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Cultura e Società - Problematiche sociali, culture diverse.
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Vecchio 31-05-2006, 11.26.12   #61
visechi
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L’analisi da te proposta – in buona misura autentica, ma non ho mai dubitato della tua capacità d’analisi - attiene più che altro all’esperienza del socialismo reale, aliena dalla storia della sinistra italiana, o che perlomeno la coinvolge solo marginalmente e per “schegge” non certo significative. Il centralismo democratico, così era definito, teso a massimizzare il consenso interno, si raggiungeva a seguito di un dibattito aperto alle variegate istanze provenienti anche e soprattutto dalla base. Dibattiti sovente anche accesi e violenti, che talvolta sfociavano nella fuoriuscita dei dissenzienti e il loro frammentarsi in gruppuscoli poco avvezzi a sottostare alle regole democratiche. La storia della sinistra italiana è sempre stata caratterizzata ed accusata di eccessiva litigiosità, dovuta, questa, proprio alla necessità di raggrumare intorno ad un’idea condivisa e non solo calata dall’alto la propria iniziativa politica. In ciò credo abbia alle volte pure ecceduto. Ciò che delinei tu, attribuendone la paternità e il ricorso alla sinistra, immagino al Partito Comunista, è un malvezzo assai diffuso soprattutto in quei partiti, quale Forze Italia, ove il leader, essendone il fondatore e il principale finanziatore, è anche il padre e padrone e il deus ex machina; partito al cui interno non si sviluppa un vero dibattito e il dissenso non emerge in quanto mortificato in culla. La concezione che Berlusconi ha del dibattito è simile a quello che potè avere il Gallo Brenno, allorché, espugnata la città eterna, volle imporre alla cittadinanza un tributo eccessivamente oneroso opponendo all’emergente dissenso il peso del ferro della propria spada. <<Guai ai vinti!>> - così narra la leggenda -; così fa il principe di Arcore, oppone il peso del suo potere finanziario a chiunque contravvenga ai suoi insensati e dissennati diktat. Qui non è ravvisabile neppure quell’avvitamento della dialettica “dissenso-potere”, cui fai cenno nella tua replica, in quanto il dissenso è abortito nel suo nascere. La rozzezza del suo infimo ingegno politico non ha rappresentato per l’Italia un paracadute, ma ha rischiato di essere un pericoloso salto nel vuoto cui ha posto rimedio la redenzione del recente voto del popolo (sovrano?). Anche la scomposta reazione, per certi versi pericolosa o risibile – dipende dai punti di vista e dalle conseguenze -, al responso delle urne, certificato dalla Suprema Corte, la dice lunga sul concetto di democrazia che ha il Cavaliere bianco disarcionato. Il livore che dimostra, la pretesa di notificare il primo avviso di sfratto, ovviamente avvilita dal risultato della recente tornata elettorale amministrativa, sono sintomo di una progressiva perdita di consenso e della mai acquisita capacità di leggere la storia sociale del paese con la dovuta razionalità.

Ciao
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Vecchio 31-05-2006, 11.33.58   #62
odos
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Personalmente, sono incline ad appoggiare ideologie di sinistra per un motivo:

Nell'antropologia liberalista, e nella pratica liberista, non è prevista l'uguaglianza. Essa è a discrezione della coscienza del singolo agente.
E' vero, il pensiero di sinistra ha una componente autoritaria, ostacola la libertà individuale solo e in favore della salvaguardia dell'uguaglianza e delle pari opportunità di tutti. Il bavaglio lo si mette a chi può impedire questa uguaglianza.

Ognuno è autoritario a suo modo. Io per simpatia con l'essere umano, preferisco essere autoritario in questo modo, piuttosto che bastonare tutti coloro che non sono d'accordo con me, o che ostacolano il mio strapotere (che adesso si chiama libertà, dimenticando spesso che la libertà portata alle sue estreme conseguenze diventa appunto la legge del più forte, e Berlusconi ne è una conferma).

Quando si fa demagogia? Quando sapendo che questa prospettiva potrebbe essere condivisa da molti, la si omette, e non si esplicita il fondo della propria ideologia.


Tu sei convinto, Weyl, e questo è chiaro, e nessuno ti convincerà mai del contrario, ma mi chiedo cosa ne sarebbe stato delle elezioni, se non si fossero trasformate in un' "uscita dalla casa del grande fratello", e si fosse un po' più parlato della vera ideologia di fondo. Un sospetto....

