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Filosofia - Forum filosofico sulla ricerca del senso dell’essere.
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Vecchio 26-12-2011, 18.42.12   #1
Alexis Honlon
Ospite
 
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L' uomo non pensa

"Homo non intellegit". Questa era una delle proposizioni che i maestri averroisti (e pure Averroè) avevano sostenuto e che finì alla condanna di Tempier. Come si sa, qui da noi, con S. Tommaso e Cartesio, questa posizione perse visibilità e sostenitori, e solo con Kant si è riusciti a pareggiare un po' i conti, fino a farla esplodere con Foucault e Levi-Strauss (e non solo).

Nell' essenziale, questo filone (che potremo definire filone "homo non intellegit" oppure posizione averroista in ossequio a chi la sostenne precedentemente, anche se da punti di vista differenti), risulta essere valido e vero.

Due sono i motivi che mi portano a ritenere ciò:

1) il primo motivo è di natura metodologica: se incontrassimo un' essere pensante non umano nell' universo, e questo pensasse, la proposizione "l' uomo pensa" risulterebbe falsa, in quanto non solo l' uomo pensa. Per questo motivo, l' espressione "l' uomo non pensa, è il pensiero che pensa" risulterebbe più corretta dell' espressione "l' uomo pensa".

2) il secondo è di natura invece di struttura della nostra mente: l' essere umano, a meno che non venga stimolato dall' esterno, non pensa. Prova ne sono i famosi feral children. Intendo dire che, pur essendo presente in noi la compentenza, questa non si attiva da sola, essendo necessario un' attivamento dall' esterno. E tutto questo mi fa propendere più per una sorta di autoattivamento del sistema (messa a disposizione di materiale del sistema al sistema), che riporta ancora più valida l' espressione "l'uomo non pensa, è il pensiero che pensa".

Per essere più chiari, definisco come "pensiero", di sicuro la capacità di creare triadi semiotiche peirceane (questo sta a questo per questo). Il che significa: polo razionale (logica matematica ecc.), polo "poetico" (metafora e metonimia). Non sono sicuro per il polo emotivo.

A livello della ragione, intesa come pensiero, noi siamo periferiche; come d' altronde pensava anche Averroè e non solo lui, prima e dopo di lui (solgo chiamare, un po' scherzosamente, tale posizione come teoria della periferica).
Alexis Honlon is offline  
Vecchio 27-12-2011, 09.10.15   #2
albert
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Riferimento: L' uomo non pensa

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Originalmente inviato da Alexis Honlon
il primo motivo è di natura metodologica: se incontrassimo un' essere pensante non umano nell' universo, e questo pensasse, la proposizione "l' uomo pensa" risulterebbe falsa, in quanto non solo l' uomo pensa.

perché? la frase "l'uomo pensa" non implica che sia l'unico a pensare

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Originalmente inviato da Alexis Honlon
Per essere più chiari, definisco come "pensiero", di sicuro la capacità di creare triadi semiotiche peirceane (questo sta a questo per questo). Il che significa: polo razionale (logica matematica ecc.), polo "poetico" (metafora e metonimia). Non sono sicuro per il polo emotivo.

Ecco. Chiariamo i termini. Per me "pensare" significa "effettuare attività mentale" e da questo punto di vista che l'uomo pensi è del tutto ovvio.
albert is offline  
Vecchio 27-12-2011, 10.14.33   #3
Alexis Honlon
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Messaggi: 33
Riferimento: L' uomo non pensa

Anzitutto grazie per la riposta.

Con ordine: logicamente parlando, dalla proposizione "l' uomo pensa", come dice lei, non si può dedurre che nessun altro essere (forma di vita) pensi. In tal senso, lei ha ragione. Ciò non di meno, il più delle volte, la frase "l' uomo pensa" è stata intesa, da molti pensatori (alcuni già citati sopra), come se il pensiero fosse prerogativa solo umana.

Per il secondo punto, se con pensiero intendiamo "effettuare attività mentale", e se con mente intendiamo "proiezione del cervello nello stato conscio" (in pratica il cervello si ritrova in uno stato definiamo conscio), allora qualsiasi animale dotato di un cervello penserà, dato che qualisiasi animale ha uno stato conscio. Ed in ciò non vi è alcuna contraddizione con quanto sostenuto da lei.

Ciò non di meno, una tale definizione di pensiero, seppur corretta, è troppo amplia, e non distingue a sufficienza le varie possibili distinzioni all' interno dell' attività neurale.

