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 Riflessioni sulle Scienze - Commenti sugli articoli della omonima rubrica presente su WWW.RIFLESSIONI.IT - Indice articoli rubrica


Vecchio 20-05-2011, 08.51.14   #31
Il_Dubbio
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Riferimento: Il valore del lavoro

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Originalmente inviato da albert
Una via di mezzo. Ognuno vorrebbe fare un lavoro facile, poco faticoso e ben pagato, ma chiaramente non è possibile. D’altra parte, conviene a tutti che ognuno si trovi il meglio possibile a fare il lavoro che gli è toccato.



La mia domanda era: Credi sia più utile (per chi poi?) adattare l'economia, il mercato del lavoro ecc. all'uomo, oppure è l'uomo che deve adattarsi all'economia?

La tua risposta (e soprattutto l'esempio) non mi è chiara.
Noi stavamo valutando un caso particolare (ma non tanto) di un uomo (o donna) che dopo un certo periodo (di studio e di ricerca) più o meno lungo si è finalmente trovato un lavoro. Ad un certo punto (ipotesi: dopo 20 anni di lavoro) questo lavoro diventa inutile.

La mia domanda quindi è riproponibile in questi termini: a chi è utile il cambio di lavoro: al lavoratore o all'economia?

Io ho detto che se il lavoratore fosse costretto a cambiare lavoro ciò non risulterebbe utile per lui, quindi sarebbe utile solo all'economia. In pratica questo "ente" (ente economico) comanda sulle nostre vite. Questa idea a me non piace... e forse è anche per questo che poi si fanno le rivoluzioni.

Parlavo di evoluzionismo qualche post fa, perchè è da questa "ideologia" che parte questa infame equazione matematica: non sei adatto? Muori!

Questa è un'ideologia perchè viene posto al primo posto l'ambiente (che cambia come cambia l'economia) e l'uomo più bravo o più adatto è quello che la natura fa vincere (secondo loro farebbe più figli adatti al nuovo ambiente...bha ).
In questo caso l'uomo e la sua dignità sono delle belle parole che però non contano. L'uomo è un numero anzi un dna.

Mi va bene anche una via di mezzo...cerchiamola, ma sarebbe necessario trovare i principi che fondano questa via di mezzo, altrimenti rimaniamo a parlare nel vago.
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Vecchio 21-05-2011, 21.16.22   #32
ulysse
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Riferimento: Il valore del lavoro

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Originalmente inviato da Il_Dubbio
La mia domanda era: Credi sia più utile (per chi poi?) adattare l'economia, il mercato del lavoro ecc. all'uomo, oppure è l'uomo che deve adattarsi all'economia?
Credo che la domanda non si ponga:...l'alternativa non ha significato!
E' un tutt'uno! se mercato, economia, fruitori, prestatori d’opera e datori di lavoro con investimenti, funzionano in sinergia e ognuno fa la sua parte contribuendo, le cose vanno bene e il PIL cresce ...se non funzionano, se anzichè contribuire formandosi e mettendoci il proprio valore/impegno, ognuno invece si lamenta e accusa la parte avversa, le cose vanno male e vanno male soprattutto per i più deboli: inflazione, disoccupazione, servizi sociali decrescenti, depauperazione di fondi per la scuola e la ricerca, ecc…

Non è questione di giustizia o di diritti non perseguiti: inutile appellarcisi! Chi può se ne frega!
Le cose funzionano comunque a prescindere: essenzialmente è questione di possibilità o impossibilità di sopperire col lavoro e con l’organizzazione: sono meccanismi su cui tutti gli attanti dovrebbero intervenire al meglio per mantenerli in equilibrio…anzi vincenti e ottimali nella loro globalità… ma non accade...o accade in modo insufficiente...magari la gente sempre presa dai reality o dai talk-show, non ha capito!

Inutile lamentarsi che il sistema mercato è sbagliato.
Sbagliato o non sbagliato che sia, se non siamo concorrenziali con gli altri paesi in fatto di mercato e di qualità/costo dei prodotti da un lato e di emolumenti più o meno legali dall’altro…se non rendiamo evidente e proficuo il valore del nostro lavoro a tutti i livelli….succede che a schifio finisce ed hai un bel lamentarti che sei a progetto, precario, perdente posto, riconvertito, disoccupato: la cosa comincia molto a monte…quando qualcuno ha pensato che fosse strategico far crescere il debito pubblico al 120%...e qualcun altro ha pensato fosse furbata non investire nella ricerca...ma forse non poteva far altro!

E’ ora, purtroppo, ed anche è tardi, di tirarsi sù le maniche senza tanto pensare che doversi adattare e riadattare e riconvertirsi non è giusto…la qual cosa potrebbe anche essere, ma prova a non farlo e vedi che ti succede…se non a te ai tuoi figli…se non oggi domani!

Supponiamo che un povero deputato (onorevole, senatore o altro) si trovi in difficoltà con padre madre, moglie e figli da sfamare, per giunta anche con addosso un mutuo...è giusto che sia disoccupato? Senza un partito che lo sostenga?

Senz'altro no, pensa il Premier dall'animo buono e sincero ...diamogli un posto...magari da sottosegretario delle infrastrutture che giusto è vacante. Il poveretto però di infrastrutture non ci capisce niente e combina un sacco di guai. Che facciamo? lo licenziamo? ...ma certo no, non è giusto! ...ma intanto i guai chi li paga? Noi, ovviamente!... con le tasse...magari aumentando il debito.
Sembra ridicolo parlare di un deputato a 15 mila euro/mese, ma diciamo che invece che di deputato si tratti di un semplice impiegato...o che sò, di un falegname, di un tornitore a mille euro/mese...non è la stessa cosa?...magari parliamo di mille, 100 mila tornitori insieme che non sanno un’acca di tornitura, che facciamo? Li licenziamo? Ma non è giusto! Ma riadattarli, riconvertirli ad altro lavoro è meglio, oppure è meglio lasciare che combinino guai!...chi li paga i guai?...ma li paghiamo noi...noi che siamo la società! ma la società va in crisi...arriva a 120 miliardi di debiti!
Facciamo bancarotta!..come la Grecia...ma poi i trasporti scioperano ed i bambini piangono! Potrebbero ammalare e morire! ecc...non è giusto!...piangiamo tutti!

