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Max Weber

 

Max Weber nasce ad Erfurt il 21 aprile 1864, figlio di una importante famiglia tedesca di religione protestante; il padre fu magistrato e parlamentare. Sin da piccolo mostra interesse per la storia, i classici antichi e la filosofia; stimolato dalle intense frequentazioni intellettuali che riempiono la casa paterna, legge Omero, Virgilio, Livio, Cicerone, Machiavelli, Goethe, Spinoza, Schopenhauer, Kant. Tuttavia, i suoi insegnanti lamentano la sua mancanza di rispetto per la disciplina. Già a quattordici anni Max Weber scrive due saggi storici: Sullo sviluppo della storia tedesca, con particolare riferimento alla posizione dell'Impero e del Papato e Sull'età dell'Impero romano da Costantino alle migrazioni dei popoli. Il giovane Weber appare timido e riservato e risente della forte autorità paterna. Molte delle tensioni interiori che caratterizzarono la sua esistenza dipesero in parte dalla intricata rete delle sue relazioni familiari, oltre che dal desiderio di fuggire dalla vuota atmosfera politica della Germania guglielmina in cui viveva e lavorava.
Studiò prima alle Università di Heidelberg, di Berlino e di Gottinga e, dopo il servizio militare a Strasburgo (dove frequentò lo zio, lo storico Baumgarten), si laureò all'Università di Berlino nel 1889 con lo storico Mommsen, con una tesi di storia economica sulla storia delle società commerciali nel medioevo. In seguito aderì al Verein für Sozialpolitik, che mirava all'ambiziosa elaborazione una nuova teoria sociologica in grado di unire la teoria dello sviluppo sociale, la teoria della conoscenza scientifica e la pratica politica. Due anni dopo Max Weber portò a termine un importante studio di storia agraria romana con cui si abilitò all'insegnamento universitario. Nel 1893 sposò Marianne Schnitger, con la quale ebbe un intenso legame morale e intellettuale, e ottenne la cattedra di economia politica all'università di Friburgo dove l'anno dopo tenne la prolusione Lo Stato nazionale e la politica economica, con cui manifestò apertamente la sua fiducia nella Realpolitik imperialistica. Nel 1896 passò alla cattedra di economia politica all'Università di Heidelberg, ma, colpito da una grave malattia nervosa, è costretto a dare le dimissioni nel 1903.
Viaggia allora in Italia, Corsica e Svizzera per sedare il suo stato di ansietà. A partire dal 1903 entra nella direzione della prestigiosa rivista "Archivio di scienza sociale e politica sociale", ove pubblica L'"oggettività" conoscitiva della scienza sociale e della politica sociale (1904). In questi anni appare L'etica protestante e lo spirito del capitalismo (1904-5).
Sempre nel 1904 si reca negli USA per circa tre mesi su invito del collega Hugo Münsterberg, per assistere a un Congresso di scienze sociali a St. Luis e riceve una vivida impressione della società americana. L'origine di molte sue concezioni, elaborate più tardi, riguardo il ruolo delle sette protestanti nell'affermarsi del capitalismo, la burocrazia e il presidenzialismo americano, può essere rintracciata in questo periodo di permanenza in USA. La sua partecipazione alla vita politica si va facendo sempre più intensa: si interessa direttamente alla rivoluzione russa del 1905.
Nel 1907, grazie ad un'eredità, può dedicarsi completamente ai suoi studi. Collabora alla fondazione dell'Associazione tedesca di sociologia, in un congresso della quale, nel 1910, prende netta posizione contro l'ideologia razzista. Ne uscirà nel 1912, a causa di divergenze sulla questione della neutralità assiologica (avalutatività). Assume però la direzione del Grundriss der Sozialökonomik (1909), un'opera enciclopedica cui da un decisivo contributo con il trattato di sociologia generale Economia e società (1922, postumo). Intanto continua a occuparsi di sociologia della religione con il saggio metodologico Alcune categorie della sociologia comprendente (1913).
Negli anni precedenti alla Prima Guerra Mondiale la casa di Weber a Heidelberg diventa il centro di frequenti visite intellettuali: vi transitano i sociologi Tröltsch, Simmel, Michels, Sombart, Paul Honigsheim, Kurt Löwenstein, i filosofi Emil Lask, Wilhelm Windelband, Heinrich Rickert, il critico letterario e storico Friedrich Gundolf e lo psichiatra-filosofo Karl Jaspers, oltre che i giovani Ernst Bloch e Georg Lukacs. Dal 1916 al 1917 Weber svolge diverse missioni ufficiose a Bruxelles, Vienna e Budapest; cerca di convincere i dirigenti tedeschi a evitare l'estensione del conflitto, ma nello stesso tempo afferma la vocazione della Germania alla politica mondiale.
Dopo la proclamazione della Repubblica di Weimar, aderisce al nuovo partito democratico (di centro-sinistra borghese, aconfessionale), presentandosi candidato all'Assemblea nazionale nella circoscrizione di Francoforte, senza tuttavia essere eletto. Weber non partecipò mai, in posizione dirigente, alla vita politica del suo paese.
Negli anni della repubblica di Weimar, egli era passato da convinzioni parlamentaristiche a convinzioni repubblicano-presidenzialistiche e ad una concezione cesarista della direzione politica, considerata come la miglior forma di governo in una società di massa, l'unica in grado di garantire la democrazia.
Dopo la sconfitta della Germania nella Prima Guerra Mondiale si recò a Parigi come membro della commissione per la riparazione dei danni di guerra, collaborando alla redazione del Libro bianco tedesco, per controbattere le accuse mosse alla Germania come sola responsabile della guerra. Nel 1918 tiene all'Università di Monaco le conferenze La scienza come professione e La politica come professione, nonché le lezioni sul Significato della "avalutatività" nelle scienze sociologiche ed economiche. Il problema che affronta è la definizione di un'equazione funzionale fra, da un lato, lo Stato come protagonista di una politica di potenza, e, dall'altro, l'opportunità di dare agli ordinamenti democratici un'ampiezza più o meno estesa.
Le sue ultime battaglie politiche si indirizzano contro l'antisemitismo. Nel 1920 abbandona il partito democratico, di cui disapprovava le concessioni fatte al programma di socializzazione dei socialdemocratici. L'ultima notte di maggio di quell'anno si ammala di febbre spagnola e, dopo due settimane di vigorosa resistenza, muore il 14 giugno, a Monaco.