Se definiamo come pensiero un' attività di una (o più) rete neurale, è più che evidente che ne abbiamo di vario tipo e varia natura, quindi serve che ci siano delle specificazioni in seno ad una tale definizione.

Per quanto riguarda il problema: "la mente è tutto cervello?" la mia risposta è:

"Sì e no. Sì: ogni attività delle mente è presente nel cervello. No: la mente può essere considerata un sistema differente da quello cerebrale, ed in tal senso non è un cervello. Tendo a pensare che ci sia una configurazione di un sistema che sfrutti un' altro; ecco perchè ogni attività della mente secondo me è presente nel cervello ma comunque si può dire che siano cose diverse (riprendendo un termine del sociologo Luhmann, definisco tutto ciò col termine interpenetrazione).
Alexis Honlon is offline  
Vecchio 27-12-2011, 13.07.27   #4
arsenio
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Riferimento: L' uomo non pensa

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Originalmente inviato da Alexis Honlon
"Homo non intellegit". Questa era una delle proposizioni che i maestri averroisti (e pure Averroè) avevano sostenuto e che finì alla condanna di Tempier. Come si sa, qui da noi, con S. Tommaso e Cartesio, questa posizione perse visibilità e sostenitori, e solo con Kant si è riusciti a pareggiare un po' i conti, fino a farla esplodere con Foucault e Levi-Strauss (e non solo).

Nell' essenziale, questo filone (che potremo definire filone "homo non intellegit" oppure posizione averroista in ossequio a chi la sostenne precedentemente, anche se da punti di vista differenti), risulta essere valido e vero.

Due sono i motivi che mi portano a ritenere ciò:

1) il primo motivo è di natura metodologica: se incontrassimo un' essere pensante non umano nell' universo, e questo pensasse, la proposizione "l' uomo pensa" risulterebbe falsa, in quanto non solo l' uomo pensa. Per questo motivo, l' espressione "l' uomo non pensa, è il pensiero che pensa" risulterebbe più corretta dell' espressione "l' uomo pensa".

2) il secondo è di natura invece di struttura della nostra mente: l' essere umano, a meno che non venga stimolato dall' esterno, non pensa. Prova ne sono i famosi feral children. Intendo dire che, pur essendo presente in noi la compentenza, questa non si attiva da sola, essendo necessario un' attivamento dall' esterno. E tutto questo mi fa propendere più per una sorta di autoattivamento del sistema (messa a disposizione di materiale del sistema al sistema), che riporta ancora più valida l' espressione "l'uomo non pensa, è il pensiero che pensa".

Per essere più chiari, definisco come "pensiero", di sicuro la capacità di creare triadi semiotiche peirceane (questo sta a questo per questo). Il che significa: polo razionale (logica matematica ecc.), polo "poetico" (metafora e metonimia). Non sono sicuro per il polo emotivo.

A livello della ragione, intesa come pensiero, noi siamo periferiche; come d' altronde pensava anche Averroè e non solo lui, prima e dopo di lui (solgo chiamare, un po' scherzosamente, tale posizione come teoria della periferica).


