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Vecchio 12-04-2013, 11.42.05   #1
Tempo2011
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Un solo motivo per esistere.

Sempre più spesso, per chi possiede una fede, il tema religioso l'ho adopera in qualsiasi argomento trattato, il più delle volte a sproposito e, per di più: come verità assoluta. Per confrontarmi con chi ha fede, al di fuori delle dottrine o regolamenti religiosi che, a questa discussione non interessano, rivolgo la seguente domanda: esiste una motivazione inconfutabile per cui le religioni abbiano un motivo per esistere, e per un essere umano un motivo per avvicinarvisi? Ovvero: quali sono le motivazioni per cui l'uomo deve adorare una qualche entità che, di solito, è misteriosa e inarrivabile? Sinceramente ho tentato svariate volte di darmi una risposta soddisfacente ma senza riuscirci. Può darsi che chi possiede una fede questa risposta l'abbia già in tasca. Anche se mi rivolgo ai credenti delle religioni più vicine a noi, sostanzialmente, credo che il quesito valga per tutte.

Ho inserito il thread su filosofia, perché esso non vuole indagare sulle strutture religiose o sui loro dogmi, ma sui significati e motivi filosofici di una scelta di vita.
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Vecchio 12-04-2013, 18.08.15   #2
freedom
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Sempre più spesso, per chi possiede una fede, il tema religioso l'ho adopera in qualsiasi argomento trattato, il più delle volte a sproposito e, per di più: come verità assoluta. Per confrontarmi con chi ha fede, al di fuori delle dottrine o regolamenti religiosi che, a questa discussione non interessano, rivolgo la seguente domanda: esiste una motivazione inconfutabile per cui le religioni abbiano un motivo per esistere, e per un essere umano un motivo per avvicinarvisi? Ovvero: quali sono le motivazioni per cui l'uomo deve adorare una qualche entità che, di solito, è misteriosa e inarrivabile? Sinceramente ho tentato svariate volte di darmi una risposta soddisfacente ma senza riuscirci. Può darsi che chi possiede una fede questa risposta l'abbia già in tasca. Anche se mi rivolgo ai credenti delle religioni più vicine a noi, sostanzialmente, credo che il quesito valga per tutte.

Ho inserito il thread su filosofia, perché esso non vuole indagare sulle strutture religiose o sui loro dogmi, ma sui significati e motivi filosofici di una scelta di vita.
La domanda che fai è molto impegnativa e certamente non ho gli strumenti intellettuali e spirituali per darti una risposta degna di questo nome.

Posso solo raccontarti la mia umile esperienza. Fin che mi ricordi, sostanzialmente sin da bambino avevo fede in una entità che governava le cose. Mi è piaciuto rappresentarmela come il Dio cristiano. Penso perchè, come tutti noi, sono nato e cresciuto in questo Paese e questo Paese è intriso di cristianesimo sino all'osso. Pensa che i miei genitori non mi battezzarono e dunque non frequentai la Chiesa, non fui catechizzato come la maggior parte di noi nati in Italia. Eppure fu il Dio cristiano a conquistarmi.

Poi però, verso i vent'anni, dopo una breve ma intensa lotta per cambiare il mondo (sic!) partii alla ricerca di Dio. Volevo incontrarlo, volevo dare un senso alla vita, cercavo la pace, la felicità, la gioia, la giustizia. Ho cercato dappertutto, con mente aperta e spirito curioso ho "ravanato" in tutte le religioni monoteistiche, nell'Induismo, nel Buddismo, nell'Ermetismo, nella Cabala ed in cose minori che, per brevità, non cito.

Gira che ti rigira alla fine il Cristianesimo più o meno esoterico rappresenta ciò che più si armonizza con la mia persona.

Spero di aver dato un piccolo contributo a soddisfare la domanda che ti sei fatto.