Weber è tradizionalmente riconosciuto come uno dei padri della sociologia; in realtà, ha sviluppato studi rilevanti anche per altre discipline, quali la storia, l'economia e la scienza politica. Come si evince dalla sua biografia fu una personalità assai complessa; rappresentò, forse nel modo più completo, la figura dell'intellettuale-filosofo continuamente alla ricerca, rigoroso e al contempo attento all'evolversi del mondo che lo circonda. La sua opera è percorsa da un senso di inquietudine, dalla percezione di una crisi strutturale della società europea e numerosi critici hanno colto nelle sue teorie sociologiche e storiche il riflesso della filosofia di Nietzsche.
E' possibile delineare il percorso di ricerca di Weber attorno ad alcuni ambiti fondamentali e interconnessi:
- La questione dell'epistemologia e del metodo delle scienze sociali;
- L'analisi della civiltà occidentale moderna;
- La definizione dei concetti chiave della sociologia.

Weber cerca di chiarire di che cosa la sociologia debba occuparsi. In tal senso egli si preoccupa preliminarmente, reagendo alla tradizione del positivismo, di distinguere scienze sociali e scienze naturali. Weber, infatti, sulla scia dello storicismo di Dilthey, nega la possibilità di analizzare i fenomeni sociali e politici utilizzando le stesse categorie concettuali che le scienze naturali utilizzano per i fenomeni fisici, come pretendevano i positivisti.
Egli intende le scienze sociali come scienze comprendenti, ossia scienze che hanno per oggetto l'agire sociale in quanto comportamento dotato di significato. Per Weber allora la sociologia è la scienza che cerca di comprendere i fenomeni dell'agire umano, scoprendone le "cause". Essa, tuttavia, si differenzia nel suo approccio dalla scienze naturali; data la complessità e articolatezza dei fenomeni sociali, molto maggiore di quelli fisici e naturali, la sociologia può ricostruire non tanto le cause dei fenomeni, quanto l'insieme delle condizioni o delle influenze che possono determinarli. Le conclusioni cui tali indagine conduce vanno, tuttavia, sempre valutate e ricontrollate continuamente, tenendo presente che lo scienziato sociale è in qualche modo sempre coinvolto in quel che studia e che, quindi, le sue conclusioni possono essere influenzate dalla sua condizione o dalla sua esperienza storica particolare.
A tal proposito Weber introduce così il concetto di idealtipo. Gli idealtipi sono delle costruzioni di pensiero di cui lo scienziato sociale si serve per generalizzare i fenomeni analizzati, sono astrazioni attraverso cui è possibile condurre l'infinità varietà della realtà a insiemi di categorie più maneggevoli. Esempi di tipi ideali utilizzati da Weber sono concetti come burocrazia, potere carismatico, capitalismo occidentale moderno. In particolare l'agire sociale secondo Weber può essere studiato suddividendolo in quattro tipi ideali: 1) agire razionale rispetto allo scopo (es. agire di un ingegnere), 2) agire razionale rispetto al valore (es. agire determinato dalla religione), 3) agire affettivo (es. comportamento amoroso), 4) agire tradizionale (es. agire determinato da particolari abitudini).
Una considerazione importante che si ritrova nell'idea che Weber ha del modo di studiare dello scienziato sociale si lega poi al concetto di avalutatività. Weber ritiene infatti che nella sua attività di studio e ricerca lo scienziato sociale non debba inserire i propri giudizi di valore rispetto ai fenomeni che analizza.
Gli studi di Weber hanno grande rilevanza anche per la comprensione della società capitalistica moderna. Le sue riflessioni, frutto di attente ricerche di storia economica e giuridica, permettono infatti di definire le caratteristiche essenziali, le origini e il destino di tale società. Egli considera il capitalismo come un sistema economico al cui interno i soggetti agiscono in modo pacifico utilizzando lo scambio; in particolare il capitalismo occidentale moderno si caratterizza per 1) l'organizzazione razionale del lavoro formalmente libero, cioè l'utilizzo di lavoratori salariati, giuridicamente liberi, per lo svolgimento dell'attività dell'impresa; 2) lo sviluppo di mercati aperti; 3) la separazione tra famiglia e impresa; 4) lo sviluppo di un diritto formalmente istituito. L'origine del capitalismo occidentale è individuata da Weber in forme specifiche della cultura europea nei secoli iniziali dell'età moderna, ossia in forme religiose. Questa idea è da lui sviluppata nel saggio L'etica protestante e lo spirito del capitalismo. Weber individua un nesso tra la religione protestante e le basi di senso del capitalismo. Il protestantesimo, infatti, presenta una serie di caratteri ritenuti favorevoli allo spirito capitalista, quali l'enfasi sull'individuo di fronte alla fede e l'idea della professione come vocazione espressa dal termine tedesco Beruf. Ma soprattutto l'imperscrutabilità del giudizio divino, in conseguenza del quale per i protestanti diventa centrale la dimensione del lavoro e della professionalità metodica: il successo nell'attività lavorativa infatti può interpretarsi come un segno della benevolenza divina. In tal senso Weber parla appunto di ascesi intramondana: poiché il protestante aderisce al mondo nel compimento del proprio Beruf, ma nello stesso tempo è asceta del mondo poiché rinuncia a ogni godimento e fugge ogni tentazione. Ma, come Weber nota, questa è proprio la tensione culturale tipica del capitalista che si dedica nel modo più sistematico e razionale possibile alla propria professione economica, rinunciando nel contempo al desiderio di utilizzare i guadagni per goderne.
