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Vecchio 21-02-2010, 16.55.12   #1
Il_Dubbio
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Definizione e concetto primitivo

Con il termine definizione si intende quella operazione logica che tende a spiegare il significato dei vocaboli mediante il significato di altri vocaboli. Questi vocaboli vengono spiegati da altri vocaboli fino all'arrivo di concetti che non possono più essere spiegati con altri vocaboli. Questi concetti si definiscono primitivi.

Hilbert fu il primo a sbarazzarsi con un colpo solo di questi concetti primitivi e non tentò nemmeno di definire quei concetti in modo esplicito ma provò a creare un “insieme” di concetti (gli assiomi) tale che rendessero dei risultati espliciti.
[L'idea di Hilbert sembra essere abbastanza attuale. Ogni volta infatti che tentiamo, in filosofia, di definire i concetti primitivi tendiamo di applicare il suo sistema assiomatico in modo da ricavare una soluzione ragionevolmente precisa. Ma questo andrà meglio specificato all'interno della discussione]

Veniamo però al punto:
cosa sono questi concetti primitivi e perché sono così importanti per le nostre definizioni?
[qualcuno potrebbe anche esporre l'idea che non esistono concetti primi, ma lo deve motivare]

Per la seconda domanda la risposta sembra adeguatamente facile: senza di esse alcun tipo di definizione sarebbe possibile.
La prima domanda invece è adeguatamente difficile in quanto per “definizione” esse non ammettono definizioni.

Questo argomento vuole appunto tentare non tanto di definire ciò che per definizione non è possibile definire, ma si propone di stabilire se almeno la risposta alla seconda domanda (sono importanti perché altrimenti nessuna definizione sarebbe possibile) è giustificata.
Se la discussione ci porta a terminare con: i concetti primitivi sono necessari affinché una definizione sia possibile, potremmo quanto meno ammettere, anche senza definirli, che per concetti primitivi si intendono quei concetti indispensabili per ogni qual si voglia definizione.

Dopo essere giunti a questo primo obiettivo potremmo tentare di avviarci su una strada più impegnativa:
se esistono concetti primitivi che si rendono necessari per ogni tipo di definizione e questi concetti non sono altrimenti definibili, come è possibile che noi si abbia la possibilità di “riconoscere” un concetto non definibile?

La discussione a quel punto sarà già avviata ed ovviamente io risponderò: perché ne siamo coscienti. Quindi la coscienza di un concetto primitivo è essenziale per ogni tipo di definizione.
Alcuna macchina non cosciente potrebbe quindi formulare una qualsiasi definizione e tanto meno “comprenderla”.
Quindi ciò che noi riteniamo non definibile si pone alla base della nostra conoscenza (e questa è in definitiva la mia tesi che difendo già da molto tempo e che qui ripropongo sotto altra veste ).

Un solo esempio: il concetto di “punto”. Esso non è descrivibile e non è definibile. Astrattamente però lo comprendiamo. Se in noi non nascesse la comprensione intuitiva (astratta) di punto non potremmo dedurre altra definizione che da essa viene sorretta.

Perché quest'argomento? Perché mi accorgo, ogni giorno che passa in questo forum, che si mescolano assieme (in grande confusione) i concetti primi con le definizioni e viceversa, senza comprendere mai da dove siamo partiti, se dai principi primi o dalle definizioni. Siccome alla base delle nostre definizioni troviamo i concetti primitivi (quelli non descrivibili ma strettamente “evidenti”) e non le definizioni, ne dovrebbe conseguire che prima di ogni cosa e alla base di ogni nostro discorso bisognerebbe iniziare da questi concetti.
Invece mi sembra che il metodo più usato in filosofia (o forse solo qui) è quello di Hilbert. Qualsiasi nostro discorso si avvale di un certo tipo di assiomi che nemmeno tentiamo di rendere esplicito.
Come è possibile prendere per buoni questi insiemi senza nemmeno tentare di comprendere da cosa sono costituiti? D'altronde questi sono solo pacchetti assiomatici, spesso già ben costruiti per reggersi da soli, il compito del filosofo dovrebbe invece (almeno così credo) prima di tutto tendere a esaltare l'essenza di questi assiomi (e le motivazioni che le rendono necessarie) per poi tentare di costruire egli stesso pacchetti ben funzionanti.