Qualcuno dice che è il sistema che è sbagliato e vuole la rivoluzione!
Ma certo che il sistema è sbagliato o imperfetto... come tutto! aggiustiamolo allora, ma chi spetta questo aggiustamento?
Ovviamente ai ricchi...i pescecani che tutto inglobano...ma come farglielo aggiustare? Non lo aggiustano perchè non gli conviene! Faresti tu qualcosa che ti danneggia gravemente? Non credo!
Ma allora intervengano i politici, i guazzagarbugli con le loro leggi, ma i politici sono anni che ci girano attorno con le riforme, con le tasse, ecc…che fanno pagare a noi oltretutto, e niente combinano, magari sono ammanicati!...Ma allora occorre cambiare i politici…e cambiamoli!...mi pare giusto! Ma i politici chi li fa o chi li ha fatti?

C'è qualcuno che li fa e ci frega o li facciamo noi?

Credo che, soprattutto siamo noi a farli e ad eleggerli…loro approfittano semplicemente della nostra dabbenaggine: fanno congressi… parlano in TV…intrallazzano…e noi beviamo tutto…e poi votiamo…a impressione…senza nulla capire...perchè comunica bene!.
Ma l’informazione libera non esercita alcun controllo?…ma che convenienza avrebbe?
La pagano i politici!...i grandi manager con la pubblicità!

Purtuttavia, per finirla, penso che se ci stiamo attenti e siamo "persone di qualità" e non ci lasciamo prendere dalle passioni, dalla demagogia, dal populismo....se ci infomiamo e se ci ragioniamo... e se non scegliamo i nostri candidati politici nello stesso modo in cui scegliamo le squadre di calcio...da fan piuttosto che da cittadini... allora i politici li possiamo scegliere e fare noi e anche buoni, ma c'è molto da cambiare là fuori, nel sistema certamente, ma anche qui, dentro di noi: in fondo noi siamo parte integrante del sistema…persino del suo mal funzionamento.
Comunque senza di noi il sistema non esiste…anche se il trend sembra far crescere più i candidati che gli elettori.

In fondo 50 milioni di “piccole” cose buone da parte di ciascuno di noi possono valere più di qualche centomila grandi cose cattive.
Però, se non un impegno concreto, almeno un piccolo pensiero che produca in positivo, ciascuno di noi ce lo deve pur mettere!
O lamentarsi e accusare i cattivi è di maggior soddisfazione?
Spero di continuare!
ulysse is offline  
Vecchio 24-05-2011, 10.48.31   #33
Il_Dubbio
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Riferimento: Il valore del lavoro

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Originalmente inviato da ulysse
E' un tutt'uno! se mercato, economia, fruitori, prestatori d’opera e datori di lavoro con investimenti, funzionano in sinergia e ognuno fa la sua parte contribuendo, le cose vanno bene e il PIL cresce ...se non funzionano, se anzichè contribuire formandosi e mettendoci il proprio valore/impegno, ognuno invece si lamenta e accusa la parte avversa, le cose vanno male e vanno male soprattutto per i più deboli: inflazione, disoccupazione, servizi sociali decrescenti, depauperazione di fondi per la scuola e la ricerca, ecc…

Non è questione di giustizia o di diritti non perseguiti: inutile appellarcisi! Chi può se ne frega!

Certo è un tutt'uno ma vanno trovati alcuni principi che se non perseguiti rompono l'equilibrio.

Prima di trovare i principi che dovranno mantenere l'equilibrio bisogna analizzare i principi del mercato. In un libero mercato c'è chi vende e guadagna e c'è chi compra perchè ne ha bisogno o perchè può spendere. L'offerta e la domanda. Ma in un libero mercato c'è il lavoratore subordinato e il lavoratore autonomo. Il subordinato lavora per l'autonomo.
In un mercato non libero invece chi lavora mangia, chi non lavora non mangia, quindi per mangiare tutti tutti devono lavorare con lo stesso profitto. Siccome qui siamo in un "libero" mercato chi lavora subordinato mangia poco, mentre chi detiene il denaro (la finanza) mangia di più. Il mercato quindi è libero per permettere a chi sfrutta il lavoro subordinato di mangiare di più?

L'equilibrio quindi va trovato in questo contesto. Chi ha il denaro apre un'attività, per esempio un'industria. Questa industria permette a molti lavoratori subordinati di guadagnarsi il pane per vivere. Ad un certo punto il prodotto non serve più quindi:
il prodotto creato da questa industria non ha più un mercato (diminuisce la domanda) quindi chiude (lavoro inutile). Le cause possono essere di diverso tipo, per esempio il prodotto non è piu concorrenziale, quindi conveniente; può dipendere dal costo del lavoro, che in Italia costa di piu che in Cina. Oppure un nuovo prodotto è stato immesso nel mercato per cui il primo diventa inutile.

Quindi nel libero mercato è vero che c'è una crescita veloce (tecnologica ecc.) ma è anche vero che chi ne paga le conseguenze sono i lavoratori subordinati (che devono pur esserci, non possiamo fare tutti gli imprenditori). Se la velocità di crescita però diventa maggiore della possibilità di mantenerla (come un velocista che volesse superare la sua stessa velocità massima) avremmo un susseguirsi di capitomboli.

Non so, mi sembra anche un principio fisico quello che stabilisce che l'energia totale non cambia o che la velocità della luce non può essere superata. Quindi è impossibile andare più veloci della luce e un detto dice: chi va piano va sano e va lontano.

I fruitori dei prodotti sono coloro che lavorano, ma se, come in Spagna, a lavorare diventano meno della metà, chi comprerà i prodotti?

Quindi io sostengo che la velocità del cambiamento è troppo rapido... un uomo vive lavorando piu o meno 40 anni. Se in questi 40 anni dovesse cambiar lavoro sempre piu spesso per esigenze di mercato, il principio dice che chi sbaglia è il mercato e che quindi non è l'uomo che dovrebbe adattarsi ad esso, ma è il mercato che dovrebbe adattarsi all'uomo.

Una valutazione di questo tipo ci permette (a me almeno) di trovare il colpevole. Non è il lavoro inutile (che pure c'è) ma il cambiamento troppo rapido di un lavoro che nel giro di 10 anni da essere utilissimo e richiestissimo, diventa obsoleto. Il colpevole è la velocità. E' utile essere così veloci? E' utile fare la fila per il nuovo prodotto che sta per uscire nel mercato? Io per esempio ho un cellulare di 10 anni fa. Non lo butto se mi funziona. Noi buttiamo invece cose che sono ancora utili solo perchè il mercato ha l'esigenza di far cambiare i prodotti più velocemente. Ma il cambiamento troppo veloce non è utile all'uomo, almeno non con questa velocità. Siamo quindi in discesa... ma in giù c'è un muro!
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Vecchio 24-05-2011, 13.53.42   #34
ulysse
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Riferimento: Il valore del lavoro

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Originalmente inviato da Il_Dubbio
La mia domanda era: Credi sia più utile (per chi poi?) adattare l'economia, il mercato del lavoro ecc. all'uomo, oppure è l'uomo che deve adattarsi all'economia?
La mia domanda è riproponibile in questi termini: a chi è utile il cambio di lavoro: al lavoratore o all'economia?
Banalmente un sistema economico si compone essenzialmente di finanziamenti/investimenti, lavoro/prodotto e mercato...più gli attanti implicati.

