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30-12-2012, 22.30.02 | #23 | |
Moderatore
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Riferimento: Kratos del demos e kratos del merito
Citazione:
secondo me hai pienamente ragione..in fondo a ben vedere l'uomo e' rimasto essenzialmente un primate,una scimmia in crisi che segue gli stessi modelli di comportamento sociale e con le stesse identiche ataviche inclinazioni..magari e' solo cambiata la forma..oggi e' una scimmia senza peli ma sempre scimmia e' rimasta! Va da se che il concetto di democrazia diventa (si trasforma,inevitabilmente) esso stesso un concetto utopico. Ultima modifica di acquario69 : 31-12-2012 alle ore 01.45.35. |
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30-12-2012, 22.49.03 | #24 |
Ospite abituale
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Riferimento: Kratos del demos e kratos del merito
@ Leibnicht
Una riflessione, la tua, indubbiamente interessante (e che, a mio avviso, centra davvero l'essenza del problema). A mio parere l'uguaglianza non può che riferirsi alla congruità. E questo perchè, semplicemente, il riferirsi all'identità presupporrebbe un uomo inteso come "figlio di Dio" (la qual cosa risulta razionalmente inaccettabile). Tuttavia, e come la grande visione filosofica di Kant ci insegna, resta necessario rapportarsi ad un uomo "figlio di Dio", onde non cadere in un razionalismo che non potrebbe che condurci alla barbarie. Mi spiego: esattamente come nella legge "giuridica" la legge morale svolge un ruolo di "ispiratrice", ma non di "determinatrice", così nella concezione dell'uguaglianza l'identità ispira, ma non determina, la fattualità ultima delle cose. Il concetto che cerco di esprimere mi sembra, sotto diversi punti di vista, assai simile al tuo. Si tratta, in sostanza, di respingere una "weltanschuung" per cui le cose sono date una volta per tutte. E di assumere piuttosto un punto di vista "dinamico", che procede per piccoli passi e sempre verificando volta per volta i "progressi" raggiunti. Non dobbiamo mai dimenticare che quello che ci è concesso è di vedere solo a breve distanza da dove siamo (e neanche in maniera nitida), per cui ogni aspirazione a verità "universali" non sarebbe altro che "hybris". Ti ringrazio della risposta (davvero interessante e "saggia") mauro |
02-01-2013, 23.49.25 | #25 | |
Ospite abituale
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Riferimento: Kratos del demos e kratos del merito
Citazione:
I tempi sicuramente determinano la possibilità che uomini di genio "emergano", noi viviamo i tempi della mediocrità. Attenzione alla morale dettata dallo Stato è tipica delle dittature, teocratiche o laiche che siano, di esempi storici ne abbiamo a iosa. Gli uomini sono simili non uguali. Gli animali tanto più sono intelligenti e tanto più si differenziano. Allora a che cosa può essere collegato il valore di uguaglianza? Certo come avete scritto una possibilità è che tutti abbiano pari opportunità, ma non basta. Non può esistere una scala di valori. In una comunità di umani c'è sempre una organizzazione sociale superiore che regola le relazioni sociali, economiche giuridiche , ecc. L'individuo accetta di condividere un territorio e le sue risorse nel momento in cui ritiene che invece di fare guerra a tutti quanti e quindi anche di subirla debba esistere un patto sociale su intenti comuni , utili per tutti.Quindi la premessa del pattto è la"deposizione delle armi", della conflittualità. Questo nella teoria dello Stato è definito "monopolio della violenza dello Stato" in quanto quest'ultimo disarma il singolo cittadino e utilizza la violenza per sanzionare e regolare le pene giuridiche e il conflitto. Il merito in sè non è dannoso, ma esiste una tolleranza fra il più "meritevole " e quello meno. Nel momento in cui i più "meritevoli"costituiscono e costruiscono privilegi salta il concetto di uguaglianza e salta la tolleranza e riparte la conflittualità. Ciò che intendo è che questa tolleranza non ha una quantità, un valore fisico , ma è tipico del grado di civiltà di un popolo, di un popolo