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Filosofia - Forum filosofico sulla ricerca del senso dell’essere.
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Vecchio 08-06-2013, 17.20.35   #111
sgiombo
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Riferimento: L' intangibilità dell' IO

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Originalmente inviato da jeangene
No, con IO intendo il soggetto a cui il sentire è rivolto, quell' IO intangibile oggetto delle domande con cui ho aperto questa discussione.
E' evidente che se perdessi la memoria non sarei più "ciò con cui mi identificavo", ma continuerei a sentire. Io continuerei a sentire, non un altro.

Sono ragionamenti un po' difficili.
Cos' é che fa di me "io" e di te "tu" e di qualsiasi altro senziente "quel determinato senziante"?
Come si potrebbe intendere l ' ipotetico fatto che sia ancora "io" mentre ho altre, nuove sensazioni ma non ricordo nulla di quanto ho vissuto prima (come sarei se rinascessi per metempsicosi)?
Mi sembrerebbe trattearsi di un' altra persona, un po' come sarebbe un mio clone se per assurdo (mica sono così idiota da farmi clonare!) venisse realizzato.
O come -che ne so?- se su un CD venissero cancellate le canzoni precedentemente registrate e se ne memorizzassero delle altre.
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Vecchio 08-06-2013, 19.24.18   #112
maral
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Riferimento: L' intangibilità dell' IO

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Originalmente inviato da jeangene
No, con IO intendo il soggetto a cui il sentire è rivolto, quell' IO intangibile oggetto delle domande con cui ho aperto questa discussione.
E' evidente che se perdessi la memoria non sarei più "ciò con cui mi identificavo", ma continuerei a sentire. Io continuerei a sentire, non un altro.
E' evidente che la memoria di sé non è l'io, pur costituendone un elemento fondante. Se perdessi la memoria rimarrei pur sempre io pur non riuscendo a dare al mio io un'immagine concretamente definita. Vi sono casi molto interessanti in merito studiati dalla neurologia. Ad esempio Sacks riporta nel libro "L'uomo che scambiò sua moglie per un cappello" due casi interessanti di perdita di memoria ("il marinaio perduto" e "Una questione di identità") dovuta alla sindrome di Korsakoff, in cui i due protagonisti reagiscono in modo del tutto opposto, il primo vivendo isolato nel suo smarrimento, il secondo ricucendo continuamente identità fantasiose sempre diverse, ma da lui credute di volta in volta reali.
Anche nei casi di personalità multipla, come nella schizofrenia, il soggetto è sempre un solo io per volta, non possono esserci contemporaneamente presenti due o più soggetti: l'io è uno solo a fronte di molteplici altri.

Ultima modifica di maral : 09-06-2013 alle ore 10.10.05.
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Vecchio 08-06-2013, 22.07.14   #113
maral
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Riferimento: L' intangibilità dell' IO

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Originalmente inviato da jeangene
Quindi l' io deriva dal prorpio sentire che anch' esso forse deriva da qualcos' altro.
Sarà forse ad un eventuale riverificarsi di questo qualcos' altro e quindi del rispettivo sentire derivato che sarò "di nuovo" io?
In realtà il qualcos'altro consiste proprio nell'unità originaria e necessaria del senziente-sentire-sentito. Il ritrarsi della necessità permette al senziente di apparire come io ossia come nucleo di riferimento per una capacità di diversi modi di agire secondo libera volontà in modo che la necessità si apra al gioco delle possibilità dell'apparire fenomenico.
E' evidente che la trinità del senziente-sentire-sentito è in sé unica, eterna e irripetibile. Non solo non potrà ripetersi lo stesso soggetto senza il medesimo sentire e il medesimo sentito, ma non potrà esserci nemmeno alcun ripetersi, in quanto per necessità la trinità è eterna e dunque irripetibile. L'io però, in quanto rappresentazione del senziente determinata dal ritrarsi della necessità noumenica, ha diverse possibilità che si traducono in diverse modalità di apparire e celarsi pur mantenendo la stessa identità soggettiva.
In termini metaforici l'io potrebbe rappresentare una delle tante maschere che l'essente trinitario indossa per poter apparire sulla scena e agire come attore e il suo apparire potrà ripetersi o non ripetersi nei medesimi contesti.
E' l'allentamento del legame di necessità tra senziente-sentire-sentito che permette a un io di apparire come nucleo di una volontà che ritenga di poter attuare libere scelte.
Effettivamente la questione è complessa e andrebbe approfondita.
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Vecchio 09-06-2013, 11.45.28   #114
Aggressor
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Riferimento: L' intangibilità dell' IO