Poniamo che sul mercato, nonostante il battage pubblicitario o la spinta dei politici, il prodotto “A” non venda: costa troppo, non è di qualità, è fuori mercato.
In sostanza il lavoro relativo al prodotto “A” non è remunerativo! Non ripaga l’investimento: produrre un prodotto che non ripaga è come battersi la zappa sui piedi...ma da patre di tutti...anche dei prestatori d'opera!

Ovvio che per il prodotto “A” non ci saranno più investimenti.

Ci saranno, invece ed eventualmente, investimenti per il prodotto “B”.
Chi era abile per il prodotto “A” dovrà riconvertirsi al prodotto “B”!

Non gli piace? Non è capace? Bene!...Altri lo faranno!
E questo sarebbe il caso migliore.
Nel peggiore casi invece non ci sarà né “A” nè “B”, nè altro: andranno tutti in Polonia, in Romania o in Cina!... e l’economia nostra andrà a catafascio: disoccupazione dilagante!
Sarebbe questo il vantaggio per il lavoratore che rifiutà di convertirsi...per i lavoratori che, dovendo sfamare la famiglia, insistono ad optare per il prodotto “A”, magari sostenuti da sindacati, manifestazioni e apparizioni in TV?

Credo che sia il privato che il pubblico, investitori ed operai stessi, nell’impostare i loro investimenti nonchè la loro preparazione al lavoro, avrebbero dovuto prima pensarci, fare due conti...soprattutto dedicarsi creativamente ad un prodotto appetibile sul mercato.
Ovvio che il primo responsabile, o anche colpevole, è lo stato che non predispone adeguati piani industriali: politica economica insufficiente e inefficiente, formazione professionale scadente.

Infatti l'economia, come il mercato, non sono entità a sè stanti imprevedibili e ingestibili avulse dalla società, che un dio cattivo e crudele mette in campo per suo divertimento e soddisfazione.
Sono piuttosto strumenti indispensabili e utili per la “società” se correttamente usati con provvedimenti legislativi ad hoc che lo stato emette per il bene comune, e se spostenuti da adeguata tecnologia.
Sono invece strumenti deleteri quando favoriscono alcuni pochi a spese di altri tutti, se non li sappiamo usare, sia a livello personale che pubblico...e se non siamo tecnologicamente preparati.

D’altra parte i politici ed i governanti responsabili della economia e del benessere dei cittadini (e che dovrebbero saperci fare) sono legittimati a legiferare ad hoc perchè il popolo stesso li ha eletti per questo..perchè sono esperti... si crede..e il popolo è sovrano…si dice.

La flessibilità del lavoro ed il cambio di mansione del prestatore d’opera sono strumenti che gli economisti hanno escogitato nell’intento di perseguire l’utilità generale, in teoria, ma certo anche la propria, comunque non è detto che in pratica funzioni...bisognerebbe allora escogitarte altre soluzioni ...ma intanto.....

Ma siamo sempre lì: si tratta di gestire il sistema economico in modo da ottimizzare il vantaggio per tutti...con preparazione adeguata da aprte di tutti nel campo specifico di ciascuno.
L’ottimizzazione di tale gestione non è solo problema di classe dirigente, politici, imprenditori , banchieri, ecc. è problema di forze contrapposte o cooperanti in sinergia nel migliore dei casi: problema di tutti!

Comunque le forze sociali coinvolte nel sistema economico, qualunque sia la parte, non basano quasi mai le proprie decisioni sul perseguimento del bene comune o delle pari opportunità e giustizia “propria sponte”: la cosa deve essere imposta per lo meno indirizzata dall’alto, da chi è delegato a fere e legiferare...diversamente ognuno punta al proprio personale interesse e a volte anche disinteresse...pur di soddisfare un proprio pallino..

Tanto meno, le forze dette, basano le loro decisioni sulla bontà e solidarietà se non sono tanto lungimiranti da vederne la convenienza: in realtà tutte le forze in campo, se non orientate dalla legge, non possono che essere alleate nello sfruttare la parte più debole finchè conviene: ecco quindi che la regolamentazione da parte di chi sà è esenzile...dopo tutto il mercato siamo noi tutti..ognuno per il suo.

La parte debole cioè il popolo, servo dalla gleba “ab antico”, non è mai, tuttavia, così innocente, è invece fortemente implicato nel definire una politica ed una comune cultura. Soprattutto non deve aspettare inerte che gli altri facciano per lui semplicemente perchè ne avrebbe diritto.

Deve invece anche qui uscire dalla propria minorità, farsi forte e protagonista… sia perché ha dalla propria lo stato cioè gli strumenti della democrazia, se sapesse utilizzarli, e approfittarne…sia perché ha dalla propria la possibilità di imparare, penetrare i segreti della conoscenza: valorizzare la scuola e l’istruzione alta anzichè deprimerla o sfuggirla per un illusorio fai da te! valorizzare ogni strumento di scambio di informazione vera e non fasulli sogni esoterici.

Le aziende con cacciano, coscientemente, chi sà e può dare un contributo concreto di esperienza, di conoscenza, di valore…e se anche fosse… e in Italia purtroppo spesso lo è, c’è sempre l’estero: sia i paesi emergenti, sia le economie degli altri paesi europei che stanno meglio della nostra …e ciò significa, per loro, non solo classe dirigente migliore che sa sfruttare le opportunità secondo il merito, ma che anche i prestatori d’opera ad ogni livello hanno saputo parteciparvi e dare un vantaggio ed un contributo…col proprio impegno e la propria qualità e capacità collaborativa di adattamento: in fondo loro, la gente dell’alta europa, hanno scuole popolari di qualità da più che cent’anni, noi solo da meno che cinquanta.
Sono paesi industrializzati da oltre duecento anni…dalla rivoluzione industriale… noi ancora agli inizi del novecento eravamo analfabeti e avevamo una economia basata sul latifondo (coltivazioni estensive) e sulla pastorizia.

