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Vecchio 16-02-2015, 13.22.35   #1
jeangene
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L' Essere: da Parmenide ai giorni nostri

Con questa discussione voglio proporre una riflessione sul concetto di Essere che nella storia della filofia è presente in numerose varianti grazie alle riflessioni di altrettanti numerosi pensatori.
Con quanto segue proverò ad interpretare e a mettere a confronto i concetti di Essere di tre filosofi: Parmenide, Heidegger e Nietzsche, gli unici (purtroppo) che per ora sono riuscito in qualche modo ad approfondire.

L' Essere di Parmenide.

Da Wikipedia:
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Pur non specificando cosa sia questo essere, Parmenide è il filosofo che per primo ne mette a tema esplicitamente il concetto; su di esso egli esprime soltanto una lapidaria formula, la più antica testimonianza in materia, secondo la quale «l'essere è, e non può non essere», «il non-essere non è, e non può essere»:

« è, e non è possibile che non sia

non è, ed è necessario che non sia »

La vera natura del mondo, il vero essere della realtà, è statico e immobile. A tali affermazioni Parmenide giunge promuovendo per la prima volta un pensiero basato non più su spiegazioni mitologiche del cosmo, ma su un metodo razionale, servendosi in particolare della logica formale di non-contraddizione, da cui si traggono le seguenti conclusioni:

- L'Essere è immobile perché se si muovesse sarebbe soggetto al divenire, e quindi ora sarebbe, ora non sarebbe.
- L'Essere è Uno perché non possono esserci due Esseri: se uno è l'essere, l'altro non sarebbe il primo, e sarebbe quindi non-essere. Allo stesso modo per cui, se A è l'essere, e B è diverso da A, allora B non è: qualcosa che non sia Essere non può essere, per definizione.
- L'Essere è eterno perché non può esserci un momento in cui non è più, o non è ancora: se l'essere fosse solo per un certo periodo di tempo, a un certo momento non sarebbe, e si avrebbe contraddizione.
- L'Essere è dunque ingenerato e immortale, poiché in caso contrario implicherebbe il non essere: la nascita significherebbe essere, ma anche non essere prima di nascere; e la morte significherebbe non essere, ovvero essere solo fino a un certo momento.
- L'Essere è indivisibile, perché altrimenti richiederebbe la presenza del non-essere come elemento separatore.

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Nonostante Parmenide non specifichi cosa sia questo Essere, leggendo queste parole viene naturale (almeno per me) identificarlo o con l' esistenza (intesa come ciò che permea di sè l' essente (ciò che è) fancendolo così esistere) oppure con la totalità dell' essente (tutto ciò che è).

L' Essere di Heidegger.

Da Introduzione ad Heidegger di Gianni Vattimo:
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« L’ essere in quanto “getta” il progetto gettato che è l’ uomo, e accade esso stesso nella misura in cui, in tale progetto, istituisce un’ apertura in cui l’ uomo entra in rapporto con sé stesso e con gli enti, li ordina in un mondo, li fa essere, cioè apparire nella presenza. »
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Per Heidegger l' Essere è illuminazione, cioè luce che illumina l' essente rendendolo così presente nel progetto gettato che è l' uomo.

Mentre Parmenide descrive l' Essere come ciò che rende esistente l' essente (oppure come la totalità dell' essente) e quindi se quest' ultimo non fosse permeato dall' Essere semplicemente non sarebbe, Heidegger lo descrive come ciò che fa apparire l' essente nel progetto gettato (uomo) ma se l' essente non fosse illuminato dall' Essere esso continuerebbe ad esistere anche se non collocato in un progetto, anche se senza dimora.

L' Essere di Nietzsche.

L' Essere di Nietzsche è volontà di potenza.

Da Introduzione a Nietzsche di Gianni Vattimo:
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Del resto, la vera essenza, se si può dir così, della volontà di potenza è ermeneutica, interpretativa.
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La volontà di potenza è essenzialmente interpretativa in quanto agisce plasmando l' errore necessario alla vita fondamento di qualsiasi rappresentazione (dove l' essente appare).

