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Vecchio 14-05-2008, 01.14.44   #71
frollo
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Data registrazione: 23-02-2008
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Riferimento: Sull' anarchismo : riflessioni sparse

Citazione:
Originalmente inviato da nexus6
Che tutta la società sia gerarchizzata lo sto blaterando dall'inizio... ma comunque mi chiedi se la stessa gestione ordinaria dell'economia non finisca per scontrarsi con l'anarchismo... accidenti... dal fatto che a me sembra palese questo inevitabile scontro, deduco che probabilmente non sono stato in grado di spiegarmi, anche se Anakreon pare che qualcosa abbia recepito.

Mi chiedi: se un signore volesse far trottare la fabbrica con metodi tayloriani?

Rispondo: Un singolo uomo contro tutti gli operai della fabbrica? E credi che se il mondo fosse meno surreale ed allucinato di quello odierno ciò potrebbe essere possibile? Un solo uomo contro tutti quelli che vorrebbe "far trottare"? Glielo consentirebbero?



In uno stato di diritto non potrebbe succedere, per esempio. Se la metti sullo scontro fisico, allora consentimi di schierare a supporto di quell'unico uomo TITOLARE della fabbrica che fa mangiare chi ci lavora, anche uno squadrone di forza pubblica in tenuta antisommossa, che risponde a manganellate alle minacce fuorilegge di chi protesta in modo incivile. I lavoratori sono centamente liberi di scioperare o di cambiare fabbrica e l'imprenditore ha l'interesse che i suoi lavoratori siano soddisfatti. E mica tutte le aziende possono essere cooperative! E l'iniziativa personale dove va a finire? L'ambizione, il desiderio di crescere di migliorare? Io non ho l'indole del'imprenditore, ma se l'avessi vorrei un'azienda solo mia (o di pochissimi altri soci) per sopportarne gli oneri ma anche prendermene TUTTI gli onori (leggasi soddisfazioni e guadagni). E come me, credo lo vorrebbero la maggior parte degli imprenditori.

Oddio, non esiste un capitalismo compatibile con quanto vado dicendo... Frollo, anche questo mi pare palese, in quanto la logica del capitalismo è quella del profitto, tramite la sopraffazione violenta di tutti i concorrenti.


NO! Il capitalismo ha per logica il profitto tramite la concorrenza leale sul mercato. Questo comporta il miglioramento dell'efficienza produttiva inteso come riduzione dei costi di produzione e innalzamento della qualità. Producendo prodotti migliori ad un costo più basso si vince la concorrenza naturalmente, senza alcuna "sopraffazione violenta"!

Il capitalismo tende essenzialmente al monopolio, è un sistema "totalitario" nel vero senso della parola, questo lo diceva Adam Smith e dunque non propriamente un anarchico, ma il padre di questo bel sistema economico attuale.

Io non lo credo. La concorrenza è il contrario del monopolio. Inoltre mi sbilancio e dico che il fine del guadagno è almeno altrettanto etico di quello sociale delle cooperative. E' giusto che l'uomo guadagni dall'attività lavorativa che svolge. Sarebbe poco etico lavorare in perdita.

Perciò mi par chiaro che l'anarchismo non si possa in alcun modo conciliare con l'attuale modo di gestire l'economia di mercato... ma ricordo, comunque, come accanto alle imprese capitalistiche vi siano quelle cooperative (non-anarchiche anch'esse), ma che portano avanti (o dovrebbero, ahimé!) dei diversi ideali e fini "etici" rispetto a quelli capitalistici ovvero il bene comune, piuttosto che quello "totale" proprio del profitto.

Il fatto che l'anarchismo non vada bene col sistema economico attuale è un altro elemento a prova dell'irrealizzabilità del progetto anarchico. Una cooperativa va bene forse per gestire un supermercato, una ditta di pulizie o un gruppo di muratori, ma le grandi aziende non possono essere cooperative

Sì, qui confermo la mia analisi di prima. Facciamo una passeggiata insieme, Frollo, e parliamo un po' con la gente. Potrebbe far bene a entrambi, per mitigare e migliorare le nostre rispettive "utopie". Sul discorso sanità potreste, se vi va, dare un'occhiata QUI.