Mussolini, ancora negli anni ‘38/’39 del secolo scorso conduceva ed esaltava la battaglia del grano: significa che non aveva alcuna speranza che l’Italia si trasformasse in un paese industriale come già lo era l’Europa.

E’ accaduto invece che la stragrande maggioranza degli italiani si è convertita in breve dall’agricoltura all’industria..inseguendo la modernità…e in parte l’avrebbe raggiunta…se ora non tornasse indietro...potrebbe significare che, per le ragioni dette, non eravamo abbastanza maturi.

Allora…ricalcando la domanda iniziale…un’economia fiorente a chi serve?
Per quanto non di solo pane si viva, credo sinceramente che serva in buona parte anche a noi poveri tapini…se, considerati i pro ed i contro, operiamo in sinergia...per arrivarci ad una economia fiorente.


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Io ho detto che se il lavoratore fosse costretto a cambiare lavoro ciò non risulterebbe utile per lui, quindi sarebbe utile solo all'economia. In pratica questo "ente" (ente economico) comanda sulle nostre vite. Questa idea a me non piace... e forse è anche per questo che poi si fanno le rivoluzioni.
Credo che siamo ben lontani dalla situazione economica dei paesi arabi e dalle rivoluzioni...e se rivoluzione ci sarà, sarà perche l'economia va male e andrà male, fra l'altro, anche perchò non siamo sinergici.
Comunque se si pensasse (e a volte si pensa anche) che il prestatore d’opera non debba agire in sinergia con l’investitore per il vantaggio di entrambi, andrebbe ben male…come in effetti va male dato che la sinergia, da entrambe le parti, sembra mancare.
E continuerà a mancare finchè si penserà che l’economia è il Molok che mangia i bambini e che convenga alla sola parte che dovrebbe investire.

Ovviamente, come già detto, l’economia, è solo uno strumento, sia pure indispensabile, bisogna saperlo usare e gestire in modo che siamo tutti cittadini senza i superpoteri di nessuno..o quasi.

Per il resto le leggi, per ogni dove, condizionano le vite degli uomini: le buone leggi garantiscono la giustizia, la libertà, l’eguaglianza, ecc… e così promuovono anche l’economia.
Le cattive leggi garantiscono l’oppressione, la povertà, la morte…eccetto che ad alcuni…. per quelli che sarebbero più eguali degli altri.

Il fatto è che fare buone leggi non è da tutti e non è solo questione di un momento o di un leader extra: occorre esserci predisposti ed essere gente e popoli di qualità…esserci diventati da tempo.

Le buone leggi come il nostro presente e futuro, singolarmente e popolarmente, le abbiamo preparate e predisposte noi nel nostro passato…magari con lacrime e sangue …si dice.
A chi non ha saputo o potuto farlo… speriamo non gliene incolga troppo male.

Ultima modifica di ulysse : 25-05-2011 alle ore 13.23.34.
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Vecchio 24-05-2011, 17.35.03   #35
Sirviu
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Riferimento: Il valore del lavoro

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Originalmente inviato da Il_Dubbio
Certo è un tutt'uno ma vanno trovati alcuni principi che se non perseguiti rompono l'equilibrio.

Prima di trovare i principi che dovranno mantenere l'equilibrio bisogna analizzare i principi del mercato.
Più che di principi, parlerei di forze.
Il mercato è un equilibrio tra forze, dove la domanda e l'offerta sono spesso distorte da componenti di altra natura, tra cui le normative, i cartelli, la criminalità organizzata.
Immaginare il mercato come qualcosa che si regola da solo è puramente illusorio, una pia menzogna inventata da chi aveva interesse a che la gente lo credesse.


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Originalmente inviato da Il_Dubbio
Quindi nel libero mercato è vero che c'è una crescita veloce (tecnologica ecc.) ma è anche vero che chi ne paga le conseguenze sono i lavoratori subordinati (che devono pur esserci, non possiamo fare tutti gli imprenditori). Se la velocità di crescita però diventa maggiore della possibilità di mantenerla (come un velocista che volesse superare la sua stessa velocità massima) avremmo un susseguirsi di capitomboli.
Oggi va di moda parlare di crescita sostenibile, un concetto che trovo positivo: non basta crescere, occorre che la crescita avvenga ad un ritmo ed in un contesto in cui l'equilibrio possa essere mantenuto non solo nel breve termine, ma anche in prospettiva, senza provocare l'impoverimento delle risorse, facendo in modo che l'ambiente non venga devastato e che chi lavora abbia le risorse necessarie per far vivere dignitosamente la propria famiglia, garantendo un costante ricambio generazionale. Se ci pensiamo bene in questa fase non possiamo certo parlare - soprattutto in Italia - di crescita sostenibile.


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Originalmente inviato da Il_Dubbio
Quindi io sostengo che la velocità del cambiamento è troppo rapido... un uomo vive lavorando piu o meno 40 anni. Se in questi 40 anni dovesse cambiar lavoro sempre piu spesso per esigenze di mercato, il principio dice che chi sbaglia è il mercato e che quindi non è l'uomo che dovrebbe adattarsi ad esso, ma è il mercato che dovrebbe adattarsi all'uomo.
Purtroppo il mercato non è un soggetto con cui si può trattare.
La politica ed i Governi sono i soggetti che devono intervenire quando qualcos si inceppa, confrontandosi con le cosiddette parti sociali. Anche qui è meglio stendere un velo pietoso, per non far scendere la discussione in contese di carattere politico.
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Originalmente inviato da Il_Dubbio
Una valutazione di questo tipo ci permette (a me almeno) di trovare il colpevole. Non è il lavoro inutile (che pure c'è) ma il cambiamento troppo rapido di un lavoro che nel giro di 10 anni da essere utilissimo e richiestissimo, diventa obsoleto. Il colpevole è la velocità. E' utile essere così veloci? E' utile fare la fila per il nuovo prodotto che sta per uscire nel mercato? Io per esempio ho un cellulare di 10 anni fa. Non lo butto se mi funziona. Noi buttiamo invece cose che sono ancora utili solo perchè il mercato ha l'esigenza di far cambiare i prodotti più velocemente. Ma il cambiamento troppo veloce non è utile all'uomo, almeno non con questa velocità. Siamo quindi in discesa... ma in giù c'è un muro!
Non so se il problema è la velocità, secondo me il vero problema è l'instabilità.
Questa è la vera piaga per una società.
Anche se non basta la stabilità (una dittatura per quanto stabile non è chiaramente auspicabile), una società in cui mancano certezze per il futuro (e il lavoro stabile è certamente un forte incentivo per una serena vita familiare) tende inevitabilmente a disgregarsi.
Chi ci rimette non è certamente chi dispone di ingenti capitali che nel mondo globalizzato si spostano molto più semplicemente delle famiglie da un paese all'altro.
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Vecchio 25-05-2011, 11.00.31   #36
Il_Dubbio
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Riferimento: Il valore del lavoro

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Originalmente inviato da ulysse
Banalmente un sistema economico si compone essenzialmente di finanziamenti/investimenti, lavoro/prodotto e mercato...piu' gli attanti imlicati.

