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 Riflessioni sulle Scienze - Commenti sugli articoli della omonima rubrica presente su WWW.RIFLESSIONI.IT - Indice articoli rubrica


Vecchio 03-11-2008, 15.44.27   #1
epicurus
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Achille e la Tartaruga e altri paradossi

https://www.riflessioni.it/scienze/pa...-tartaruga.htm

In particolar modo, di seguito discutere l'ebook messo a disposizione da Alberto.



Achille e la Tartaruga.


Tu proponi la soluzione classica, cioè, tramite l’analisi matematica delle serie, osservi come la serie 0,9 + 0,09 + 0,009 + … converga a 10. Ma non sei soddisfatto.

Citazione:
Originalmente inviato da Albert
Achille supererà la tartaruga dopo che essa ha percorso un cammino che corrisponde alla somma di infiniti intervalli.
[…]
Inutile dirlo, la spiegazione che abbiamo descritto ci lascia in qualche modo insoddisfatti (non si spiegherebbe altrimenti l’enorme popolarità di questo esempio). Come è possibile che ci sia un tempo dopo la serie infinita di attimi, in ognuno dei quali Achille raggiunge il punto in cui precedentemente si trovava la tartaruga? Come è possibile che il tempo vada avanti lo stesso, fino al momento in cui la tartaruga viene raggiunta?
Ci resta la convinzione che in qualche modo Zenone abbia ragione.

La soluzione ti sembra sbagliata perché, probabilmente a livello inconscio, equipari lo scorrere di infiniti istanti con lo scorrere infinito del tempo. Invece, è proprio la matematica che ci mostra come le due cose siano distinte in una serie convergente: la serie converge in un tempo finito, anche se gli istanti temporali sono infiniti. Forse è controintuivivo (come lo è la MQ) ma è così.

Poco dopo scrivi:
Citazione:
Originalmente inviato da Albert
Noi tutti normalmente riteniamo che, al di fuori di noi, esistano cose che si comportano secondo leggi ben precise. Oggetti come Achille e la tartaruga hanno ben determinate proprietà, tra cui una traiettoria che possiamo conoscere con precisione illimitata. In realtà, non è indispensabile adottare questa concezione, pur profondamente radicata in noi. […] Le nostre concezioni, ed in particolare le teorie scientifiche, non riflettono le cose come stanno là fuori, ma semplicemente ci servono, ci permettono di fare fronte all’ambiente naturale in cui ci troviamo. Il valore di una teoria sta nel suo buon funzionamento, nella sua utilità.
Una teoria di questo tipo è la meccanica quantistica, che nasce attorno al 1920 ad opera di scienziati come Erwin Schroedinger(1887-1961), Niels Bohr (1885-1962) e Werner Heisenberg (1902-1976) e risolve le incongruenze che si ottengono applicando la meccanica tradizionale al mondo subatomico.
In meccanica quantistica non è possibile crearsi una rappresentazione che descriva esattamente ciò che succede nel mondo che ci circonda. […] La meccanica quantistica non ci dà un modello della realtà esterna, ma ci serve per prevedere il risultato delle misure.

Perché la MQ sarebbe una teoria di questo tipo? La MQ smonta solamente la nostra idea di descrivere completamente un sistema, ma non ci dice che l’importante è prevedere. La MQ, per inciso, non ci dice che se stessa serve solo per prevedere il risultato delle misure. D’altro canto, si interpreta comunemente la MQ come se l’indeterminazione fosse reale (ontologica), non solo epistemica. Questo mostrerebbe che la MQ va oltre alla mera predizione.

Per quanto riguarda la soluzione del paradosso utilizzando la MQ, la cosa mi pare valida, ma non essendo un fisico non mi pronuncerò.

Per finire, affermi che in fondo Zenone aveva ragione, perché il movimento non esiste. Infatti, in MQ il concetto di traiettoria della particella non esiste.
Non condivido questa affermazione. Innanzitutto, come tu affermi, i risultati controintuitivi della MQ si danno solo nel mondo microscopico, quindi non vedo perché non dovrei accettare che mentre sto scrivendo queste righe le mie dita si stiano muovendo. Inoltre, se il concetto di traiettoria della particella non esiste, ma esiste ancora il concetto di velocità di una particella (sebbene non sia sempre definito), allora non vedo perché io non posso dire che le particelle si muovono.