Ciao!
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Vecchio 12-04-2013, 20.09.43   #3
ulysse
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Sempre più spesso, per chi possiede una fede, il tema religioso lo adopera in qualsiasi argomento trattato, il più delle volte a sproposito e, per di più: come verità assoluta. Per confrontarmi con chi ha fede, al di fuori delle dottrine o regolamenti religiosi che, a questa discussione non interessano, rivolgo la seguente domanda: esiste una motivazione inconfutabile per cui le religioni abbiano un motivo per esistere, e per un essere umano un motivo per avvicinarvisi? Ovvero: quali sono le motivazioni per cui l'uomo deve adorare una qualche entità che, di solito, è misteriosa e inarrivabile? Sinceramente ho tentato svariate volte di darmi una risposta soddisfacente ma senza riuscirci. Può darsi che chi possiede una fede questa risposta l'abbia già in tasca. Anche se mi rivolgo ai credenti delle religioni più vicine a noi, sostanzialmente, credo che il quesito valga per tutte.

Ho inserito il thread su filosofia, perché esso non vuole indagare sulle strutture religiose o sui loro dogmi, ma sui significati e motivi filosofici di una scelta di vita.
Forse non mi posso definire proprio credente, ma credo che, per l'esistenza delle religioni, un motivo ci sia...anzi diversi...e, per lo più, anche banali per quanto fondamentali ed essenziali per il nostro vivere.

D'altra parte di inconfutabile non c'è niente...se non per fede!

Un primo motivo potrebbe essere che ad un certo stadio della evoluzione del vivente...ma direi proprio delle specie uomo...il credere e confidare in una entità superiore dava una marcia in più...quindi, "in prevalenza" sono sopravissuti e si sono riprodotti, hanno trasmesso in prevalenza il proprio gene, coloro che riuscivano ad immaginare un possibile conforto e aiuto oltre l'umano: anche oggi, infatti, abbiamo la tendenza a confidare nel trascendente.
Adoriamo una o più entità superiori e ad esse ci raccomandiamo: Gott mit uns!

Un altro motivo potrebbe essere che quando nell'uomo comiciò ad insorgere il pensiero, emerse anche la necessità di spiegare i prodigi del mondo...e, sucessivamente, con la filosofia, emersero i quesiti esistenziali...primo fra tutti chi ha creato il mondo...chi ci ha creati e perchè: è difficile, anche oggi, accettare di non avere uno scopo ed un ruolo nell'universo.

Un ulteriore motivo è che sentiamo l'esigenza di sopravvivere alla morte: ci deve essere un aldilà ove un qualcosa di noi resta in eterno...e, magari, sarà anche premiato o punito a seconda del comportamento tenuto in vita.

Certo un vero credente ha anche altri motivi...anche meno banali...per accostarsi al divino.

Comunque, per quanto io conosca, le religioni sopperiscono benissimo alle esigenze che ho citato...e danno facilmente semplici spiegazioni che sopperiscono: basta crederci!

La stessa filosofia, anche ai nostri giorni, tende ad avvallare "essenze" oltre l'umano ed oltre lo stesso universo fisico con relativi fenomeni...ad esempio, si parla di metafisica e di idealismo.

In realtà, la razionalità, di cui, a volte, troppo ci vantiamo, tende anche a dare spiegazioni non trascendentali dei fenomeni dell'universo ed a negare l'esistenza di conforti ritenuti immaginari ed illusori: credo si chiami processo di secolarizzazione.

In sostanza, infatti, mentre le religioni interpretano, da sempre, l'universo e l'umano come dovuti a cause trascendenti... con l'avvento della scienza e del secolo dei lumi (per lo meno nella nostra cultura) si tende anche ad interpretare l'universo e l'umano per cause ed effetti immanenti.
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Vecchio 12-04-2013, 20.31.28   #4
Snikio
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esiste una motivazione inconfutabile per cui le religioni abbiano un motivo per esistere, e per un essere umano un motivo per avvicinarvisi? Ovvero: quali sono le motivazioni per cui l'uomo deve adorare una qualche entità che, di solito, è misteriosa e inarrivabile?