E' inutile che giochiamo sugli equivoci. Certamente la sanità italiana non è il massimo che si può, ma sarà sicuramente meglio di quella Ugandese, Eritrea o Nigeriana. Il fatto poi che la vita media in Italia sia una tra le più alte nel mondo significherà pure qualcosa!


Il voto, come diceva Thoreau, andrebbe dato in maniera piena, con tutta la propria volontà di pesare sulle cose: avviene questo? L'attuale idea del "voto", e non mi riferisco ai vari sistemi, ma alla mancanza di democraticità (pure la democrazia trovo sia un ideale utopico) è un altro concetto che andrebbe discusso a fondo in questa discussione, accanto a quello di "opionione pubblica". Nell'attuale panorama politico, inoltre, trovi vi sia una persona che incarna il modo in cui tu vorresti essere governato? Non pensare prima al mercato disponibile, pensa prima a come tu vorresti essere "governato".


Direi che il governo attuale con molta meno Forza Italia e Lega e molta più Alleanza Nazionale, non mi dispiacerebbe per nulla. D'altra parte AN è sempre stata portavoce di importanti istanze sociali

Comunque, se esiste, fammi un esempio di società anarchica esistene e funzionante, se c'è e io lo analizzerò... In fondo molte cose sarebbero anche giuste... in teoria.
Il fatto che secondo me occorrano leggi e organi politici, non è derivato dalla paura che in loro assenza la società si sfascerebbe, ma solo dal dover contemplare che qualcuno possa delinquere e approfittare di una società che, ormai divenuta "imbelle", lo lasci fare
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Vecchio 15-05-2008, 13.42.25   #72
nexus6
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Una FAQ anarchica

Citazione:
1) Portami indizi che l’essere insieme degli uomini possa funzionare diversamente da quello attuale ovvero che gli uomini possano autoregolarsi ed organizzarsi senza un’autorità esterna che gli imponga cosa fare e vigili su di essa.
Numerose sono le popolazioni umane definite da molti antropologi come parzialmente “egualitarie”, in alcune delle quali il ruolo della donna è paritario rispetto a quello dell’uomo, o comunque dove l’autorità aveva ed ha un ruolo antitetico rispetto alle nostre, cioè era scongiurata come noi scongiuriamo il crimine e la devianza. Chi tentava di attribuirsi un potere sociale veniva considerato dalla comunità come il deviante, dato il modo di organizzarsi di dette società. Agiva dunque una sorta di “contropotere”. L’accentramento dell’autorità era dunque scongiurato, contrariamente alle nostre società in cui è favorito ed anzi ritenuto necessario.

Gli antropologi sono decenni che cercano di far comprendere al grande pubblico che in realtà le popolazione “primitive” non sono tali, non vivono in un mondo differente, né sono così semplici, né povere, né poco numerose, né fisicamente od intellettualmente inferiori alla nostra, ma per motivi geografici, climatici, ambientali e contingenti hanno sviluppato differenti modi di rapportarsi alla natura e dunque tra loro. Sono in tutto e per tutto uomini! Ed hanno molte cose da insegnarci! Lo so, questo è un punto difficile da digerire per noi appartenenti al ramo homo tecnologicus, poiché identifichiamo la nostra diversità (ovvero superiorità) con il progresso esteriore e tecnologico. Ma vi sono popoli che, da uomini, hanno sviluppato differenti forme di società non autoritarie, almeno esternamente, pubblicamente. Il regno simbolico di alcune di queste genti è governato poi da una pletora di demoni che scongiurano il potere sociale e mi pare significativo di quanto la lotta per il potere sia interna a questi uomini, poiché con una coercizione interna tentano di mantenere le loro società su una base egualitaria. Anche in noi è presente tale dissidio; tale lotta, tale contrasto è dunque interiore all’uomo, come mistero, come essere, ma queste sono solo considerazioni superficiale che andrebbero approfondite, invitandovi a leggere quanto scritto in questa discussioni (tra cui, in particolare, i post di Gyta).