Ultima modifica di odos : 31-05-2006 alle ore 11.35.53.
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Vecchio 31-05-2006, 11.36.17   #63
VanLag
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Non mi fermerei più di tanto a ricordare i danni dell’ex governo Berlusconi, che sono molti e variegati, vari ed eventuali, e considererei invece le parole di Weyl, che, al di là del disprezzo, contengono dei “warning” che, secondo me, non sono sbagliati.

E’ vero che un’ideologia può diventare “ortodossia” e finire per sentirsi autorizzata ad invadere la sfera privata dei cittadini finendo per indicare criteri morali di bene e di male invece di pensare alla funzionalità della gestione del paese. Ne abbiamo prova nel cattolicesimo e non sia mai che l’eredità dell’ideologia marxista, presente nella sinistra, finisca per diventare una new religion.

L’altra cosa vera è il problema economico. Troppo liberismo (il laissez-faire), diventa la legge del più forte, ma il troppo controllo diventa burocrazia che rallenta uno sviluppo fluido ed impasta la vita dei cittadini.

Vegliare che il pensiero di sinistra non si faccia sedurre da velleità morali, ma che persegua il lato funzionale della gestione della cosa pubblica, ed individuare criteri di sviluppo economico che, pur tutelando i più deboli, non rallenti la competitività mi sembrano due cose importanti da non sottovalutare.

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Vecchio 31-05-2006, 12.40.07   #64
Fragola
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Re: Vita fugit sicut umbra

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Messaggio originale inviato da Weyl
Torno a ripetere ciò che ho già detto: Berlusconi, con tutte le ambiguità e le debolezze del personaggio, è stato un paracadute per questo Paese.
Ora inizia la caduta libera.

A proposito di paracadute: ieri sera parlavo con una mia amica argentina che vive in italia da alcuni anni. Mi diceva che lei era un po' stupita dal successo che il "nostro paracadute" sembrava riscuotere tra gli italiani e mi diceva: "io non posso non vedere, non posso non accorgermi che sta facendo le stesse cose che da noi fece Menem"
Non so se qualcuno di voi conserva qualche ricordo della crisi argentina e di quella "caduta libera"

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Vecchio 31-05-2006, 13.15.41   #65
Weyl
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Sutor, nec ultra crepidam!

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Se proprio vuoi fare dotte citzioni, almeno cerca di farle pertinenti! Quello che dici fa chiaramente capire che non ti è chiaro cosa sia la psicoanalisi come prassi. Hai certo un vocabolario teorico che usi con un metodo che ad un profano potrebbe sembrare maestria, ma che è, in realtà, una mistificazione e non può ingannare chi di questi argomenti si occupa a livello professionale.
La prassi psicoanalitica implica per forza di cose un'alleanza terapeutica tra soggetto e terapeuta e l'interpretzione delle resistenze non avviene mai sopra la testa del paziente, ma deve scaturire dal soggetto stesso. Tutto l'opposto dell'annullamento delle possibilità di critica!!!

Mi rendo conto che la mia puntualizzazione è OT rispetto alla discussione, ma la ritengo comunque assolutamente doverosa.

Cara amica, io non so quanta esperienza tu abbia di pratica psicoterapeutica professionale.
In ogni caso, spero che, per il bene dei tuoi pazienti, tu riesca ad approfondire un po' di più la categoria terapeutica del transfert: poichè di "categoria metodologica" si tratta, in quel contesto, ossia in quello della "cura".
Altrove, è chiaro, esso vale come "concetto", ma non era questa, ovviamente, la fattispecie contestuale.
Siccome queste cose, personalmente, le ho insegnate, in ambito universitario specialistico, mi permetto di fornirti qualche "dritta".
La scaturigine dell'interpretazione dal soggetto (nel senso latino del sub-iacio, affine all'italiano "soggiacere", "sottoporre") si realizza nel setting analitico proprio attraverso l'accorta e competente gestione del transfert da parte del terapeuta.
O pensi, forse, che l'interpretazione insorga per anamnesi platonica?
Oppure attraverso una sorta di illuminazione mistica?

Perdonami, ma se non hai compreso questo, allora non hai compreso nulla della metodologia tecnica (nel senso greco della technè, che è affine al know how degli anglosassoni) della psicoanalisi.
Bocciata. Si ripresenti tra due mesi.
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Vecchio 31-05-2006, 14.08.05   #66
Fragola
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Re: Sutor, nec ultra crepidam!