L'istituzione religiosa è, dal mio punto di vista, essendo gestita da uomini, un sistema manipolativo di ordine sociale, giuridico, politico quindi. Tuttavia non son contrario all'istituzione in sé, perché essa nasce a scopo pubblico, di unificazione collettiva, morale, e può essere portatrice di una valida cultura sociale.
Un essere umano è spinto ad avvicinarsi a tali istituzioni dal momento che esse contribuiscono ad un aiuto sociale in materia religiosa.
L' 'ovvero' non lo capisco,
tuttavia, rispondendo alla tua prossima domanda, dico:
adori la tua famiglia?
la tua patria?
E' solo un culto onorifico verso qualcosa di superiore
Infatti, peraltro, un uomo non è influenzato dalla fede in una razionalità divina;
è la sua razionalità che crea questa fede.
La religione afferma l'esistenza di un Dio, razionalità completa, nonché perfetta. Come possono distinguersi allora, talora in concetti inaccettabilmente contrastanti come bene e male assoluto, la religione musulmana, cristiana, Buddhista, etc?
Tale è la conseguenza che è l'uomo che crea la religione, attribuendo ai caratteri di essa il proprio concetto delle cose, il proprio concetto di perfezione.
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Vecchio 12-04-2013, 22.16.42   #5
Tempo2011
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freedom

La domanda che fai è molto impegnativa e certamente non ho gli strumenti intellettuali e spirituali per darti una risposta degna di questo nome.

Posso solo raccontarti la mia umile esperienza. Fin che mi ricordi, sostanzialmente sin da bambino avevo fede in una entità che governava le cose. Mi è piaciuto rappresentarmela come il Dio cristiano. Penso perchè, come tutti noi, sono nato e cresciuto in questo Paese e questo Paese è intriso di cristianesimo sino all'osso. Pensa che i miei genitori non mi battezzarono e dunque non frequentai la Chiesa, non fui catechizzato come la maggior parte di noi nati in Italia. Eppure fu il Dio cristiano a conquistarmi.

Poi però, verso i vent'anni, dopo una breve ma intensa lotta per cambiare il mondo (sic!) partii alla ricerca di Dio. Volevo incontrarlo, volevo dare un senso alla vita, cercavo la pace, la felicità, la gioia, la giustizia. Ho cercato dappertutto, con mente aperta e spirito curioso ho "ravanato" in tutte le religioni monoteistiche, nell'Induismo, nel Buddismo, nell'Ermetismo, nella Cabala ed in cose minori che, per brevità, non cito.

Gira che ti rigira alla fine il Cristianesimo più o meno esoterico rappresenta ciò che più si armonizza con la mia persona.

Spero di aver dato un piccolo contributo a soddisfare la domanda che ti sei fatto.