Il Sorite.


Citazione:
Originalmente inviato da Albert
La chiave di questo paradosso risiede nel concetto di “mucchio” (e nei concetti di “ricchezza” e “rana”). La concezione che abitualmente usiamo (riconducibile al filosofo greco Platone) assume che le idee, ad esempio l’idea di “mucchio”, abbiano una origine innata ed esistano indipendentemente da noi. Una cosa che vediamo, quindi, o è un mucchio o è qualcosa di diverso, indipendentemente da ciò che noi percepiamo.

Io invece credo che quella di Platone non sia la concezione che abitualmente usiamo. Credo che l’uomo comune, come pure il filosofo accorto, smonterebbe in quattro e quattrotto il paradosso, anzi farebbe fatica a concepire questo come un paradosso. Hai ragione, comunque, a dire che il paradosso esce se si concepiscono le idee (i concetti) come oggetti che esistono indipendentemente da noi in un qualche mondo.
Ma l’uomo della strada, allora, cosa direbbe? Semplicemente osserverebbe che i concetti sono concetti intrinsecamente sfumati al confine. Tutto qui. Anche tu sembri sostenere questa posizione, ma mi pare che tu ponga troppa enfasi sulla questione:

Citazione:
Originalmente inviato da Albert
Quando diciamo che una cosa "è" una determinata entità, ad esempio che l’animale che abbiamo di fronte è una rana, implicitamente pensiamo che esistano delle categorie oggettive ed indiscutibili, a cui possiamo assegnare ciò che percepiamo. Se abbandoniamo questa concezione, le cose possono essere affrontate da un punto di vista completamente diverso: dire che ciò che percepiamo è una determinata entità, ad esempio che ciò che vediamo è un mucchio o che l’animale che abbiamo di fronte è una rana, non è altro che un giudizio, con il quale confrontiamo con un nostro personale concetto quello che percepiamo.
I giudizi sono, per loro natura, soggettivi ed imprecisi.
[…]
Tutti i giudizi sono soggettivi, ma gli uomini riescono a trovare l’accordo sulla stragrande maggioranza delle affermazioni. Come è possibile? La risposta è che nel mondo sono presenti innumerevoli regolarità. Nella maggior parte dei casi persone diverse non possono fare a meno di giudicare in maniera simile.
[…]
La concordanza dei giudizi è una caratteristica molto importante delle relazioni tra le persone, ma non deve trarci in inganno. I giudizi non possono essere del tutto oggettivi; se lo pensassimo, non riusciremmo a districarci da questo tipo di paradossi.

Non capisco che cosa stai negando quando dice che non ci sono categorie indiscutibili e/o oggettive. A parte il fatto che il confine semantico dei termini sia smussato, non vedo perché dovremo dire che il riconoscimento di un individuo come appartenente ad una data categoria sia sempre soggettivo. Se io vado a prendere una pipa e mi metto a fumarla, io posso dire che (oggettivamente) quella è una pipa, e il mio non è un giudizio semplicemente soggettivo.
E il confine è smussato semplicemente perché possiamo avere solo una quantità numerabile di concetti, mentre gli oggetti e le situazioni sono più che numerabili. Spetterà alla nostra ragionevolezza, e a quanto bene abbiamo imparato una lingua, determinare quanto spingersi in là e dove riconoscere un confine ragionevole del campo semantico di un termine. Certo, non tutti concorderemo esattamente su dove sia situato tale confine, ma, come tu riconosci, in generale gli accordi saranno molto frequenti. E tali accordi non sono frequenti perché nel mondo ci sono innumerevoli regolarità, semplicemente perché a tutti ci è stato insegnato lo stesso linguaggio (e modo di pensare).


Il Mentitore.

