo, e dunque non possiamo esserci meritati (o guadagnati) di venire al mondo: é un regalo che abbiamo ricevuto.

Quindi tu sostieni quello che io dico, credi per Fede che la tua vita sia un regalo accidentale, fortuito, visto che per credere nell'associazione fortuna/iella si necessita solo della fiducia.


Citazione:
E chi te l' ha detto?

Come chi me l'ha detto?! ...l'hai detto tu che se uno è in una vita infelice, insuperabile e insopportabile (come, inconfutabilmente, può essere quella di un 60enne clochard), è meglio darsi alla morte.

Enrico invece smentisce questa teoria e smaschera i tuoi stoici, avvalorando quell'altra tesi che sostiene la codardia, recondita nel suicidio, nell'affrontare la sofferenza.


Citazione:
Ah, dimenticavo: poiché io non sono invidioso, sono molto contento per Enrico!

Ma non potrai mai esserlo come lui, perché, secondo quel che tu affermi, se domani tu fossi al suo posto, tu, saggiamente, preferiresti la morte.


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Vecchio 05-02-2015, 10.24.53   #7
sgiombo
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Sgiombo:
Credo che non l' abbia decretato nessuno (e chi non esiste non si può trovare).
(Rimango comunque in paziente attesa di dimostrazioni che esista qualcuno che l' ha decretato).
Ognuno lo avverte dentro di sè (in conseguenza dell' evoluzione biologica, e conseguentemente del suo genoma, e delle sue esperienze di vita).

Duc_in_Altum!:
E allora se ognuno lo avverte dentro di sé, la vita ben vissuta è un dato relativo, quindi bisogna accettare come modello da seguire anche quella "ben vissuta" da un bandito o da un politico corrotto.
Anche se poi, secondo me, non è tanto logico e razionale il condannare questi esempi di vita "ben vissuta" che loro avvertono dentro di sé.

Diciamola con un proverbio, forse è più convenevole: <'O sazio nun crere 'o riuno!> (Il sazio non crede a chi ha fame!); l'antico "Mors tua vita mea" del modello politico-sociale in cui stiamo crescendo.

Inoltre la mia risposta a quale sia l'unico modello da seguire (comprovato da millenni) per vivere e non solo esistere (quindi sperimentare una vita ben vissuta, una vita piena, larga, compiuta), tu la conosci, ed anche chi sia il propagatore, è proprio per questo che mi ha interessato la tua riflessione, vuoi vedere, mi son detto, che qualcosa di nuovo è stato scoperto?!?!

Sgiombo:
Ovviamente chi è malvagio ritiene ben vissuta la propria vita se la vive in maniera malvagia.
Chi è generoso e magnanimo invece la valuta pessimamente vissuta.

Da millenni esistono molteplici, in larga misura reciprocamente contraddittori modi di intendere e vivere la vita (solo pochissimi dei tantissimi possibili esempi: ateo, agnostico, panteista, cristiano cattolico, protestante -per la verità da diversi secoli; ma sono a loro volta molti-, ortodosso, islamico sunnita, sciita, ebraico, buddista, taoista, induista, confuciano, ecc., ecc., ecc.; e inoltre da secoli tantissimi altri ancora, come quello dei testimoni di Geova e di numerose altre sette "moderne", per lo più americane). E nessuno di essi è comprovato in alcun modo essere quello giusto: l’ unica cosa provata, a proposito di ciascuno di essi, è che “funzionano” tutti, cioè tutti consentono di vivere più o meno bene: da ottimamente a pessimamente con tutte le infinite sfumature intermedie, a seconda dei casi dei singoli aderenti a ciascuno di essi.



Sgiombo:
Comunque fortuna e sfortuna esistono, variamente distribuiti, per tutti.

Duc_in_Altum!:
Quindi che meriti personali può reclamare chi ha sperimentato una vita ben vissuta per fortuna?
Se si è fortunati il merito è del caso, mentre c'illudiamo che è grazie a noi, producendo l'ernia dello stoico o del credente da salotto.

Senza dimenticare che continuare a dire "esistono", senza prove, è incensare un dogma, anzi un Dogma (e dalle con sta Fede!).