Alcuni antropologici sostengono che la genesi dello Stato vada ricercata proprio in un differente modo di risolvere i conflitti ed i dilemmi della condizione umana, poiché da queste società parzialmente anarchiche, che scongiuravano interiormente l’emergere del fenomeno (lo Stato), esso non sarebbero potuto nascere. L’origine dello Stato andrebbe ricercata, invece, nelle istituzioni religiose ed un bellissimo libro di Julian Jaynes (L’origine della coscienza ed il crollo della mente bicamerale), pur con la sua tesi molto controversa, fornisce tanti e tali esempi di questa emersione “statale” dall’humus religioso che difficilmente potrebbero ignorarsi.

Tale interpretazione è così anarchica, a mio parere, che dà una chiave di lettura molto importante per analizzare le società odierne in tante sue manifestazioni, dalle leggi alle carceri. Ed è cosa che farò più avanti.

Ripeto comunque, ancora una volta, invitandovi a leggere in precedenza, che non si vorrebbe distruggere la tecnologia per vivere allo “stato di natura” (anche se alcuni movimenti, soprattutto in USA, lo vorrebbero e pure questo è molto significativo), ma solo presentare e riflettere su uomini che hanno trovato un differente modo di relazionarsi con gli altri e con l’ambiente che li circonda. Questi mi paiono dei buoni indizi almeno per erodere il pregiudizio che l’unico modo in cui costitutivamente l’uomo possa vivere sia quello attualmente predominante e che gli altri siano inumani, alieni e nulla abbiano da insegnarci.

E’ di rilievo sociologico ed antropologico il fatto, per esempio, che in una società quanto più è presente discriminazione tra uomini e donne, tra ruoli maschili e femminili, tanto più queste società tendono a diventare fisicamente violente.

Tali cose andrebbero analizzate e comprese, prima di iniziare a proporre come regolare un condominio, poiché sono la base profonda del nostro vivere insieme.

Per chi volesse approfondire: “Anarchia come organizzazione” (Colin Ward), “Frammenti di antropologia anarchica” (David Graeber), “Il supermarket di Prometeo” (Marcello Cini, famoso fisico italiano); vi vengono presentati molteplici esempi di uomini che si sono organizzati in società con un base ugualitaria ed “anarchica” (ripeto “base”, come indirizzo sociale opposto alle nostre): i Bororo, i Baining, gli Onondaga, i Wintu, gli Ema, i Tallensi, i Vezo, i Tsimihety, i famosi Piaroa, Tiv e Moriori, etc. che vanno dal centro america, al Madagascar sino alla Nuova Zelanda.

Questi sono esempi di società umane, relativamente pacifiche, che hanno saputo fare a meno del governo, essendo organizzate in modo orizzontale; come l’abbiano realizzato è motivo naturalmente di studio, ma è un fatto. Importante a mio parere, e non solo, per analizzare e comprendere il nostro rapporto con i governi ed il potere costituito ovvero il rapporto nostro con noi stessi.
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Vecchio 15-05-2008, 13.43.54   #73
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Ora porterò tutta un’altra serie di indizi ed esperimenti, che riguardano invece proprio le nostre tecnologiche e “progredite” società.

In Inghilterra, patria del liberalismo (quello vero), a più riprese sono stati tentati importanti ed audaci esperimenti sociali che mostrano chiaramente come un gruppo di individui, anche bambini, intere famiglie o disadattati e considerati “criminali”, se lasciati liberi per un sufficiente periodo di tempo ovvero non direzionati a rispettare obbligatoriamente un certo codice di condotta calato dall’alto, trova da se stesso un modo sociale ed armonico di vivere insieme, si autoregola spontaneamente, tant’è che in alcuni casi si è gridato anche “al miracolo!” tanto la nostra percezione è distante da questo modo anarchico di trattare i bambini ed i “devianti”. Tant’è che nemmeno la maggior parte degli studiosi, sociologi etc. ha preso in grande considerazione questi esperimenti e ciò è ancor più sintomatico di quanto il pensiero dominante, pure in studiosi che dovrebbero essere aperti, agisca come potente inibitore.