In concreto... la mia discussione (che prende corpo dall'articolo di Albert) esige di dare al lavoro un "valore".
Cosa significa valore?

Valore può avere il significato di importanza o di costo.

L'importanza del lavoro è un fatto oggettivo. L'uomo per vivere deve svolgere un lavoro. Questo non ha "valore assoluto", infatti molti sono quelli che non svolgono un vero e proprio lavoro ma ereditano uno status che gli permette di vivere anche senza lavorare. Potrebbe rappresentare un lavoro la gestione di uno status ereditato. Pensiamo ai figli degli imprenditori. Questi potrebbero decidere di proseguire il lavoro del padre o vendersi tutto e darsi alla pazza gioia.

Da una parte comunque c'è l'accumulato ricchezza, questa poi viene distribuita attraverso il lavoro subordinato. Chi ha in mano il potere detiene quindi grandi ricchezze. Il "lavoro" di chi detiene grandi ricchezze che lavoro è? Che valore ha? E' importante che in pochi abbiano le grandi ricchezze?

Una conseguenza però del fatto che le grandi ricchezze siano in mano a pochi è che questi da soli abbiano la facoltà di decidere in quale direzione farli convogliare. [E' di queste ore la notizia della restituzione del prestito del gruppo Chrysler di ben 7,6 miliardi di dollari; questo gruppo ha ancora una liquidità di 10 miliardi di dollari. ] Potrebbero anche decidere la velocità con la quale far crescere le loro imprese... con 10 miliardi di dollari di liquidità possono decidere di chiudere uno stabilimento (mandare a casa 1000 operai) solo perchè quel stabilimento fa guadagnare, al gruppo, troppo poco rispetto ai loro standard di crescita. Quindi il lavoro che fa uno che detiene le ricchezze non è distribuirlo, ma toglierlo sempre di più ai lavoratori subordinati. Infatti perchè il gruppo cresca deve guadagnare sempre di più.

Cosa può fare la politica? Loro incentivano le imprese a investire nel territorio nazionale (perchè questa è l'unica politica che può fare uno stato che in cui vige il libero mercato)...e come possono fare? Facendole guadagnare di più. Creando leggi che permettano per esempio il licenziamento. Facendoli pagare meno tasse. Permettendo loro di fare tutto ciò che vogliono ( per esempio, contratti a tempo determinato, di formazione... anche se poi,dopo la formazione, diventano inutili).

Non voglio dire che il "libero mercato" in sé è sbagliato, il problema è che se nel libero mercato non vengono rispettate alcune regole di comportamento, diventa dannoso per l'intera comunità. Gli equilibri sono pensati per non cadere negli "estremismi" e c'è un estremismo anche nella ideologia del libero mercato.
Il problema più grande è che uno stato ha bisogno dell'imprenditore che investe nel proprio paese... ma a lungo andare (già una realtà) è l'imprenditore che detta le regole, non più lo Stato, e questo è assai dannoso anche perchè il cittadino ha come "garante" lo Stato. Diventerà inutile anche andarli a votare perchè che siano di destra o di sinistra saranno impotenti rispetto al potere finanziario di chi muove l'economia mondiale.
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Vecchio 27-05-2011, 11.14.26   #37
ulysse
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Riferimento: Il valore del lavoro

IL VALORE DEL LAVORO E’ IL VALORE DELL’UOMO….
Infatti…l’uomo che non lavora non riempie il granaio!


Nel mondo agricolo e pastorale del meridione agricolo d’Italia negli anni ‘30 si era vicinissimi al mondo agricolo/eroico di Omero, lontanissimi dall’aristocrazia raffinata di Voltaire: allora (ai tempi di Omero come nel primo novecento del meridione italiano) il lavoro rappresentava l’unica possibilità di vita e di riscatto sociale.
Più che un dovere esso costituiva una pre-condizione di sopravvivenza e di appartenenza sociale… come lo era nella Grecia antica di Esiodo quasi 3000 anni prima.

Da Esiodo: “Le opere e i giorni” …sul finire del VIII sec. A.C.
“…gli Dei tengono nascosti agli uomini i mezzi di vita: se così non fosse, in un solo giorno ti procureresti agevolmente di che sostenerti magari per un anno per poi rimanertene in ozio; e subito al focolare appenderesti l’aratro, tralasciando il lavoro dei buoi e delle mule pazienti…
La fame è sempre compagna dell’uomo infingardo e gli Dei e gli uomini si sdegnano per colui il quale vive ozioso, simile nel’indole ai fuchi privi di pungiglione che, inetti, consumano divorando la fatica delle api.

A te sia caro, al contrario, il tempestivo lavoro, in modo che il tuo granaio si riempia di beni stagionali. Col lavoro gli uomini diventano ricchi e grasse le greggi. E tu lavorando diverrai di molto più caro agli Immortali e ai mortali: essi infatti molto hanno in odio gli oziosi.

Lavorare non è vergogna, non lavorare è vergogna!

Se lavorerai, presto l’inetto invidierà te che stai arricchendo: fama e merito s’accompagnano alla ricchezza!
Quale che sia la tua sorte, lavorare è meglio….

Semina nudo, nudo ara e nudo mieti, se vuoi a suo tempo compiere tutti i lavori di Demetra, affinché tutto cresca a suo tempo, né tu in seguito, indigente, debba mendicare per le case altrui senza nulla ottenere…
Non rinviare la fatica né a domani né a dopo: l’uomo che non lavora o che rinvia, non riempie il granaio; la diligenza giova al lavoro, mentre l’uomo che rimanda è sempre in lotta con i guai.”


I greci potevano e possono insegnarci molto: il valore del lavoro non è solo pecuniario, ma anche etico e morale e si misura col sudore: il valore del lavoro è nell’uomo che lo compie: l’uomo trova nel lavoro non solo la propria sopravvivenza, ma anche la sua ragion d’essere.