Sgiombo:
Ma cosa mai sarebbe il “mio principio di identità” (del quale non ho mai parlato)?

Ovviamente un oggetto non è (non si identifica con) qualcosa che semplicemente gli somiglia (vi sono vari formaggi che assomigliano più o meno al Parmigiano-Reggiano ma un solo formaggio Parmigiano-Reggiano).

Il noumeno non è materia (della quale l’ “esse est percipi”: ergo è fenomeni), in qualsiasi modo sia disposta in qualsiasi istante temporale.

Ma che c’ entra tutto ciò (come pure le ovvie considerazioni che continui ad oppormi -vanamente perché non le ho mai negate- sul divenire -mutamento continuo degli enti- e sul carattere insuperabilmente arbitrario delle definizioni che stabiliamo per ogni ente particolare concreto di cui parliamo, cioè delle connotazioni degli concetti) con la natura ontologica dell’ io e con quella dell’ esperienza fenomenica?
Questa è una domanda che io ho rivolto a te ripetutamente e alla quale tu non hai mai risposto.



Veramente mi pareva di aver risposto.. in ogni caso il discorso è questo, che potrai anche ammettere una opposizione tra fenomeni e noumeno però non è che questa opposizione sussiste a priori perché hai deciso di dare significato opposto a due parole. Se andiamo a vedere cosa ognuna delle due parole denota, secondo me, questa opposizione si perde (la mia modesta opinione). Uno dei motivi per cui questo può accadere è anche una riflessione sul principio di identità. Sarò pazzo ma adesso, all'interno di questo tread, mi pare che l'accento si stia spostando su questo punto, che ha ripercussioni forti anche sulla natura ontologica dell'Io. Per esempio tu sei portato a identificare un oggetto con quello che io chiamo "stato formale", con il suo modo di essere particolare (preciso subito che, e anche questo però te lo avevo detto nei post precedenti, la parola "forma" non la uso per designare una connotazione spaziale, ma una connotazione qualsiasi; qualsiasi proprietà o contenuto di un corpo, di una parola, di una entità, ecc.; mi dispiace che la cosa abbia creato non poche confusioni nel nostro dialogo -però io avevo precisato- ma sono abituato a intendere così quella parola per la lettura di certi testi), infatti non ti identificheresti con la tavoletta non scritta (-o col non essere scritta della tavoletta- per dirla alla Aristotele) ma con i contenuti di quella. Il ché è molto sensato da una parte, molto opinabile dall'altra (se hanno senso le mie critiche).



Sgiombo:
(Anche l’ umore o lo stato d’ animo di ciascuno in ogni istante è in un certo modo, ma non si può sensatamente dire che abbia alcuna forma: quadrata? Sferica? Elicoidale? Casomai felice, malinconico, sereno, ecc).

Ecco, io uso la parola "forma" anche per indicare uno stato d'animo, semplicemente perché uno stato d'animo è in un certo modo, come è in un certo modo la sfera, il quadrato ecc.




Sgiombo:
“Indeterminatezza del noumeno rispetto alle nostre facoltà”: che significa

Che per noi che vogliamo coglierlo (non riuscendovi) è indeterminato, senza contenuto, mentre in sé un senso ce l'ha.



