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Vecchio 25-12-2008, 20.12.30   #1
nexus6
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Question Sui fondamenti della scienza

Salve,

osservo del fervore intorno certi argomenti e dunque vorrei proporre altri aspetti dello stesso grande tema. Premetto, a scanso di equivoci (che sono sempre molto probabili sul web dove tutti si arrischiano a pontificare su tutto, soprattutto su ciò che non conoscono), che non mi interessa discutere del rapporto tra scienza e “fede”, del presunto primato dell’una rispetto all’altra o viceversa.

Le mie vorrebbero essere domande su un preciso aspetto del procedere scientifico ovvero sul significato profondo del seguente fatto: avrebbe potuto essere differente, ma è capitato, capita e verosimilmente capiterà nella storia della scienza che più teorie scientifiche, diciamo concorrenti (ovvero che hanno l’obiettivo di spiegare la stessa categoria di fenomeni), riescano a proporre spiegazioni e predizioni ragionevoli ed accurate su quella stessa classe di fenomeni pur, e questo è il punto fondamentale, partendo da concezioni anche molto differenti degli “enti” di base delle teorie, i pilastri su cui poggiano le “palafitte” scientifiche per usare un’immagine, mi pare, del filosofo Popper.

In due parole, cosa implica, cosa significa per il carattere della conoscenza umana del “mondo”, l’irritante situazione di due (o più) teorie scientifiche “concorrenti”, la cui aderenza sperimentale è altrettanto incredibile, portatrici di due (o più) concezioni totalmente differenti del reale?

(Questa la domanda; qui di sotto tra parentesi solo precisazioni particolari e chiarimenti per chi ha confidenza con certi concetti).


°°°(Pensiamo, ad esempio, alla gravità newtoniana ed a quella einsteiniana (Relatività Generale - RG): i concetti di spazio e tempo alla base di esse sono profondamente differenti, tant’è che la seconda è stata portatrice di una vera e propria rivoluzione concettuale, forse non ancora pienamente compiuta e compresa. Ora la RG permette di spiegare e predire tutta una serie di fenomeni impensabili secondo la gravità di Newton ed inoltre quest’ultima è vista essere come un certo limite “classico” della prima. Così la RG è (attualmente!) la teoria accreditata per spiegare la gravitazione, nonostante con la teoria della gravitazione di Newton sia possibile mandare uomini sulla Luna o fare simulazioni cosmologiche al calcolatore che non male si adattano alla struttura filamentare con cui si distribuiscono le galassie nell'universo.

Secondo una rappresentazione concettuale “insiemistica”, la RG è un insieme (di concetti) che contiene in sé quella di Newton, ma le loro basi concettuali (i loro “supporti”, diciamo) sono molto differenti. Eppure funzionano, spiegano e predicono entrambe (nel limite di applicazione “classico”), tant’è che il quadro concettuale spaziotemporale della fisica newtoniana (inteso come uno sfondo continuo indipendente dai fenomeni che vi si svolgono) viene usato in meccanica quantistica “classica”, relativistica, in teoria dei campi, etc. (questo, per inciso, è una delle profonde incompatibilità tra RG e quantistica). La Relatività Ristretta, precisando, relativizza solo questo quadro concettuale ovvero da assoluto ed immutabile lo fa divenire relativo ad ogni sistema di osservatori, ma il continuo spaziotemporale continua a rimanere uno sfondo indipendente dai fenomeni, nel senso che ogni evento si svolge “sullo” spaziotempo, elettroni che si muovono, che fanno entanglement magari su spazitempo curvi, etc. etc. e se virtualmente si “leva” tutto ciò, gli eventi, il continuo rimane lì, come una scatola senza nulla dentro. In RG tutto ciò cambia, è lo spaziotempo stesso che assume carattere dinamico, perciò non si ragiona più “sullo” spaziotempo, ma “con” esso. Le masse, ad esempio noi!, non si muovono più sullo spaziotempo (piatto o curvo che sia), ma interagiscono con esso in un legame inscindibile.)°°°


Scusandomi per questo veloce ed impreciso tentativo divulgativo, che si fermerà qui (e, ripeto, può essere saltato a piè pari da chi non ha confidenza con questi concetti), la questione è: cosa implica, qual è il significato profondo del fatto che più teorie scientifiche concorrenti e intimamente differenti riescano a spiegare ragionevolmente bene uno stesso ambito di fenomeni? Ovvero, nel caso del mio esempio, l’ambito dei fenomeni riguardanti campi gravitazionali “deboli”?