Purtroppo i greci non ci hanno insegnato come superare ed evitare la disoccupazione e l'incertezza del precariato…e non potevano farlo… del resto!
Non era una loro esperienza: allora chi non lavorava era solo per colpa di una sua indole oziosa!
I bisogni erano ancora concreti: il granaio pieno e tangibile era misura del valore dell’uomo e l’uomo poteva di questo bearsi sicuro: la terra benigna e non violentata, poteva ancora soddisfare le esigenze di un mondo spopolato.

Oggi, a demografia immensa, tutto è più difficile …non più la terra ci può nutrire, ma il pensiero creativo, esso stesso “lavoro” da apprendere, sperimentare e perseseguire.
Esso è misura del valore dell’uomo…è "pensiero" che porta con sè cose assai più incerte e instabili…tuttavia di valore incommensurabile, come la elaborazione di beni immateriali: servizi, simboli, informazioni, comunicazioni…tutto che destabilizza e spiazza la materialità della coltivazione e della produzione di beni concreti ancora equiparabili ai beni dei tempi di Esiodo quali ancora erano appunto nel meridione degli anni “30/”40 e a cui eravamo ancora sindacalmente predisposti, nei luoghi di lavoro dedicati, fino a fine secondo millennio.

L’irrompere della incommensurabilità del pensiero creativo, depaupera il concreto valore del bene prodotto, valore di per sé sicuro, equamente distribuito, ma contenibile entro predefiniti range.
Lo depaupera a favore dei valori fluidi intangibili della estetica, della soggettività, del femminile, del virtuale…tutto che produce “liquido danaro” che non è lì fisso e immobile, a portata di mano, ancorato al luogo come lo era l’atavico granaio o la vecchia fabbrica di impianti e macchinari.

Liquido danaro, invece, come intangibile, insondabile noumeno, invisibile e pur presente, ma che sempre scorre, senza confini, ove più s’accumula...in banche e forzieri: esso devi inseguire e “adattarti” alle modalità del farlo!

Ed infatti, è pur sempre questo inseguire, assai dotato più di connotazioni psichiche piuttosto che concretamente somatico, che oggi dà valore all’uomo.

Hai un bel dire… orgogliosamente… io sono quel che sono e valgo per me stesso! Ma senza lavoro, che ti depriva dell’inseguimento, nel continuo aggiornamento e adattamento al mutevole tempo…alla lunga senti che non vali niente!
Come, se sfuggente il lavoro, qual fuco ozioso inviso agli Dei, nulla valeva l’uomo di Esiodo.

Alla fine quello del lavoro, qualunque sia il prodotto, hardware o software, duro grano o comunicazione soft, e comunque sia esplicato…sotto la sferza del bisogno o per distraente hobby… è un valore universale …intrinseca esigenza dell’uomo… ammesso che l’uomo sia universale.


P.S.
Il brano di Esiodo è tratto dal volume: “La fantasia e la concretezza” di Domenico Masi (ed, Rizzoli)

Ultima modifica di ulysse : 27-05-2011 alle ore 18.34.24.
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Vecchio 29-05-2011, 09.57.32   #38
Il_Dubbio
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Originalmente inviato da ulysse
…non più la terra ci può nutrire, ma il pensiero creativo, esso stesso “lavoro” da apprendere, sperimentare e perseseguire.

Certo, ma questo lavoro (anche "creativo") ha un "valore".
Spendere ciò che si è guadagnato o che si è ereditato non ha un valore, mentre dovrebbe avere un valore convertire una certa attività fisica o creativa in beni spendibili.
Se io arassi il mio orto per 8 ore al giorno per ricavare, settimanalmente, un chilo di pomodori, il valore del mio lavoro verrebbe rappresentato dal quei pochi pomodori che non basteranno a sfamare nemmeno me. In quel caso io farei un lavoro inutile, in quanto il rapporto tra le ore lavorate e il ricavo di pomodori è troppo sbilanciato a favore delle ore lavorate.

Esistono però anche lavori il cui "valore" è impossibile quantificare, pensiamo al lavoro di ricerca scientifica. Anche il valore del ruolo svolto da un politico è difficile quantificarlo. Fin che pensiamo al lavoro di produzione (come pomodori o automobili) i calcoli sono abbastanza facili o semplici. Ci sono però dei lavori il cui "ricavo" non è immediatamente calcolabile. Pensiamo per esempio al teatro. I teatri vengono riempiti da spettatori che pagano i biglietti. Se un lavoro teatrale muove troppe maestranze (che vanno pagate) rispetto al numero di spettatori possibili, quel lavoro sarebbe troppo sbilanciato, cioè con lo sbigliettamento non ti paghi tutte le maestranze, quindi quell'opera teatrale non potrebbe andare in scena soltanto con il ricavo dovuto dal numero di spettatori. Ma il "valore" di questo lavoro non può essere paragonato all'inutilità del lavoro del contadino alle prese con il ricavo giornaliero di pomodori.

Quindi abbiamo almeno due tipi di "valore" da considerare, uno è matematico o, meglio ancora, aritmetico, l'altro ha un valore meno pragmatico ma che ha la sua utilità non direttamente quantificabile.

Poi dobbiamo considerare il valore che il lavoro rappresenta per il lavoratore. Quel lavoro rappresenta la sua stessa esistenza. Se quel lavoro nascesse inutile (come il contadino che lavora otto ore al giorno per un chilo di pomodori) non potrebbe essere sostenuto. Qui invece stavamo considerando il caso (non raro) di un lavoro che prima è utile poi inutile. Il fatto però da considerare è che nel 99% dei casi quel lavoro diventa inutile non per colpa del lavoratore, ma del "mercato", ente gestito dalla grande finanza. Cosa fa la grande finanza, sposta i suoi capitali dove c'è maggiore ricavo. Quindi abbiamo almeno due tipi di lavoratori: coloro i quali gestiscono i grandi capitali e coloro i quali, al dettaglio, sono gestiti da costoro.