grazie per l'attenzione
Il_Dubbio is offline  
Vecchio 23-02-2010, 18.59.16   #2
Sesbassar
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Originalmente inviato da Il_Dubbio
Veniamo però al punto:
cosa sono questi concetti primitivi e perché sono così importanti per le nostre definizioni?
[qualcuno potrebbe anche esporre l'idea che non esistono concetti primi, ma lo deve motivare]

Questo argomento vuole appunto tentare non tanto di definire ciò che per definizione non è possibile definire, ma si propone di stabilire se almeno la risposta alla seconda domanda (sono importanti perché altrimenti nessuna definizione sarebbe possibile) è giustificata.
Se la discussione ci porta a terminare con: i concetti primitivi sono necessari affinché una definizione sia possibile, potremmo quanto meno ammettere, anche senza definirli, che per concetti primitivi si intendono quei concetti indispensabili per ogni qual si voglia definizione.

Un solo esempio: il concetto di “punto”. Esso non è descrivibile e non è definibile. Astrattamente però lo comprendiamo. Se in noi non nascesse la comprensione intuitiva (astratta) di punto non potremmo dedurre altra definizione che da essa viene sorretta.

Come è possibile esprimere un "concetto primitivo" senza darne una definizione? Già il termine che usi è una definizione: serve a far capire che quello che indichi è un quid specifico, e non un altro.
Cosa differenzia un punto da una retta (per rimanere in argomento)?
Chi dice che la retta è un insieme di punti? non potrebbe essere semplicemente un punto di forma diversa? (la domanda è idiota, è una provocazione).
Il termine punto implica quindi una definizione. E' quindi un'unità non più divisibile, a-tomo.
Forse tu intendi che capiamo cos'è un punto in modo intuitivo, però non sono così d'accordo. Noi capiamo intuitivamente cos'è un punto anche perchè fin da bambini ci hanno insegnato la geometria euclidea.
Se la nostra cultura non conoscesse la geometria (euclidea e non) il punto sarebbe solo una macchiolina (per quanto piccola): perchè non servirebbe a nulla conoscerlo.
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Vecchio 23-02-2010, 22.42.45   #3
Il_Dubbio
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Originalmente inviato da Sesbassar
Come è possibile esprimere un "concetto primitivo" senza darne una definizione?

Intanto ti ringrazio della partecipazione

Mi sembra che tu sia uno di quelli che intende contestare l'esistenza di "concetti primitivi".
Me l'aspettavo... diciamo che è il punto di partenza ed è giusto incominciare bene


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Originalmente inviato da Sesbassar
Il termine punto implica quindi una definizione.

Chiaramente noi potremmo utilizzare delle definizioni per definire il concetto di punto. Su questo non ci piove. Il problema è che se non c'è la "comprensione" intuitiva di ciò che chiamiamo punto, nonostante la definizione, non riusciremmo a comprenderla.
Per esempio il punto in geometria è un'entità priva di estensione spaziale. Ma ti domando: abbiamo esperienze di privazioni spaziali per caso? Come facciamo noi a comprendere cos'è un punto se manca l'esperienza di privazioni spaziali?
Infatti il punto non esiste, è solo un'astrazione. La definizione però dovrebbe stabilire cos'è il punto e aiutarci a riconoscerlo (altrimenti a che servono le definizioni?)... il punto però non è definibile se no attraverso l'astrazione. Quindi, se il punto è un'astrazione non è vero che può essere definito solo attraverso l'astrazione? Ma l'astrazione è una definizione o un'altra astrazione non definibile? Cos'è un'astrazione? E' definibile un'astrazione?
Io direi che un'astrazione è un'astrazione. Cioè è quella cosa li che se ce l'hai è bene se no pazienza. Non è possibile poterti aiutare con altre definizioni (questo è quello che intendo).

Per esempio sin dalle scuole elementari ci insegnano cos'è un punto. Ce l'hanno disegnato migliaia di volte alla lavagna. Un punto potrebbe anche essere una stella su nel cielo oppure un granello di sabbia, ma qualcuno ci ha insegnato mai cosa sia "astrattamente" un punto?...mi sembra che lo si possa solo "intuire", non si insegna a pensarlo. Non è la definizione, in questo caso, che ci aiuta a comprendere l'astrattezza del punto, è vero il contrario: è la comprensione del punto (e di tutte le altre astrattezze) che ci aiuta a comprendere cos'è l'astrattezza.