Le mie domande, il “cosa implica”, si riferiscono al modo umano di conoscere, alle nostre categorie percettive e razionali, insomma come convive la presunzione o pulsione umana dell’unità del reale (in scienza, così come nelle religioni e nelle culture di ogni tempo) con il fatto che alcune spiegazioni scientifiche (ugualmente umane, dunque), molto differenti tra loro, “spieghino” lo stesso ambito di fenomeni.

La scienza, e qui mi riferisco alla Fisica, presenta (attualmente, è bene precisarlo!) un quadro del reale molto frammentato ed intellettualmente insoddisfacente riguardo i fondamenti, i concetti di base (quello di “tempo” per esempio), quadro che appare imbarazzante considerando al contrario gli incredibili successi predittivi dei vari campi della Fisica. Tant’è che questa situazione sembra naturalmente spiegarsi in una moderna cornice filosofica che non considera esistente “un” mondo, Il mondo, ma differenti mondi ognuno “creato” da una differente spiegazione del “reale”. Fino all'800 si viveva, almeno qui in occidente, nello statico e confortante mondo (mentale) newtoniano, ora nel tumultuoso e brulicante mondo relativistico e quantistico. (Sarebbe bello discutere sull'osmosi società-scienza, ma non è questo il thread, non almeno ora).

Accade, e penso sia naturale, che per non percepire di continuo tale sgradevole insoddisfazione, molti e forse la maggior parte degli addetti a lavori (i fisici) preferisca glissare su simili enigmi fondamentali (nel senso che riguardano i fondamenti) e piuttosto applicare e sperimentare su ciò che si conosce, su ciò che è più attestato e fuor di dubbio. Feynman, o chi per lui, sottolineava ai fisici: “zitti… e calcolate!”. Nulla di male in ciò, è un atteggiamento umano e comprensibile. Solo una certa cerchia di fisici non solo riflettono su tali questioni, ma ne fanno il loro principale lavoro.

Ebbene, vi propongo di indossare i panni di queste persone, ognuno naturalmente dal proprio punto di vista. So che le mie domande implicano tutta una serie di altre profondissime domande su cosa sia e cosa spieghi la scienza et similia, per cui osserverò come (eventualmente) si svilupperanno le riflessioni ed interverrò se ne sento l’esigenza.

Saluti e buone feste.
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Vecchio 26-12-2008, 10.00.44   #2
emmeci
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Riferimento: Sui fondamenti della scienza

Lascio stare, come giustamente dici, il problema della fede ma anche particolari di teorie scientifiche, e vengo al sodo filosofico.
Credo che l’insoddisfazione che ci può prendere di fronte alle teorie della scienza non sia che un riflesso di ciò che ci coglie se cerchiamo di capire che cosa siamo noi stessi, perché se è vero che la scienza è riuscita a gettare un’occhiata sull’essenza e il divenire del cosmo, qui trova effettivamente un ostacolo, un punto critico se non un vicolo cieco; e ciò è sorprendente visto che non si tratta di qualcosa di eccezionale, ma di una specie che, come altre, nasce e muore su questo pianeta. Naturalmente biologi, psicologi, sociologi, ecc diranno che anche sul fronte umano si sono compiuti grandi progressi; sì ma qui si tratta di un’osservazione assai più banale, che è per noi però decisiva. Fermiamoci un momento a cercare dentro di noi: ci pare di comprendere che cosa siamo, o quel granulo che chiamiamo io si sgretola inesorabilmente, e se cerchiamo di applicare a noi stessi i grandi concetti scientifici rimaniamo dubbiosi tanto che non sappiamo quale maestro scegliere fino alla morte: uno scienziato? un religioso? un filosofo? E il guaio è che questo non riguarda una specie fra tante, col che potremmo accantonare i dubbi, metterci a calcolare, come dice Feynman (possibilmente non per creare una bomba atomica come mi pare abbia fatto lui), o carpire il giorno come suggerisce Orazio, ma è un dubbio che ci mina e può propagarsi su tutto, cioè su tutto ciò che percepiamo e pensiamo, e ovviamente sulla validità di ciò che compiamo.
Le scienze umane? Ma hanno il diritto di chiamarsi scienze? O questa parola viene estesa abusivamente perché queste scienze hanno un vizio che si portano dietro, in quanto vengono legate al modello fisico, e se non chiaramente fisico però strutturale, oggettivo, che nell’uomo si volatilizza perché egli è, finché vive, un essere soggettivo e creativo – perfino se è un pazzo o un idiota. Così psicologi, sociologi, ecc. si aggrappano a strutture, campi, modelli – tutti termini che richiamano piuttosto la geologia che la scienza dell’uomo, piuttosto l’archeologia che la storia. Chi sa, forse l’abuso sta nello stesso termine “scienza”, che sembra limitare il nostro slancio verso la verità e che forse non solo nei confronti dell’uomo ma dell’essere intero, cioè della piccola e della grande storia, è un termine debole, che solo un pensiero forte, cioè filosofico, può superare.
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Vecchio 26-12-2008, 11.55.45   #3
Il_Dubbio
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Riferimento: Sui fondamenti della scienza

Io farei l'esempio del quadro.