Ciao!
Ho apprezzato moltissimo e ti ringrazio, l'umiltà con cui hai esposto la tu esperienza, anche se è molto simile a tante altre; nel senso che fin da bambini veniamo influenzati dalle tradizioni esistenti, siano esse sociali che religiose. Mi piacerebbe ascoltare qualcuno che abbia avuto un percorso più ragionato e meno influenzato del tuo, poiché nel terminare il discorso, ammetti che, gira che ti rigira, alla fine il cristianesimo è stato accettato in toto; non poteva essere altrimenti. In pratica, se tu non fossi nato in Italia, dove per colazione si mangia pane e cristianesimo, ma fossi nato in Iraq o Iran, il percorso sarebbe stato ugualmente influenzato dalla religione di appartenenza, solo che al posto di Cristo vi sarebbe stato Maometto. Non credi?
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Vecchio 12-04-2013, 22.21.28   #6
Soren
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Come dice Freedom la domanda è impegnativa e la risposta non facile... anche perché così come esistono diversi tipi di persone che hanno fede esistono anche diversi motivi che vi spingono secondo me, per cui una risposta univoca sicuramente sarà una generalizzazione incompleta. A parte questo, e scartando il motivo più ovvio e meno interessante per come hai posto la questione, ovvero "mi hanno abituato così" ( anche se sono sicuro che, se andassimo alle statistiche, avrebbe un suo peso ), in generale mi pare che la fede attragga maggiormente due tipi di persone: primo quelle più spirituali e meno "incarnate" per così dire, più disinteressate alle questioni materiali, che si trovano più spesso in stati meditativi attorno al cosiddetto grande mistero della vita, cioè la questione stessa riguardo il senso, che ovviamente non ha una risposta univoca e soprattutto mi pare che ancora si abbia l'abitudine di cercarne uno a fondamento universale anziché che individuale o al massimo collettivo: ragion per cui alla fine l'unica autorità o "senso" che può venire fuori come risposta di una simile indagine è dio; essendo l'unica risposta possibile che conservi lo statuto universale ( l'alternativa sarebbe ammettere di starsi chiedendo qualcosa la cui risposta non esiste, del resto ) sarà anche quella più accettata. Per cui dio in queste persone ha la funzione di anestetizzare il vuoto dell'insensatezza, di "riempire il buco" che magari percepiscono meglio degli altri; in fondo non è necessario che dio esista davvero perché la fede in lui apporti benefici nella propria vita. Poi ( escludendo sempre la categoria degli abitudinari! ) mi pare che anche le persone più sensibili, più facilmente in balia dei loro stati emotivi e spaventate dall'oscurità del futuro possano trovare giovamento in dio come principio stabile in grado di mettere ordine nel loro mondo e pacificare il caos interiore. Per cui alla tua domanda la mia risposta finale sarebbe: per convenienza, a costo anche di una certa disonestà intellettuale implicita nella "fede", un po' come qualcuno in una situazione incerta dice ottimisticamente "andrà tutto bene!" e lui come fa a saperlo ? non può, ma pensandolo in ogni modo può comunque sperare di gestire emotivamente meglio una situazione che altrimenti, nelle mani di un "pessimista", sarebbe precipitata solamente per una differenza di "modi". Allo stesso modo la fede aiuta per il semplice fatto di credere in un ordine ed in un progetto, il cui unico costo è lo stesso avere fede ( anche se nel primo caso che ho citato, probabilmente c'è anche una forte eticità alla base della scelta ). Economica ed estremamente efficace nel calmare le inquietudini e gli sconquassi tipici della vita. Basta credere! e la gente, infatti, crede.
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Vecchio 13-04-2013, 09.26.37   #7
freedom
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Mi piacerebbe ascoltare qualcuno che abbia avuto un percorso più ragionato e meno influenzato del tuo, poiché nel terminare il discorso, ammetti che, gira che ti rigira, alla fine il cristianesimo è stato accettato in toto; non poteva essere altrimenti. In pratica, se tu non fossi nato in Italia, dove per colazione si mangia pane e cristianesimo, ma fossi nato in Iraq o Iran, il percorso sarebbe stato ugualmente influenzato dalla religione di appartenenza, solo che al posto di Cristo vi sarebbe stato Maometto. Non credi?
Non so rispondere con esattezza alla tua domanda.

Nel 1992 ebbi una "esperienza" importante dentro la Moschea Blu ad Istambul: una senzazione di profondo amore. Dopo di che girai la Turchia in lungo e in largo ma, ogni qualvolta dai minareti si elevava quella "dolce nenia" che invitava alla preghiera io, pieno di commozione e amore per l'Islam, ero pervaso dall'impulso, dal desiderio di entrare nella moschea più vicina.

Nel 1995 in Israele, provai un amore, un grande amore che non so spiegare (non ho mai avuto simpatia per Israele) per gli ebrei. La stella di David mi suscitava una commozione tanto forte quanto inaspettata.

L'ermetismo mi ha accompagnato praticamente per tutta la vita.

Ho un enorme rispetto per l'induismo e per il buddismo.

In buona sostanza rispetto profondamente ogni uomo che cerca un senso alla propria vita, che cerca Dio insomma che cerca! Chi non si accontenta è certamente mio fratello.

Ma tu domandi, perchè gira e rigira, sei approdato anzi hai confermato la tua adesione al cristianesimo? E se nascevi a Baghdad come sarebbe finita?

Non ho la controprova, verosimilmente penso avrei abbracciato l'Islam. D'altra parte, a ben guardare, non siamo un pò tutti come Benedetto Croce che diceva che lui non era cattolico, non credeva insomma ma era cristiano! Cioè si riconosceva nei valori promossi dal cristianesimo. E non siamo forse un pò tutti così? Persino nel nostro lessico tantissimi modi di dire derivano dalla Bibbia. Siamo intrisi, siamo tutti intrisi della cultura guidaico-cristiana.

E questo non deriva dal fatto che siamo nati qui?

Comunque, in definitiva, con tutti i limiti che certamente vedo con facilità e chiarezza nella religione cattolica non mi sembra poi così male essere discepolo di un tale che diceva: "vedranno che siete miei discepoli da come vi amerete l'un l'altro."