Citazione:
Originalmente inviato da Albert
Nel caso del paradosso del mentitore, che dice “io mento”, si deve considerare una condizione implicita. Ognuno sostiene implicitamente la validità di quanto sta affermando. Aggiungendo questa condizione si ottiene:
“Io mento e dico la verità”

Non si deve considerare nessuna condizione implicita.
Prendiamo “io mento”, ci si può chiedere se tale proposizione dice il vero o dice il falso. Se dice il vero, allora dice il falso; mentre se dice il falso, allora dice il vero.
Mi sembra che tu confondi questo paradosso con una semplice contraddizione. Una contraddizione è, ad esempio, “io mento e dico la verità”. Questa, semplicemente, è una proposizione contraddittoria, quindi (necessariamente) falsa. Ripeto, questa è falsa. Mentre “io mento” non può essere né vera né falsa. In questo sta il paradosso.

Subito dopo dici che questa soluzione (che non è tua?) non ti soddisfa. Continui dicendo che non si può parlare di verità e falsità con esattezza, e passi ad analizzare il termine ‘mentire’ coinvolgendo anche il termine ‘conoscere’. Ma tutto questo non è necessario. Prendiamo la proposizione:

(a) a è falsa.

E’ vera o falsa? Dici che non si può applicare precisamene il concetto di vero e falso qui? Perché? Non si deve coinvolgere la menzogna o la conoscenza. E’ una proposizione semplice come “2 più 2 fa quattro”. Tant’è che la logica matematica è meglio definita della matematica.


Il Paradosso del Gatto.

Su questa questione ho un’osservazione generale e una domanda. L’osservazione generale è che mi pare che continui ad estendere la MQ alla tua filosofia. Come ho detto sopra, la MQ non ci dice che le cose non esistono indipendentemente da noi, bensì ci dice che alcuni sistemi sono in sovrapposizione di stati.

Tornando al paradosso, tu dici che anche il gatto è in sovrapposizione di stati. E questo mi porta alla domanda (o alle domande): ma cosa accadrebbe se si mettesse dentro la scatola uno scimpanzè? O un essere umano? O più esseri umani?


epicurus is offline  
Vecchio 04-11-2008, 04.30.09   #2
Eretiko
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Riferimento: Achille e la Tartaruga e altri paradossi

Intervengo su alcuni aspetti, a me piu' congeniali, sollevati da Epicurus riguardo all'articolo di Alberto e al suo e-book su alcuni storici paradossi.

Parto dall'ormai famoso gatto. Malgrado i notevoli passi avanti della fisica il paradosso del gatto rimane, almeno per me, tale. In effetti non si capisce il motivo per il quale il povero gatto (macroscopico) debba rimanere in sovrapposizione di stati, e negli ultimi 70 anni se lo sono chiesti in molti (Schroedinger ed Einstein tanto per citare i piu' famosi). Infatti se il flacone di veleno si rompe, non ha senso dire che il gatto non muore e rimane in 2 stati sovrapposti (sia vivo che morto) con probabilita' del 50% finche' non si guarda dentro. Il paradosso e' semplicemente rimosso con l'espediente di considerare la m.q. non una spiegazione della realta' fisica microscopica ma solo dell'esperienza che possiamo fare di essa: il metodo funziona e quindi si accetta in modo silente (ma insoddisfacente). E forse e' proprio per questo che Schroedinger insistette molto con la sua idea di considerare le funzioni d'onda non come astratte funzioni di probabilita' bensi' come descrizioni della realta' microscopica.

Questione del movimento illusorio. E' vero che le traiettorie degli enti subatomoci non possono essere descritte come quelle degli enti macroscopici ma per 2 motivi essenziali:
1) Energia quantizzata
2) Principio di indeterminazione
Nella meccanica classica qualsiasi corpo non puo' avere discontinuita' nei cambiamenti di stato energetico, invece le particelle subatomiche sembra che possano cambiare di stato solo a salti. Inoltre il principio di indeterminazione deriva dall'ovvia considerazione che se debbo "guardare" una particella inevitabilmente le debbo fornire energia che puo' farle cambiare stato (ad esempio illumino la particella con un raggio di luce). In conseguenza della quantizzazione dell'energia, non posso prevedere esattamente come l'interazione con la particella possa cambiare la sua traiettoria o la sua quantita' di moto (da cui l'incertezza sulla misura). Nella meccanica classica tali problematiche possono essere facilmente rimosse (un laser puntato contro un'automobile non cambiera' in modo misurabile la quantita' di moto di quest'ultima). Il fatto e' che esistono dei problemi seri a verificare la traiettoria di una particella: se una particella viene accelerata a 0.8c come facciamo a verificare se risponde ancora alla legge di caduta (traiettoria parabolica) dato che siamo molto al di sopra della velocita' di fuga della terra ?

