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Vecchio 04-10-2005, 02.25.38   #41
Weyl
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Citazione:
Messaggio originale inviato da nexus6
Mi potete fornire una prova evidente della vostra esistenza al di fuori della mia ovvero dell’esistenza della realtà stessa?

una mia parziale risposta:

- io ho delle sensazioni.

- queste ultime da qualcosa dovranno pur essere provocate...

- questo "qualcosa" ovvero la realtà in sé è secondo me inconoscibile proprio perchè "in sé"; d'altronde noi la osserviamo con occhiali (sfocati oltre tutto) così come penso facciano tutti i miliardi di esseri nell'universo: dalla formica alle galassie...

come ho detto a sto' noumeno proprio non possiamo avere accesso, se non con infinite mediazioni e dunque non posso che approdare a questa conclusione un pò "quantistica":

è molto probabile che la realtà esista all'infuori di me...

non mi sento di aggiungere altro... dov'è che sbaglio?

d'altronde quando morirò le mie sensazioni si spegneranno e la realtà continuerà ad esistere... o no? O è solo un mio prodotto?

Se il sottoscritto potesse non esistere indipendentemente da te, allora potrebbe non aver scritto il presente post.
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Vecchio 04-10-2005, 11.32.36   #42
nexus6
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tu per me sei un oggetto come tutto il resto all'infuori di me (tutto è all'infuori di me) tutto è oggetto. Non è da escludersi dunque che gli oggetti provochino sensazioni su di me... come tu hai appena fatto.
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Vecchio 04-10-2005, 12.20.06   #43
epicurus
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esistenza del mondo

magari la questione sull'esistenza delle altre menti sarà per un'altra volta, per ora mi interessa pronunciarmi sull'esistenza del mondo esterno. io, infatti, sono convinto che credere che non esista il mondo esterno (o di dubitare della sua esistenza) sia assurdo; più precisamente credo che questo idealismo radicale (o scetticismo radicale) si basino solo su confusioni linguistiche.

già qui e altrove avevo dato una mia idea, così posto ora un mio intervento già fatto. su un po' di cose del pezzo che posterò ho cambiato idea, ma l'idea centrale rimane - a mio parere - efficace.

Citazione:
Di fondamentale importanza è il principio peirciano di fallibilità: si può dubitare di qualcosa, qualsiasi essa sia, ma non si può estendere il dubbio ad ogni cosa contemporaneamente. Che io abbia sbagliato riguardo ad alcune questioni, anche su quelle più importanti e basilari, non mi può far dubitare su ogni mia credenza.
Molti pensano che l’inevitabile conseguenza del fatto che sempre una particolare conoscenza potrebbe essere messa in discussione sia lo scetticismo radicale: questo non è affatto vero!

1)“Dubitare solo dove si ha ragioni per farlo” questa è la massima del fallibilismo da seguire, poi adottata anche da Wittgenstein: infatti se mi si presenta un dubbio, poi potrei avere dei dubbi riguardo la legittimità di tale dubbio, e quindi decidere di attenermi alla mia credenza iniziale.
Ma quali sono queste ragioni? Esiste un algoritmo grazie al quale possiamo giungere all’inoppugnabile?
No, un tale algoritmo non può esistere per il semplice fatto che raggiungere certezze epistemologiche immutabili è solo una fantasia metafisica.
Come sostenne Hilary Putnam la ricerca non è un algoritmo, o un metodo ben precisabile, ma ciò non significa che la ricerca non sia attuabile: la ricerca è costituita, anziché da un procedimento universale e immutabile, da un team di ricercatori che tentano di escogitare delle buone idee e le mettono alla prova costantemente: vi è un’iterazione profonda tra l’ambiente e i ricercatori, non vi è semplicemente un’osservazione passiva.
Provare a mettere costantemente sotto pressione le nostre teorie, cercando controesempi e altro che possa falsificarle, è una impostazione chiamata ‘sperimentalismo’ ed essenziale per giungere ad un fallibilismo genuino e costruttivo.
E’ stato grazie al Pragmatismo che si capì che non è solo la credenza a necessitare di giustificazioni, ma alla pari anche il dubbio: questo è il punto della critica mossa da Peirce a Cartesio nella quale si afferma che quest’ultimo stesse solamente pensando di dubitare nell’esistenza del mondo esterno, tracciando così per la prima volta la distinzione tra il dubbio filosofico e il dubbio reale (distinzione raccolta poi anche da Wittgenstein (Della Certezza): “119. Ma si può anche dire: ‘Nulla parla contro, e tutto parla in favore del fatto che il tavolo è là anche quando nessuno lo vede’? Allora, che cosa parla in favore di ciò? 120. Se però un tizio lo dubitasse, come potrebbe manifestarsi praticamente il suo dubbio? E non potremmo lasciarlo tranquillamente dubitare, dal momento che non da proprio nessuna differenza?”).
Qui non voglio negare la fruttuosità del dubbio: un atteggiamento scettico in filosofia, quanto in una società civile, è di un’utilità incommensurabile. Il dubbio è condizione necessaria alla sperimentazione, alla scoperta, e quindi al progresso. Wittgenstein (Della Certezza): “Se faccio un esperimento non dubito dell’esistenza dell’apparato che ho davanti agli occhi. Ho un sacco di dubbi, ma non questo”. Infatti, tanto è costruttivo il dubbio tanto è distruttivo il dubbio radicale.