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Vecchio 24-02-2010, 11.10.59   #4
Sesbassar
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Intanto ti ringrazio della partecipazione

Di nulla, quando si tratta di rompere le scatole ci sono sempre

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Mi sembra che tu sia uno di quelli che intende contestare l'esistenza di "concetti primitivi".

Sì e no: in realtà mi limito a rilevare incongruenze (sempre se non sono io a sbagliare, ma il dialogo serve proprio a capire dove si sbaglia no? ).

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Originalmente inviato da Il_Dubbio
Chiaramente noi potremmo utilizzare delle definizioni per definire il concetto di punto. Su questo non ci piove. Il problema è che se non c'è la "comprensione" intuitiva di ciò che chiamiamo punto, nonostante la definizione, non riusciremmo a comprenderla.
Per esempio il punto in geometria è un'entità priva di estensione spaziale. Ma ti domando: abbiamo esperienze di privazioni spaziali per caso? Come facciamo noi a comprendere cos'è un punto se manca l'esperienza di privazioni spaziali?
Infatti il punto non esiste, è solo un'astrazione. La definizione però dovrebbe stabilire cos'è il punto e aiutarci a riconoscerlo (altrimenti a che servono le definizioni?)... il punto però non è definibile se no attraverso l'astrazione. Quindi, se il punto è un'astrazione non è vero che può essere definito solo attraverso l'astrazione? Ma l'astrazione è una definizione o un'altra astrazione non definibile? Cos'è un'astrazione? E' definibile un'astrazione?
Io direi che un'astrazione è un'astrazione. Cioè è quella cosa li che se ce l'hai è bene se no pazienza. Non è possibile poterti aiutare con altre definizioni (questo è quello che intendo).

Perdonami ma non sei stato molto chiaro
Insomma: i concetti primitivi (o astrazioni come le chiami qui) sono dei dati evidenti, dei quali non può essere data dimostrazione? dei quali semplicemente ci si "accorge" che esistono?

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Originalmente inviato da Il_Dubbio
Per esempio sin dalle scuole elementari ci insegnano cos'è un punto. Ce l'hanno disegnato migliaia di volte alla lavagna. Un punto potrebbe anche essere una stella su nel cielo oppure un granello di sabbia, ma qualcuno ci ha insegnato mai cosa sia "astrattamente" un punto?...mi sembra che lo si possa solo "intuire", non si insegna a pensarlo. Non è la definizione, in questo caso, che ci aiuta a comprendere l'astrattezza del punto, è vero il contrario: è la comprensione del punto (e di tutte le altre astrattezze) che ci aiuta a comprendere cos'è l'astrattezza.

Il discorso che facevo io era di tipo culturale. I nativi americani non hanno "visto" le caravelle: perchè non rientravano nel loro orizzonte d'esperienza. Non sapevano a cosa ricondurle. In loro non c'era alcun concetto di caravella perchè nessuno lo aveva insegnato loro, e loro non l'avevano sviluppato.
Così il punto: io lo conosco perchè qualcuno ha avuto l'intuizione molto tempo addietro, ma non è detto che sia una intuizione anche mia (poi magari lo è, ma come saperlo?). Forse io uso il punto solo perchè sono stato messo a conoscenza della sua esistenza.

Se fossimo abituati a pensare al di fuori della geometria euclidea (in un orizzonte culturale che non ha sviluppato la geometria) avremmo ancora bisogno di punti e rette?
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Vecchio 24-02-2010, 20.30.55   #5
Il_Dubbio
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Perdonami ma non sei stato molto chiaro
Insomma: i concetti primitivi (o astrazioni come le chiami qui) sono dei dati evidenti, dei quali non può essere data dimostrazione? dei quali semplicemente ci si "accorge" che esistono?

si e no

I concetti primitivi dovrebbero essere quei concetti che non possono essere ulteriormente definiti senza ricadere nell'usare termini che sono lontani dal significato proprio di quel concetto primitivo.
Tu forse domandi come nascono? A questa risposta però dobbiamo arrivarci (l'ho accennata nel post iniziale). Mi sembrava che tu li mettessi però in discussione. Se pensi che esistano, dobbiamo prima di tutto comprendere se sono anche indispensabili per le nostre definizioni e poi, se ci rimane tempo, anche perché nascono(giusto per non fare troppa confusione ehh ).