Chi sa pensare? O, come s' impara a pensare? Competenze che coinvolgono la storia di un individuo: il tipo di educazione familiare, la personalità dei genitori, la loro flessibilità di pensiero e soprattutto il non aver inculcato false credenze o pregiudizi che rimarranno inverificati e accompagneranno tutta la vita, come sanno gli psicoterapeuti cognitivi che dovrebbero indurre a revisionare idee errate. Poi gli amici di cui ha fruito, gl 'insegnanti, gl' interessi,il periodo storico e il luogo in cui è nati, le letture a cui si è dedicato, soprattutto per l'esempio di chi stava loro intorno. Se non per certezze, utili indizi. Ancora una mente critica e analitica che tolleri la fatica di pensare in modo autonomo, pur non disconoscendo di valutare con attenzione il pensiero altrui, che non tema di confrontarsi con idee dissonanti dalle sue. In un certo stadio di vita non ho fiducia sulla volontà che magari fa acquistare uno di quei manuali un tempo diffusi come “Come imparare a pensare”, consigli anche validi ma difficili ormai da praticare. Nei tempi antichi vi provvedeva la scuola con gl' insegnamenti di grammatica, retorica,logica formale e soprattutto informale, se si esaminano contenuti. Ancora oggi s'impara a ragionare con Aristotele. Un filosofo sia pure semplice cultore dovrebbe accostarvisi.
Altro fattore parimenti importante sono le competenze linguistiche raggiunte, come lingua parlata e scritta, ma aggiungo anche il saper ascoltare e il parlare stesso, che sono interdipendenti e assieme costituiscono la base che veicola tutti i nostri pensieri, come ben sanno gli studiosi del linguaggio: “ciò che siamo in grado di dire delimita e organizza il nostro pensiero” , o ancor meglio “il linguaggio è come la luna, la parola è la faccia visibile, il pensiero quella che non vediamo (Wigotskij). Ma il concetto è reversibile: ciò che uno riesce a dire, parlando o scrivendo, rivela a chi sa “leggerlo” o “ascoltarlo” la qualità del suo pensiero . Ad esempio ad occhi esercitati, basta leggere attenti un post, un 3d virtuale per cogliere indizi e relative valutazioni su chi si è espresso.
Come potrebbe verificarsi che una persona che scrive periodi confusi, concetti oscuri e allo stesso tempo vuoti, per chi si prende la briga di farne un'analisi, possieda uno stile di pensiero limpido e organizzato? Ormai parecchi anni fa quando alcuni linguisti storici s'interessavano a problemi di espressione linguistica, fu detto che un linguaggio contorto rispecchia addirittura una “malattia del pensiero”. Ora è improprio qui riferirsi all'insalata di parole dello schizofrenico, ma anche “normali” a volte adottarono ( ora meno) un linguaggio incomprensibile, ad esempio il famigerato “filosofese” per darsi un'aurea di sapere elevato a cui gli iniziati erano esclusi. Oggi scrive ( e pensa) male perlopiù chi imbroglia volendo affrontare temi e discipline non a sua portata, e si nasconde dietro periodi intricati, una sintassi involuta, sperando che qualcuno stia al gioco e gli risponda con lo stesso “registro” d'insignificanza.
Ma la triste realtà è che oggi “saper pensare” interessa molto pochi tra quelli che non lo fanno per mestiere. Ma anche tra gli “addetti”, troviamo che solo i più preparati e profondi usano una chiarezza e correttezza cristallina ( certi grandi giornalisti),che non può non accompagnarsi pure a un'etica del rispettare gl 'interlocutori con la correttezza del loro pensiero. Poi ci sono certi schemi di pensiero a cui tutti affezioniamo ma che non sono ovunque trasferibili, che non prevedono rovesciamenti contestuali e di conseguenza non divergono dall'abitudinario e già noto. Ad esempio, per dimostrare che quasi tutti cercano conferme a ciò che credono o affermano e non disconferme, si usano le famose carte con numeri da una parte e lettere dall'altra. Una verifica per rispondere a una domanda deve prevedere pure il “negativo”, ovvero la ricerca in negativo di una disconferma. Un po' come il metodo scientifico che ti dice se tutti i cigni sono bianchi, per elaborare una teoria non cercare altri cigni bianchi, ma l'unico nero che forse esiste in qualche parte del mondo. Per qualche consiglio spicciolo,ma efficace,a uso di studenti frettolosi, cito La PNL: ciascuno percepisce una propria “realtà”, modellato da personali vissuti e suggestioni. Ciò che conta è saper distinguere tra regole, fatti, giudizi, supposizioni, ed è già un enorme passo. Il noto uso del Chi, Che cosa, Dove, Come,Quando, Quanto? Chiedere e chiedersi: come so che .. su cosa mi baso? Usare un registro linguistico che appartiene alla disciplina in oggetto,non temere chi ci disorienta con nuove idee e realtà. Si abbiano meno “verità” da difendere, Rifiutare la tendenza attuale ai vaniloqui, al banale al superficiale che elude il pensiero profondo che inquieta e affatica, condivisioni di appartenenza acritiche. Oggi ciò che più si teme è la densità di idee.

Saluti
arsenio
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Vecchio 27-12-2011, 14.50.03   #5
Aggressor
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Riferimento: L' uomo non pensa

Io credo che Cartesio non sbagliasse quando diceva: penso sono, allora ciò di cui sono sicuro è che esisto come pensiero. Fermandoci a questo si potrebbe dire che quello che è certo è che l'esistenza è almeno pensiero, e se vogliamo superare i dualismi, la materia è pensiero. Ciò che vediamo è anche come la materia è, si presenta con relazioni, integrazioni, dialogo. Forse, dunque, il pensiero è proprio processo relazionale. I neuroscienziati è questo che ci dicono oggi e mi sembra un ottima interpretazione della natura.
Anche se forse si lascia del tutto contingente la comparsa della sensazione, che loro identificano con la coscienza che sà di essistere e che però si identifica con la conoscenza, cioè col pensiero, col processo relazionale. Questo è un punto problematico anche da esprimere...
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Vecchio 27-12-2011, 16.15.40   #6
Alexis Honlon
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Riferimento: L' uomo non pensa