Peccato che non sia granchè come discepolo.
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Vecchio 13-04-2013, 11.12.31   #8
Giorgiosan
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Sinteticamente.
L’esperienza di una realtà spirituale fatta dal genere umano da sempre, sin dove si può andare indietro nel tempo storico, è la ragione della distinzione di sacro e di non sacro. Con questa distinzione nasce il fenomeno religioso che è uno solo.
Man mano che si procede nel tempo storico il fenomeno religioso si differenzia ma solo nelle sue forme culturali, nelle sua forme etniche.
Spogliando le religioni di tutte le sovrastrutture rimane inamovibile la realtà spirituale e l’esperienza che di questa ha fatto e farà il genere umano.
Inamovibile perché è la realtà , che per un dualismo inevitabile viene distinta concettualmente in materia e spirito.
L’esperienza della realtà spirituale da luogo dunque alla religione che come ogni altro fenomeno umano si esprime anche come istituzione.
L’istituzione è un organismo fondato per perseguire finalità di rilevanza sociale che si dà un ordinamento relativamente ad aspetti della vita collettiva e che presuppone la loro stabilità e accettazione.
Come ogni altra istituzione, quella dello stato per esempio, ad una analisi critica si rivela sempre, per i suoi aspetti negativi, un male necessario.

Per quanto riguarda l’esperienza della realtà spirituale ogni essere umano ne ha diversa esperienza e quindi diversa consapevolezza.
Non deve stupire che ci siano persone che si riconoscono culturalmente nella categoria ateo, in gran parte per motivi storici legati ai difetti dell’istituzione. Vi sono anche motivi teoretici legati alle molte fragilità teologiche delle religioni
Fondamentalmente è la mancanza dell’ esperienza della realtà spirituale che nel corso dell’esistenza si può sempre verificare, però.


Non c'è un motivo per esistere che valga per tutti, ognuno ha i suoi quando li ha, e ognuno ha i suoi motivi quando valuta di non averne alcuno.

L'ultimo stadio dell'evoluzione umana è lasciato alla relativa libertà di ogni essere umano e alla sua ragione/fede .... sia essa una ragione/fede atea o una ragione/fede religiosa.
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Vecchio 13-04-2013, 11.15.56   #9
maral
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esiste una motivazione inconfutabile per cui le religioni abbiano un motivo per esistere, e per un essere umano un motivo per avvicinarvisi? Ovvero: quali sono le motivazioni per cui l'uomo deve adorare una qualche entità che, di solito, è misteriosa e inarrivabile?

Penso proprio di sì, perché se è assolutamente impossibile dimostrare l'esistenza o l'inesistenza di Dio per via razionale (non è una via che le compete), è vero che c'è una necessità nell'uomo che rimanda necessariamente dall'immanenza a una qualche forma di trascendenza che ne dia riparo e garanzia.
L'essere umano è il solo essere che non sa ed è dunque posto dinnanzi alla domanda irrisolvibile e continuamente riproposta che questo non sapere suscita, è posto dinnanzi al mistero insondabile della nascita e della morte che richiede un senso che ne lenisca l'angoscia.
I Greci, ben consci della necessità del proprio naturale limite sul cui rispetto vigilavano Diche e le Moire, per meglio sopportare questo destino, diedero rappresentazione a un mondo di dei che altro non erano che uomini sottratti all'angoscia dell'umano, all'angoscia della mortalità, uomini che non morivano, il mito non era per loro una promessa di salvezza a remissione di una insussistente colpa alla radice dell'esistere, ma una rappresentazione in cui il mistero sacralizzato (tenuto separato dal quotidiano) potesse trovare significato controllato nel suo aspetto benefico e insieme malefico. ma sempre indispensabile. Per il cristiano (e per le altre religioni monoteistiche medio orientali) il mito diventa religione, si illumina di un'aspettativa teleologica di garanzia di redenzione che mantiene il suo carattere religioso anche nell'utopia laica e atea della fede nel progresso della conoscenza, della liberazione progressiva e terrena dell'uomo dal male e dalla morte.
Il mito da rappresentazione necessaria di un riparo per sopravvivere all'angoscia dell'uomo diventa così volontà di fede e volontà di convertire affinché la fede trovi continua conferma e l'uomo da mortale che rappresenta se stesso come un altro uomo immortale, sapendo della finzione e della necessità di essa, diventa colui che crede di poter davvero uscire dall'angoscia di quell'umano esistere che non sa di se stesso, costantemente assediato com'è dall'ombra della morte e del nulla. Il nulla deve così potersi riempire di qualcosa per evitare la follia più profonda, perché il diventare nulla è in sé stesso la più radicale follia.
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Vecchio 13-04-2013, 11.37.47   #10
Aggressor
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Per quanto mi riguarda sono stato battezzato e ho fatto la cresima; quando ero molto piccolo mi ritenevo credente, poi, neanche troppo tardi, ho iniziato seriamente a dubitare per l'irrazionalità di alcuni discorsi (mi colpì, per esempio, l'ostinazione di un prete nel promuovere il creazionismo a scapito dell'evoluzionismo che avevo appena studiato a scuola).