Sgiombo:
Che cavolo sarebbero “l'ernia dello stoico o del credente da salotto”? La fisiologia e la patologia umana non si diversificano per concezioni di vita!

Se non vedi con i tuoi occhi che per tutti in varia misura esistono fortuna e sfortuna e pensi che sia una cosa che mi sono messo in testa io aprioristicamente, arbitrariamente, “per fede” mi domando in che mondo vivi.

Certamente, poiché il nostro esistere, essere quali si è e conseguentemente agire come si agisce, non è scelto da noi, che “ce lo ritroviamo addosso”, essere in maggiore o minor misura generosi e magnanimi oppure gretti e malvagi è una questione di fortuna.
Questo è semplicemente ovvio; fra l’ altro anche se siamo noi al tempo t1 a scegliere come essere ed agire al tempo t2 (come fra l’ altro può anche succedere e succede di fatto, e pure più di una volta nella vita di ognuno) il modo in cui siamo e dunque scegliamo al tempo t1 non dipende da noi, che "ce lo ritroviamo addosso" non per nostra responsabilità; e di conseguenza ciò vale per tutto ciò che in noi accade successivamente alla scelta operata al tempo t1.

Ma questa ovvia ed elementare considerazione non scalfisce minimamente in chi è “virtuoso” l’ amore per il bene e il disprezzo per il male e in chi è vizioso l’ amore per il male e il disprezzo per il bene (in varia misura, a seconda del grado di virtù/vizio di ciascuno).



Duc_in_Altum!:
Kunta Kinte è un uomo negro africano, fatto schiavo, nei secoli scorsi, da un uomo bianco nordamericano.
La domanda che mi faccio io, conseguente alla tua riflessione sulla iella, è: ma Kunta Kinte è stato sfortunato? ...e l'uomo bianco fortunato?
Chi glie lo spiega a quell'uomo bianco (o chiunque al suo posto) che il sentimento che avverte dentro di sé di aver vissuto un'esistenza "ben vissuta" si chiama egoismo?
Tutto qua.

Sgiombo:
Quel malvagio, essendo tale, non può (almeno fintanto che qualcosa nella sua esperienza di vita lo cambi profondamente; in teoria potrebbe anche essere qualcuno che riesce a spiegarglielo, a farglielo capire con ragionamenti, anche se di solito occorrono adeguate esperienze) che continuare a pensare di aver agito bene (dal suo malvagio punto di vista).
Che problema c’ è?
Mi sembra ovvio che chi è malvagio ritenga bene (=la condotta giusta da tenere) comportarsi malamente e chi è magnanimo e onesto ritenga bene comportarsi generosamente ed onestamente (questo semplicemente per definizione).



Sgiombo:
No, caro Duc, é una semplice constatazione: prima che i nostri genitori ci generassero non esistevamo, e dunque non possiamo esserci meritati (o guadagnati) di venire al mondo: é un regalo che abbiamo ricevuto.

Duc_in_Altum!:
Quindi tu sostieni quello che io dico, credi per Fede che la tua vita sia un regalo accidentale, fortuito, visto che per credere nell'associazione fortuna/iella si necessita solo della fiducia.

Sgiombo:
Per niente affatto:
Io credo per constatazione empirica e non affatto per fede che la vita di ognuno accada e sia quella che è in ultima analisi accidentalmente, fortuitamente, e non per libera scelta responsabile di ognuno (e dunque si può essere più o meno fortunati: si può avere la fortuna di essere più o meno buoni e generosi o la sfortuna di essere più o meno malvagi).



Sgiombo:
E chi te l' ha detto?

Duc_in_Altum!:
Come chi me l'ha detto?! ...l'hai detto tu che se uno è in una vita infelice, insuperabile e insopportabile (come, inconfutabilmente, può essere quella di un 60enne clochard), è meglio darsi alla morte.

Enrico invece smentisce questa teoria e smaschera i tuoi stoici, avvalorando quell'altra tesi che sostiene la codardia, recondita nel suicidio, nell'affrontare la sofferenza.