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Originalmente inviato da arsenio
Chi sa pensare? O, come s' impara a pensare? Competenze che coinvolgono la storia di un individuo: il tipo di educazione familiare, la personalità dei genitori, la loro flessibilità di pensiero e soprattutto il non aver inculcato false credenze o pregiudizi che rimarranno inverificati e accompagneranno tutta la vita, come sanno gli psicoterapeuti cognitivi che dovrebbero indurre a revisionare idee errate. Poi gli amici di cui ha fruito, gl 'insegnanti, gl' interessi,il periodo storico e il luogo in cui è nati, le letture a cui si è dedicato, soprattutto per l'esempio di chi stava loro intorno. Se non per certezze, utili indizi. Ancora una mente critica e analitica che tolleri la fatica di pensare in modo autonomo, pur non disconoscendo di valutare con attenzione il pensiero altrui, che non tema di confrontarsi con idee dissonanti dalle sue. In un certo stadio di vita non ho fiducia sulla volontà che magari fa acquistare uno di quei manuali un tempo diffusi come “Come imparare a pensare”, consigli anche validi ma difficili ormai da praticare. Nei tempi antichi vi provvedeva la scuola con gl' insegnamenti di grammatica, retorica,logica formale e soprattutto informale, se si esaminano contenuti. Ancora oggi s'impara a ragionare con Aristotele. Un filosofo sia pure semplice cultore dovrebbe accostarvisi.
Altro fattore parimenti importante sono le competenze linguistiche raggiunte, come lingua parlata e scritta, ma aggiungo anche il saper ascoltare e il parlare stesso, che sono interdipendenti e assieme costituiscono la base che veicola tutti i nostri pensieri, come ben sanno gli studiosi del linguaggio: “ciò che siamo in grado di dire delimita e organizza il nostro pensiero” , o ancor meglio “il linguaggio è come la luna, la parola è la faccia visibile, il pensiero quella che non vediamo (Wigotskij). Ma il concetto è reversibile: ciò che uno riesce a dire, parlando o scrivendo, rivela a chi sa “leggerlo” o “ascoltarlo” la qualità del suo pensiero . Ad esempio ad occhi esercitati, basta leggere attenti un post, un 3d virtuale per cogliere indizi e relative valutazioni su chi si è espresso.
Come potrebbe verificarsi che una persona che scrive periodi confusi, concetti oscuri e allo stesso tempo vuoti, per chi si prende la briga di farne un'analisi, possieda uno stile di pensiero limpido e organizzato? Ormai parecchi anni fa quando alcuni linguisti storici s'interessavano a problemi di espressione linguistica, fu detto che un linguaggio contorto rispecchia addirittura una “malattia del pensiero”. Ora è improprio qui riferirsi all'insalata di parole dello schizofrenico, ma anche “normali” a volte adottarono ( ora meno) un linguaggio incomprensibile, ad esempio il famigerato “filosofese” per darsi un'aurea di sapere elevato a cui gli iniziati erano esclusi. Oggi scrive ( e pensa) male perlopiù chi imbroglia volendo affrontare temi e discipline non a sua portata, e si nasconde dietro periodi intricati, una sintassi involuta, sperando che qualcuno stia al gioco e gli risponda con lo stesso “registro” d'insignificanza.
Ma la triste realtà è che oggi “saper pensare” interessa molto pochi tra quelli che non lo fanno per mestiere. Ma anche tra gli “addetti”, troviamo che solo i più preparati e profondi usano una chiarezza e correttezza cristallina ( certi grandi giornalisti),che non può non accompagnarsi pure a un'etica del rispettare gl 'interlocutori con la correttezza del loro pensiero. Poi ci sono certi schemi di pensiero a cui tutti affezioniamo ma che non sono ovunque trasferibili, che non prevedono rovesciamenti contestuali e di conseguenza non divergono dall'abitudinario e già noto. Ad esempio, per dimostrare che quasi tutti cercano conferme a ciò che credono o affermano e non disconferme, si usano le famose carte con numeri da una parte e lettere dall'altra. Una verifica per rispondere a una domanda deve prevedere pure il “negativo”, ovvero la ricerca in negativo di una disconferma. Un po' come il metodo scientifico che ti dice se tutti i cigni sono bianchi, per elaborare una teoria non cercare altri cigni bianchi, ma l'unico nero che forse esiste in qualche parte del mondo. Per qualche consiglio spicciolo,ma efficace,a uso di studenti frettolosi, cito La PNL: ciascuno percepisce una propria “realtà”, modellato da personali vissuti e suggestioni. Ciò che conta è saper distinguere tra regole, fatti, giudizi, supposizioni, ed è già un enorme passo. Il noto uso del Chi, Che cosa, Dove, Come,Quando, Quanto? Chiedere e chiedersi: come so che .. su cosa mi baso? Usare un registro linguistico che appartiene alla disciplina in oggetto,non temere chi ci disorienta con nuove idee e realtà. Si abbiano meno “verità” da difendere, Rifiutare la tendenza attuale ai vaniloqui, al banale al superficiale che elude il pensiero profondo che inquieta e affatica, condivisioni di appartenenza acritiche. Oggi ciò che più si teme è la densità di idee.