Sgiombo:
Mi sono ripetutamente (e faticosamente) preoccupato di spiegarti che il noumeno (se reale) non può essere immaginato, non ha forma, che se ne può dire ben poco (che diviene in determinati modi parte dei quali sono puntualmente ed univocamente corrispondenti al divenire dei fenomeni, e dunque che non è uniforme o indeterminato); non aspettarti che ti dica di più in proposito perché di più non si può sensatamente dire (del noumeno non parlo quando mi fa comodo -???-) bensì quando interrogato in proposito e come se ne può parlare, cioè pochissimo).
Pretendere che dica di più del noumeno sarebbe come pretendere che parli di un sapore blu o del profumo o della consistenza tattile di un brano musicale!


Mi spiace di aver detto quella cosa sull'onestà intellettuale, è che volevo mettere l'accento sulla possibilità di poter parlare di qualcosa che qualche connotazione specifica ce l'ha; per esempio diviene.
Ora, in questa citazione dici che il noumeno non ha forma (perché intendi questa parola in modo diverso dal mio), ma ti sei anche sforzato spesso di dire che non è indeterminato, da questo e da altre considerazioni traggo l'importante conclusione che il noumeno abbia una modalità di essere (che muta tra l'altro) o una forma. Il parallelismo che lancio tra noumeno e fenomeno è che entrambi sono nella contrapposizione, perché questo è un "principio a priori" delle modalità di essere (si è così e cosà in contrapposizione a qualcos'altro). Ora, poiché i fenomeni e la coscienza non sono che manifestazioni di un rapporto tra l'Io e l'"esterno", mi pare che il noumeno non sia che un altro fenomeno (essendo sempre qualcosa che ha un contenuto e che si realizza nella relazione con l'altro). Se ti ricordi, infatti, avevo detto che la realtà, in un certo senso, è fatta di fenomeni (secondo me).



Maral:
Non sono molto d'accordo con la considerazione che le immagini oniriche sono io a crearle in quanto traggono origine da un subconscio personale, materia nascosta dell'io. Credo piuttosto che sia le immagini oniriche che le immagini oggettuali che mi appaiono come realtà esterna abbiano una comune origine più profonda che da un lato mi trascende, dall'altro mi comprende in un'unità originaria con il mondo (io-altro). Forse è questa unità originaria che potremmo definire noumeno (senza poter altro aggiungere) e di cui l'io è solo una polarità rappresentativa che appare in funzione relazionale con l'altro in una sorta di sogno sognato dal noumeno.

L'unità originaria sarebbe questo io-altro in cui l'altro compare come una sorta di subconscio; qualcosa che non sempre cade sotto la coscienza esplicita ma che è lì sotto a determinrne i contenuti (inglobandosi in essi comunque, poiché con la sua "presenza/azione" li "informa"). Considerando proprio questo aspetto delle cose esterne e del subconscio alla Freud, c'è da chiedersi se dobbiamo ritenerle parti dell'Io o meno. E il mio accento (per la soluzione della questione) è posto proprio su questo, l'inglobarsi nell'esperienza diretta (anche se in modo velato) di queste entità quali subconscio ed entità "esterne".



jeangene:
Ci si può porre la seguente domanda (che fa un po' sorridere): Perchè io sono io e tu sei tu?
Perchè io sono costretto a questo sentire, a questo flusso di esperienza e tu sei costretto al tuo? Non potrebbe essere il contrario?
Penso di no, in questa domanda si attua una distinzione fra io e il rispettivo sentire quando in reltà l' io è un derivato del proprio sentire.


Quindi l' io deriva dal prorpio sentire che anch' esso forse deriva da qualcos' altro.
Sarà forse ad un eventuale riverificarsi di questo qualcos' altro e quindi del rispettivo sentire derivato che sarò "di nuovo" io?


C'è una certa ambiguità nella soluzione che porti: "l' io è un derivato del proprio sentire". Il "proprio sentire" non allude all'Io? E così l'Io torna in cima alla scala del sentire? In ogni caso è la domanda che mi interessa tantissimo questa: "Perchè io sono io e tu sei tu?" "Perchè io sono costretto a questo sentire, a questo flusso di esperienza e tu sei costretto al tuo?".