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Originalmente inviato da Sesbassar
Il discorso che facevo io era di tipo culturale. I nativi americani non hanno "visto" le caravelle: perchè non rientravano nel loro orizzonte d'esperienza. Non sapevano a cosa ricondurle. In loro non c'era alcun concetto di caravella perchè nessuno lo aveva insegnato loro, e loro non l'avevano sviluppato.
Così il punto: io lo conosco perchè qualcuno ha avuto l'intuizione molto tempo addietro, ma non è detto che sia una intuizione anche mia (poi magari lo è, ma come saperlo?). Forse io uso il punto solo perchè sono stato messo a conoscenza della sua esistenza.

Un tempo (quando ancora andavo a scuola per imparare) gli studenti si dividevano in due tipi: coloro i quali avevano una buona memoria e coloro i quali "comprendevano" il senso del testo e lo riproponevano con termini differenti. Non so se i tempi oggi sono cambiati, comunque non mi è mai sembrato che imparare a memoria una definizione significa averla compresa.
Come facevano a comprendere, gli insegnanti, se i loro studenti avevano davvero compreso oppure stavano ripetendo a memoria i concetti?
Forse, in questo caso, si tratta solo di trovare una definizione buona di "come beccare lo studente stupido".




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Originalmente inviato da Sesbassar
Se fossimo abituati a pensare al di fuori della geometria euclidea (in un orizzonte culturale che non ha sviluppato la geometria) avremmo ancora bisogno di punti e rette?

Io non oso nemmeno immaginare cosa sarebbe stata la nostra civiltà senza la geometria euclidea. Poi come sia stato possibile poterla anche solo pensare ne possiamo discuterne.
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Vecchio 25-02-2010, 22.26.20   #6
Il_Dubbio
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Perdonami ma non sei stato molto chiaro
Insomma: i concetti primitivi (o astrazioni come le chiami qui) sono dei dati evidenti, dei quali non può essere data dimostrazione? dei quali semplicemente ci si "accorge" che esistono?

Credo che ci sia bisogno di sottolineare un fatto che nella prima risposta ho mancato di evidenziare. Da quello che posso comprendere io le definizioni non hanno nulla a che spartire con le "dimostrazioni".
Potrei affermare che un "punto è nero". Questa proposizione ha bisogno di essere dimostrata.La sua verità potrebbe però non essere dimostrabile . Gli assiomi rappresentano appunto (sto usando sempre il condizionale perché non si sa mai possa sbagliare...) verità non dimostrate.
Le definizioni invece non credo abbiano bisogno di essere dimostrate.

E' chiaro che esistono, a questo punto, concetti non definibili e verità non dimostrate. In questo argomento si parla esclusivamente di concetti non definibili.

[Bisogna sempre tenere presente che il motivo di tanto interesse nei confronti di questi argomenti tipo le verità non dimostrabili o i concetti non definibili (oltre, per me, al principio di identità appena affrontato) è dato dalla natura del nostro pensato. In che modo noi pensiamo?
I concetti non definibili e le verità non dimostrabili potrebbero essere dedotte da un pensiero non umano? Cos'ha di tanto differente la mente umana da un computer sofisticato?
Anche lo stesso principio di identità nasce per un motivo che è possibile definire con precisione e che un computer potrebbe dedurre? Oppure la mente umana funziona differentemente e solo in quanto cosciente l'uomo deduce i suoi principi? Altrimenti come potrebbe un computer dedurre i principi in autonomia?
Chiaramente se tutto fosse definibile e fosse dimostrabile la verità di tutte le proposizioni, un computer avrebbe vita facile, basterebbe programmarlo per bene. Il problema è che la verità di alcune proposizioni vengono dedotte "intuitivamente" e molti concetti non possono essere compresi se no intuitivamente. Quindi un computer non potrebbe mai pensare come un uomo sempre che non si stabilisca la logica che sottende questo tipo di intuizione.
Tutto questo lo dico per inquadrare i motivi che spingono ad avere un interesse su un tema che di per se potrebbe sembrare una questione di lana caprina ]
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Vecchio 21-06-2011, 01.03.25   #7
aristotele87
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Originalmente inviato da Il_Dubbio
Mha... non so cosa intendi, a me sembra che da questa discussione non ne usciamo visto che hai apertamente detto di non comprendere-condividere gli assiomi, uno in particolare il "punto".
Forse sei la prima persona che lo dice apertamente. Non comprendere cos'è "astratto" è "grave" , anche perchè non c'è alternativa per spiegarlo. Anzi mi piacerebbe comprendere questo fenomeno... è così tanto tempo che dico la stessa cosa: come avrebbe potuto fare un computer a comprendere l'astrattezza del punto se non c'è alcun modo di spiegarlo o descriverlo?
Mi ricorda un po' la discussione, avviata con Albert, sulla "stanza cinese".