Saluti
arsenio

Mi trova d'accordo con lei Arsenio. Vedo che cita posizioni popperiane (e non è la prima volta): devo dirmi dissenziente per il fatto che sono più influenzato da Lakatos. Purtroppo non posso esprimermi perchè andrei fuori topic.

Ovviamente, nel nostro caso di esseri umani, il sistema razionale per un completo funzionamento ha bisogno sia della base cerebrale, che di una comunicativa: come prima ricordavo, noi non pensiamo (e neppure "parliamo") se non ci parla qualcun' altro, quindi serve comunicazione (che è la società). Alle volte sottovaluto questo fatto - intendo dire che dimentico anche l' importanza della base sociale.

Lei citava il problema dell' espressione: anche lì sono d' accordo con lei, anche se non mi preoccupo troppo del problema dell' espressione dei pensieri; anche per esperienza personale (non sono molto capace ad espremimermi), alla fine è che si capiscano le definizioni, ed i ragionamenti. Poi tutto il resto può essere anche lasciato perdere.

Se ovviamente vuole avere delle definizioni in merito a quello che dico, me lo dica che gliele fornirò.

saluti

alexis honlon
Alexis Honlon is offline  
Vecchio 28-12-2011, 04.49.01   #7
Tempo2011
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Riferimento: L' uomo non pensa