L'opera di Weber, come detto, ha rilevanza anche per i concetti chiave che egli elabora per la sociologia. E' possibile rinvenire tali concetti in particolare nel suo testo postumo Economia e società. Tra di essi si segnalano:
-La distinzione, presente già in Tönnies, tra comunità, intesa come comune appartenenza soggettivamente sentita, e società intesa come convergenza di interessi;
-Il concetto di lotta come elemento tipico della società umana, che distingue la sociologia weberiana da quella di Durkheim, in cui si enfatizzava invece l'elemento dell'ordine. Tale elemento avvicina Weber a Marx, anche se in Weber (coerentemente con la sua visione avalutativa delle scienze sociali) il concetto di lotta è assunto in modo puramente analitico e slegato da connotazioni politiche;
-La distinzione tra potere e potenza: la potenza costringe gli individui a seguire la volontà di chi la impone; il potere invece induce gli individui a obbedire ad un comando perché i soggetti ritengono legittimo il potere da cui il comando emana. Il potere si lega, quindi, a una dimensione istituzionale, assente nella potenza. Weber distingue inoltre tre forme di legittimazione del potere: quella tradizionale, determinata dall'influenza di situazioni passate, quella carismatica determinata dalle qualità personali di un individuo particolare, quella razional-legale, determinata dagli ordinamenti istituzionali;
-Il concetto di burocrazia, che costituisce la forma più tipica del potere razional-legale: parlando di burocrazia Weber intende in generale ogni forma di organizzazione razionale del lavoro; essa è considerata un elemento tipico delle società moderne ampie e complesse, pur avendo coni d'ombra legati alla spersonalizzazione che comporta e allo scarso valore innovatore dipendente dalle sue procedure standardizzate;
-Il concetto di ceto, individuato come l'insieme di individui che condividono un certo status riconosciuto socialmente, senza che questo status coincida necessariamente con la posizione economica;
-Il concetto di processo di razionalizzazione della modernità e il disincanto del mondo che vi è connesso. Questo tema attraversa diverse opere di Weber, da Sociologia delle religioni, a Economia e società e La scienza come professione. Tale processo consiste secondo Weber nel crescente predominio delle logiche di efficienza e produttività e nella fiducia nel fatto che le cose possano essere dominate dalla ragione. Lo sviluppo di questa fiducia comporta un disincanto del mondo, poiché gli uomini gradualmente espellono dal loro atteggiamento ogni riferimento a spiegazioni e comportamenti magici, metafisici e religiosi. Di qui la scissione tra razionalità e valori, tra cultura e natura, tipica del mondo moderno. Di qui il problema del senso della modernità che Weber pone.
Nella teoria weberiana si ritrovano molti elementi che consentono di rappresentare adeguatamente i problemi che nascono dal rapporto determinato-indeterminato (ossia la relazione tra contesti istituzionali e coscienze soggettive) che caratterizza la situazione sociale: infatti la determinatezza dell'ordinamento legittimo e tradizionale non viene vista univocamente come funzionale e fondante per la prevedibilità sociale, ma anche come fonte potenziale di alienazione e distruttività di dimensioni centrali della vita umana.
L'analisi weberiana si sviluppa come indagine di tipo storico sulle strutture e sulle evoluzioni dei processi di mediazione simbolica, nel loro rapporto con situazioni ambientali e eventi storici. Resta, tuttavia, irrisolto in Weber il problema sociologico classico dell'antinomia tra libertà individuale e forme oggettivanti di determinazione sociale, e secondo alcuni critici, si spiega così il motivo per cui Weber tenda, come abbiamo visto, a valutare (sopravvalutare?) il processo di razionalizzazione come destino irreversibile del mondo occidentale.
Al di là di queste considerazioni critiche, comunque, le teorie di Weber per la varietà di aspetti e di idee da cui sono caratterizzate hanno una grande centralità per il pensiero, non solo sociologico, contemporaneo. Numerose scuole teoriche ne sono state influenzate o comunque si sono confrontate con lui, dal marxismo a una certa parte della sociologia fenomenologica, da Habermas alle più recenti interpretazioni dell'individualismo metodologico, dalla sociologia centroeuropea a quella nordamericana. Né si possono trascurare le implicazioni che le sue ricerche hanno avuto nei campi della storiografia, soprattutto economica e sociale, e della scienza politica che gli restano debitori di intuizioni importanti. Lo stesso dibattito filosofico sulla modernità e la sua inquietante ambivalenza lo ha posto tra i suoi referenti più sottili e autorevoli. Qualunque studioso o studente si avventuri alla ricerca della conoscenza degli aspetti storici, sociali, morali, economici, politici, epistemologici del mondo che lo circonda non può fuggire Weber, il suo insegnamento e la sua instancabile attività, che sta vividamente a ricordare, come egli scrisse, che "se gli uomini non tentassero continuamente l'impossibile, il possibile non verrebbe mai raggiunto".