Forse quello che chiami "Io" è solo la presenza di una porzione di realtà, la vertigine di un flusso unitario. Queste vertigini ci sono e ognuna ha delle caratteristiche, quelle caratteristiche non-sono quelle altre caratteristiche, per questo sembra che Io non sia Te.
Quando si fa l'operazione di distinguere l'Io dalla semplice presenza della realtà, come se una cosa possa esistere al di fuori della coscinza, allora si pone il problema di assegnare ad ogni Io il suo flusso specifico. Cioè credo che la soluzione del problema non stia tanto nel capire se subentri prima l'Io o il flusso, ma nel considerarli il medesimo oggetto. Soprattutto nel considerare il primario flusso del reale già come flusso coscienziale (senza dunque che il flusso coscienziale si inserisca ad un punto al di sopra di una realtà a sé stante).


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Vecchio 09-06-2013, 13.32.32   #115
jeangene
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Riferimento: L' intangibilità dell' IO

Si, la questione è complessa, ma molto interessante.

Citazione:
maral:
In termini metaforici l'io potrebbe rappresentare una delle tante maschere che l'essente trinitario indossa per poter apparire sulla scena e agire come attore e il suo apparire potrà ripetersi o non ripetersi nei medesimi contesti.
E' l'allentamento del legame di necessità tra senziente-sentire-sentito che permette a un io di apparire come nucleo di una volontà che ritenga di poter attuare libere scelte.

Questo essente trinitario è unico o ce n'è uno per ogni IO?

La questione su cui ci stiamo concentrando è la seguente:

Citazione:
jeangene:
Ci si può porre la seguente domanda (che fa un po' sorridere): Perchè io sono io e tu sei tu?
Perchè io sono costretto a questo sentire, a questo flusso di esperienza e tu sei costretto al tuo? Non potrebbe essere il contrario?

sgiombo:
Cos' é che fa di me "io" e di te "tu" e di qualsiasi altro senziente "quel determinato senziente"?

Io ho ipotizzato che ad ognuno di noi corrisponde un sentire e che noi siamo questo sentire, deriviamo da esso. Per questo io sono "costretto" a questo sentire, non posso essere te perchè io sono questo sentire e tu sei quel sentire.
Questo però implica che dall' essente trinitario (se unico) derivino più "flussi di sentire" (o particolari "flussi di sentire") dai quali poi emergono i rispettivi IO.

Non so se può essere utile al fine di questa discussione, ma in passato ho letto di persone che dopo essere stati sottoposti a un trapianto di organi riferiscono di aver subito cambiamenti comportamentali e psicologici. Alcune persone riferiscono persino di aver sognato cose relative alla vita del donatore.
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Vecchio 09-06-2013, 14.39.49   #116
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Citazione:
Originalmente inviato da maral
Non sono molto d'accordo con la considerazione che le immagini oniriche sono io a crearle in quanto traggono origine da un subconscio personale, materia nascosta dell'io. Credo piuttosto che sia le immagini oniriche che le immagini oggettuali che mi appaiono come realtà esterna abbiano una comune origine più profonda che da un lato mi trascende, dall'altro mi comprende in un'unità originaria con il mondo (io-altro). Forse è questa unità originaria che potremmo definire noumeno (senza poter altro aggiungere) e di cui l'io è solo una polarità rappresentativa che appare in funzione relazionale con l'altro in una sorta di sogno sognato dal noumeno. Un sogno peraltro sempre cangiante in modo molteplice in cui è però presente una volontà di identità il cui nucleo è l'io stesso. Proprio per questo, come nel tema di questa domanda, ci è impossibile fissare l'io, essendo esso proprio questa volontà che non può mai trovare compimento definitivo se non in se stessa, nel suo perenne cercarsi.

Condivido questa visione.
L' io non è slegato dal mondo, ne fa parte (unità originaria io-altro).