Achille e la tartaruga: ha ragione Epicurus, la serie e' convergente, quindi nessun paradosso, ed il formalismo matematico ce lo dimostra inequivocabilmente. E la soluzione e' nota dal 1600, quando un matematico (non ricordo chi) sostenne che la somma di infiniti termini seguenti:

1/2 + 1/4 +1/8 + 1/16 ... + ... = 1

(che converge al valore 1) e' soluzione del paradosso di Zenone. Basta infatti scomporre l'unita' in infinite parti, ciascuna pari alla meta' della parte precedente: la serie infinita ha una somma finita (converge) e cio' dimostra che Achille raggiungera' la tartaruga in un tempo finito ed in uno spazio finito.
Ovviamente nel mondo microscopico le cose vanno diversamente, tanto per cambiare. In m.q. la probabilita' degli eventi e' proporzionale al quadrato del tempo di osservazione, con l'inquietante risultato che fare 1 osservazione in 8 secondi e' diverso che fare 2 osservazioni ogni 4 secondi. Dimezzando il periodo di osservazione ed aumentando il numero delle stesse si puo' arrivare incredibilmente alla non osservazione di un fenomeno che invece sarebbe dovuto accadere. Tale fenomeno (B. Misra, G. Sudarshan - "The Zeno's paradox in quantum theory", journal of mathematical phisics, 18 - 1977) e' stato effettivamente osservato con atomi di berillio eccitati da un campo e.m.
Eretiko is offline  
Vecchio 05-11-2008, 20.05.58   #3
albert
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Riferimento: Achille e la Tartaruga e altri paradossi

Citazione:
Originalmente inviato da epicurus
Tu proponi la soluzione classica, cioè, tramite l’analisi matematica delle serie, osservi come la serie 0,9 + 0,09 + 0,009 + … converga a 10. Ma non sei soddisfatto. La soluzione ti sembra sbagliata perché, probabilmente a livello inconscio, equipari lo scorrere di infiniti istanti con lo scorrere infinito del tempo. Invece, è proprio la matematica che ci mostra come le due cose siano distinte in una serie convergente: la serie converge in un tempo finito, anche se gli istanti temporali sono infiniti. Forse è controintuitivo (come lo è la MQ) ma è così.

Non c’è dubbio (nell’articolo non dico che è sbagliata, solo che “ci lascia insoddisfatti”). Rimane che è controintuitivo, per cui intimamente lo sentiamo come paradosso (questa storia di Achille è un vero best-seller …). Secondo me la soluzione quantistica è più intuitiva.

Citazione:
Originalmente inviato da epicurus
La MQ smonta solamente la nostra idea di descrivere completamente un sistema, ma non ci dice che l’importante è prevedere. La MQ, per inciso, non ci dice che se stessa serve solo per prevedere il risultato delle misure.

Non sono d’accordo. Cito ancora Landau, solito libro:

“Siamo ora in grado di formulare l’impostazione del problema della meccanica quantistica. L’impostazione tipica del problema consiste nel prevedere il risultato di una nuova misura a partire dal risultato noto delle misure precedenti”

Citazione:
Originalmente inviato da epicurus
D’altro canto, si interpreta comunemente la MQ come se l’indeterminazione fosse reale (ontologica), non solo epistemica. Questo mostrerebbe che la MQ va oltre alla mera predizione.

Come sai, per me “ontologico” è una parolaccia

Citazione:
Originalmente inviato da epicurus
Io invece credo che quella di Platone non sia la concezione che abitualmente usiamo. Credo che l’uomo comune, come pure il filosofo accorto, smonterebbe in quattro e quattrotto il paradosso, anzi farebbe fatica a concepire questo come un paradosso. Hai ragione, comunque, a dire che il paradosso esce se si concepiscono le idee (i concetti) come oggetti che esistono indipendentemente da noi in un qualche mondo.
Ma l’uomo della strada, allora, cosa direbbe? Semplicemente osserverebbe che i concetti sono concetti intrinsecamente sfumati al confine. Tutto qui. Anche tu sembri sostenere questa posizione, ma mi pare che tu ponga troppa enfasi sulla questione

Hai ragione, forse un po’ troppa enfasi ….