Uno di questi esperimenti è quello di Peckham, dove fisici e biologici «intendevano studiare la natura della salute e le caratteristiche del comportamento sano, al contrario degli altri medici dediti da sempre all'osservazione degli stati patologici. Decisero che il modo migliore per far ciò fosse quello di dar vita a un club, al quale i membri aderissero con tutta la loro famiglia, potendo disporre, in cambio dell'iscrizione per la famiglia e dell'impegno a sottoporsi a visite periodiche, delle attrezzature messe a disposizione dal centro. Per poter trarre conclusioni valide i biologi di Peckham ritennero di dover osservare esseri umani che vivessero in condizioni di assoluta libertà, liberi di esprimere desideri e di comportarsi in conseguenza. Non c'erano, quindi, né norme, né regolamenti, né capi. “Io ero l'unico, là dentro, dotato di autorità”, disse Scott Williamson, il fondatore, “e ne facevo uso soltanto per evitare che chiunque esercitasse qualsiasi forma di autorità”. Per i primi otto mesi ci fu il caos. “Con le prime famiglie”, disse un osservatore, “arrivò un'orda di bambini indisciplinati, che si misero a scorrazzare per tutto l'edificio del centro come se si trattasse di una strada di Londra. Scorrazzando e correndo come teppisti per tutte le stanze, riducendo a mal partito mobilio e attrezzature”, essi resero la vita impossibile per chiunque. Scott Williamson, comunque, “insistette che la pace doveva essere restaurata senza bloccare la reazione dei bambini alla varietà di stimoli che venivano messi sulla loro strada”. Questa fiducia venne premiata: “In meno di un anno il caos si trasformò in ordine, con gruppi di bambini che nuotavano, pattinavano, giravano in bicicletta, si esercitavano in palestra, giocavano e talvolta andavano addirittura a leggersi un libro in biblioteca... Le corse sfrenate e gli schiamazzi erano ormai cose del passato”». da http://www.tecalibri.info/W/WARD-C_anarchia.htm#p003

Ed ancora, un esperimento per quanto possibile più difficile e sembrerebbe maggiormente destinato al fallimento, quello di tentare l’emersione dell’ordine spontaneo con un gruppo di ragazzi ribelli, disadattati e “criminali”. Sperimentatori molto audaci e che evidentemente credevano ed avevano profonda fiducia nell’uomo, e non solo nella sua malvagità, tentando un esperimento comunitario con ragazzi e ragazze affidatigli da un giudice.

Il loro motto, profondamente anarchico, era: «la libertà non può essere data. Viene conquistata dai ragazzi con la ricerca e la fantasia.» Gli “sperimentatori” si rifiutarono di governare i ragazzi tramite le strutture mutuate dagli adulti ed ebbero ragione: i ragazzi stessi, su cui la stragrande maggioranza della gente non avrebbe scommesso nulla continuandoli a considerare “delinquenti”, si rivelarono in grado di autorganizzarsi, elaborando con fatica e lentezza, certamente sì, una struttura sociale che potesse soddisfare pienamente i loro bisogni. I primi tempi furono estremamente difficili e fecero vacillare il progetto che avveniva in un caseggiato in piena città. I ragazzi, una volta lasciati senza un’autorità coercitiva, dimostrarono comportamenti aggressivi, soprattutto verso le strutture fisiche, il mobilio e non-sociali verso gli altri membri della piccola famiglia. Si sfogarono con schiamazzi ed urla, tant’è che i vicini e le autorità si adirarono più volte; comunque gli organizzatori con pazienza, ma soprattutto profonda fiducia, li riuscirono a difendere, continuando a non imporgli l’autorità che chiunque altro avrebbe applicato per far terminare quei comportamenti così lontani da ciò che viene considerato “educazione”. Alla fine, tale fiducia e direi fede nelle potenzialità umane, diede i suoi frutti: «non solo i ragazzi si tranquillizzarono, ma diedero prova di grande attaccamento per quelli che lavoravano con loro... attaccamento sul quale, ora, poteva essere fondato il processo di educazione. Finalmente i ragazzi avrebbero potuto essere educati in modo libero, senza i limiti imposti loro dal mondo reale.”

Da “Anarchia come organizzazione” (Colin Ward). Altri esempi del genere sono presenti nel libro: per esempio persino persone considerate “malate di mente” affidate a società agricole, libere da psichiatri, in cui non venivano trattati appunto da folli, limitati, incatenati o quant’altro di disumano, ma come semplici persone, esseri umani liberi di esprimersi, di essere diversi e trovavano spontaneamente una loro attività, un ruolo sociale di fronte a se stessi ed agli altri.