A volte rifletto sulla volontà e mi chiedo: sono proprio io a volere?
Ognuno di noi vuole, cerca ciò che piace ed evita ciò che non piace, ma nessuno di noi ha scelto ciò che gli piace e ciò che non gli piace.
In questo senso non abbiamo libera volontà, ma abbiamo una volontà "instradata" perchè noi non siamo slegati dal mondo, dall' "altro" (e quindi assolutamente liberi di volere), ma ne facciamo parte, siamo un tutt' uno.
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Vecchio 09-06-2013, 18.18.47   #117
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Originalmente inviato da jeangene
Questo essente trinitario è unico o ce n'è uno per ogni IO?
Seguendo la linea di ragionamento così impostata direi che è necessariamente unico e che il Senziente nella sua inscindibile implicazione con il Sentire e il Sentito potrebbe forse venire accostato all'io trascendentale di Husserl.

Citazione:
Io ho ipotizzato che ad ognuno di noi corrisponde un sentire e che noi siamo questo sentire, deriviamo da esso. Per questo io sono "costretto" a questo sentire, non posso essere te perchè io sono questo sentire e tu sei quel sentire.
Questo però implica che dall' essente trinitario (se unico) derivino più "flussi di sentire" (o particolari "flussi di sentire") dai quali poi emergono i rispettivi IO.

Non so se può essere utile al fine di questa discussione, ma in passato ho letto di persone che dopo essere stati sottoposti a un trapianto di organi riferiscono di aver subito cambiamenti comportamentali e psicologici. Alcune persone riferiscono persino di aver sognato cose relative alla vita del donatore.
Il senziente è per necessità ontologica unico nel suo modo di sentire ciò che è sentito, ma in esso esiste la possibilità di diversi io nei quali il modo di sentire e ciò che viene sentito godrà di alcuni gradi di libertà di modo che una scelta sia possibile. Forse in questo senso si può spiegare quel senso di spaesamento identitario che talvolta capita all'io, perché è vero che se io sono io non posso non essere che questo io che sono nel mio modo di sentire, ma è pur tuttavia vero che posso raffigurarmi in modi di sentire diversi in cui pur tuttavia permango come il medesimo io, pur sentendo come se in me vi fosse il modo di sentire di un altro che prende il mio posto. Penso che questo senso di non totale appartenenza del modo di sentire dipenda proprio dal recedere fenomenico della originaria necessità trinitaria ontologica.
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Vecchio 09-06-2013, 18.45.18   #118
jeangene
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Originalmente inviato da Aggressor
Forse quello che chiami "Io" è solo la presenza di una porzione di realtà, la vertigine di un flusso unitario. Queste vertigini ci sono e ognuna ha delle caratteristiche, quelle caratteristiche non-sono quelle altre caratteristiche, per questo sembra che Io non sia Te. Quando si fa l'operazione di distinguere l'Io dalla semplice presenza della realtà, come se una cosa possa esistere al di fuori della coscinza, allora si pone il problema di assegnare ad ogni Io il suo flusso specifico. Cioè credo che la soluzione del problema non stia tanto nel capire se subentri prima l'Io o il flusso, ma nel considerarli il medesimo oggetto. Soprattutto nel considerare il primario flusso del reale già come flusso coscienziale (senza dunque che il flusso coscienziale si inserisca ad un punto al di sopra di una realtà a sé stante).

Quello che mi pare evidente è che ci sono dei particolari flussi di esperienza/sentire caratteristici di noi essere umani sui quali si "affaccia" un IO.
Ora (come dici anche tu) non importa tanto se subentra prima l' IO o il relativo flusso, ma capire come queste coppie io-flusso siano possibili.
Tu hai parlato di vertigini immerse in un primario flusso coscienziale, io una volta ho parlato di particolari "configurazioni noumeniche" dove appunto vengono ad instaurarsi questi particolari flussi di esperienza/sentire sui quali si "affaccia" un IO.
Se esiste un primario flusso coscienziale o se la coscienza è caratteristica esclusiva di queste vertigini o di queste particolari "configurazione noumeniche" non lo so.
Non ho ancora trovato una argomentazione efficace che mi aiuti a scegliere fra queste due posizioni.
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Vecchio 09-06-2013, 20.37.11   #119
ulysse
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Citazione:
Originalmente inviato da sgiombo
PRIMA PARTE
Caro amico sgiombo, innanzi tutto ti ringrazio di
avermi corretto l’ortografia:: eccezzziunale veramente!