Quelle che chiamiamo "risorse umane" sono quei poveretti che devono comprendere a naso dove va il mercato per poi specializzarsi in quel settore. Si da il caso però che il mercato (gestito dai mercanti) è diventato così veloce che il lavoratore non ha nemmeno il tempo di specializzarsi in un settore, che deve già guardarsi intorno per trovarsi un altro lavoro. Questa velocità può andar bene per i mercanti non per i mercenari.
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Vecchio 02-06-2011, 14.06.56   #39
ulysse
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Originalmente inviato da Il_Dubbio
La mia domanda era: Credi sia più utile (per chi poi?) adattare l'economia, il mercato del lavoro ecc. all'uomo, oppure è l'uomo che deve adattarsi all'economia?
Per inciso, pur avendo già trattato l'argomento, mi vien da dire che sono le teorie economiche che danno una direzione alla attività lavorative dei singoli e dei prodotti da perseguire. In fondo è proprio questo che ci manca in questo ventennale stralcio di crisi economica: una strategia globale (vedi i tedeschi) che ci tolga dalla stasi e ci reimmetta sui mercati nonostante i bassi costi concorrenziali dei paesi emergenti.
Questo non lo possono certo fare i singoli o le singole strutture di lavoro quando mettono in primo piano ciascuno le proprie particolari e specifiche esigenze o abitudini cristallizzate in ataviche attitudini: piuttosto delocalizzano perseguendo esse stesse bassi costi conseguenti a basse qualità piuttosto che perseguire l'eccellenza.

Sono le grandi strategie, che prescindano dall'intersse dei singoli, ma operanti per l'eccedlenza nel bene comune, che potranno salvarci... strategie economiche cui avremo contribuito e cui dovremo adattarci contribuendo con flessibilità e Qualità....abbandonando la nostalgia dell'orto...che non sfamerebbe sei miliardi di terrestri...magari ogni tanto per sfizio ...lo concederei ...l'orto.

Se ci fossimo tutti insterdarditi a coltivare l'orto per millenni da Esiodo in poi, ancora lì saremmo... felici, rotti di fatica e...ignoranti...magari affamati....come è stato fino al secolo scorso quando ancora si andava a cercar fortuna in America...se non fosse...che ancora ci si và!

Un tempo si diceva che bastava un pugno di riso per sfamare un cinese, ma ora, che sono miliardi, un pugno di riso non basta più.

Ora occorrono idee...e le idee non si pagano a ore: quanto sei disposto a pagre per una idea che sfama un miliardo di cinesi?
Cinesi tanto per dire...che di idee mi pare ne abbiano ...loro... anche troppe!
...e si potrebbe anche dire quanto paghi per un'idea che sfami 60 milioni di italiani?

Ma poi tutti devono adeguarsi a quell'idea, a quella strategia, contribuire, magari migliorarla, non è che poi ciasciuno si sente un numero e và per conto suo...oppure trova subito l'inghippo per distorcere e fregare...in nome della propria dignità e singolarità


Errata corrige:
Nel mio precendente post ho riportato un brano di Esiodo tratto da "La Fantasia e la Concretezza" di Domenico de Masi.

Ultima modifica di ulysse : 02-06-2011 alle ore 19.01.03.
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Vecchio 02-06-2011, 20.23.35   #40
ulysse
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Originalmente inviato da Il_Dubbio
Parlavo di evoluzionismo qualche post fa, perchè è da questa "ideologia" che parte questa infame equazione matematica: non sei adatto? Muori!
Morire dobbiamo comunque: meglio farlo senza trasmettre i nosti cattivi geni!
Ma l’evoluzione delle specie non è ideologia…è legge biologica!
L’evoluzione è in corso da quasi 4 miliardi di anni, da che c’è vita, ed ogni entità biologicamente organizzata del pianeta evolve, piu’ o meno ancor oggi…per grandi, piccoli o per micro passi.

L’evoluzione, scaturendo dal primo fortuito innesco di protovita, ci ha poi forgiati e plasmati quali siamo oggi noi umani, e quali sono i nostri più o meno lontani cugini animali… formiche o scimpanzé che siano.

La qual cosa mi pare pregevole: infatti di che “veline” (ed eclatanti succedanee) potremmo oggi bearci, nelle pur tristi serate in TV, senza queste meraviglie della evoluzione?…se la "pressione sessuale" non avesse, per innumeri generazioni, plasmato il corpo femminile proprio come lo vogliamo... e viceversa…suppongo?

Ma il goal dell’evoluzione è il cervello dei primati, compreso il nostro, primate dei primati, che il cielo e l’universo contiene: miliardi di universi mentalmente flessibili, capaci di attività complesse sempre mutevoli, capacità acquisita per essere sopravissuti alle innumeri, mortali, traversie dei millenni.

E’ un prodotto di alta tecnologia e qualità garantita e la garanzia sta proprio in questo …che solo chi ha avuto ed ha la capacità di esserci… c’è!
Si potrebbe pure dire che è una selezione infame, ma non avrebbe significato: la scienza non ha etica: semplicemente è! e, dopo tutto, non tutto il male viene per nuocere!

E’ lo stesso concetto che anche plasma le nostre organizzazioni sociali…. ludiche, di assistenza o di lavoro che siano: devono essere “adatte” all’ambiente psicosociofisico ed economico che la concorrenza oppone e tanto più oggi, in un mondo globalizzato!

Il fatto è che negli ultimi secoli a colonialismo prevalente, l’Homo Occidentalis, il cosiddetto “uomo bianco” ha scialato e affamato l’Homo Nigeriensis…il cosiddetto “uomo nero”, attribuendo al valore del suo lavoro una minima frazione del valore del proprio.

Diversamente, il valore, o il nessun valore, del lavoro, sia esso intellettivo od operativo, è oggi valutato sulla base dell’impatto che esso ha in tutto il globo verso un tendenziale pareggio, come per vasi comunicanti: dai 1500 euro/mese dell’Homo Occidentalis... in discesa fino ai 100 euro/mese max dell’Homo Nigeriensis…per un pareggio prevedibile fra 10 anni (se ci và bene) a circa 800 euro mese per tutti..come in effetti già è per un “lavoro a progetto” o “precario”.
Per il Nigeriensis (per tutto il terzo mondo) sarebbe una pacchia, ma per noi un disastro… ben oltre le ruberie dei furbetti locali o lo sfruttamento dalle multinazionali.

Sembra essere solo un discorso ipoteco lontano…ma invero è ciò che già accade nei confronti dei BRICS (Brasile, Russia, India, Cina, Sud Africa) ben intenzionati a riprendersi ciò che abbiamo loro tolto …e con gli interessi anche.

Di fronte ad una tale prospettiva, se fosse ben recepita e introiettata, chi starebbe ad inalberare questioni di dignità insite nella flessibilità o riconversione del lavoro… che le aziende perseguono?

Il fatto è che per i prossimi decenni la nostra salvezza starà nel valore che riusciremo ad attribuire al nostro lavoro. Valore derivabile soprattutto dalla nostra formazione e flessibilità mentale, creatività, autonomia lavorativa, a livello personale ed organizzativo aziendale e delle istituzioni. Caratteri che riusciremo ad assumere nell’espletare attività di “Qualità” nel campo dei servizi, delle tecnologie avanzate, della fidatezza dei prodotti….con “Qualità” vincente su quella della concorrenza... soprattutto internazionale.