abituato a subire o che si indigna sui valori come premesse costitutive del patto sociale e del contratto sociale che sancisce lo Stato, i suoi paradigmi costitutivi, le sue premesse. L'uguaglianza o la libertà sono valori che o sono "sentiti" da un popolo o non lo sono. Se non lo sono il kratos del demos diventa oligarchia e la meritocrazia diventa privilegio. Non c'è Costituzione che tenga questo è nella cultura e nella storia di un popolo. Quandi i diritti sociali e i diritti civili , le cui premesse sono i valori morali,vengono messi in discussione dall'economia, significa che non è lo stato di diritto il principio costitutivo di uno Stato, ma semplicemente l'economia è una scusante per riappropriarsi dello stato di natura in cui il prepotente ha la meglio, tipico delle società animali e incivili. Ultima modifica di paul11 : 03-01-2013 alle ore 08.41.07. |
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04-01-2013, 15.00.17 | #26 |
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Riferimento: Kratos del demos e kratos del merito
@ Paul11
Nella mia precedente risposta a Leibnicht, mi dicevo d'accordo su di un'uguaglianza riferita alla "congruità", non all'"identità". Aristotele diceva che è ingiusto trattare da uguali i disuguali, e io sono profondamente d'accordo con questo enunciato. Però, dicevo, è necessario tenere la "barra dritta", per così dire, e considerare l'identità degli esseri umani alla stessa stregua di come Kant considerava la "legge morale": l'identità non può non essere considerata come l'ideale; un ideale che poi deve fare i conti con il reale, certo; ma un ideale che non può "morire" nel razionalismo (esattamente come, in Kant, la legge giuridica non può annullare la legge morale). La "soluzione" (si fa per dire...)? Procedere passo a passo, empiricamente, ma sempre rapportandosi alla realtà E all'idealità, senza mai dimenticare uno dei due termini in favore dell'altro. Insomma, mi rendo conto che la cosa ha, per così dire, sfumature e contorni non tanto ben definiti. Ma chiedi: a cosa può essere collegato il valore di uguaglianza? Intanto, a parer mio, è bene tener fermo il principio democratico (secondo G.Sartori l'uguaglianza non può riferirsi all'ambito economico) per cui ci "deve essere" uguaglianza giuridica, quindi politica, e uguaglianza sociale. Quindi trovo del tutto fuori luogo parlare di "kratos" del merito, se non quando il "kratos" è definito nell'ambito di quello che Aristotele chiamava "oikos", e che potremmo estendere all'"azienda" in quanto luogo ove i rapporti di forza sono definiti dalla proprietà. Naturalmente, questo vuol solo dire "spostare un pò più in là" il problema, non certo risolverlo. Tuttavia, io credo, questo rientra pienamente in quel "passo a passo" di cui parlavo prima. Insomma: intanto pensiamo a stabilire questo come punto fermo, poi...si vedrà. Ma vedo che introduci un concetto di straordinaria importanza: quello che viene definito "conflitto" (e che le contemporanee teorie economiciste hanno rimosso). Io trovo che il "conflitto" (naturalmente parlo di quello sociale) esploda nel momento in cui il comune sentire non si trova più nelle condizioni di accettare condizioni di vita non "dignitose". Naturalmente, il termine "dignitose" ha una valenza storica, cioè è relativo (come giustamente affermi anche tu). Nell'Atene di Solone emerge la dimensione "politica" nel momento in cui l'asservimento per debiti e l'appropriazione di terre raggiunge livelli intollerabili (per quel comune sentire). Altrettanto succede nella Roma dei "decemviri": le tavole della legge sono scritte nel momento di maggior tensione fra Patrizi e Plebei. Personalmente sono uso ricorrere ad una metafora che ritengo esemplificativa: la maggior arte dei potenti risiede nel rilasciare la corda un attimo prima che si spezzi. Beh, direi proprio che per il momento non stiano sentendo nessuna forza contraria a quella nella cui direzione tirano... un saluto |
04-01-2013, 17.33.19 | #27 |
Ospite
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Riferimento: Kratos del demos e kratos del merito
Salve a tutti.