Sgiombo:
Cerca di leggere quello che gli altri scrivono prima di sparare le tue sentenze.
Io ho scritto che in casi estremi di infelicità insopportabile e insuperabile gli stoici ricorrono al suicidio (o eutanasia); in tutti gli altri casi fortunatamente molto più numerosi vivono molto bene, il più a lungo possibile e con serena felicità la loro vita.
Questo Enrico evidentemente è felice (solo i conformisti acritici -non certo gli stoici!- possono del tutto erroneamente pensare che la povertà debba di necessità comportare infelicità), e dunque ben lontano dal trovarsi in un caso estremo di infelicità insopportabile e insuperabile: si potrebbe benissimo dire che si comporta più o meno consapevolmente da stoico.



Sgiombo:
Ah, dimenticavo: poiché io non sono invidioso, sono molto contento per Enrico!

Duc_in_Altum!:
Ma non potrai mai esserlo come lui, perché, secondo quel che tu affermi, se domani tu fossi al suo posto, tu, saggiamente, preferiresti la morte.

Sgiombo:
Questa grossissima cazzata (fra l’ altro offensiva nei miei confronti) l’ hai scritta tu e non corrisponde affatto per nulla a “quel che io affermo” (dove e quando mai?!?!?!).
Saggiamente preferirei la morte se mi trovassi a soffrire terribilmente per una malattia incurabile, non certo se mi trovassi in povertà.

In generale sei vivamente pregato di smetterla di attribuirmi falsamente affermazioni che non ho mai fatto o di deformare tendenziosamente e malignamente quello che scrivo (fra l' altro questo fa parte di ciò che intendo per avere la fortuna di essere "virtuosi", per "comportarsi bene").
Grazie.

Ultima modifica di sgiombo : 05-02-2015 alle ore 18.18.40.
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Vecchio 06-02-2015, 09.38.39   #8
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** scritto da sgiombo:

Citazione:
Se non vedi con i tuoi occhi che per tutti in varia misura esistono fortuna e sfortuna e pensi che sia una cosa che mi sono messo in testa io aprioristicamente, arbitrariamente, “per fede” mi domando in che mondo vivi.

Se non vedi con i tuoi occhi che per tutti, in varia misura, esistono miracoli e grazie, e pensi che sia una cosa che mi sono messo in testa io aprioristicamente, arbitrariamente, "per fede", mi domando in che modo vivi.


Citazione:
essere in maggiore o minor misura generosi e magnanimi oppure gretti e malvagi è una questione di fortuna.

Forse non ti rendi conto che affermare che si è magnanimi per fortuna, significa che non si è magnanimo per propria volontà, ossia, non si ha nessun merito nell'essere una persona generosa, poiché non dipende da uno stesso.