Pensato in questo modo l' Essere-volontà di potenza di Nietzsche si allontana dall' Essere di Parmenide accostandosi all' Essere-luce di Heidegger in quanto entrambi agiscono su una apertura (l' errore necessario alla vita e l' apertura storica) in cui uomo ed enti (essente) entrano in relazione.


Cosa pensate di questa mia interpretazione (sicuramente incompleta e straripante di errori dovuti ad un mio probabile fraintendimento del pensiero dei filosofi sopra citati ) ?

Grazie per l' attenzione!

Ultima modifica di jeangene : 16-02-2015 alle ore 13.56.52.
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Vecchio 16-02-2015, 17.47.12   #2
Davide M.
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Riferimento: L' Essere: da Parmenide ai giorni nostri

Nell'immediato penso che Nietsche non sia un filosofo. Al massimo è stato uno scrittore. Inoltre non ha mai scritto di ontologia. Pertanto vorrei sapere dove abbia scritto che l'essere sia volontà di potenza, dove l'hai letto?
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Vecchio 17-02-2015, 10.35.28   #3
jeangene
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Nell'immediato penso che Nietsche non sia un filosofo. Al massimo è stato uno scrittore. Inoltre non ha mai scritto di ontologia. Pertanto vorrei sapere dove abbia scritto che l'essere sia volontà di potenza, dove l'hai letto?

In effetti la concezione dell' Essere come volontà di potenza più che essere una idea di Nietzsche deriva da una successiva interpretazione del suo pensiero effettuata da pensatori come Heidegger...
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Vecchio 17-02-2015, 17.27.18   #4
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Allora, sulle allucinazioni di Nietsche & Co. non ho nulla da dire. Sulle tue interpretazioni invece trovo che siano coerenti. A dire il vero Heidegger non ha mai specificato il concetto di essere (perché tu in questa discussione hai sottolineato il tuo interesse sul concetto, di essere), Heidegger ci ha sempre girato intorno, all'essere; ha approfondito il concetto di esser-ci, ha detto cose interessanti circa la prospettiva esistenzialistica dell'uomo. Ma sull'essere ha detto ben poco.
Su Parmenide, invece, risulta chiaro il suo errore, e quello ovviamente degli eleati, e di tutti i presocratici direi, di non tenere separati il piano logico e quello ontologico. Poi arrivò Aristotele, che disse l'essere si può dire in tanti modi, tra cui come vero o falso, connettori logici, quindi intuì la differenza. Il ragionamento di Parmenide, essendo fondato sul principio di non contraddizione, non fa una piega; ma avrebbe dovuto specificarlo, invece ha detto che il mondo sensibile è solo un'illusione, e che la verità (nota la verità, categoria logica) è l'essere che sempre è.
Ovviamente l'essere delle cose, delle determinazioni positive, non è una proprietà trascendente le stesse, ma è immanente, tant'è vero che gli esseri viventi muoiono, divengono, prima sono e poi non sono più.
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Vecchio 17-02-2015, 23.17.00   #5
maral
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Nell'immediato penso che Nietsche non sia un filosofo. Al massimo è stato uno scrittore. Inoltre non ha mai scritto di ontologia. Pertanto vorrei sapere dove abbia scritto che l'essere sia volontà di potenza, dove l'hai letto?

Non la pensa così Heidegger che considera Nietzsche al medesimo livello di Aristotele e con la necessità di un medesimo impegno di studio per comprenderne l'assoluta coerenza filosofica e sistemica. In realtà Nietzsche abolisce l'essere in nome del divenire assoluto e la volontà di potenza è il puro agire del divenire, anche se, venendo resa assoluta, un po' all'essere metafisico finisce per assomigliare (cosa che non succede invece a Leopardi, un poeta che forse finora non ha trovato l'Heidegger disposto a riconoscerne la grande valenza filosofica).