Per il resto confesso di rendermi solo ora conto di essermi messo in un buco da cui dubito di poterne uscire indenne: tutto d’un colpo mi trovo subissato di discorsi che mi portano in un altro mondo …che, allibito, guardo strabiliato!

Con un Hume che, improvvisamente, assume il ruolo di profeta massimo…un portatore di una saggezza empirica che può prescindere dai più che duecento anni di studi, ricerche e risultanze che dopo di lui ad oggi si sono perseguite e sono emerse a questo mondo…e ulteriormente emergeranno.

Ma puo’ essere?
....Niente sarebbe vero poichè niente sarebbe dimostrato nel suo esistere ed essere vero?..tutto dell’umano scientifico sapere sarebbe fideistico…pura credenza!
A me pare questo tuo un ben strano pensamento…un pò fuori dai coppi!...ma tu reclami la tua assoluta razionalità!

Eppure, ben oltre altri umani saperi, tutto il ricercare ed esplicarsi scientifico è tendenzialmente fatto di sperimentazioni, dimostrazioni e calcoli…col supporto di strumentazione oltre l’immaginabile…come può essere solo fideistico?

Che poi, se anche fosse, che importa?
Mi pare assai più importante considerare che, dalla loro discesa dagli alberi, di strada gli umani ne hanno fatta parecchia…sia pure, a volte, fidando in saperi fideistici...magari approssimati, ma per lo più efficaci relativamente al momento…visto che qui siamo.

A me pare tuttavia che, a confronto di ogni altro spere o religione, la parte fideistica della scienza sia assai più ridotta e sempre più si riduca.

Certo che chi crede e pretende un dimostrare assoluto è destinato ad esserne deluso: siamo sempre nel relativo ed a monte di ogni dimostrazione c’è sempre un indimostrato: postulati, assiomi, ipotesi…fino all’origine della materia, dello spazio e del tempo.

Lo stesso emergere dell'univero nostro è "in ipotesi"...senza alcuno scandalo!

Il ricercare consiste nel risalire sempre più a monte…sempre più indietro… ed ogni teoria o enunciato è dimostrato per il necessario e sufficiente …quanto serve per ora a costituire piattaforma per il procedere oltre: direi che è una questione di tattica…anzi di strategia!

In definitiva, che lo sia o meno, credo che accusare in toto il sapere scientifico di fideismo, dato che, per lo più, un tal sapere funziona, mi parrebbe ininfluente: che sia fideismo o meno, non fa fatto, purchè funzioni...in congruenza coi fenomeni in studio!

Comunque, tornando a bomba, secondo te, tutto il cercare e sbattersi di scienziati illustri e meno illustri…di ieri e di oggi, ma, perchè no, anche di filosofi, e persino di Hume che ci ha messo del suo, fino a costruire un conoscere che esplica l’universo nel suo emergere, essere e funzionare..ecc…sarebbe da buttare…nulla più di un teologico, acritico credere!

…Solo l’ipotetico “IO” nel suo attualistico percepire ed agire sarebbe in sé vero e percepito come esistente…nonostante la pur labile e soggettiva capacità percettiva di noi umani.

A me parrebbe un tal ragionare, o sragionare, semplice pazzia…forse attribuibile ai non addetti ai lavori!

Chi è addetto (o almeno conscio degli..) agli innumeri lavori, ricerche, progetti e teorie che la scienza conduce, sa bene di che si tratta…e ne valuta l’affidabilità…nel senso di corrispondere all’esplicarsi del fenomeno sotto studio!...e per lo più corrisponde…try and error!

Per quanto è vero che, fra i non addetti ai lavori, il sapere scientifico, o non è accettato, o non può essere accettato che acriticamente per fede, data la comune insufficiente cultura e conoscenza: a tale accettazione acritica o meno, comunque, concorre la vastità e numerosità delle applicazioni.