Pensiamo a un paesaggio disegnato da un pittore.

In questo quadro vedo il cielo, le montagne, gli alberi, alcune casette, qualche animale, ed infine un uomo intendo a spostare un carretto.

Tutto normale!

Domandiamoci se il cielo è solo in quella posizione o può averne un'altra. Nel quadro il cielo non può che essere in quella posizione, ma se io allargassi l'immagine fino alle dimensioni della terra il cielo lo ritrovo anche sotto le montagne al di la dell'uomo che sposta il carretto.
Chiaramente mi dovrei chiedere in che senso il cielo è anche sotto le montagne.
La risposta è chiara, con solo due dimensioni il cielo è giusto che sia sopra, dovendo disegnare un quadro con tre dimensioni invece il cielo dovrà essere anche sotto.

Quindi il pittore che mette il cielo sopra le montagne non sbaglia, ma se volesse farmi rendere conto della "reale" posizione del cielo deve fare un quadro diverso, piu dettagliato.
Un astronauta disegnerà il cielo come lo vedrà, un pittore da terra invece, lo disegnerà in altro modo. Entrambi non sbagliano nella descrizione del loro paesaggio, la differenza è la diversa prospettiva.
Nel quadro colui che guarda (ovvero il pittore) non è presente, ma la descrizione non può prescindere dal pittore, che infatti cambierà a seconda della posizione del pittore.

Quindi fino a che siamo sulla terra a camminiamo a velocità normali ci va benissimo Newton, quando le velocità e le dimensioni aumentano non va piu bene.

Se il quadro lo facesse un fotone invece (cerchiamo di immaginarcelo) vedremmo descrivere il mondo in un modo diverso. In questo caso non è possibile mettersi al posto del fotone, la prospettiva è altamente improponibile, però è chiaro che le cose cambierebbero radicalmente. Il quadro è la realtà che il pittore descrive solitamente... se il pittore fosse un fotone avremmo piu quadri in sovrapposizione, ma non solo, nessuno di questi riuscirebbe a descrivere completamente il singolo mondo in cui il pittore-fotone vive, almeno no come solitamente ce lo immaginiamo noi il mondo la fuori.

La descrizione del mondo del fotone, ciò che lui vede per davvero, sarebbe forse un quadro "irrealistico" per noi.
Per irrealistico intendo non a dimensione umana, intendendo che per il fotone (ammesso che abbia coscienza di se) tale visione è al 100% reale.

Comprendere quale sia la dimensione reale del fotone, per noi,ha la stessa problematica di chi pretende di vedere sempre il mondo dalla Luna (perchè piu reale del pittore sulla terra). Ma se non ci fossimo mai andati sulla Luna, quella visione sarebbe stata ugualmente irrealistica.

Cosa implica tutto questo? Che la "realtà" è diversa a seconda dell'osservatore. Se il pittore è un uomo che vive sulla Terra e ha esclusivamente delle dimensioni umane, o è nei pressi della Luna (e magari viaggia a velocità della luce) con le stesse dimensioni, o è un fotone, va modificato il quadro (o meglio ciò che per noi significa realtà) perché alcuni parametri cambiano a seconda dell'osservatore.
Il_Dubbio is offline  
Vecchio 26-12-2008, 18.14.53   #4
and1972rea
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Riferimento: Sui fondamenti della scienza