Ma forse se proprio si vuole parlare dell'essere ormai si può dire che il miglior modo di parlarne è non parlarne affatto (un po' alla Wittgenstein), o parlarne per tautologia che equivale a non dirne nulla ("l'essere è" è il massimo che si può dire dell'essere). Poiché è vero che l'essere è l'uno che si dice in molti modi, come afferma Aristotele, ma ogni modo in cui ci si trova a dirlo non è l'essere e per questo motivo a un certo punto lo stesso Heidegger ci rinuncia.
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Vecchio 18-02-2015, 00.31.06   #6
Davide M.
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Non la pensa così Heidegger che considera Nietzsche al medesimo livello di Aristotele e con la necessità di un medesimo impegno di studio per comprenderne l'assoluta coerenza filosofica e sistemica. In realtà Nietzsche abolisce l'essere in nome del divenire assoluto e la volontà di potenza è il puro agire del divenire, anche se, venendo resa assoluta, un po' all'essere metafisico finisce per assomigliare (cosa che non succede invece a Leopardi, un poeta che forse finora non ha trovato l'Heidegger disposto a riconoscerne la grande valenza filosofica).

Ma forse se proprio si vuole parlare dell'essere ormai si può dire che il miglior modo di parlarne è non parlarne affatto (un po' alla Wittgenstein), o parlarne per tautologia che equivale a non dirne nulla ("l'essere è" è il massimo che si può dire dell'essere). Poiché è vero che l'essere è l'uno che si dice in molti modi, come afferma Aristotele, ma ogni modo in cui ci si trova a dirlo non è l'essere e per questo motivo a un certo punto lo stesso Heidegger ci rinuncia.
maral vorrei sapere dove Nietzsche ha scritto di voler abolire l'essere, qual è la sua concezione di essere, cioè cosa intende per essere, qual è l'essere di cui parla, che cosa intende per divenire assoluto, e dove ha scritto che la volontà di potenza è assoluta.
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Vecchio 18-02-2015, 01.33.36   #7
paul11
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Riferimento: L' Essere: da Parmenide ai giorni nostri

ciao jeangene.

Parmenide è come un semidio tonante, che intuisce più che per logica che l’essere è eterno. Intuisce nel ragionamento prima ancora che la logica venga svelata ad esempio da un Aristotele che nascerà nel secolo successivo.

Se il filosofo viene inteso come pensiero definito dalla sistematizzazione e organicità di un filo conduttore forse Nietzsche non è un vero e proprio filosofo, ma penso che questo non sia tanto importante ,non è un ordine di grandezza, è importante ciò che scrive e ciò che rappresenta:il tormento umano dentro la modernità
E’ originalissimo e scava talmente nelle profondità dell’essere da apparire crudele, non è un mediatore della parola, la sua parola è denuncia e invettiva, ma non superficialità, perché per essere autentici bisogna prima dieseducarsi dalla mediocrità.
Heidegger è influenzato da Nietzsche,dalla sua originalità dalla sua denuncia e presa di posizione. Tenta la proposta, tenta il progetto dell’essere nell’orizzonte dell’esistenza, nel tempo.

Ho timore di approfondire Nietzsche e Heidegger, perché so che poi ne sarei totalmente assorbito in termini di tempo e di riflessione da non lasciarmi spazio ad altro.
Sono due grandi e forse grandissimi persino nelle contraddizioni, nelle complessità;sono la risposta umana, l’atto di denuncia di una umanità che ha rinunciato all’essere per diventare meccanismo della tecnica che tritura nei suoi ingranaggi quell’autenticità umana. Nietzsche, è un mio personale parere ,andrebbe letto più secondo l’ermeneutica e l’esegesi religiosa, per il modo in cui scrive e per cosa scrive, i suoi aforismi,che secondo logica. Criticarli secondo logica lo trovo un assurdo, c’è una religiosità, una sacralità nelle denunce ,nei tentativi,nelle stesse contraddizioni prima ancora umane che nel pensiero dispiegato nelle proposizioni e dai predicati.
La logica non arriva alla follia se non interpretandola come contraddizione. E l’autenticità umana è fuori dall’ordine della logica e infatti Nietzsche la cerca all’origine e prima delle formulazioni delle categorie logiche, nel tempo in cui la morte e la tragedia erano parte dell’uomo che sapeva viverle,accettarle come parte autentica di sé,come spinta come motore ,come volontà ,senza rimuoverle. L’uomo sposta la sua potenza perdendo autenticità nel momento in cui affida ad una cultura che sostiene la tecnica che diventa da mezzo ad agente salvifico.
Ma l’esistenza e gli esistenzialisti sono più profondi, sono l’uomo di carne che nella sua sacralità vuole resistere ad un destino della tecnica.
Ecco, in questo mi ritrovo con loro:sono un partigiano dell’essere che resiste, che cerca l’autenticità seppur vivendo la contraddizione, ma cercando un senso in un orizzonte temporale che è la nostra esistenza.
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Vecchio 18-02-2015, 08.25.25   #8
CVC
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Riferimento: L' Essere: da Parmenide ai giorni nostri