Chi salisse in aereo, esempio banale, non lo può fare che per fede nel pilota o nella compagnia… o, al limite, fidando nelle statistiche…assai di rado per fede nei principi scientifici del volo o nella robustezza della struttura, ecc….

Ma chi volesse un poco approfondire nei meandri dei saperi scientifici troverebbe pane per i suoi denti ed assai più che labili indizi di un reale universo.

D’altra parte è vero che chi credesse che chi sa e persegue un minimo di scienza, creda ciecamente che tutto questo sapere che diciamo scientifico (non certo scientista) sia finitamente compiuto, assolutamente incontrovertibile e di razionalità perfetta come tu sembri credere, sarebbe ben ingenuo.

In realtà il percorso scientifico che si va attuando costituisce sempre una conoscenza ipotetica e solo di inizio …dato che non sappiamo dove possiamo arrivare e quanto resti da fare:…ad libitum…direi!
E’ comunque vero che se avremo fede nel perseguire il percorso, magari correggendo in opera, esso porterà alla salvezza… diversamente…sarà la fine.
Invero...diversamente sarà la fine anche in assenza di fede nel percorso scintifico….quindi tanto vale.

In definitiva deve essere a tutti evidente che il sapere scientifico è uno strumento…ne più né meno del martello per piantar chiodi… se lo sai usare.
Ma se ti schiacci un dito sarebbe da stolti incolpare il martello.


P.S.:
L’egoismo cui ho accennato nei passati post come grande motore del progredire umano, sia biologico che psichico e spirituale, non è ovviamente quello criminale dei meschini umani che rapinano, corrompono, opprimono e vessano il prossimo per un contingente immediato antistrategico tornaconto, ma è quello indispensabile che ha portato e porta i grandi ed i meno grandi del passato e del presente a persguire e realizzare le opere che, in ogni campo, costituiscono il vanto ed il supporto della umanità.

Due esempi ovvi ed eclatanti: fu forse per altruismo che Dante scrisse la Divina Commedia? …oppure ancora… fu per altruismo che Michelangelo dipinse la Cappella Sistina?

Ma nemmeno l’attuale Papa Francesco è esente dall’egoismo che lo spinge nella propria autorealizzante soddisfazione del rinnovare la chiesa…così come dicono sia il suo intento.

E’ l’egoismo che spinge a concorre e prevalere per propria soddisfazione ed autorealizzazione fino a realizzare opere sempre più eclatanti e ad essere comunque meglio nel fisico, nelle opere, nello spirito, ecc...

Certo che c’è anche chi percorre il cammino inverso, ma in genere, in tempi normali, è ostracizzato.

Puoi anche vedere, in proposito, “I cinque livelli delle esigenze e motivazioni umane” (si potrebbe dire….esigenze e motivazioni dell’”IO”) di Abrham Maslow in Wikipedia.
ulysse is offline  
Vecchio 10-06-2013, 14.18.56   #120
jeangene
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Riferimento: L' intangibilità dell' IO

Durante questo percorso ho sempre più realizzato che dare risposte definitive ed avere una idea precisa dell' Essere è impossibile. ( "Che novità! Hai scoperto l' acqua calda.." penserete )
C' è sempre qualcosa che sfugge, ma è questo che lo rende così attraente.
Ci si può fare una vaga idea che comunque aiuta molto.

Ad ogni modo questa ricerca filosofica mi sta facendo conoscere l' Essere sempre meglio e da nuovi punti di vista. Da quando ho cominciato questo percorso a la mia fiducia in esso è aumentata sempre più e proprio come c' è scritto nella mia "firma" dove ho citato Karl Jaspers "[...] La sua vicinanza mi disarma, la sua lontananza mi attira. Non segue i sentieri che attendo, ma anche quando mi sorprende con insospettate realizzazioni o inconcepibili fallimenti, alla fine conservo, anche nel naufragio, un'indefettibile fiducia in esso."

jeangene is offline  

 



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