Però se vuoi continuare a parlarne forse è meglio spostarci qui:
https://www.riflessioni.it/forum/filo...primitivo.html

altrimenti poi passa Koli e ci mena
Non mi è difficile comprendere concetti astratti, mi è difficile accettare-comprendere concetti "che sono così e basta",

Il punto è quantomeno un segno, e un segno è sempre "un identificazione che rimanda ad un altra identificazione" ("aliquid stat pro aliquo" cit), quindi come puo' il punto, ente fondamentale della geometria, non rimandare a un significato?

C'è un salto semiotico notevole.

Il punto è un espressione di qualcosa (significante) ma manca il contenuto di questo qualcosa (significato), non so se mi spiego!!!

E' come dire (esempio stupido) che quando sento suonare il campanello di casa ignoro il significato del suono! C'è qualcosa che non va
aristotele87 is offline  
Vecchio 22-06-2011, 00.53.19   #8
Il_Dubbio
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Originalmente inviato da aristotele87
Non mi è difficile comprendere concetti astratti, mi è difficile accettare-comprendere concetti "che sono così e basta",

Va bene, ma se i concetti invece fossero proprio "così e basta" ciò significherebbe che ti è difficile comprenderli?


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Originalmente inviato da aristotele87
Il punto è quantomeno un segno, e un segno è sempre "un identificazione che rimanda ad un altra identificazione" ("aliquid stat pro aliquo" cit), quindi come puo' il punto, ente fondamentale della geometria, non rimandare a un significato?

C'è un salto semiotico notevole.

Il punto è un espressione di qualcosa (significante) ma manca il contenuto di questo qualcosa (significato), non so se mi spiego!!!

E' come dire (esempio stupido) che quando sento suonare il campanello di casa ignoro il significato del suono! C'è qualcosa che non va

Parli di "contenuti" e ciò mi fa pensare ai "volumi" (tanto per rimanere in geometria) o se preferisci alle superfici o aree.

Come li definiresti?

Direi di lasciar perdere il "calcolo integrale" con il quale oggi (la moderna matematica) tratta volumi e aree, ma anche se ci soffermassimo a comprendere queste raffinatezze (senza aver fatto alcun esame di analisi matematica) i volumi sono suddivisi in tanti piccoli cubetti. Non mi è dato di capire però quanto piccolo deve essere questo cubetto per rimanere cubetto, ma questi sono affari dei matematici

Ritorniamo quindi alle considerazioni più semplici. Il volume sarebbe da intendersi una parte di spazio a tre dimensioni che contiene oggetti anche di tre dimensioni. Noi però dobbiamo capire cos'è un volume, e se nella definizione di volume togliessimo gli oggetti cosa rimarrebbe? "una parte di spazio a tre dimensioni"! Il volume sarebbe quindi un piccolo "cubetto" di spazio; rimarrebbe da definire meglio il concetto di spazio e poi di dimensione. Ma se considerassi lo spazio come il volume dell'universo? Spazio e volume avrebbero lo stesso significato, quindi ho, fino ad ora, usato due termini (spazio e oggetto) che non descrivono il significato di volume, ma aggiungono termini uguali o inutili al fine di descrivere il volume. Ci rimane il termine "dimensione". Il volume è descrivibile come avente tre dimensioni. E cos'è una dimensione?
E qui ti voglio...
Wikipedia dice che esso rappresenta il grado di libertà che un oggetto ha per muoversi nello spazio. NOOOOOOO! Ancora il termine spazio e oggetto!????!
Io devo comprendere cos'è una dimensione a prescindere dal concetto di spazio e di oggetto.