2)Il dubbio è fondamentale per la conoscenza, ma spesso ci si dimentica che è altrettanto vero l’inverso: la conoscenza è fondamentale per il dubbio, infatti senza la conoscenza non si può neppure formulare un dubbio; Wittgenstein (Della Certezza): “310 Uno scolaro e un maestro. Lo scolaro non si lascia spiegare nulla, perché interrompe continuamente il maestro con dubbi riguardanti, per esempio, l’esistenza delle cose, il significato delle parole, ecc. Il maestro dice: ‘Non interrompermi più, e fa’ quello che ti dico; finora il tuo dubbio non ha proprio nessun senso’.”

3)Io dico che quello di poco fa era un sogno perché posso confrontarlo con il mondo, dunque parlare della mia esistenza come fosse un sogno è privo di significato.
Chiarificazione di questo uso linguistico. Vivo una vicenda, poi mi sveglio e inizio il racconto di ciò che ho vissuto; dopo mi insegnano e mi correggono: prima del racconto (così mi dicono) metti ‘Ho sognato che’.

4)Ancora sul sogno: è possibile che una persona stia sognando, credendo di star vivendo realmente; ma se noi volessimo estendere tale dubbio su noi stessi si verificherebbe un problema non da poco. Affermando, nel sogno, “Noi non stiamo vivendo nel mondo, ma soltanto in un sogno” non si esprimerebbe effettivamente ciò che si vorrebbe per due distinti motivi: 1) il fatto è che tale espressione rientra anch’essa nel sogno e 2) anche il fatto che queste parole abbiano un significato rientra nel sogno.
Wittgenstein (Della Certezza) così si esprime a riguardo: “383. L’argomentazione ‘Forse sto sognando’ è insensata per questo: perché, in questo caso, anche quest’espressione rientra nel sogno; sì, ci rientra anche questo: che queste parole hanno un significato.” Poi, l’ultima battuta del libro ritorna sul bersaglio: “‘Ma anche se in casi del genere non posso sbagliarmi – non è possibile che io sia sotto narcosi?’ Se sono sotto narcosi, e se la narcosi mi priva della mia coscienza, allora in questo momento non sto realmente parlando e pensando. Non posso seriamente supporre che in questo momento sto sognando. Chi, sognando, dica: ‘Io sogno’, anche se parlasse in modo da essere udito, non avrebbe più ragione di quanta non ne avrebbe se, in sogno, dicesse ‘piove’, mentre piove davvero. Anche se il suo sogno fosse realmente connesso con il rumore della pioggia”. Da ciò si deduce che non è possibile esprimere un dubbio radicale sulla nostra stessa vita.Putnam riprende l’argomento wittgensteiniano nel suo argomento, chiamato ‘Cervelli in una vasca’: qui uno scienziato pazzo ha un cervello in una vasca, e tale cervello e collegato ad un computer che gli fa vivere delle esperienze. Poi il resto è pressoché identico all’argomento del sogno sopraesposto.