Le radici della fisica affondano tutte nella filosofia (i primi fisici greci erano innanzitutto filosofi) ed e' per questo che e' del tutto comprensibile che la fisica aneli ,nello studio dei fenomeni naturali, ad un sapere che abbia un fondamento di verita', e la verita' non puo' che essere unitaria ,coerente in se' stessa , universale ed assoluta. La valenza pragmatica ed utilitaristica che hanno assunto le predizioni della scienza negli ultimi 2 secoli, hanno pero' adombrato questa vocazione disinteressata ad un sapere di verita' , per cui ,ora,ci si accontenta non tanto di conoscere “davvero” come funzioni il mondo, ma di trovare i modelli piu' consoni a prevedere pragmaticamente con una certa accuratezza il dispiegarsi di un certo tipo di fenomeni naturali; e non importa quanto fantasiosa o sgangherata possa essere la logica a sostegno di una certa teoria previsionale, se essa funziona anche solo per una piccolissima porzione di fenomeni, essa e' usata a beneficio dello sviluppo tecnologico, con buona pace di tutti coloro che si spremono le meningi nella ricerca di risposte piu' credibili alla nostra ragione. Oserei dire che oggi, i fisici, assomigliano molto agli oracoli e agli aruspici di qualche millennio fa, la differenza non sta tanto nel fatto che gli uni, sulla base di osservazioni ingenue perche' arcaiche, avanzavano predizioni insensate e prive di un fondamento di verita' (pure le teorie odierne hanno poco di sensato , e men che meno hanno la pretesa di descrivere “realmente” come funzionino le cose), e gli altri invece,sulla base di osservazioni piu' dettagliate e rigorose perche' moderne, descrivano e prevedano davvero e sensatamente il mondo che ci circonda; la differenza sta nel fatto che i fisici , oggi , ci azzeccano un po' di piu' (...non troppo... ) , senza nemmeno sapere perche', e ci permettono di fare piu' cose ( non tante di piu' ) di quanto un tempo potevano permetterci maghi, stregoni, ed alchimisti; dall'antichita' ad oggi , l'uomo ha avuto le opportunita' ed il tempo per osservare sempre meglio la natura attraverso le stesse leggi che paiono governarla, e ha profuso tutta la sua creativita' ( poiche' la fisica e' anche arte) per tessere un 'ordito sempre piu' complesso e fitto di teorie mitiche attraverso cui spiegare questo immenso cumulo di osservazioni raccolte dal mondo che lo circonda; ma rimane il fatto che fino ad ora la natura non si e' mai voluta adeguare alle spiegazioni e alle leggi che i fisici hanno dato di essa, sono le congetture dei fisici che sono cambiate di continuo, radicalmente, adeguandosi alle osservazioni compiute sui fenomeni naturali (la stessa teoria della relativita', credo, e' nata dall'osservazione sperimentalmente galileiana che la velocita' della luce non dipendeva “galileianamente” dal sistema di riferimento sopra cui veniva misurata)

Saluti
and1972rea is offline  
Vecchio 27-12-2008, 12.44.16   #5
nexus6
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Sì, quella del Dubbio può essere considerata una risposta ragionevole: c’è l’oggetto, qualsiasi cosa ne possiamo intendere filosoficamente e l’uomo, il soggetto, che lo descrive, separati (-?-) mi sembra di intendere. Ecco che lui cambia, progredisce ed anche i quadri che disegna del mondo (o di quello che crede sia il “mondo”) si adeguano ai suoi progressi nei secoli dei secoli (amen). Possiamo dire che il mondo stesso cambia al mutare delle immagini che se ne danno (di qui, altri balzi magari considerati meno ragionevoli dai più). Pare sia così, effettivamente, pare che le nostre teorie, finora, descrivano i fenomeni che pretendono di descrivere con sempre più “cifre significative”: questo è un fatto, almeno in fisica, Il fatto della discussione e non può essere oggetto di opinione, Andrea. Se ne può discutere, su cosa significhi intendo, ma è cosa evidente, anzi è uno dei punti della mia riflessione.

La mia domanda consisteva proprio in questo, Andrea; indipendentemente da cosa pensi intorno al rapporto scienza-ragione-fede-altro, se possibile, come valuti il seguente fatto, ad esempio: qualcosa lo abbiamo costruito, anche satelliti e shuttle. Ora ferma per un attimo il pensiero che ti sta venendo in mente (l’ho visto, sai), ovvero che sono solo i parti tecnici di una ragione prepotente ed arrogante o meri palliativi per l’ansia esistenziale umana, per nulla sopita dalla scienza… ti dico: sono perfettamente d’accordo, ma non è questo il punto! La questione è: se mi fermo ad un certo grado di precisione (comunque elevato*), nell’ambito di certi fenomeni poniamo la gravità qui sulla Terra, posso utilizzare per costruire i miei complessi archibugi (case, ponti ed acceleratori di particelle), due teorie completamente differenti ovvero che presentano un’immagine della realtà profondamente in conflitto tra loro: semplificando, ognuna pensa ciò che vuole dello spazio e del tempo, per esempio, eppure permettono opere tecniche straordinarie! Che interpretazione ne dai? Cosa implica ciò per la conoscenza umana? Conosco la risposta scientifica: le teorie più precise, quella einsteiniana ad esempio, le adottiamo (fino a prova contraria) come valide per la nostra immagine del mondo, mentre le approssimazioni, quella newtoniana, sono solo tali, solo molto utili per semplificare enormemente i calcoli. La conosco, ma ritengo che si fermi troppo in superficie.