Citazione:
Originalmente inviato da epicurus
Non capisco che cosa stai negando quando dice che non ci sono categorie indiscutibili e/o oggettive. A parte il fatto che il confine semantico dei termini sia smussato, non vedo perché dovremo dire che il riconoscimento di un individuo come appartenente ad una data categoria sia sempre soggettivo. Se io vado a prendere una pipa e mi metto a fumarla, io posso dire che (oggettivamente) quella è una pipa, e il mio non è un giudizio semplicemente soggettivo.

Il giorno che riuscirò a convincere qualcuno dei forumisti della bontà della mia teoria sarà un gran giorno
I motivi per cui secondo me è meglio dire che ogni giudizio (anche dell’appartenenza di una entità ad una categoria) è soggettivo sono:
- vi sono senz’altro delle situazioni in cui l’appartenenza è dubbia (rana o girino?)
- anche quando siamo sicuri, in realtà ci potrebbero essere delle cose che ci sfuggono: quella che sotto l’influsso di ciò che ci volevi fumare pensi essere una pipa potrebbe essere tutt’altro
- e allora perché non semplificare le cose è dire che – di base – ogni giudizio è soggettivo, anche se in molte circostanze diamo giudizi concordi? E' una concezione più semplice e più elegante.

Citazione:
Originalmente inviato da epicurus
Spetterà alla nostra ragionevolezza, e a quanto bene abbiamo imparato una lingua, determinare quanto spingersi in là e dove riconoscere un confine ragionevole del campo semantico di un termine. Certo, non tutti concorderemo esattamente su dove sia situato tale confine, ma, come tu riconosci, in generale gli accordi saranno molto frequenti. E tali accordi non sono frequenti perché nel mondo ci sono innumerevoli regolarità, semplicemente perché a tutti ci è stato insegnato lo stesso linguaggio (e modo di pensare).

Ma se non ci fossero innumerevoli regolarità nel mondo hai voglia a insegnare a tutti lo stesso linguaggio ….

Citazione:
Originalmente inviato da epicurus
Su questa questione (Il Paradosso del Gatto) ho un’osservazione generale e una domanda. L’osservazione generale è che mi pare che continui ad estendere la MQ alla tua filosofia.

Verissimo.

Citazione:
Originalmente inviato da epicurus
Tornando al paradosso, tu dici che anche il gatto è in sovrapposizione di stati. E questo mi porta alla domanda (o alle domande): ma cosa accadrebbe se si mettesse dentro la scatola uno scimpanzè? O un essere umano? O più esseri umani?

Scimpanzè, ornitorinchi, esseri umani: non cambierebbe nulla. Basta che non ci sia dentro io (l’osservatore).
albert is offline  
Vecchio 05-11-2008, 20.11.06   #4
albert
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Riferimento: Achille e la Tartaruga e altri paradossi

Citazione:
Originalmente inviato da Eretiko
Parto dall'ormai famoso gatto. Malgrado i notevoli passi avanti della fisica il paradosso del gatto rimane, almeno per me, tale. In effetti non si capisce il motivo per il quale il povero gatto (macroscopico) debba rimanere in sovrapposizione di stati, e negli ultimi 70 anni se lo sono chiesti in molti (Schroedinger ed Einstein tanto per citare i piu' famosi). Infatti se il flacone di veleno si rompe, non ha senso dire che il gatto non muore e rimane in 2 stati sovrapposti (sia vivo che morto) con probabilita' del 50% finche' non si guarda dentro. Il paradosso e' semplicemente rimosso con l'espediente di considerare la m.q. non una spiegazione della realta' fisica microscopica ma solo dell'esperienza che possiamo fare di essa: il metodo funziona e quindi si accetta in modo silente (ma insoddisfacente). E forse e' proprio per questo che Schroedinger insistette molto con la sua idea di considerare le funzioni d'onda non come astratte funzioni di probabilita' bensi' come descrizioni della realta' microscopica.
La pensi come Schroedinger (è più un complimento che una critica ) Tutto però si risolve se non ti preoccupi della “realtà fisica” (se definissimo che cosa pensiamo voglia dire verrebbero fuori cose interessanti) ma solo, secondo me correttamente, delle esperienze che possiamo avere.