 

Francesco Giacomantonio

www.filosofico.net/giacomantonio

 

Bibliografia

 

Opere di Weber:

Die protestantische Ethik und der Geist des Kapitalismus in Gesammelte aufsätze zur Religions-soziologie, Tübingen, Mohr, 1922 [De]
L'etica protestante e lo spirito del capitalismo, Firenze, Sansoni, 1945 [It]
Wissenshaft als Beruf, Berlin, Duncker& Humblot, 1919 [De]
La scienza come professione, in Il lavoro intellettuale come professione, Torino, Einaudi, 1971 [It]
Die Objectivität sozialwissenshaftlicher und sozialpolitisher Erkenntnis(1904), in Gesammelte Aufsätze zur Wissenshaftslehere, Tübingen, Mohr, 1922 [De]
L'oggettività conoscitiva della scienza sociale e della politica sociale, in Weber, Il metodo delle scienze storico-sociali, Torino, Einaudi, 1958 [It]
Uber einige Kategorien der verstehenden Sociologie, in Gesammelte aufsätze zur Wissenshaftslehere, Tübingen, Mohr, 1922 [De]
Alcune categorie della sociologia comprendente, in Weber, Il metodo delle scienze storico-sociali, Torino, Einaudi, 1958 [It]
Der Sinn der "Wertfreiheit" der soziologischen und ökonomischen Wissenshaften, in Gesammelte Aufsätze zur Wissenshaftslehere, Tübingen, Mohr, 1922 [De]
Il significato della "avalutatività" delle scienze sociologiche ed economiche, in Weber, Il metodo delle scienze storico-sociali, Torino, Einaudi, 1958 [It]
Wirtshaft und Gesellshaft, Tübingen, Mohr, 1922 [De]
Economia e società, I, II, Milano, Comunità, 1961 [It]

Fonte: http://lgxserver.uniba.it/lei/filosofi/filosoficlassici.htm

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