(*= anche un cubo, entro certi errori di misura, è una sfera… è solo questo il punto…?)

Lo puoi fare, ma non tagliare subito la domanda alla radice, Andrea, con l’argomento che la scienza spieghi poco o nulla più degli aruspici di qualche millennio fa (almeno noi abbiamo il GPS… e che ce ne facciamo, mi dirai tu, contro il male di vivere) e che anzi il fatto stesso di essere in cambiamento continuo sarebbe proprio uno degli indici del suo fallimento. A parte che quest’ultimo è uno degli indici della sua forza, semmai, volevo dirti: approfondisci meglio quanto hai scritto. Fallo almeno per la memoria del buon Newton, per festeggiare il suo compleanno (25 dicembre), il quale affiancava alla sua attività di matematico e fisico anche quella di mago esoterico; anzi molti storici pensano che questa sia stata la parte preponderante della sua vita e non me ne sorprendo considerato che allora l’aspetto magico ed unitario delle cose non era sconnesso dalla loro possibile spiegazione scientifica.

°°°

Forse è proprio questo il problema di tutte quelle parti della scienza, Emmeci, quelle che cercano di proporre modelli, non per gli shuttle, ma per l’uomo, le sue azioni e le sue passioni: si sono troppo “fisicizzate”, sono d’accordo con te. Un tempo la pensavo in modo differente e posso dunque capire bene quale sia il punto: sezionare l’uomo come fosse un meccanismo di quelli che l’uomo stesso costruisce, ha portato grandi progressi in campi come medicina ed affini, ma se si resta in questo ambito riduttivo e non lo si affianca con altro, a mio parere, è l’anima, il carattere stesso dell’uomo come una unità che non si comprende, non si afferra, poiché non sta codificato in qualche grumo di sinapsi o meglio se le stai osservando magari con la risonanza magnetica stai osservando delle sinapsi in attività, ma non quell'uomo. Da queste illusorie divisioni conseguono grandi problemi, anche sociali, secondo me. Questo comunque il senso in cui hanno iniziato a muoversi certi neuroscienziati, questo affiancare altro, dopo il fallimento nello spiegare il cervello come un computer. Tale, dunque, è filosofia supportata da osservazione della natura (come ogni filosofia che non voglia essere aria fritta). Siffatto paragrafetto finale apre, però, un’altra discussione… che non vorrei si sviluppasse qui… ma è sul serio diversa? Vediamo un po’…

Un saluto a tutti.
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Vecchio 27-12-2008, 13.59.16   #6
Giorgiosan
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La difficoltà insormontabile che pone ogni teoria è riconoscere è il legame fra la struttura formale di quella ed i fenomeni fisici che essa descrive, cioè fra la fisica teorica e la realtà.

Così è di tutte le scienze.

Per esempio: tutta la geometria sia quella euclidea che la non-euclidea è una pura astrazione semplificatrice di quello che è la realtà. Non esistono rette, né segmenti, né punti, né rette parallele, né triangoli gonfiati o meno.

Kant riteneva che la geometria di Euclide esistesse "a priori" nel nostro cervello e fosse dunque l’unica possibile per descrivere la natura.

Invece la geometria elittica dimostrò che kant aveva una opinione ristretta e così anche la teorizzazione della geometria iperbolica.
Anche queste geometrie hanno trovato un campo di applicazione e quindi una loro utilità.

Ogni struttura formale è solo un modello interpretativo che può rivelarsi più o meno utile, ma tutte le struttura formali sono sempre inadeguate a rappresentare la realtà, ma possono essere adeguate agli obiettivi tecnologici che l’essere umano si propone nel tempo della storia.

Per questo possono contraddirsi del tutto o in parte; ognuna, ma non necessariamente, può trovare una ricomposizione o una integrazione con le altre ad un livello più evoluto.

Se lo scienziato è anche filosofo capirà che la teoria o la sua teoria non è che una fra le infinite interpretazioni possibili e non la identifica mai con la verità.

La scienza dell’uomo è una adolescente che a volte, per la presunzione propria di quell’ età, si crede molto di più di ciò che è.