Questo pone tanti interrogativi su quanto nelle “case di cura” e nelle prigioni quello che in realtà noi rinchiudiamo sia la parte di noi che vogliamo continuare a non vedere. Anzi, secondo una lettura psicoanalitica, sarebbe la società a costruire i suoi criminali ed anzi ne ha bisogno allettandoli a ricoprire, ad “impersonificare”, i ruoli criminali.

«La società usando i criminali come capri espiatori e tentando di distruggerli, perché non è in grado di sopportare il riflesso delle proprie colpe, non fa in realtà che pugnalarsi al cuore.» (Ruth Eissler)
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Vecchio 15-05-2008, 13.48.14   #74
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Su un piano completamente differente, ma egualmente interessante, è il tipo di ordine spontaneo che pare sempre emergere dopo eventi “rivoluzionari”, pensiamo alla Primavera di Praga e prima a Polonia ed Ungheria, alla Spagna del 1936-39, alla Russia del primo novecento, a Cuba prima dell’arrivo di Castro, alle rivolte studentesche francesi, etc.: hanno tutti chiaramente mostrato una solidarietà, una fratellanza spontanea, un clima di libertà, un mutuo sostegno che agli occhi degli osservatori provenienti da altri paesi sono sembrati straordinari (e questo la dice lunga sul grado di moralità delle società odierne). Tutti questi episodi libertari, seppur con le loro interne contraddizioni, sono stati scientificamente repressi nel sangue, da chi, fascista o comunista, trovava intollerabile che il popolo potesse autorganizzarsi efficacemente fuori dal controllo e dall’autorità centralizzata di questo o quel partito, di questo o quel dittatore. Ecco perché gli anarchici, talvolta eroi in queste situazioni, hanno poi sempre assaggiato per primi la dura repressione del potere restaurato.

Mi sembra d’aver portato dei buoni e molteplici indizi, non trovate, a favore del fatto che l’armonia possa nascere dalla complessità, dalle diversità e dalla libertà? L’anarchia non risulta dunque, come molti critici sostengono, dalla semplicità di una società priva di organizzazione sociale, ma proprio dalla complessità e dalla molteplicità di forme di organizzazione sociale. Dunque l’ordine emergente, così come avviene nella cibernetica, è molto più adatto e flessibile ad affrontare situazioni complesse ed imprevedibili, essendo struttura mutevole ed interdipendente in tutte le sue parti, rispetto all’ambiente che la circonda, traendo tramite meccanismi di feedback una continua conferma della propria bontà oppure del proprio essere inadatta. Questo ciò che intendevo dire in precedenza con individui che coscientemente e responsabilmente rinnovano in se stessi ogni giorno l’organizzazione che hanno deciso di darsi.

Il modello prevalente che invece prevede strutture centrali di governo, che tendono a replicarsi sempre uguali a se stesse, appare estremamente rozzo al confronto: la storia lo ha e lo sta dimostrando, visto che proprio i critici dell’anarchia si barricano dietro i fatti storici; nel presente, inoltre, mostra ampiamente questa caratteristica di inadeguatezza che tende a spogliarlo continuamente di legittimità. E’ proprio la presenza di una società civile, di rapporti empatici, di mutuo e spontaneo sostegno, di solidarietà ed autorganizzazione tra gli uomini, che questo modello statalista e paternalistico sta continuando a barcamenarsi alla buona nella storia e non perché sia realmente necessario. Almeno è questo ciò che pensano gli anarchici.

Mi sembra abbiate molto materiale su cui riflettere.