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Vecchio 04-10-2005, 12.22.16   #44
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Citazione:
5)Wittgenstein scrive “L’essenza è espressa nella grammatica”; “Che tipo di oggetto una cosa sia: questo dice la grammatica”.
Una persona potrebbe vedere un bicchiere di vetro contenente dell’acqua e domandare “chi ci assicura che quel bicchiere sia effettivamente di vetro?” e “chi ci assicura che quel liquido nel bicchiere sia effettivamente acqua?”, poi vedere un gatto che si avvicina al bicchiere annusandolo e domandare “chi ci assicura che quel gatto sia effettivamente un gatto?” (domande tipiche di uno scettico radicale, non certo di una persona comune).Tali domande in alcuni contesti sono più che legittime, ma per rispondere in modo definitivo non serve l’onniscienza divina, come molti credono, bensì, nella maggior parte dei casi, servono procedure abbastanza semplici: noi abbiamo definito cosa significa ‘vetro’, ‘acqua’ e ‘gatto’. Quindi basterà esaminare la struttura chimica del presunto vetro e della presunta acqua e il gioco è fatto! Per il presunto gatto basterà individuare le caratteristiche che deve possedere un gatto (forma del corpo, …). Il grado di complessità dei criteri è deciso dal linguaggio, non dall’osservazione. E’ nondimeno chiaro, come sostenne il pragmatista Charles Peirce, che il significato di questi termini è aperto all’illimitata scoperta scientifica futura. Noi abbiamo definito alcuni termini e basterà vedere se gli oggetti soddisfino le richieste di tali definizioni e si identificherà il segno con l’oggetto. (Ovviamente esistono definizioni vaghe, oppure un oggetto può soddisfare in una certa percentuale una data definizione.)
Ma allora la domanda “Ma esiste veramente quel camion?”, in alcuni casi, non ha proprio senso. Citando Austin: “Il trucco del metafisico consiste nel chiedere: ‘E’ realmente un tavolo?’ senza specificare, senza delimitare che cosa c’è che non va, così che non si sa da che parte cominciare per ‘provare’ che è realmente un tavolo”.Wittgenstein (Della Certezza): “3. Se, per esempio, un tizio dice: “Io non so se qui ci sia una mano”, gli si potrebbe replicare: “Guarda un po’ meglio”. – Questa possibilità del convincersi fa parte del gioco linguistico. E’ uno dei suoi tratti essenziali.”, “Supponiamo ora che io dica “Non posso sbagliarmi su questo: che lì c’è un libro”, e così dicendo indichi un certo oggetto. Che aspetto avrebbe, qui, un errore? E ne ho un’idea chiara?”
Tutto questo dovrebbe convincere ulteriormente quanto il problema dello scetticismo radicale sia un problema meramente linguistico, e quindi risolvibile linguisticamente.
E’ vero che potremmo applicare male i criteri linguistici, come lo stesso Wittgenstein ci mette in guardia: “26. Ma in quali circostanze dall’impiego delle regole del calcolo sia logicamente escluso un errore lo si può vedere da una regola? A che cosa ci serve una regola del genere? Non potremmo (a nostra volta) sbagliarci nell’applicarla?”, “27. Se però a questo proposito si volesse indicare qualcosa di simile a una regola, in essa dovrebbe comparire l’espressione ‘in circostanze normali’. E le circostanze normali si riconoscono, ma non si possono descrivere con esattezza. Potremmo descrivere più facilmente una serie di circostanze anormali.”, ma un errore sistematico nell’applicare le regole sarebbe un non-senso, perché esso stesso sarebbe la regola. Inoltre le ‘circostanze normali’ non sono nulla di trascendente, ma sono circostanza che la ricerca e l’esperienza ci hanno insegnato essere migliori di altre per un nostro particolare scopo.