Ciao

Ultima modifica di Giorgiosan : 27-12-2008 alle ore 16.32.53.
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Vecchio 27-12-2008, 16.05.32   #7
nexus6
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Originalmente inviato da Giorgiosan
La difficoltà insormontabile che pone ogni teoria è riconoscere è il legame fra la struttura formale di quella ed i fenomeni fisici che essa descrive, cioè fra la fisica teorica e la realtà.

Così è di tutte le scienze.
Oh, che bel post, Giorgiosan… chiaro e conciso, hai focalizzato il punto. La risposta che proponi è profonda ed è, in parte, ciò che pensa un frammento della mia ragione: ogni struttura interpretativa è solo un modello, un’astrazione semplificatrice della realtà, non la “verità” e dunque è chiaro che più interpretazioni possano essere in conflitto tra loro e poi eventualmente comprendersi in sintesi (sempre interpretative) più elevate. In più le strutture scientifiche sono quelle che (naturalmente) meglio si adattano agli obiettivi tecnici che l’uomo di volta in volta si propone.

L’esempio della geometria è un classico ed è un altro modo per riflettere sul mio esempio:
- geometria euclidea (spazio piatto) -> quella su cui si basa Newton;
- geometria non euclidea (spazi curvi) -> Einstein.

E’ significativo come la geometria non sia da tempo, come proponeva invece Kant, considerata “a priori”, ma si possa “sperimentare”, verificare, ovvero se ne possa provare la sua validità in rapporto alla natura. Ciò come lo interpreti, Giorgio? Tentare di provare sperimentalmente come sia fatta la “geometria dell’universo” come si collega al fatto che, citazione tua, “tutte le strutture formali sono sempre inadeguate a rappresentare la realtà, ma possono essere adeguate agli obiettivi tecnologici che l’essere umano si propone nel tempo della storia”? La scienza, secondo te, adempie solo ad obiettivi tecnologici? So che mi risponderai sì (e su questo non siamo d’accordo e ne parlammo già), dunque un’altra domanda: perché funziona (straordinariamente bene, in alcuni casi)?

Il mio disagio è sempre stato quello di osservare come nella pratica si passi senza troppo interrogarsi dall’una all’altra descrizione-modello-struttura formale molto, troppo differenti tra loro. Le teorie in questa operazione vengono percepite solamente come strumenti di calcolo e nulla direbbero sui dati di realtà, ma tuttavia nell’animo ogni addetto ai lavori pensa di stare ragionando sulla realtà, non su meri modelli. Tu tagli alla radice il problema affermando: il legame tra teoria e realtà è solo costituito da modelli perfettibili ed in mutazione, ma ciò non toglie che, nel caso della fisica, tali modelli interpretativi spieghino sempre meglio* i fenomeni che aspirano a descrivere (la fisica non mira a spiegare tutto lo scibile umano, è bene precisarlo).

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Originalmente inviato da Giorgiosan
Se lo scienziato è anche filosofo capirà che la teoria o la sua teoria non è che una fra le infinite interpretazioni possibili e non la identifica mai con la verità.

Molti scienziati lo comprendono, e sono quelli che apprezzo di più, non serve essere filosofo (di professione). Non esistono teorie vere ed altre false, non si possono semplicemente appiccicare valori di verità alle teorie scientifiche. Ci sono tanti modi per approcciarsi alla pratica e alla divulgazione scientifica, tuttavia, che credo corrispondano anche ai diversi caratteri delle persone, alcuni sono più autoritari, altri più disposti veramente al dialogo, ma questo si verifica dappertutto.