Citazione:
Originalmente inviato da Eretiko
Achille e la tartaruga: ha ragione Epicurus, la serie e' convergente, quindi nessun paradosso, ed il formalismo matematico ce lo dimostra inequivocabilmente. E la soluzione e' nota dal 1600 …

Certo. Resta che a livello inconscio la sentiamo come controintuitiva
albert is offline  
Vecchio 15-11-2008, 13.27.48   #5
Il_Dubbio
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Citazione:
Originalmente inviato da Eretiko
Achille e la tartaruga: ha ragione Epicurus, la serie e' convergente, quindi nessun paradosso, ed il formalismo matematico ce lo dimostra inequivocabilmente. E la soluzione e' nota dal 1600 …

Citazione:
Originalmente inviato da albert
Certo. Resta che a livello inconscio la sentiamo come controintuitiva

Non è solo controintuitiva, manca il tempo, quando convergono? Matematicamente possiamo dire che convergono, ma non mi sembra si possa essere sicuri del tempo che è necessario a loro per convergere. Forse non sarà un paradosso, ma è comunque una cosa strana; sapere che qualcosa deve succedere ma non sapere quando, è una cosa strana soprattutto se il "tempo" previsto è infinito (non è così?). Eretico dice che due serie infinite convergono in un tempo finito... non so, qualcuno ha provato fisicamente a far convergere due serie infinite in un tempo finito? O il tempo usato è di tipo "astratto? Se è di tipo astratto allora "realmente",viceversa, due serie infinite convergono in un tempo infinito e non finito.

Stessa identica cosa posso dire sul paradosso del gatto. Quando (il "tempo") la sovrapposizione non vale piu e il gatto è nello stato che viene trovato effettivamente (fisicamente osservato?), cioè vivo o morto?
Sulla storia del gatto ho già scritto abbondantemente la mia opinione, e non vi assillo piu di tanto... rimane un problema "ontologico" e chechè ne dica Albert sul tale termine, per me non è una parolaccia ma l'essenza, la vera comprensione del fenomeno. C'è chi dice che non serva domandarselo, chi invece sostiene che serve, e la risposta può aprire scenari insospettabili e infine"utili". Chiaramente io sono di questo secondo avviso.
Il_Dubbio is offline  
Vecchio 15-11-2008, 18.44.54   #6
Anakreon
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Sogni infiniti.

Delle difficoltà di porre l'infinito si trattò ampliamente sotto altri titoli, alcuni mesi or sono, innanzi che l'accesso al foro fosse permesso solamente ai lettori, ma impedito agli scrittori.

Trascrivo alcuni luoghi estratti dai commenti che scrissi, chiedendo venia perché cito me stesso.


In questo luogo considerai l'infinito e la scienza.

"Se è vero che la scienza della natura in tanto, in quanto investiga le cose che sono dell'esperienza mortale, è difficile supporre possa mai incorrere in un infinito in atto, perché non potrebbe l'uomo, finito per tempo e per luogo, fare esperienza di ciò che non avesse limiti né di tempo né di luogo;
non è men vero che anche le scienze matematiche hanno difficoltà nell'investigazione dell'infinito, al meno dell'infinito in atto, contentandosi esse, mi pare, di trattare numeri o misure che tendono all'infinito."

"Forse in sé e per sé non sono diversi, infinito ed infinito; ma si dà il caso che noi mortali facciamo esperienza di tempi e luoghi finiti e che l'infinito appare quindi piuttosto un'elucubrazione comoda per la nostra scienza, che una deduzione necessaria dalle cose."


Qui esaminai singolarmente il paradosso di Zenone Eleate, di cui si tratta nel titolo presente.