6)Wittgenstein (Della Certezza):
“35. Ma non si può immaginare che non esistano oggetti fisici? Non lo so. E tuttavia ‘Ci sono oggetti fisici’ è non-senso. Dovrebbe essere una proposizione dell’esperienza? – Ed è una proposizione empirica, questa: ‘Sembra che ci siano oggetti fisici’?
36. L’istruzione: ‘A è un oggetto fisico’ la diamo soltanto a chi non capisce ancora che cosa significhi ‘A’, o che cosa significhi ‘oggetto fisico’. E’ dunque un’istruzione che riguarda l’uso di certe parole, e ‘oggetto fisico’ è un concetto logico. (Come colore, misura…) E per questa ragione non si può costruire una proposizione: ‘Esistono oggetti fisici’. Tuttavia questi tentativi abortiti li incontriamo ad ogni piè sospinto.
37. Ma il dire che ‘Esistono oggetti fisici’ è non-senso, è una risposta soddisfacente per lo scetticismo degli idealisti o per le rassicurazioni dei realisti? Per loro non è certo non-senso. Una risposta sarebbe, però: quest’asserzione (o il suo contrario) è un tentativo a vuoto d’esprimere qualcosa che non si può esprimere così. E che il tentativo vada a vuoto si può far vedere anche se con questo la faccenda non è ancora chiusa. Ci si deve, appunto, convincere che quello che ci si offre come prima espressione d’una difficoltà, o d’una risposta alla difficoltà, potrebbe ancora essere un’espressione completamente falsa. Allo stesso modo, spesso chi critica a ragione un quadro in un primo tempo applica la critica al posto sbagliato; e c’è bisogno d’una ricerca per trovare il giusto punto d’appiglio per la sua critica”.

7)Un’altra argomentazione utilizzabile dallo scettico radicale per mettere in dubbio l’effettiva esistenza del mondo potrebbe essere l’argomentazione della fallacia dei sensi: “L’esperienza ci ha insegnato che i sensi ci possono ingannare, quindi potrebbero ingannarci sempre”. Vi sono due tipi distinti di errore in questa argomentazione: 1) come ho già affermato il dubbio, al pari della conoscenza, necessita di giustificazioni ed il salto da “ogni tanto i sensi ci ingannano” a “i sensi ci ingannano sempre” è del tutto arbitrario ed infondato; 2) per accorgersi che i sensi ci ingannano utilizziamo a nostra volta i sensi, quindi è la testimonianza dataci dai sensi stessi che ci garantisce la verità di “I miei sensi mi hanno ingannato”, quindi tale argomento presuppone che noi sappiamo che talvolta i sensi ci hanno ingannato, ma per saperlo dobbiamo fare affidamento sul fatto che essi non ci abbiano ingannato sempre.

8)Tutto il nostro sistema di prove e giustificazioni si basa su testimonianze (nostre e di altri) e memoria. Mettere sempre in dubbio tale metodo di verifica e controllo è insensato. Non è che il contenuto delle testimonianze e della mia memoria non possa essere in contrasto con i fatti, dato che questo non è per nulla strano, ma se sempre tali metodi fallissero allora non potremmo parlare di ricordi corretti o scorretti e di testimonianze corrette o scorrette, perché non sapremmo più il significato di ‘ricordi’ e ‘testimonianze’. Quindi non potremmo più formulare il dubbio dello scettico totale inerente a questo contesto, proprio perché tale dubbio risulterebbe insensato.

il fatto che noi a volte sbagliamo non implica logicamente che noi sbagliamo sempre, anzi, come ho tentato di mostrare sbagliare sempre e` insensato.
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Vecchio 04-10-2005, 12.33.49   #45
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Dato che ci sono quoto un altro mio intervento di un po' di tempo fa che aveva come intendo quello di confutare la tesi secondo la quale "x esiste solo e finche` e` esperito da qualcuno".


Citazione:
0) Se la tesi e` vera, allora un individuo non puo` nascere, quindi noi non dovremo esistere, neppure l'osservatore in prima persone.

1) Se nessuno mi osserva io esisto? Ok, magari io mi osservo con l'introspezione e cosi` continuo ad esistere. Ma non siamo sempre autocoscienti, anzi forse la maggior parte del tempo della nostra vita non lo siamo. Ma dal momento in cui cessiamo di percepirci non esistiamo piu`, e da allora non avremo piu` possibilita` di tornare in vita. Per tornare in vita dovremo percepirci, ma prima di percepirci dobbiamo tornare in vita: quindi la prima volta che non ci percepiamo piu` scompariremo per sempre. Ma non e` cosi`, quindi in generale la proposizione "x esiste solo e finche` e` esperito da qualcuno" e` falsa.