Saluti


* = e con questo intendo che spiegano sempre meglio come quei fenomeni si svolgono, cioè che le quantità teoriche calcolate sono sempre in miglior accordo con quelle osservate; anche se i dati osservati, si sa, sono intrisi di teoria, questi progressi come li inserisci nella tua visione?
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Vecchio 27-12-2008, 16.40.31   #8
emmeci
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Sì, Nexus6, io ho tratto lo spunto dalle scienze dell’uomo, ma credo che neanche le scienze della natura resistano a questa critica. Perché se è vero che nel momento che il neurone di uno scienziato è soltanto neurone e non un pensiero, il pensiero però è già balzato fuori di esso, magari invadendo un intero cosmo: E – giacché siamo passati dalla piccola alla grande storia - possiamo riconoscere che ciò che diciamo incide sul meccanismo e il senso stesso dell’evoluzione, mentre le scienze si allargano, come per un irreprimibile bisogno di totalità, un assillo olistico che le spinge oltre di esse, quasi a cercare una giustificazione mentre manca loro sempre qualcosa, a livello di metodo o forse di logica. E se anche gli scienziati si giustificano affermando di essere istituzionalmente condizionati dalla relatività delle teorie e di non avere una cattiva logica o una cattiva coscienza, è però tassativo che nessuno si muoverebbe se non fosse convinto che una verità assoluta esiste e che nel momento che gridano “Eureka!” la verità è proprio quella - mentre la verità, anzi l’assoluta verità certamente esiste proprio perché non arriviamo a conoscerla perché, se la conoscessimo, diverrebbe subito relativa.
Allora, tanto per non eludere l’argomento, accettiamo di buon grado la posizione degli scienziati quando aspirano a raggiungere la verità, e accettiamoli quando l’hanno trovata perché in quello stesso momento l’hanno perduta, mentre la filosofia può forse insegnare qualcosa visto che continua ad esistere anche se i filosofi….beh, è meglio non indagare, perché forse (forse) anche loro pretendono di conoscere la verità quando, come ho detto, la verità, anzi la verità assoluta esiste proprio perché non la trovano, visto che se la trovassero diverrebbe una verità relativa.
Il guaio è che se abbiamo iniziato rifiutando espressamente di coinvolgere nell’argomento il problema fede, tutto questo discorso sembra assomigliare a una parabola religiosa: basta sostituire al termine verità il termine Dio…Ebbene, si potrebbe rispondere, è proprio il contrario di quello che credi, cioè sono le religioni che falsano la verità, chiamando Dio quello che fin dal big-bang è solo la verità. Ma chi vuole entrare nel labirinto delle religioni, non sapendo che paradiso o che mostro lo attende?
emmeci is offline  
Vecchio 27-12-2008, 23.37.55   #9
Il_Dubbio
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Originalmente inviato da nexus6
... c’è l’oggetto, qualsiasi cosa ne possiamo intendere filosoficamente e l’uomo, il soggetto, che lo descrive, separati (-?-) mi sembra di intendere.

Il punto è che il soggetto non è sempre l'uomo, ma si postula che senza l'esperienza dell'uomo non si può fare scienza.

Risposta alla domanda (_?_): No!Non dobbiamo immaginarceli separati, l'uomo e la sua realtà sono una cosa unica e irripetibile. L'uomo poi studia altre realtà, quella della formica e quella della balena e in ultima istanza quella del fotone, ma non è la stessa realtà che vive l'uomo. L'uomo intende studiare le leggi generali che riguardano le formiche, le balene, i fotoni e lui stesso, ma le realtà sono differenti. Non basta studiare le leggi generali per comprendere le realtà differenti. Infatti non sappiamo quale sia la realtà della balena o della formica (o cosa provano loro, nessuno li ha mai portati su un lettino dallo psicanalista) e ancora meno quella del fotone. Infatti siamo disposti a dire che il fotone non ne abbia nemmeno una...

quindi la scienza non studia la "Realtà" con la R maiuscola... quella dovrebbe essere materia della metafisica...o materia filosofica.
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Vecchio 28-12-2008, 01.16.13   #10
and1972rea
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Originalmente inviato da nexus6
Sì, quella del Dubbio può essere considerata una risposta ragionevole: c’è l’oggetto, qualsiasi cosa ne possiamo intendere filosoficamente e l’uomo, il soggetto, che lo descrive, separati (-?-) mi sembra di intendere. Ecco che lui cambia, progredisce ed anche i quadri che disegna del mondo (o di quello che crede sia il “mondo”) si adeguano ai suoi progressi nei secoli dei secoli (amen). Possiamo dire che il mondo stesso cambia al mutare delle immagini che se ne danno (di qui, altri balzi magari considerati meno ragionevoli dai più). Pare sia così, effettivamente, pare che le nostre teorie, finora, descrivano i fenomeni che pretendono di descrivere con sempre più “cifre significative”: questo è un fatto, almeno in fisica, Il fatto della discussione e non può essere oggetto di opinione, Andrea. Se ne può discutere, su cosa significhi intendo, ma è cosa evidente, anzi è uno dei punti della mia riflessione.