Citazione:
Messaggio originale inviato da Weyl
Cara amica, io non so quanta esperienza tu abbia di pratica psicoterapeutica professionale.
In ogni caso, spero che, per il bene dei tuoi pazienti, tu riesca ad approfondire un po' di più la categoria terapeutica del transfert: poichè di "categoria metodologica" si tratta, in quel contesto, ossia in quello della "cura".
Altrove, è chiaro, esso vale come "concetto", ma non era questa, ovviamente, la fattispecie contestuale.
Siccome queste cose, personalmente, le ho insegnate, in ambito universitario specialistico, mi permetto di fornirti qualche "dritta".
La scaturigine dell'interpretazione dal soggetto (nel senso latino del sub-iacio, affine all'italiano "soggiacere", "sottoporre") si realizza nel setting analitico proprio attraverso l'accorta e competente gestione del transfert da parte del terapeuta.
O pensi, forse, che l'interpretazione insorga per anamnesi platonica?
Oppure attraverso una sorta di illuminazione mistica?

Perdonami, ma se non hai compreso questo, allora non hai compreso nulla della metodologia tecnica (nel senso greco della technè, che è affine al know how degli anglosassoni) della psicoanalisi.
Bocciata. Si ripresenti tra due mesi.

Rischieremmo di andare veramente troppo ot, ma il transfert proprio non è una .... "categoria metodologica" nemmeno dal punto di vista metapsicologico, figuriamoci da quello pratico!!!

Mi permetto di farti notare che in un'altra discussione hai affermato di aver letto alcune cose di Freud durante l'adoloscenza e di averlo poi completamente abbandonato. Mi stupiscie quindi che tu ora dica di essere un docente universitario ... di? Di cosa? che insegna queste cose. ... quali cose?

La psicoanalisi come prassi è quello che avviene dentro la stanza dell'analista, nel luogo del setting. Nessuna "categoria metodologica" può spiegare la psicoanalisi come prassi e tantomeno rendere l'idea di cosa il tranfert in realtà sia. Nè la psicoanalisi come prassi si può insegnare a livello universitario, infantti non viene proprio insegnata nelle università, ma in apposite scuole di specializzazione post laurea e solo a coloro che hanno vissuto un'esperienza di analisi personale. Credo sinceramente che ogni persona che ha concluso un'analisi personale abbia una maggiore competenza sulla psicoanalisi come prassi di qualsiasi ... "teorico".

Chi ha una conoscienza teorica della psicoanalisi conosce la psicoanalisi esattamente come qualcuno che ha letto molti libri sul nuoto ma non è mai entrato in acqua sa nuotare!!!

Sono anche un po' stupita del fatto che tu evinca dal mio intervento una non chiara comprensione del fenomeno del trasfert, visto che io non uso nemmeno la parola trasfert, nè alludo ad esso, ma parlo invece di alleanza terapeutica e di interpretazione delle resistenze.

Con questo chiuderei, in questa sede, l'argomento. E se desideri discutere del transfert o su altri aspetti della psicoanalisi, ti invito a leggere le molte discussioni sull'argomento che ci sono nel forum di psicologia ed a proseguire lì la conversazione.


Ultima modifica di Fragola : 31-05-2006 alle ore 14.21.41.
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Vecchio 31-05-2006, 16.41.01   #67
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Weyl, francamente fatico molto a comprendere certi paroloni e certe analisi....di sicuro non posso apprezzare le minacce e Berlusconi da qualche tempo a questa parte usa toni minacciosi... "Stiano attenti a non tirare troppo la corda..." ed altre affermazioni del genere mi ricordano molto da vicino il nazismo. Io, nonostante sia di sinistra, cerco di analizzare la politica italiana in modo critico. Secondo me il bene non sta tutto da una parte e lo stesso dicasi per il male.
A me sembra che tu, per contro, voglia fare il tifoso. Per te il bene pare essere tutto da una parte e il male tutto dall'altra. Libero di pensarla come ti pare però così finisci per criticare degli altri i tuoi stessi difetti.
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Vecchio 01-06-2006, 13.48.13   #68
Weyl
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Brevissime

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Messaggio originale inviato da Fragola
Rischieremmo di andare veramente troppo ot, ma il transfert proprio non è una .... "categoria metodologica" nemmeno dal punto di vista metapsicologico, figuriamoci da quello pratico!!!