E se non si ha merito nell'essere buono o cattivo, giusto o disonesto, sincero o bugiardo, perché invece rincorriamo quotidianamente la realtà di pace e allegria?
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Vecchio 08-02-2015, 17.27.01   #9
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Originalmente inviato da jolly666
Gli ultimi studi sembrano accreditare una specie di vita ultra terrena, sembra che la coscienza continui a vivere in altre dimensioni, tanti Pasienti dopo un arresto cardiaco e dichiarati morti clinicamente, descrivono un viaggio ultracorporeo, la scienza a proposito di ciò teorizza che c'è differenza tra morte clinica e morte, inquanto a livello quantistico esiste un interazione che continua per un determinato tempo delimitato così spiegherebbe i racconti dei Pasienti con esperienze ultra corporee,ma tanti teorizzato che questa coscienza quantica continui ad esistere per sempre, Robert Lanza grande scienziato dei nostri tempi ipotizza una reincarnazione continua, dove gli attimi descritti dai Pasienti sono il passaggio ad altra vita magari anche diversa da quella conosciuta oggi, questa teoria sembra stia prendendo piede all'interno della comunità scientifica, dove Lanza conclude dicendo che se ci riflettiamo e molto più probabile che la morte non esista anzichè esista, dalla descrizione quantistica quasi impossibile che la vita termini col corpo fisico...
Personalmente penso, che se noi siamo parte integrante dell'universo, continueremo ad esserlo anche dopo la morte fisica, qualcos'altro diventeremo il corpo diventerà terra e la coscienza, quella è il problema, la coscienza resterà compatta da interagire per farci pensare ancora?? Tutti i racconti dei Pasienti sono diventati ricordi una volta rientrati nel corpo che permette di avere ricordi, quello umano, ma se non rientrano più sono o non sono ricordi?? Penso non siano ricordi ed una qualsiasi cosa che non ha ricordi non è niente, quindi anche se la coscienza continua ad esistere, se non ritorna nel proprio corpo, per potersi manifestare in ricordo, sarà niente per sempre ed anche se c'è la reincarnazione visto che prima eravamo niente, i nostri ricordi saranno niente..o c'è la reincarnazione o no noi senza il corpo saremo sempre niente anche se in forma coscienziosa. .
Voi cosa ne pensate??...
Tornando al nucleo del nostro dibattito, oramai è scientificamente assodato da seri studi svolti recentemente che numerose esperienze di premorte sono tutt'altro che spiegabili dal punto di vista medico. Vi sono pazienti che in stato comatoso e del tutto impossibilitati nel ricevere ed elaborare qualsiasi dato sensoriale, una volta svegli riferiscono dettagli appartenenti all'ambiente che li circondava in quel frangente che essi non potevano conoscere in alcun modo, queste persone, durante quel periodo ,raccontano di aver vissuto esperienze che la loro attività cerebrale in quei momenti ,registrata dagli strumenti elettromedicali ,non può giustificare. Personalmente, ritengo logico il fatto che la nostra esistenza non può essere confinata all'interno di una piccola porzione di realtà materiale, nella realtà fisica i sistemi chiusi non esistono, e se non esistono nello spazio non esistono neppure nel tempo, è inconcepibile, cioè, che per un certo tempo una qualsiasi parte dell'universo rimanga isolata dalle altre. Sono convinto che, nel momento in cui la mia coscienza muove un neurotrasmettitore da una sinapsi neuronale all'altra, tutte le parti del reale vengano ncessariamente coinvolte in questo evento. Il venire meno di una porzione del reale così per come lo conosciamo (il nostro corpo per esempio) non implica la sparizione di tutto ciò in cui quella porzione consiste, se può sparire la punta di un iceberg dalla superficie del mare, non per questo bisogna dare per scontato che tutto l'iceberg si sia sciolto.

Ultima modifica di and1972rea : 08-02-2015 alle ore 19.51.33.
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Vecchio 09-02-2015, 09.13.07   #10
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Duc in altum!:
Se non vedi con i tuoi occhi che per tutti, in varia misura, esistono miracoli e grazie, e pensi che sia una cosa che mi sono messo in testa io aprioristicamente, arbitrariamente, "per fede", mi domando in che modo vivi.

Sgiombo:
Evidentemente (salvo allucinazioni o errori di valutazione; per i quali -da parte tua- propendo) in un mondo completamente diverso dal tuo



Duc in altum!:
Forse non ti rendi conto che affermare che si è magnanimi per fortuna, significa che non si è magnanimo per propria volontà, ossia, non si ha nessun merito nell'essere una persona generosa, poiché non dipende da uno stesso.

Sgiombo:
Me ne rendo perfettamenet conto.

Ma d' altra parte se lo si fosse per propria volontà, tale volontà (buona o malvagia) non la si avrebbe (la precedente; comunque la prima espressa da ciascuno, dalla quale dipende tutto ciò che ne segue nel suo comportamento) per propria volontà (pena un regresso all' infinito), ma ci si ritroverebbe comunque inevitabilmente ad averla per fortuna o sfortuna.



Duc in altum!:
E se non si ha merito nell'essere buono o cattivo, giusto o disonesto, sincero o bugiardo, perché invece rincorriamo quotidianamente la realtà di pace e allegria?[/quote]

Sgiombo:
Perché facciamo ciò che facciamo (il bene se abbiamo la fortuna di essere buoni, il male se abbiamo in sorte di essere malvagi) perché siamo fatti in modo tale da agire così come agiamo; oppure, come unica alternativa logicamente possibile, senza un motivo, ovvero per caso.

Tertium non datur.

Ultima modifica di sgiombo : 09-02-2015 alle ore 10.51.23.
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