Provo ad entrare in punta di piedi in questa conversazione, perché è il mio primo intervento in questo forum, quindi può darsi che abbia ancora da orientarmi. Intanto vorrei far notare a Bobgo che non si deve tradurre "democrazia" con "governo del popolo", in realtà non il demos governava Atene ma i demoi, anzi le 10 tribù in cui erano raggruppati; non è molto importante, ma è un esempio del fatto che quando parliamo di democrazia tendiamo sempre a dibattere dell'ideale piuttosto che della fattualità storica. Che ne pensiamo, ad esempio, delle cariche sorteggiate nella Bulé? Eppure sarebbe un buon metodo per eliminare il kratos del merito... Così come direi che la massificazione non è un pericolo fatale per la democrazia ma una sua, piaccia o non piaccia, inevitabile conseguenza: se vale il principio isonomico è ovvio che tutti hanno diritto alla loro quota di sovranità, ricchi e poveri, intelligenti ed idioti. Se poi gli idioti prevalgono e delegano la sovranità agli idioti eccellenti, oppure - che è peggio - si affidano al Boulanger di turno, che si può fare? Quindi probabilmente la questione è piuttosto di quali siano le regole che consentono l'espressione di una sovranità ragionevole, di chi le stabilisce, di chi le realizza, di chi le usa, ecc. Lasciamo da parte l'idealità della democrazia e valutiamone la pratica, ovvero la competizione di elites che si contendono il consenso "popolare" (uso le virgolette perché io ho una radicata idiosincrasia per il concetto di "popolo", preferisco termini meno retorici come "popolazione", "cittadinanza"); come si formano queste elites? come agiscono? A mio parere è questo il problema posto da Oxdeadbeef. Lo traduco in modo paradossale: la pratica democratica dovrebbe essere in grado di esprimere una classe politica aristocratica (in senso letterale: i "migliori"). Questo dovrebbe essere il kratos del merito, credo. Ovviamente non è così, perché - ricordiamoci Platone - la democrazia è stata sostituita dalla demagogia. Tuttavia mi pare che Oxdeadbeef, nella sua ansia di restauratore democratico, sia caduto proprio nella trappola demagogica, quando afferma che "il merito deriva dal consenso": o usa un significato della parola che mi sfugge, per cui non lo comprendo, o sta affermando che il valore politico è determinato dal consenso che riceve; ma così si confonde la forza (politica) con il valore (politico). |
04-01-2013, 20.05.41 | #28 | |
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Riferimento: Kratos del demos e kratos del merito
Il concetto di “democrazia” muta nel tempo.