Mi permetto di farti notare che in un'altra discussione hai affermato di aver letto alcune cose di Freud durante l'adoloscenza e di averlo poi completamente abbandonato. Mi stupiscie quindi che tu ora dica di essere un docente universitario ... di? Di cosa? che insegna queste cose. ... quali cose?

La psicoanalisi come prassi è quello che avviene dentro la stanza dell'analista, nel luogo del setting. Nessuna "categoria metodologica" può spiegare la psicoanalisi come prassi e tantomeno rendere l'idea di cosa il tranfert in realtà sia. Nè la psicoanalisi come prassi si può insegnare a livello universitario, infantti non viene proprio insegnata nelle università, ma in apposite scuole di specializzazione post laurea e solo a coloro che hanno vissuto un'esperienza di analisi personale. Credo sinceramente che ogni persona che ha concluso un'analisi personale abbia una maggiore competenza sulla psicoanalisi come prassi di qualsiasi ... "teorico".

Chi ha una conoscienza teorica della psicoanalisi conosce la psicoanalisi esattamente come qualcuno che ha letto molti libri sul nuoto ma non è mai entrato in acqua sa nuotare!!!

Sono anche un po' stupita del fatto che tu evinca dal mio intervento una non chiara comprensione del fenomeno del trasfert, visto che io non uso nemmeno la parola trasfert, nè alludo ad esso, ma parlo invece di alleanza terapeutica e di interpretazione delle resistenze.

Con questo chiuderei, in questa sede, l'argomento. E se desideri discutere del transfert o su altri aspetti della psicoanalisi, ti invito a leggere le molte discussioni sull'argomento che ci sono nel forum di psicologia ed a proseguire lì la conversazione.


Non docente "a contratto", ma ricercatore in Scuola di specializzazione (Neuropsichiatria Infantile) per medici e psicologi, ho cogestito il corso di Psicopatologia generale (fine anni '80).
Esami compresi.
La mia formazione personale comprende l'analisi Kleiniana (completata): le letture di Freud furono effettivamente adolescenziali.
Mi sono dissociato radicalmente dalla mia stessa formazione in quegli anni, optando per altre direzioni.
La psicoanalisi va insegnata in università, sia come metodologia, sia come terapia, indipendentemente dal fatto che poi gli studenti decidano o meno di farne parte del proprio bagaglio terapeutico personale (fatto per il quale, ovviamente, occorre una formazione specifica).
E' chiaro, tuttavia, che un medico od uno psicologo, "deve" conoscerne limiti e possibilità, nonchè la struttura operazionale, al fine di scegliere se farne parte del proprio strumentario professionale oppure no.
Uno studente che mi avesse detto che l' "interpretazione", in sede analitica, non viene prodotta nel soggetto attraverso la corretta gestione del transfert da parte dell'analista, l'avrei bocciato.
Una prassi terapeutica che non riconosca i suoi criteri dentro un corpus teoretico che ne possa abbracciare e contenere, epistemologicamente, ragioni, senso, limiti e possibilità, è poco più di un'abilità scimmiesca.
Esattamente come un farmaco: il medico deve conoscerne le azioni, le interazioni, etc: per far questo non basta la farmacologia, occorrono anche la fisiologia, la patologia generale e la biochimica.
E' questa la distanza che intercorre tra il "sapere" ed il "saper fare".
Weyl is offline  
Vecchio 01-06-2006, 13.57.15   #69
Mr. Bean
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scusate ma credo che stiamo andando OT. Vediamo di rientrare: Diversamente dovremo chiudere la discussione.... grazie.
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Vecchio 01-06-2006, 15.02.04   #70
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Re: Brevissime