2) Per chi sta quel 'qualcuno'? Un essere umano, ok. Ma se e` uno scimpanze`? e se e` una zanzara? E perche` no un sasso?
Ma allora cosa intendiamo con 'qualcuno' e che strano potere avrebbe quel qualcuno per far scomparire e ricomparire oggetti. Se per qualcuno intendiamo 'qualsiasi cosa', magari anche un sasso, che percepisce il mondo a modo suo, allora la tesi "x esiste solo e finche` e` esperito" cessa di essere interessante, perche` diventerebbe "x esiste finche` x esiste".

3) Creo un programma per risolvere un problema difficilissimo. Il risultato e` un numero. Io fortunatamente l'ho gia`, ma voglio vedere se il mio programma lo trova. Faccio partire il programma e poi me ne vado in giro per il mondo. Torno dopo 2 mesi e il programma mi ha dato il risultato giusto.
Come si spiega questo? Ho in mio potere anche di fare calcoli complicatissimi? Avevo veramente bisogno del sistema pc+software per risolvere il problema, dato che tale sistema non puo` aver risolto il problema, dato che non esisteva.

4) Noi in qualche modo sappiamo come le cose vadano anche quando non le osserviamo, o meglio lo sappiamo un peletto dopo, quando appunto le osserviamo. Quando le osserviamo le cose stanno esattamente come dovrebbero stare. E allora pragmaticamente scarto la proposizione "x esiste solo e finche` e` esperito".
In piu` come potrei mai falsificare o verificare cio`: in nessun modo. Quindi uso il rasoio d'Ockam per evitare il dilagare di infinite ipotesi che appesantiscono e basta il mondo e non apportano maggiori informazioni su di esso.

Ultima modifica di epicurus : 04-10-2005 alle ore 12.35.10.
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Vecchio 04-10-2005, 12.35.29   #46
nexus6
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ho compreso che sei un realista (hai citato la Putnam); molte delle sue affermazioni sono ragionevoli... ma esistono anche altri tipi di realismo, in merito alla filosofia della scienza. Per quanto riguarda il resto mi dovrò leggere il tutto perbenino, perchè Wittgenstein devo dire che mi piace.
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Vecchio 04-10-2005, 12.38.29   #47
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CITO:

4) Noi in qualche modo sappiamo come le cose vadano anche quando non le osserviamo, o meglio lo sappiamo un peletto dopo, quando appunto le osserviamo. Quando le osserviamo le cose stanno esattamente come dovrebbero stare. E allora pragmaticamente scarto la proposizione "x esiste solo e finche` e` esperito".
In piu` come potrei mai falsificare o verificare cio`: in nessun modo. Quindi uso il rasoio d'Ockam per evitare il dilagare di infinite ipotesi che appesantiscono e basta il mondo e non apportano maggiori informazioni su di esso.

Beh su questo sono d'accordo, una bella rasoiata e via, altrimenti non ci caviamo dal pantano! Ma non posso ancora essere così pragmatico, il pragmatismo non mi è ancora arrivato fino al midollo.
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Vecchio 04-10-2005, 14.41.28   #48
epicurus
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Nexus, sì sono un realista ma senza apparati metafisici; aspetterò volentieri altri tuoi commenti

Comunque, il punto 4, a differenza da tutti quanti gli altri punti (del mio ultimo post), non cerca di mostrare la falsità della tesi "x esiste solo e finche` e` esperito da qualcuno", bensì sostiene che sia irrazionale credervi (quindi la mia obiezione non è ontologica, allontanandomi così dai pragmatisti americani, o almeno dalla loro concezione secondo la quale si identificherebbe la verità con l’utilità pratica).


epicurus

P.S. a dispetto del nome Hilary Putnam è un maschio
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Vecchio 05-10-2005, 00.07.58   #49
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Re: voi esistete?

Citazione:
Messaggio originale inviato da nexus6
[b]

Mi potete fornire una prova evidente della vostra esistenza al di fuori della mia ovvero dell’esistenza della realtà stessa




Io sono mortale e come tale, in questo momento mi trovo in una condizione di pre-mortalita, cioè vivo, esisto ( la mia potrebbe benissimo essere un’illusione, ma visto che non ho i mezzi per dimostrarlo, non vedo perché dovrei prendere in considerazione questa eventualità).

Se questa è la mia attuale condizione, come giustamente chiedi tu, sarebbe interessante poterlo dimostrare a qualcuno, e questo qualcuno, naturalmente, non può essere un altro uomo, dal momento che anche lui si trova attualmente nella mia stesa condizione, cioè nemmeno lui può essere certo di esistere.