“E qui vengo all’argomento di Zenone Eleate, secondo cui il moto non è razionalmente possibile, perché i punti infiniti, in cui è divisibile lo spazio, non possono essere percorsi per un tempo finito:
mi pare che Aristotele opponga che anche il tempo è divisibile in altrettanti infiniti momenti e che quindi, se procediamo alla divisione dello spazio, possiamo procedere anche ad una pari divisione del tempo, facendo talmente equivalenti le due divisioni, finite od infinite, che non possiamo più affermare che alcuno si muova per un tempo finito in uno spazio infinito, ma che alcuno si muova in uno spazio finito od infinito per un tempo parimenti finito od infinito.

Il ragionamento parrebbe inconfutabile, se non rimanesse il dubbio che, dividendo all’infinito sia lo spazio sia il tempo, noi potessimo poi conoscere la fine del moto.

In somma, come potremmo noi mortali finiti avere esperienza d’uno spazio e d’un tempo infiniti e di quello che in loro e per loro mai accadrebbe ?.

In più, pur supponendo poterli aver divisi all’infinito, come potremmo conoscere se l’infinito in cui abbiamo diviso il tempo sia pari a quello in cui abbiamo diviso lo spazio ?:
se sono infiniti, non possiamo misurarli e, quindi non possiamo sapere se siano stati parimenti divisi all’infinito.

Forse la vera soluzione è che noi non possiamo dividere all’infinito né il tempo né lo spazio, ma possiamo solo congetturare poterlo fare.

D’altronde, quanto tempo dovremmo vivere per dividere qualche cosa all’infinito ?:
suppongo per un tempo infinito, perché, se vivessimo per un tempo finito, prima o poi porremmo fine alla divisione, che non sarebbe dunque infinita;
ma viviamo per un tempo finito, dunque non possiamo dividere all’infinito.”


Concludo, consentendo col Dubbio ed opinando che dell'infinito non abbiamo esperienza alcuna né potremmo averla, essendo finiti per tempo e luogo:
difficile, per tanto, negare che il finito sia nell’esperienza e nel sogno l’infinito.

Anakreon.
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Vecchio 15-11-2008, 19.07.04   #7
Eretiko
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Ciao Dubbio,

ora aumenterò, se possibile, i tuoi... dubbi !
Il fatto paradossale della tartaruga è che noi pretendiamo di credere che il tempo esista indipendentemente da noi. E' il famoso tempo assoluto di Newton, rispolverato dallo stesso proprio sulla base dei filosofi greci. E anche allo spazio diamo un'esistenza propria; già Kant farà notare invece che spazio e tempo sono costruzioni mentali che ci facciamo per raffigurare la realtà esterna, altrimenti non facilmente rappresentabile.
Una volta costruiti questo spazio e questo tempo assoluti, con le loro proprietà, pretendiamo di suddividerli in parti sempre più piccole, e in numero infinito... dimenticando che sono solo concetti matematici, e quindi con la matematica vanno trattati: e la matematica dice che la corsa della tartaruga e di Achille è terminata da un bel pò.
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Vecchio 16-11-2008, 09.33.33   #8
Il_Dubbio
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Citazione:
Originalmente inviato da Eretiko
Ciao Dubbio,

ora aumenterò, se possibile, i tuoi... dubbi !
Il fatto paradossale della tartaruga è che noi pretendiamo di credere che il tempo esista indipendentemente da noi. E' il famoso tempo assoluto di Newton, rispolverato dallo stesso proprio sulla base dei filosofi greci. E anche allo spazio diamo un'esistenza propria; già Kant farà notare invece che spazio e tempo sono costruzioni mentali che ci facciamo per raffigurare la realtà esterna, altrimenti non facilmente rappresentabile.
Una volta costruiti questo spazio e questo tempo assoluti, con le loro proprietà, pretendiamo di suddividerli in parti sempre più piccole, e in numero infinito... dimenticando che sono solo concetti matematici, e quindi con la matematica vanno trattati: e la matematica dice che la corsa della tartaruga e di Achille è terminata da un bel pò.