Citazione:
Messaggio originale inviato da Weyl
Non docente "a contratto", ma ricercatore in Scuola di specializzazione (Neuropsichiatria Infantile) per medici e psicologi, ho cogestito il corso di Psicopatologia generale (fine anni '80).
Esami compresi.
La mia formazione personale comprende l'analisi Kleiniana (completata): le letture di Freud furono effettivamente adolescenziali.
Mi sono dissociato radicalmente dalla mia stessa formazione in quegli anni, optando per altre direzioni.
La psicoanalisi va insegnata in università, sia come metodologia, sia come terapia, indipendentemente dal fatto che poi gli studenti decidano o meno di farne parte del proprio bagaglio terapeutico personale (fatto per il quale, ovviamente, occorre una formazione specifica).
E' chiaro, tuttavia, che un medico od uno psicologo, "deve" conoscerne limiti e possibilità, nonchè la struttura operazionale, al fine di scegliere se farne parte del proprio strumentario professionale oppure no.
Uno studente che mi avesse detto che l' "interpretazione", in sede analitica, non viene prodotta nel soggetto attraverso la corretta gestione del transfert da parte dell'analista, l'avrei bocciato.
Una prassi terapeutica che non riconosca i suoi criteri dentro un corpus teoretico che ne possa abbracciare e contenere, epistemologicamente, ragioni, senso, limiti e possibilità, è poco più di un'abilità scimmiesca.
Esattamente come un farmaco: il medico deve conoscerne le azioni, le interazioni, etc: per far questo non basta la farmacologia, occorrono anche la fisiologia, la patologia generale e la biochimica.
E' questa la distanza che intercorre tra il "sapere" ed il "saper fare".

Certo, i professori bocciano gli studenti che non dicono quello che il professore vuole sentirsi dire indipendentemente dal fatto che la cosa abbia senso oppure no, questo lo sappiamo tutti purtroppo benissimo. I ricercatori, che professori non sono, lo fanno anche più spesso. Già, la rivalsa. L'ho vista tante volte e tutte le volte mi stupisce. Che boccino in base a vaghi ricordi di letture adolescenziali, e che insistano nell'errore anche parlando con chi sanno avere competenze precise in materia, invece, più che stupire lascia allibiti!!

Del resto sappiamo tutti che la psicopatologia generale c'entra veramente poco (per non dire niente!) con i modelli teorici della psicoanalisi e con la pratica psicoanalitica.
Ripeto che la pratica terapeutica psicoanalitica non si insegna all'università. Nè a medicina nè a psicologia.
Nel piano di studi di psicologia esistono un paio di esami che toccano in modo molto superficiale i modelli teorici ma niente di più. La disciplina in questione è la psicologia dinamica, però, non la psicopatologia generale.

Comunque, "la corretta gestione del transfert" ha ben poco a che fare con quanto ti ho precedentemente contestato, cioè:
"Le modalità mediante cui il pensiero della "sinistra" interpreta il dissenso sono affini a quelle che la psicoanalisi attribuisce al "rifiuto terapeutico" da parte del nevrotico.
Come la seconda pretende di interpretarlo e ricondurlo alle dinamiche proprie del transfert, annullando di fatto le possibilità di critica del paziente."

La corretta gestione del trasfert non è manipolazione, e mira semmai ad incrementare e non ad annullare le le possibilità di critica del paziente. Inoltre hai completamente dimenticato il concetto di alleanza terapeutica sul quale, ovviamente, non mi rispondi. Continui, e non capisco perchè, ad attribuirmi cose che ionon ho detto sul tranfert!!!! Mi viene il sospetto che tu non abbia mai sentito parlare di alleanza terapeutica...

Ma certo che accanto alla pratica terapeutica esistono modelli teorici di riferimento, ma dire che il fenomeno è il modello teorico è una demenzialità epistemologica grossa come una casa!!!
E un "sapere" che non sia accompagnato da un "saper fare", soprattutto in ambito terapeutico, non è sapere. Non saprei dire che cosa sia, ma a me ricorda un becero dare aria alla bocca!
Preferiresti un chirurgo che sa operare o uno che ha solo letto i libri? Un medico che sa fare la diagnosi o uno che non ha mai auscultato? In ambito terapeutico il sapere è inscindibile dal saper fare. Anche in latri ambiti, ma in ambito terapeutico il sapere senza saper fare non è veramente nulla.

Mi scuso con Mr. Bean, ma non potevo non rispondere. In una discussione in cui vengono usati come sostegno alle proprie argomentazioni dei voli pindarici pseudo-intellettuali facendo affidamento sul fatto che la maggior parte dei lettori non ha le competenze per rendersi conto dell'assurdità dell'affermazione, e dove per sostenere le proprie posizioni non si argomenta ma si tende solo a screditare l'altro, la puntualizzazione è doverosa e necessaria.
Mi scuso, quindi, ma non mi pento. Io stessa avevo invitato Weyl a proseguire sul forum di psicologia, ma non posso esimermi dal rispondere quando vengono fatte affermazioni che veramente non stanno nè in cielo nè in terra.
Fragola is offline  

 



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