La mia domanda consisteva proprio in questo, Andrea; indipendentemente da cosa pensi intorno al rapporto scienza-ragione-fede-altro, se possibile, come valuti il seguente fatto, ad esempio: qualcosa lo abbiamo costruito, anche satelliti e shuttle. Ora ferma per un attimo il pensiero che ti sta venendo in mente (l’ho visto, sai), ovvero che sono solo i parti tecnici di una ragione prepotente ed arrogante o meri palliativi per l’ansia esistenziale umana, per nulla sopita dalla scienza… ti dico: sono perfettamente d’accordo, ma non è questo il punto! La questione è: se mi fermo ad un certo grado di precisione (comunque elevato*), nell’ambito di certi fenomeni poniamo la gravità qui sulla Terra, posso utilizzare per costruire i miei complessi archibugi (case, ponti ed acceleratori di particelle), due teorie completamente differenti ovvero che presentano un’immagine della realtà profondamente in conflitto tra loro: semplificando, ognuna pensa ciò che vuole dello spazio e del tempo, per esempio, eppure permettono opere tecniche straordinarie! Che interpretazione ne dai? Cosa implica ciò per la conoscenza umana? Conosco la risposta scientifica: le teorie più precise, quella einsteiniana ad esempio, le adottiamo (fino a prova contraria) come valide per la nostra immagine del mondo, mentre le approssimazioni, quella newtoniana, sono solo tali, solo molto utili per semplificare enormemente i calcoli. La conosco, ma ritengo che si fermi troppo in superficie.

(*= anche un cubo, entro certi errori di misura, è una sfera… è solo questo il punto…?)

Lo puoi fare, ma non tagliare subito la domanda alla radice, Andrea, con l’argomento che la scienza spieghi poco o nulla più degli aruspici di qualche millennio fa (almeno noi abbiamo il GPS… e che ce ne facciamo, mi dirai tu, contro il male di vivere) e che anzi il fatto stesso di essere in cambiamento continuo sarebbe proprio uno degli indici del suo fallimento. A parte che quest’ultimo è uno degli indici della sua forza, semmai, volevo dirti: approfondisci meglio quanto hai scritto. Fallo almeno per la memoria del buon Newton, per festeggiare il suo compleanno (25 dicembre), il quale affiancava alla sua attività di matematico e fisico anche quella di mago esoterico; anzi molti storici pensano che questa sia stata la parte preponderante della sua vita e non me ne sorprendo considerato che allora l’aspetto magico ed unitario delle cose non era sconnesso dalla loro possibile spiegazione scientifica.

Un saluto a tutti.
Nexus, il sistema tolemaico prevedeva con un certo grado di accuratezza le eclissi e i passaggi astrali, grazie ad esso Colombo scopri' l'America, e prese per i fondelli gli indigeni facendosi credere amico di dio, ma non possiamo dire che quel sistema descrivesse davvero “come girasse il mondo” ; Copernico e Keplero prima e Newton dopo, descrissero e formularono previsioni ancora piu' accurate di Tolomeo, ma alla luce delle moderne teoriesull'universo....chi di loro giudicheresti piu' vicino al modo di vedere il mondo di Einstein o Bohr?...davvero ritieni che dinnanzi ad Einstein o Bohr le fantasie di Newton fossero meno fantasiose di quelle di Tolomeo?...io no, credo solamente che i sogni di Newton ci azzeccassero piu' di quelli di Tolomeo, e che le chimere di Einstein fossero equidistanti da entrambi pur descrivendo le apparenze del mondo in modo ancor piu' preciso. Io capisco che le profezie , piu' ci azzeccano e piu' rischiano di irretire ed incantare la nostra brama di assoluto, ma non dobbiamo emulare l'ingenuita' degli indigeni di Colombo......quello che importa di una teoria fisica, non e' l'immagine del mondo che essa da' all'uomo, poiche' essa riulta sempre essere una fatamorgana, sia che descriva di piu' sia che descriva meno accuratamente, ma solo cio' che essa riesce a prevedere nello strettissimo ambito delle misere ed incomplete esperienze umane. Personalmente ritengo che Newton, in ordine alla vera immagine del mondo, abbia farneticato non certo piu' di Einstein e non meno di Tolomeo, e non penso alla sua visione del mondo come ad una soluzione limite delle teorie della relativita', anzi, credo che sopra una immaginaria linea che segna la progressione della conoscenza umana, ogni mito sulla vera natura del mondo rimanga ugualmente fermo sull' oblio dell'incomprensibile. Quindi, Nexus, datti pace, usa pragmaticamente, di volta in volta, le congetture piu' appropriate ed efficaci per prevedere un certo fenomeno, senza chiederti troppo in ordine alla loro valenza conocitiva per l'uomo, semplicemente non ne hanno alcuna, non possono dirci nulla,l'una vale l'altra, sono solo strumenti piu' o meno efficaci per interpretare le bizzarre apparenze di questo mondo...e allora,come disse qualcuno:...ssssssssttt , zitto e calcola !!!!

Saluti
and1972rea is offline  

 



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