Ho iniziato a disprezzare le religioni (ma soprattutto quelle giudaico-cristiane) probabilmente perché, tramite un tipo di sguardo che ora considero manifestazione di ignoranza, ne vedevo solo il lato istituzionale e quello "a-logico" che sembravano ostentare tramite la fede in qualcosa di apparentemente assurdo.

Poi ho iniziato a studiare la filosofia e lentamente mi è sembrato di capire qualcosa di più; diciamo anche la forza del trascendente, di ciò che è oltre le possibilità, della causa efficiente dell'universo che come un meta-linguaggio non è implausibile che stia lì, al di fuori degli schemi dell'universo, a fondarne la possibilità d'Essere (non è detto, comunque, che le cose siano per forza così!). Ho studiato qualcosa della filosofia medievale e della teologia, così ho potuto constatare quello sforzo secolare dei cristiani di spiegare la loro fede nei termini della filosofia/fisiologia greca, una sorta di studio dell'Essere e del logos, rispettivamente Dio e suo figlio "il Verbo" (oggi sono pochissimi quelli che affrontano la religione in questi termini, lo fanno soprattutto le figure importanti come i vescovi ecc, e si vede quando sono intervistati). è solo un modo di descrivere la realtà, e molte altre religioni non vanno certo peggio. Tutto lo snodo istituzionale è oltre certe istanze, del tutto contigente e da sempre corrotto e malato.

Inoltre c'è un aspetto di molte religioni che non mi dispiace: cercano di basarsi sull'amore. Non so quanto vi riescano, la relatività di questo concetto potrebbe distruggerne la forza fondante, ma forse anche no. è bello pensare che dietro l'universo ci siano, alla fine, amore e sensatezza. Ma è anche evidente che per molti le cose possono non apparire così (le cose possono non essere così), tanta gente del terzo mondo o che abita in paesi dove c'è la guerra ecc. Dov'è il senso della loro vita?

In definitiva per ora trovo il senso delle religioni tutto da contemplare, potrebbe essere un errore grave sottovalutarne le manifestazioni; anche pregare, se si è in certe condizioni mentali (di riflessioni esistenziali d'un certo tipo per es.) fa star bene; magari si cerca un contatto col "tutto" e così lo si trova.

Qui non si parla del Dio con la barba e gli amici angioletti, la cosa più simile a ciò, per Plotino, erano l'Uno e le sue manifestazioni universali più vicine nella scala dell'Essere. Non si parla di uno schioccare le dita e relativo apparire della nostra galassia, semmai di un dispiegarsi del molteplice da una causa prima che, forse, non può essere consustanziale all'effetto. Io non sono cristiano, voglio solo far apparire la religione meno scontata di ciò che una mente razionalmente educata, ma non troppo informata, può sospettare. Ho portato degli esempi del mondo in cui alcuni teologi hanno interpretato Dio e la creazione, ci sono delle ipotesi filosofiche, che possono anche essere inesatte, ma per niente banali.

Saluti

PS: dalle riflessioni dei teologi cristiani è nato l'approccio scientifico; questa non è una mia supposizione, è la storia moderna che ha accertato il suddetto fatto. Non è che voglio promuovere il cristianesimo! Riposto solo delle info! Ripeto, io non sono cristiano e probabilmente non accetterò mai di esserlo, almeno per non pubblicizzare la istituzione che vi è dietro, anche se certe riflessioni dovessero portarmi verso credenze simili, e per ora le cose non stanno nemmeno così.
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