Allora avevo pensato di dimostrarla al mio cane, e l’ho fatto con tutti i mezzi a mia disposizione, gli ho parlato, gli ho scritto dei bigliettini, ho smesso di dargli da mangiare e poi ho ripreso dopo diverso tempo, tanto per evidenziare con più forza la mia presenza ( visto che la fame fa brutti scherzi; non si sa mai, mi ero detto), ho provato a dirglielo in musica, per via telepatica ecc. ecc., insomma le ho provate di tutte, ma lui niente, non ha saputo darmi nessun segno di aver compreso il mio messaggio, insomma io per lui, probabilmente, non esisto, o almeno lui non è in grado di farmi capire di aver capito che esisto.

Forse, ho pensato, il mio cane è un pò ritardato, un pò stupido, allora ci ho provato con un altro cane, e poi con un gatto e con altri animali, niente, sempre lo stesso risultato. Allora ho provato con le piante, niente. Ho provato con i minerali, niente nemmeno con loro. Ho provato con il gas, sai, non si sa mai, ma anche lui niente ( qualcuno penserà: probabilmente ne hai aspirato un pò troppo ed è per questo che ti sei ridotto così; forse ha ragione).

Adesso mi sto scoraggiando e sto cominciando a dubitare di esistere; sicuramente non potro dimostrarlo a nessuno.

Mi resta solo una consolazione, quella di pensare che in natura non sia prevista, per legge universale, la possibilità di dimostrare a nessuno di esistere, ne sia prevista la possibilità di comunicazione tra specie diverse. Cioè, le diverse specie non possono comunicare tra loro ma è solo possibile che la specie superiore abbia cognizione di quella inferiore mentre quella inferiore non abbia cognizione cosciente di quella superiore, ( cavoli che scoperta) cioè la cognizione del se di ogni specie termina con il proprio limite naturale e ciò che sta al di sopra o al di sotto dell'ambito di specie è come se non esistesse. O meglio, la specie inferiore non ha nessuna possibilità di prendere coscienza di quella superiore ne, tanto meno, di comunicargli alcun che. La specie superiore, dal canto suo, non ha possibilità di ricevere da quella inferiore un minimo cenno di assenso e conferma (può sembrare la stessa cosa dell’affermazione precedente ma non lo è) ne ha la possibilità di comunicare a quella inferiore la propria esistenza.

Ora, se le cose stanno così potremmo chiedrci: è lecito stabilire un limite, un inizio ed una fine di questa scala delle specie, dell’esistente?

Io penso che non sia lecito perché la conclusione logica di ciò che vedo, cioè una limitatissima scala di valori che va dal sub-atomico al pensiero umano, mi porta a ritenere molto improbabile che tutto l’esistente sia così limitato e, soprattutto, che il tutto si trovi, esclusivamente, sotto di me, al di sotto del mio pensiero; ma questa è una mia convinzione personale datami, probabilmente, da una personale poca inclinazione alla presunzione.
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Vecchio 05-10-2005, 10.46.02   #50
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Re: Re: voi esistete?

Citazione:
Messaggio originale inviato da meditando
Io sono mortale e come tale, in questo momento mi trovo in una condizione di pre-mortalita, cioè vivo, esisto ( la mia potrebbe benissimo essere un’illusione, ma visto che non ho i mezzi per dimostrarlo, non vedo perché dovrei prendere in considerazione questa eventualità).
...
Io penso che non sia lecito perché la conclusione logica di ciò che vedo, cioè una limitatissima scala di valori che va dal sub-atomico al pensiero umano, mi porta a ritenere molto improbabile che tutto l’esistente sia così limitato e, soprattutto, che il tutto si trovi, esclusivamente, sotto di me, al di sotto del mio pensiero; ma questa è una mia convinzione personale datami, probabilmente, da una personale poca inclinazione alla presunzione.
Belle riflessioni...
prima ti chiedi perchè prendi in considerazione l'eventualità dell'illusione, poi però sperimenti sul cane !
anche tu hai ragionato come me... la probabilità... anche tu cerchi di importi una posizione realista, ma il dubbio di fondo rimane!
nexus6 is offline  

 



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