Finisco qui, perchè ho finito la benzina per oggi, ma come si evince dalla mia sommaria e parziale esposizione, i nostri concetti sono intersecati tra loro tanto da non comprendere da cosa sono composti e a uno ad uno, di cosa stiamo parlando. Se voglio parlare di volume devo immaginarmi uno "spazio" e un oggetto che lo attraversa e magari anche le direzioni possibili. Una delle conseguenze più logiche è che lo spazio, volume, dimensione ed oggetto siano la stessa cosa in quanto sono tutti imprescindibili e fanno parte della medesima descrizione.
Ma allora perchè parliamo solo di volumi e di spazio quando invece dovremmo aggiungerci dimensioni e soprattutto oggetti? Ed è qui che trionfa l'astrattezza del termine. Il volume è un contenitore astratto ed ha un suo preciso significato a prescindere dal contenuto (che può essere l'oggetto fisico). Quindi non è il contenuto (l'oggetto) che descrive il volume; tutte le descrizioni possibili falliscono davanti a questo concetto che si fa comprendere solo "svuotandolo" dalle descrizioni più che riempiendolo.
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Vecchio 22-06-2011, 15.59.24   #9
aristotele87
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Originalmente inviato da Il_Dubbio
Va bene, ma se i concetti invece fossero proprio "così e basta" ciò significherebbe che ti è difficile comprenderli?




Parli di "contenuti" e ciò mi fa pensare ai "volumi" (tanto per rimanere in geometria) o se preferisci alle superfici o aree.

Come li definiresti?

Direi di lasciar perdere il "calcolo integrale" con il quale oggi (la moderna matematica) tratta volumi e aree, ma anche se ci soffermassimo a comprendere queste raffinatezze (senza aver fatto alcun esame di analisi matematica) i volumi sono suddivisi in tanti piccoli cubetti. Non mi è dato di capire però quanto piccolo deve essere questo cubetto per rimanere cubetto, ma questi sono affari dei matematici

Ritorniamo quindi alle considerazioni più semplici. Il volume sarebbe da intendersi una parte di spazio a tre dimensioni che contiene oggetti anche di tre dimensioni. Noi però dobbiamo capire cos'è un volume, e se nella definizione di volume togliessimo gli oggetti cosa rimarrebbe? "una parte di spazio a tre dimensioni"! Il volume sarebbe quindi un piccolo "cubetto" di spazio; rimarrebbe da definire meglio il concetto di spazio e poi di dimensione. Ma se considerassi lo spazio come il volume dell'universo? Spazio e volume avrebbero lo stesso significato, quindi ho, fino ad ora, usato due termini (spazio e oggetto) che non descrivono il significato di volume, ma aggiungono termini uguali o inutili al fine di descrivere il volume. Ci rimane il termine "dimensione". Il volume è descrivibile come avente tre dimensioni. E cos'è una dimensione?
E qui ti voglio...
Wikipedia dice che esso rappresenta il grado di libertà che un oggetto ha per muoversi nello spazio. NOOOOOOO! Ancora il termine spazio e oggetto!????!
Io devo comprendere cos'è una dimensione a prescindere dal concetto di spazio e di oggetto.

Finisco qui, perchè ho finito la benzina per oggi, ma come si evince dalla mia sommaria e parziale esposizione, i nostri concetti sono intersecati tra loro tanto da non comprendere da cosa sono composti e a uno ad uno, di cosa stiamo parlando. Se voglio parlare di volume devo immaginarmi uno "spazio" e un oggetto che lo attraversa e magari anche le direzioni possibili. Una delle conseguenze più logiche è che lo spazio, volume, dimensione ed oggetto siano la stessa cosa in quanto sono tutti imprescindibili e fanno parte della medesima descrizione.
Ma allora perchè parliamo solo di volumi e di spazio quando invece dovremmo aggiungerci dimensioni e soprattutto oggetti? Ed è qui che trionfa l'astrattezza del termine. Il volume è un contenitore astratto ed ha un suo preciso significato a prescindere dal contenuto (che può essere l'oggetto fisico). Quindi non è il contenuto (l'oggetto) che descrive il volume; tutte le descrizioni possibili falliscono davanti a questo concetto che si fa comprendere solo "svuotandolo" dalle descrizioni più che riempiendolo.
Questo direi che è il punto più importante del discorso, quindi prendo da quì per risponderti. I concetti di spaziotempo dopo Einstein non sono più concetti assoluti come voleva Newton ma diventano concetti relativi come voleva appunto Einstein, per questo ti dico che mi è difficile concepire uno spazio e un tempo che sono qualcosa che non rimandano a qualcos'altro....
So che il discorso è complicato però tantè che la nostra mente non è in grado di visualizzare uno spazio senza punti di riferimento.... E un movimento senza punti di riferimento.... Quì mi fermo perchè devo uscire comunque spero si capisca ik discorso...
aristotele87 is offline  
Vecchio 06-07-2011, 09.27.06   #10
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Questo direi che è il punto più importante del discorso, quindi prendo da quì per risponderti. I concetti di spaziotempo dopo Einstein non sono più concetti assoluti come voleva Newton ma diventano concetti relativi come voleva appunto Einstein, per questo ti dico che mi è difficile concepire uno spazio e un tempo che sono qualcosa che non rimandano a qualcos'altro....
So che il discorso è complicato però tantè che la nostra mente non è in grado di visualizzare uno spazio senza punti di riferimento.... E un movimento senza punti di riferimento.... Quì mi fermo perchè devo uscire comunque spero si capisca ik discorso...