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Alexis Honlon
il primo motivo è di natura metodologica: se incontrassimo un' essere pensante non umano nell' universo, e questo pensasse, la proposizione "l' uomo pensa" risulterebbe falsa, in quanto non solo l' uomo pensa.
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albert
Perché? la frase "l'uomo pensa" non implica che sia l'unico a pensare
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Alexis Honlon
Per essere più chiari, definisco come "pensiero", di sicuro la capacità di creare triadi semiotiche peirceane (questo sta a questo per questo). Il che significa: polo razionale (logica matematica ecc.), polo "poetico" (metafora e metonimia). Non sono sicuro per il polo emotivo.
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albert
Ecco. Chiariamo i termini. Per me "pensare" significa "effettuare attività mentale" e da questo punto di vista che l'uomo pensi è del tutto ovvio.
Infatti, nell'esposizione di questo thread quello che trovo di carente sono proprio i termini, poiché si parla genericamente di: pensiero, mente, uomo pensante ecc.; ma se io fossi un alunno e Alexis Honlon l'insegnante, la prima cosa che gli chiederei sarebbe proprio la precisazione dei termini. Ovvero: ma che cosa è il pensiero, la mente ecc. Inoltre chiederei: come mai che in queste definizioni non appare l'altra peculiarità che appartiene a tutto il mondo animale, vegetale e minerale, chiamata memoria? Infatti, già in tantissime altre discussioni è stato posto l’accento che il pensiero non fosse altro che il metodo veicolativo della memoria, composta dalle sue strutture architetturali, sia ancestrali che recenti. A essere sincero, credo che si possa parlare di pensiero, di mente, di uomo pensante ecc. solo dopo aver preso in seria considerazione che senza memoria non esisterebbe nulla, poiché essa è alla base dell'evoluzione. In questo senso si è addirittura arrivati ad affermare che l'Universo è un'immensa memoria.
Per altro, non si comprende perché gli animali non dovrebbero pensare, essendo dotati di cervello e di memoria. In queste condizioni, gli imprinting per impregnarla che sono stati validi per l'uomo, saranno stati validi anche per loro. Il mio assunto è sicuramente manchevole di tante spiegazioni ma, la materia è complessa e andando avanti vedrò di fornirle. L'importante è che in questo discorso sul pensiero s’introduca l'importanza della memoria, altrimenti sarei molto dubbioso sui risultati finali. Per altro, quando parliamo di uomo e dei suoi elementi, tutto l'insieme ha il solo scopo di contenitore del cervello, poiché è lui, tramite la memoria, a creare tutto il resto. In questo senso, l'uomo contenitore potrebbe anche essere messo da parte, se noi riuscissimo a creare un altro contenitore che sapesse ubbidire e realizzare i comandi provenienti dal nostro cervello. Per il momento, comunque, sembra che quello che abbiamo sia ancora il migliore.
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Vecchio 28-12-2011, 10.23.06   #8
Alexis Honlon
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Infatti, nell'esposizione di questo thread quello che trovo di carente sono proprio i termini, poiché si parla genericamente di: pensiero, mente, uomo pensante ecc.; ma se io fossi un alunno e Alexis Honlon l'insegnante, la prima cosa che gli chiederei sarebbe proprio la precisazione dei termini. Ovvero: ma che cosa è il pensiero, la mente ecc. Inoltre chiederei: come mai che in queste definizioni non appare l'altra peculiarità che appartiene a tutto il mondo animale, vegetale e minerale, chiamata memoria? Infatti, già in tantissime altre discussioni è stato posto l’accento che il pensiero non fosse altro che il metodo veicolativo della memoria, composta dalle sue strutture architetturali, sia ancestrali che recenti. A essere sincero, credo che si possa parlare di pensiero, di mente, di uomo pensante ecc. solo dopo aver preso in seria considerazione che senza memoria non esisterebbe nulla, poiché essa è alla base dell'evoluzione. In questo senso si è addirittura arrivati ad affermare che l'Universo è un'immensa memoria.
Per altro, non si comprende perché gli animali non dovrebbero pensare, essendo dotati di cervello e di memoria. In queste condizioni, gli imprinting per impregnarla che sono stati validi per l'uomo, saranno stati validi anche per loro. Il mio assunto è sicuramente manchevole di tante spiegazioni ma, la materia è complessa e andando avanti vedrò di fornirle. L'importante è che in questo discorso sul pensiero s’introduca l'importanza della memoria, altrimenti sarei molto dubbioso sui risultati finali. Per altro, quando parliamo di uomo e dei suoi elementi, tutto l'insieme ha il solo scopo di contenitore del cervello, poiché è lui, tramite la memoria, a creare tutto il resto. In questo senso, l'uomo contenitore potrebbe anche essere messo da parte, se noi riuscissimo a creare un altro contenitore che sapesse ubbidire e realizzare i comandi provenienti dal nostro cervello. Per il momento, comunque, sembra che quello che abbiamo sia ancora il migliore.

Salve a lei.

Dunque: la definizione di pensiero qui usata è stata già data. Legga il mio primo post. Definisco per pensiero la capacità di creare triadi semiotiche (questo sta a questo per questo) - firstness, secondness e thirdness di Peirce (o, se preferisce, relato, interrelato ed interpretante). Gli altri animali non pensano perchè non riescono (per massiama parte), proprio a fare queste triadi semiotiche. Ciò non di meno non intendo affermare che non comunichino.

In linea di principio, ho già detto che non ho nessun motivo contrario per cui qualcos' altro non debba pensare (pure un computer - sempre in linea di principio); per gli animali, invece, stante la definizione di pensiero qui data, sembra che per gran parte non pensino (non che non abbiano attività cerebrale, non che non ci siano moduli nella loro mente - ma che non ci sia il modulo semiotico sopra descritto).

La memoria non viene citata perchè, dal punto di vista in cui sono ora, per gran parte è un problema del sistema uomo, o meglio, è un problema di interpenetrazione (termine sopra definito): e qui non sto valutando la struttura interpenetrante del sistema razionale con la base neurologica; ma solo il sistema razionale stesso.

Il sistema in questione ha come chiusura operativa il concetto, che è la triade semiotica sopra citata. Ecco perchè non mi preoccupo della memoria. Al di là di ciò, ammetto la possibilità di perdita dell' informazione, che in questo caso è il concetto, dovuta ovviamente alla base interpenetrante.