Non si possono leggere gli autori antichi inquadrandoli nelle categorie ad essi successive. Parmenide non fece l'errore di non distinguere l'ontologia dalla logica, e come avrebbe potuto? Tutte le partizioni della filosofia sono successive a Parmenide, di ontologia si parla da Aristotele in poi, il primo vero logico pare sia stato Zenone di Elea. E poi i presocratici sono i filosofi della physis, l'essere che cercava Parmenide era ciò che fosse comune in tutte le cose, ma le cose intese in senso fisico, materiale. Infatti, mi azzardo a dire, Parmenide è stato forse lo scopritore del concetto, il suo essere, solo che, come spesso capita agli scopritori, non era del tutto consapevole, perlomeno, non ha dato una sistemazione alla sua scoperta. Ci sono voluti Socrate, Platone e Aristotele per arrivare alla scoperta del concetto e del soprasensibile, categorie che non potevano essere presenti in Parmenide. E con la scoperta del concetto e del soprasensibile si è potuto iniziare a parlare anche di morale, l'uno di Platone era il concetto di bene. I presocratici non trattavano la morale, per questo Nietzsche, che aveva la fobia della morale, li amava tanto.
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Vecchio 18-02-2015, 08.57.32   #9
jeangene
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Originalmente inviato da maral
In realtà Nietzsche abolisce l'essere in nome del divenire assoluto e la volontà di potenza è il puro agire del divenire, anche se, venendo resa assoluta, un po' all'essere metafisico finisce per assomigliare (cosa che non succede invece a Leopardi, un poeta che forse finora non ha trovato l'Heidegger disposto a riconoscerne la grande valenza filosofica).

Forse per abolire l' essere in favore del divenire bisognerebbe avere ben chiaro cosa sia l' essere e cosa sia il divenire. Questo divenire, questo flusso che l' uomo irrigidisce nella rappresentazione qualcosa deve pur essere, quindi é.
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Vecchio 18-02-2015, 09.07.30   #10
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maral vorrei sapere dove Nietzsche ha scritto di voler abolire l'essere, qual è la sua concezione di essere, cioè cosa intende per essere, qual è l'essere di cui parla, che cosa intende per divenire assoluto, e dove ha scritto che la volontà di potenza è assoluta.
Davide M. non puoi prendere quello di Nietzsche come un testo letterale, come se fosse la critica della ragion pura di Kant, è evidente che in tal caso non si comprende minimamente l'impatto filosofico del suo pensiero (devastante e di eccezionale importanza) che ha sulla storia della filosofia occidentale. La morte di Dio è la morte dell'Essere metafisico, senza che Nietzsche abbia necessità di spiegarlo, non è una constatazione storica, il fatto che dio muore perché la gente comincia ad accorgersi dell'inutilità a credere nella sua presenza, dato che il mondo può funzionare benissimo e meglio pure senza di Lui, ma è una posizione ontologica ad emergere con grande potenza.
La volontà di potenza non è semplicemente l'arbitrio incontenibile dell'individuo, ma la più forte affermazione del divenire mai fino a quel momento prodottasi nell'intera storia della filosofia occidentale, nemmeno all'inizio, nemmeno con Eraclito che subordina comunque il divenire alla misura.
Il vero Nietzsche emerge solo in chiave interpretativa (e grazie inizialmente soprattutto ad Heidegger), non letterale, e questa è la sola chiave possibile per capirlo filosoficamente negli effetti che produce sulla intera visione del mondo attuale.

Ultima modifica di maral : 18-02-2015 alle ore 09.27.57.
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