Ho raccolto qui di seguito molte delle classiche domande che si fanno agli anarchici, soprattutto per comodità di coloro che approdano ora in questa discussione. Con il tempo tenterò di rispondervi, essendo naturalmente collegate con quanto ho scritto in precedenza:

Citazione:
2) Lo studio di società alternative basate su principi egualitari è irrilevante: non stiamo parlando forse di popolazioni primitive, non tecnologiche, piccole di numero ed isolate? In fondo interessano solo gli antropologi. (risposta già parzialmente fornita)

3) Nel mondo ci sono guerre, violenze di ogni genere, furti, indipendentemente dalle forme di governo. Dopo tanti tentativi, dunque, l’uomo pare proprio non sia in grado di reggersi da sé ed i governi impediscono il peggio! (idem)

4) Nessuno sembra volere altrimenti, la stragrande maggioranza delle persone vuole i governi, gli Stati e le forze dell’ordine per sentirsi al sicuro. A me pare che di anarchici ve ne siano ben pochi, tra la gente e pure tra gli intellettuali! (idem, ma vale la pena approfondire)

5) la domanda più complessa: ammesso pure che serva uno Stato più libero e governi meno burocratici, ciò che è inammissibile ai nostri occhi è il rifiuto anarchico della legge, delle forze dell’ordine per farla rispettare e delle prigioni, per coloro che non la rispettano.

6) Portami almeno un esempio di società anarchica realizzata così che possiamo valutarlo e dunque confrontarlo. (risposta già fornita, anche se vale la pena ribadire e approfondire)

7) Portami almeno(!) delle proposte tangibili di come verranno organizzate tali società libertarie. (idem)

8) Ma una “organizzazione anarchica” non è una contraddizione in termini? E che vorrebbe mai dire se ognuno fa quel che gli pare? (risposta già fornita, ma vale la pensa ripeterla, visto si può chiaramente evincere che chi la formula non abbia compreso cosa affermano gli anarchici)

9) L’anarchismo è sia contro l’attuale sistema economico sia contro quello politico e dunque non può funzionare! (idem)

10) L’anarchismo vorrebbe individui che ancora non ci sono! Ma se fossero così perfetti, come pretenderebbe l’anarchia a che servirebbero alla fine gli anarchici e le loro proposte? (idem e vale la pena approfondire)

11) Il mondo, seppur vi siano dei problemi, funziona piuttosto bene così, sta progredendo, e perciò non vedo il motivo per cui dovremmo rischiare di gettare tutto nel caos! Coloro che volevano cambiare drasticamente le cose hanno sempre finito col fare milioni di morti! Basti considerare Stalin e Mao! (vale pure qui la pena approfondire)

12) Lo Stato, i governi, sono forme di organizzazione più sofisticate di quelle precedenti, più evolute, migliori; la previdenza sociale, lo stato sociale assistenziale vanno in questa direzione. La loro soppressione, dunque, costituirebbe un’involuzione, una regressione del genere umano. (questione molto importante e complessa, su cui si è parlato poco)

13) La democrazia pare proprio la miglior forma di organizzazione e poi già prevede parte di ciò che l’anarchismo vorrebbe realizzare: forme di partecipazione, voto, modi popolari di cambiare le leggi, etc. (risposta già fornita e da cui si evince, come sopra, la situazione di disinformazione educativa in cui grava l’anarchismo)

14) Ammettiamo pure tu abbia ragione in teoria, ma i problemi sono insiti nell’uomo ed eliminando le disuguaglianze strutturali delle attuali società, nessuno dei problemi che lo affliggono (lavoro, sessualità, desideri umani, non adattamento, questioni sulla morte, etc.) scomparirà. (critica molto profonda su cui potremo aprire un’altra discussione)

15) Gli anarchici, in realtà, sono autoritari quanto i marxisti ed il socialismo reale sappiamo tutti a quante nefandezze ha portato nella storia, tentando di applicare i propri sogni con la forza e la coercizione: gli anarchici, in fondo, sembra vogliano sostituire il potere esistente con altre forme non ben definite, caotiche e pericolose, di potere ben mascherato sotto le belle parole di libertà ed uguaglianza. (anche qui: risposta già fornita e da cui si evince la situazione di disinformazione educativa in cui grava l’anarchismo)

A voi le riflessioni.
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Vecchio 15-05-2008, 19.25.40   #75
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Grazie delle risposte, Frollo.