Facciamo un esempio.

Io sono un non vedente sin dalla nascita. Tu mi fai toccare una pallina di carta. Se io non avessi punti di riferimento visivo di spazio e di oggetto (in quanto non ho mai visto oggetti nello spazio), cosa mi farà riconoscere una pallina di carta da un foglio di carta ritagliata a forma di cerchio? Non dovrei avere almeno una sensazione di "dimensione"?
Per riconoscere un foglio di carta, o comunque un oggetto "piatto" da uno tondo, potrebbe non essere necessario avere punti di riferimento visivi di spazio e di oggetto.
Resta magari da comprendere questo: se da non-vedente toccassi solo cose piatte o comunque mi mancasse la sensazione delle tre dimensioni, potrei avere l'astrazione di "dimensione"? Si, magari invece delle tre dimensioni solite, ne avrei solo due. E se avessi (sempre da non vedente) la sensazione ti toccare gli oggetti come se fossero spine? Tutti gli oggetti avrebbero solo una dimensione. E se io, oltre ad essere non vedente, non riuscissi nemmeno ad avere sensazioni tattili ma sentissi le voci, potrei avere l'astrazione di "senza-dimensione"? Magari una certa sensazione di dimensione viene data dall'udito che è pronto a riconoscere suoni lontani o suoni vicini; quindi la dimensione sarebbe in relazione con uno spazio, direi ampio, che però non si vede.
Quindi per un certo senso i concetti primitivi hanno bisogno di "relazioni".
Ma qual è la prima relazione che si instaura? Si instaura la relazione fra soggetto e mondo esterno. Io non vedente "sento" dei suoni esterni al mio mondo interno. Distinguo cioè me dal resto del mondo. La codifica di questo mondo esterno certamente dipenderà dal tipo di relazione che noi abbiamo con questo mondo.
Quindi è vero, come tu dici, che senza punti di riferimento, non possiamo ricavare una codifica della realtà. Ma il vero punto di riferimento siamo noi.
Il non vedente che sente dei suoni mette in relazione ogni singolo suono con se stesso e codifica differenze. Se un suono è lontano avrà alcune caratteristiche che la mente elabora. Così elabora anche suoni che sono vicine per poi metterle a confronto per il riconoscimento di suoni vicini da quelli lontani.
Ciò che però io dico è questo: l'idea che esista uno spazio dentro cui i suoni si muovono non è deducibile dalla sensazione fra i diversi suoni. Per dedurre che gli oggetti (oppure i suoni) occupano uno spazio, devo concepire uno spazio dentro cui gli oggetti si muovono. Lo spazio (oppure un "volume") quindi diventa un concetto primitivo che non può essere descritto senza aggiungere gli oggetti e le dimensioni, ma che diventa imprescindibile comprendere (intuire) per spiegare il movimento degli oggetti e la loro dimensione.
Per comprendere lo spazio (o anche il tempo) dobbiamo comprendere (intuire) il più piccolo cubetto di spazio possibile. Questo piccolo cubetto è un "punto adimensionale". Esso non è una "deduzione", è un'astrazione come era un'astrazione il volume dentro cui gli oggetti o i suoni si muovevano.

va bhe...mo devo andare
Il_Dubbio is offline  

 



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