Aristotele avrebbe chiamato oclocrazia l’attuale sistema che sta degenerando in un’oligarchia a livello mondiale. Personalmente sono favorevole ad un sistema, come il Bulè, dove le cariche sono sorteggiate ed la politica è vista come un servizio civile e non una professione. Sogni naturalmente: una classe politica autoreferente e che gestisce il voto, come quella italiana attuale non lascia speranze di cambiamenti. Lo sviluppo della democrazia ha portato ad evidenziare due punti fondamentali: la capacità di comunicare ed i mezzi di comunicazione la gestione del voto questi sono i pericoli che portano, inevitabilmente ad un sistema oligarchico dove la meritocrazia non ha alcuna influenza. Il risultato è la recessione in termini economici e culturali. Pegola, una bella rivoluzione e passerà anche questa. ;o))))) Citazione:
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05-01-2013, 16.07.47 | #29 |
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Riferimento: Kratos del demos e kratos del merito
@ Tiziano
Quale altro metodo se non il consenso? Voglio dire: chi o che cosa stabilisce il merito (politico) se non la divinità, la natura o appunto il consenso (come specifico nel post di apertura)? Questo vuol dire scadere nella demagogia? Può darsi, d'altronde lo scadere nella demagogia è un rischio intrinseco alla democrazia (che la democrazia moderna, quella anglosassone, ha cercato di evitare "costituzionalizzandosi", ovvero dandosi regole che il voto non può cambiare -ma i risultati sono stati di controversa interpretazione). Ma noto che poni l'accento su un punto fondamentale: come si formano e come agiscono le elìtes che si contendono il consenso? Qui allargherei alquanto il discorso, ed alla democrazia "storica" affiancherei, nell'analisi, tutte quelle forme sociali di "egualitarismo" che ritroviamo anche in altri sistemi politici. Tanto per fare un esempio, nel meraviglioso saggio "Tristi Tropici", C.Levi Strauss ci descrive l'elezione del "capo" fra i Nambikwara dell'Amazzonia; un'elezione che viene fatta da un consiglio degli anziani. Il prescelto, secondo Levi Strauss, non è che si dimostri particolarmente entusiasta di questa elezione (se ci pensi esiste, in Vaticano, una sala dove il neo-eletto Papa tradizionalmente piange), perchè questa elezione comporta, come dire, molti oneri e ben pochi onori. Gli esempi potrebbero occupare pagine e pagine del forum. Mi sembra, fra questi, di poter individuare comunque una costante: ove il popolo ha una sua propria "forza"; una sua propria saldezza morale unita alla saldezza temperamentale, il "comando" non assume mai caratteristiche dispotiche. Ove invece il "popolo" (concordo con te, ma non sulla figura retorica del termine, ma sulla qualità tipicamente idealista ed esclusiva -nel senso di esclusione- di questo termine) denota caratteristiche deboli, e sia dal punto di vista morale che temperamentale, il comando assume caratteristiche dispotiche. Insomma: che genere di elìtes vuoi che esprima un popolo senza nerbo come questo? E' forse da meravigliarsi che il consenso dei rammolliti si esprima nelle forme clientelari verso i crapuloni che conosciamo? un saluto |
06-01-2013, 01.31.59 | #30 | |
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Riferimento: Kratos del demos e kratos del merito
Citazione:
Lo avevo espresso anch'io questo concetto e ne concordo. Si trattrebbe di capire se la democrazia tende a finire in dispotismo per sua naturale evoluzione storica. Quindi la democrazia dispotica se non ha interesse che il popolo elevi il suo livello di civiltà, cercandi di mantenerlo ignorante, il contrario di quello che intenzionalmente la democrazia dovrebbe conseguire, il problema forse sta nel metodo. Cioè si trattrebbe che il popolo possa avere dei meccanismi di "messa in discussione" degli eletti prima della fine di un mandato. Ma soprattuto che il mandato "ad personam" non duri più di un certo tempo, perchè il rischio è l'occupazione del potere praticamente a vita dei soliti noti. L'alternanza è fondamentale quanto la possibilità che gli eletti siano rappresentativi e credibili. Rappresentativi nel senso che ogni ruolo nella società civile (dal'operaio ,all'imprenditore, al libero profesionista,pensionato ecc.) si senta rappresentato nello stato politico. Credibile in quanto i rappresentanti devono avere un mandato con un programma a cui devono rispondere agli elettori. Con questo sistema elettorale italiano mi trovo d'accordo con l'estrazione a sorte. Provate a verificare le professioni degli attuali parlamentari. Statisticamente c'è più probabilità con l'elezione a sorte che ci sia più rappresentatività della società civilerispetto all'attuale. Ma ci sono altri motivi più seri 1) finanziamento elettorale 2) i partiti monopolizzano le liste. Il problema è che un eletto a sorte potrebbe non sentirsi all'altezza del compito anche perchè completamente scevro di cognizioni giuridiche. Risponderei che anche gli attuali parlamentari non dimostrano grandi qualità. Si può sempre imparare. |
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