Oggi, purtroppo per noi, l’economia della continua crescita basata sulla velocità del cambiamento inesorabilmente crescente, ci fa sembrare passeggeri di un treno in discesa con una bomba nei freni.
Forse troveremo una soluzione sostenibile sul piano economico e sociale e ci salveremo, oppure andremo a sbattere.

O forse la soluzione l’abbiamo, purtroppo, sotto il naso: continue crisi economiche con milioni di disoccupati limiteranno forzatamente la crescita con selezione automatica alla sopravvivenza dei più attrezzati, fisicamente e psichicamente.…qualcosa come la Germania del primo dopoguerra.
Migliorerebbe comunque la specie!

Ma, anche senza arrivare alla tragicità del quadro esposto, certo l’esigenza di sopperire sul piano fisio/psichico, sul piano culturale e intellettivo, una qualche conseguenza la produrrà anche sul piano genetico.

Comunque …ritornando a bomba….alla filogenesi:
Quale è lo strumento d'intervento della evoluzione?
E’ la selezione del più adatto a confronto con l’ambiente fisico, biologico, sociale, nel suo proprio territorio…che può essere anche l’intero pianeta!

Chi decide?
Non il puro caso e neppure l’etica sociale, ma, a più breve termine, decide chi ci sa fare, chi è meglio attrezzato in relazione all’ambiente in cui si trova.
A più lungo termine non decide nessuno o decidono tutti: decide la selezione!

Decide, infatti, alla fine, l’essere adatti geneticamente o il diventarci con capacità di trasmissione dei caratteri acquisiti (telenomia) ai discendenti o prosecutori: vale la regola del: “io speriamo che me la cavo…se ci so fare, dentro o fuori la legislazione vigente.

In ogni caso puoi essere forte e adatto quanto ti pare, leale o sleale, furbo o baro. ma se non sostieni la concorrenza con le tue qualità personali e lavorative… sei fritto…resti al palo…e, se non ci stai attento, un concorrente più agguerrito salta sempre fuori ….domani o fra mille anni.

La qual cosa non è poi da buttare a livello di specie: è una giustizia inesorabile per tutti eguale, ma per alcuni più eguale, che ha permesso filogeneticamente e permette ora nella nostra ontogenesi attuale, che il mondo si sostenga al meglio…al limite minimo che può…dato che chi è al di sotto del limite è scomparso o tende a scomparire…magari mai comparso.

L’etica o la dignità umana non ci hanno a che fare, ciò che deve accadere accade, prima o poi, non perchè sta scritto, ma perché questa è la legge universale: se non sei adatto o sgarri…muori…: vale per il singolo fino a coinvolgere l’intera specie.

Per la storia e come esempio economico/mercatistico (stesso concetto, ma il darwinismo non c’entra)…l’evoluzione ed involuzione dei regimi comunisti del XX secolo ce ne ha data ampia dimostrazione sia in relazione al potere che in relazione ai mercati, all’economia, al lavoro: banalmente le scelte economiche e produttive ideologicamente decise, in assenza di una naturale selezione del mercato, non erano congruenti alle esigenze.

L’evoluzione delle specie, analogamente alla relatività, alla gravitazione universale, ecc… non è ideologia, è legge di natura: se ti sporgi dal quinto piano e cadi…muori!

Nessuno decide e non importa se ci credi o non ci credi…solo che con l’evoluzionismo la cosa è un poco più complicata…da capire…ed al capire si oppongono, queste sì, questioni ideologiche!
Citazione:
Questa è un'ideologia perchè viene posto al primo posto l'ambiente (che cambia come cambia l'economia) e l'uomo più bravo o più adatto è quello che la natura fa vincere (secondo loro farebbe più figli adatti al nuovo ambiente...bha).

Nessuno “pone” al primo posto l’ambiente. L’ambiente, inteso nel senso più vasto, è semplicemente la variabile che prevalentemente influisce perché in esso si vive e ci fa vivere!
Per quanto, oggi, con la scienza ed il welfare, possiamo, in qualche modo, mitigarne disagi ed eccessi permettendo la sopravvivenza fino alla riproduzione anche dei meno adatti e capaci.

Comunque l’evoluzione biologica avviene per mutazione del DNA, micro o macro che sia, a confronto con l’ambiente fisico…più difficilmente, a confronto con l’ambiente socioculturale continuamente mutevole e limitato nel tempo.
Magari i caratteri di certe civiltà, ove hanno prevalso solo o solitamente specifiche tipologie umane, possono lasciare il loro marchio nel DNA.
Da qualcosa del genere sono derivati i diversi “tipi” umani...neri, gialli, rossi…non razze...che non esistono..

Che un bravo banchiere, o manager, ecc…. trasmetta i propri caratteri di banchiere o manager alla prole che pure eccellerà rispettivamente nelle finanze o nel management è una alienità che nessun genetista oserebbe sostenere.

E’ pur vero, a voler sottilizzare, che i figli di notai, di dentisti, di avvocati, ecc… perseguono, in genere, la professione del padre…ma non credo sia una questione filogenetica.
Citazione:
In questo caso l'uomo e la sua dignità sono delle belle parole che però non contano. L'uomo è un numero anzi un DNA.
Mi pare una visione distorcente: non spetta all’universo fisico dare dignità all’uomo.
La dignità, la libertà, la giustizia, ecc… sono conquiste civili e di valore sociale che contribuiscono ai caratteri dell’ambiente in cui si vive: se ben perseguite costituiscono elementi di stabilità evolutiva mantenendo l’invarianza genetica.

Purtroppo, in certi regimi politici, pur popolarmente determinati, ma indifferenti, autoritari od oppressivi, possono essere valori disattesi e lì sì che l’uomo può diventare un “numero” più o meno schiavo del potere e, in casi estremi, l’evoluzione selettiva potrebbe esserne influenzata. Ma è l’inverso di quanto recriminato…sarebbe infatti l’ideologia che vorrebbe influenzare la selezione naturale. Vedi l’ipotesi propugnata da Hitler della pretesa prevalenza della razza ariana: ipotesi sostenuta anche con mezzi criminali.

In ogni caso, quella di Darwin non fu idea o invenzione, fu una scoperta frutto di geniale intuizione: scoperta intervenuta dopo tremila anni di filosofia e di teologiche ipotesi strapalate.
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