Per essere chiari ripeto: sono d' accordo con lei, ma non da questo punto di vista. In pratica non parlo del sistema mentale umano; lì sono d' accordo pure io che la memoria è la base (nella sue caratterizzazioni costruzione del dato, immagazinamento del dato e recupero del dato).

saluti
alexis honlon
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Vecchio 29-12-2011, 07.56.55   #9
Tempo2011
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Riferimento: L' uomo non pensa

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Alexis Honlon
Salve a lei.

Dunque: la definizione di pensiero qui usata è stata già data. Legga il mio primo post. Definisco per pensiero la capacità di creare triadi semiotiche (questo sta a questo per questo) - firstness, secondness e thirdness di Peirce (o, se preferisce, relato, interrelato ed interpretante).
A mio modo di vedere, è che non si può parlare di caratteristiche di una peculiarità umana, quale il pensiero, se la stessa non è autonoma e dipende in tutto e per tutto dal cordone ombelicale che lo lega alla memoria. In effetti e di fatto, la definizione da lei data è una caratteristica della memoria, la quale demanda al pensiero (suo metodo veicolativo), di portare all'esterno le esperienze in lei contenute. Per semplificare (e mi scuso poiché è un esempio tagliato con l'accetta), è come se noi volessimo parlare dei contenuti di una lettera parlando delle caratteristiche del postino che l'ha consegnata.
Citazione:
Gli altri animali non pensano perchè non riescono (per massima parte), proprio a fare queste triadi semiotiche. Ciò non di meno non intendo affermare che non comunichino.
In linea di principio, ho già detto che non ho nessun motivo contrario per cui qualcos' altro non debba pensare (pure un computer - sempre in linea di principio); per gli animali, invece, stante la definizione di pensiero qui data, sembra che per gran parte non pensino (non che non abbiano attività cerebrale, non che non ci siano moduli nella loro mente - ma che non ci sia il modulo semiotico sopra descritto).
Mi perdoni Alexis, per esempio, ma quando i famosi Bingo, o cani della prateria, si riuniscono per organizzare la caccia al proprio cibo, data la complessità strutturale del sistema adottato, può rientrare nel modulo semiotico sopra descritto? Per altro, nello stesso assunto, afferma che per massima parte gli animali non riescono a fare le triadi semiotiche; con questo che cosa vuole affermare? Che vi sono alcuni animali, invece, che riescono a farle?
Citazione:
La memoria non viene citata perché, dal punto di vista in cui sono ora, per gran parte è un problema del sistema uomo, o meglio, è un problema di interpenetrazione (termine sopra definito): e qui non sto valutando la struttura interpenetrante del sistema razionale con la base neurologica; ma solo il sistema razionale stesso.

Il sistema in questione ha come chiusura operativa il concetto, che è la triade semiotica sopra citata. Ecco perché non mi preoccupo della memoria. Al di là di ciò, ammetto la possibilità di perdita dell'informazione che, in questo caso, è il concetto, dovuta ovviamente alla base interpenetrante.
In ogni modo, se il sistema in questione ha come chiusura operativa il concetto - la triade semiotica sopra citata - continuo ad affermare che lei sta cercando di comprendere i contenuti, analizzando il postino; ovvero, il pensiero e non la memoria.
Citazione:
Per essere chiari ripeto: sono d' accordo con lei, ma non da questo punto di vista. In pratica non parlo del sistema mentale umano; lì sono d' accordo pure io che la memoria è la base (nella sue caratterizzazioni costruzione del dato, immagazinamento del dato e recupero del dato).

saluti.
Ecco! Appunto. Il pensiero, almeno inizialmente, ha il solo compito di portare all'esterno il contenuto della memoria. Ho affermato "inizialmente", poiché in seguito vi è un continuo scambio di informazioni che vanno a formare quelle strutture architetturali della memoria.

Ultima modifica di Tempo2011 : 29-12-2011 alle ore 19.05.19.
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Vecchio 29-12-2011, 14.38.04   #10
Aristippo di Cirene
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Riferimento: L' uomo non pensa

L'opportunità di una definizione così stretta di "pensiero" è discutibile.
La nozione di pensiero come attività mentale è ampia, sì, ma è giusto così, è internamente complessa, nel senso che ci sono comunque sottocategorie che comprendono diversi tipi di pensiero.. In questo modo abbiamo denominato le diverse entità che conosciamo: c'è il pensiero e poi ci sono i vari tipi di pensiero. Invece la definizione qui data comporta che il pensiero sia soltanto uno dei tipi di pensiero precedentemente categorizzati.. Perché adottare una definizione così sconvolgente?

Accettiamo provvisoriamente la definizione.