Ciao Eretiko

chiaramente io non sono a conoscenza della matematica (mi limito, quando non ho una calcolatrice, a sommare e moltiplicare piccole cifre :P) e ancora meno di quella che supporta il paradosso della tartaruga e Achille. So però che ad un certo punto nella matematica "complicata", le somme e le moltiplicazioni si trasformano e da oggetti reali si sommano e si moltiplicano oggetti "irreali" (questo semplificando molto). Semplificando al massimo, la matematica senza infiniti non avrebbe senso, mentre la fisica cerca di eliminarli (un buon libro che ho letto una volta ma sto rileggendo perchè non mi ricordo quasi piu nulla è "Finito o infinito" di Jean-Pierre Luminet, Marc Lachieze-Rey). Una ragione ci deve essere! Evidentemente questa ragione è da cercare nell'esperienza. Come diceva anche Anakreon, possiamo far esperienza dell'infinito? Mentalmente si, ma è una esperienza non "concreta", quindi astratta, come la matematica. Il fisico direbbe: tu puoi fare qualsiasi esperienza mentale, poi se è "reale" ciò che immagini spetta a noi.
Io ho applicato questo ragionamento alla matematica. Non è una bocciatura ( io credo che la matematica e l'esperienza mentale siano molto vicine, e non so dire se solo quella fisica debba ritenersi "reale"), ho solo diviso in due l'argomento, e da una parte c'ho messo tutto ciò che non è concreto, sensibile e verificabile, e dall'altra tutto ciò che è invece "sostanza", e solo a quest'ultima gli ho dato la definizione di "reale" (ma solo per una ragione di chiarezza). Quindi certo, matematicamente la corsa della tartaruga e di Achille è terminata da un bel pò, ma in quale dimensione? In quella reale delle cose sensibili e verificabili o in quella irreale della matematica?

Per quanto riguarda il tempo e lo spazio non divisibili all'infinito, non ho compreso bene. Mi ricorda la "quantizzazione". Ma che io sappia non si è ancora raggiunti a quantizzare lo spazio-tempo, nel senso che la matematica che supporta quanto dici non mi risulta essere stata inglobata nella matematica che supporta la fisica quantistica...
Il_Dubbio is offline  
Vecchio 17-11-2008, 11.20.59   #9
Eretiko
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Riferimento: Achille e la Tartaruga e altri paradossi

Ciao Dubbio,

io non mi riferivo alla ipotetica quantizzazione delle spazio-tempo (che poi non ho ben capito cosa dovrebbe essere e mi sfugge il suo eventuale significato fisico), bensì all'infinita divisibilità ad esempio di un segmento di lunghezza L.
Tale divisibilità è un'operazione che concettualmente possiamo sempre fare, mentre fisicamente non possiamo. E' quella distinzione tra infinito potenziale ed infinito attuale che già Aristotele aveva compiuto e che sta alla base della matematica a partire da Archimede (metodo di esaustione per calcolare ad esempio area del cerchio e del segmento parabolico) compreso il calcolo differenziale e quello integrale. Insomma, la corsa della tartaruga e di Achille è un'esperienza concettuale, e concettualmente la matematica ci dice come finisce. Ed anche fisicamente sappiamo come termina.
E guarda che il paradosso fi Zenone ha anche una bella formulazione "geometrica": la spirale logaritmica; essa compie un numero infinito di giri attorno ad un punto del piano, eppure si può dimostrare che ha una lunghezza finita (Torricelli)!
Eretiko is offline  
Vecchio 17-11-2008, 12.12.56   #10
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Caro Eretico,

osservi:

"Una volta costruiti questo spazio e questo tempo assoluti, con le loro proprietà, pretendiamo di suddividerli in parti sempre più piccole, e in numero infinito... dimenticando che sono solo concetti matematici, e quindi con la matematica vanno trattati"

Anche della matematica, tuttavia, possiamo osservare che sia una nostra elucubrazione.

Comunque sia, a me pare non sia vero quello che affermi, che cioè:

"la matematica dice che la corsa della tartaruga e di Achille è terminata da un bel pò.".


E veramente è l'esperienza dei sensi che ci mostra che Achille ha superata la tartaruga, non la matematica, la quale, vice versa, pare dimostrarci che, a rigor di deduzione, Achille non la possa mai superare; tant'è vero che, per risolvere il contrasto tra esperienza e scienza, si deve procedere ad approssimare la somma d'una serie di numeri per sé infinita.

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