Sulla base della precisazione dell'autore del topic, intendiamo (x)"l'uomo non pensa" come (y)"non solo l'uomo pensa". In questa seconda versione è implicito che l'uomo pensa (anche se non è il solo a farlo).

Faccio notare un fatto curioso: stiamo dicendo che l'uomo non pensa, intendendo dire che "non solo l'uomo pensa", implicando quindi che l'uomo pensa, ossia implicando qualcosa come la negazione di ciò da cui siamo partiti. Diciamo, cioè, che l'uomo non pensa implicando che l'uomo pensa.
Da qui capiamo, forse, che questo uso di "l'uomo non pensa" è abbastanza fuorviante.

Valutiamo ora i due argomenti a sostegno di "non solo l'uomo pensa".

1) se un non-umano pensa, allora non solo l'uomo pensa. Quindi non solo l'uomo pensa.

Per derivare questa conclusione (tramite modus ponens) bisogna che sia vero l'antecedente del condizionale che fa da premessa. Bisogna cioè, che sia vero che "un non-umano pensa". Ma per il momento ancora non abbiamo incontrato un non-umano che pensa, oppure sì, ma ciò non è indicato nell'argomento, il quale quindi rimane incompleto.

2) (Qui mi sembra strano adottare la versione y, quindi le adotto entrambe, prima la x e poi la y, per vedere cosa succede)

2x)l'essere umano, se non stimolato dall'esterno, non pensa. Quindi l'uomo non pensa.

Per dare ragione a questo argomento dovremmo fare ulteriori precisazioni terminologiche. Se è vera la premessa, allora la conclusione è vera soltanto se "uomo" è inteso come "uomo allevato in condizioni di deprivazione sociale e\o sensoriale", altrimenti si tratta di una generalizzazione ingiustificata.

Poniamo quindi che sia ora dimostrato che "l'uomo allevato in condizioni di deprivazione ... (ossia, non stimolato dall'esterno) non pensa" e riscriviamo l'argomento in questo modo:

2x') l'essere umano, se non stimolato dall'esterno, non pensa. Quindi, l'uomo non stimolato dall'esterno non pensa.

Questo "argomento" non è accettabile, poiché la premessa e la conclusione sono identiche. Anche se fosse accettabile non sarebbe informativo, sarebbe banale.

2y) L'essere umano, se non stimolato dall'esterno, non è il solo a pensare. Quindi non solo l'uomo pensa.

Questa versione non mi sembra comprensibile, in effetti. Non mi sembra che l'autore avesse in mente questa versione inizialmente, infatti il caso dei Feral Children da lui portato a sostegno della premessa di (2) non sostiene allo stesso modo la premessa di (2y). Ma in questo modo sto violando la precisazione di Alexis Honlon, anche se lo sto facendo a fin di bene. Forse occorre, da parte sua, una ulteriore precisazione.

Le due interpretazioni (x, y) sono mutuamente esclusive, ma hanno entrambe un ruolo cruciale nell'argomentazione che viene presentata; questo è un problema.

Quindi per ora vale la versione 2x', che è comunque non dimostrativa, e che è una versione non contemplata (almeno per il momento) dall'autore della discussione.

Ho sorvolato (anche qui, in buona fede) su una parte della conclusione che viene offerta: "è il pensiero che pensa". Mi sembra priva di senso questa proposizione. Nella definizione data, pensiero = capacità di creare triadi semiotiche. Quindi abbiamo che la capacità di creare triadi semiotiche è capace di creare triadi semiotiche. Una capacità è capace di qualcosa. La capacità di correre è capace di correre. La capacità di ingrassare è capace di ingrassare.. la capacità di amare è capace di amare.. ecc.. E', quanto meno, un modo totalmente nuovo di intendere il linguaggio, talmente nuovo che non è comprensibile.

Ci riprovo, di cosa si predica la capacità? Proviamo a predicarla di una proprietà come la solidità. La solidità è capace di qualcosa. Ciò significa che può essere qualcosa, non che può fare qualcosa (fare è un predicato che può essere predicato dei soli agenti, almeno nel nostro modo di parlare). Proviamo ora con "la capacità di.. è capace di..". Questo significa che la capacità di fare o di essere x è capace di fare o di essere x. Buh, non riesco a dargli senso e chiedo ad Alexis di aiutarmi.

Magari potrebbe anche illustrarmi come la capacità di creare triadi semiotiche sia capace di creare triadi semiotiche & come noi possiamo dimostrare o semplicemente osservare questa dinamica..
Aristippo di Cirene is offline  

 



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