Citazione:
Originalmente inviato da Frollo
In uno stato di diritto non potrebbe succedere, per esempio. Se la metti sullo scontro fisico, allora consentimi di schierare a supporto di quell'unico uomo TITOLARE della fabbrica che fa mangiare chi ci lavora, anche uno squadrone di forza pubblica in tenuta antisommossa, che risponde a manganellate alle minacce fuorilegge di chi protesta in modo incivile. I lavoratori sono centamente liberi di scioperare o di cambiare fabbrica e l'imprenditore ha l'interesse che i suoi lavoratori siano soddisfatti. E mica tutte le aziende possono essere cooperative! E l'iniziativa personale dove va a finire? L'ambizione, il desiderio di crescere di migliorare? Io non ho l'indole del'imprenditore, ma se l'avessi vorrei un'azienda solo mia (o di pochissimi altri soci) per sopportarne gli oneri ma anche prendermene TUTTI gli onori (leggasi soddisfazioni e guadagni). E come me, credo lo vorrebbero la maggior parte degli imprenditori.
Ho compreso quanto dici e la prospettiva da cui parli. Ma secondo me lo stato di diritto non c’entra nulla. Sono cause strutturali alla società quelle per cui non avverrà una cosa del genere. Il diritto esisteva pure 100 anni fa e sembrava a tutti che pure in Italia potesse esservi una rivoluzione, ecco cosa faceva dire all’anarchico Malatesta che la sua propaganda in realtà contava ben poco, in quanto evidenziava solo lo stato di cose, lo “spirito del tempo”. Le vecchie distinzioni e coscienze di classe, però, non esistono più poiché il capitalismo, di cui brevemente parlerò poi, ha teso (per la sua stessa natura e conservazione) a confonderle ovvero appiattirle. C’è stato un livellamento sociale, che è anche uniformità delle diversità interiori oltre che esteriori, cioè non esistono più condizioni tali per cui la massa degli operai potrebbe insorgere. Questo è essenzialmente uno dei motivi per cui Bertinotti, che ancora agitava coscienze e lotte di classe e quant’altro, è stato cassato (e meno male) dalla politica italiana, così come tutta la sinistra (Veltroni non lo considero di sinistra, pure lui ha dichiarato onestamente di non esserlo, né lo considero pienamente democratico, come Berlusconi d’altronde).

E quali furono i motivi che portarono alle rivoluzioni operaie, attualmente solo una chimera? Non serve aver letto Il Capitale per comprendere che in realtà il TITOLARE, come lo chiami tu, della fabbrica possiede i mezzi di produzione e li mette a “disposizione”, ma la sua ricchezza è prodotta dalle migliaia di operai che vi lavorano come automi. In realtà non vi è alcun motivo tecnico perché gli operai non potrebbero gestire la fabbrica in cui lavorano, così da rendere più responsabile e, per quanto possibile, creativo il loro lavoro. I motivi sono solo di ordine ideologico e di accessibilità sociale ovvero anche se le classi risultano da un lato appiattite, dall’altro lato permangono tutta una serie di barriere sociali di cui si è parlato in precedenza.

Citazione:
Originalmente inviato da Frollo
Il capitalismo ha per logica il profitto tramite la concorrenza leale sul mercato. Questo comporta il miglioramento dell'efficienza produttiva inteso come riduzione dei costi di produzione e innalzamento della qualità. Producendo prodotti migliori ad un costo più basso si vince la concorrenza naturalmente, senza alcuna "sopraffazione violenta"!

La concorrenza è il contrario del monopolio. Inoltre mi sbilancio e dico che il fine del guadagno è almeno altrettanto etico di quello sociale delle cooperative. E' giusto che l'uomo guadagni dall'attività lavorativa che svolge. Sarebbe poco etico lavorare in perdita.
Il capitalismo, caro Frollo, molti sono concordi nell’affermare (stiamo parlando pure di premi Nobel per l’economia ed altresì di Adam Smith, il padre di questo sistema economico) che tenda al monopolio, alcuni ne fanno una tendenza di principio, altri invece preferiscono considerare in sé il capitalismo non nocivo, ma i capitalisti effettivi sì. (Un libro simbolico si intitola “liberiamo il capitalismo dai capitalisti” ed evidenzia in sé le contraddizioni di chi sostiene una posizione di questo tipo). Ti domando, Frollo: perché gli Stati si sono inventati le leggi antitrust ed anche lo Stato Sociale, tutti meccanismi per arginare e correggere questa idea imperante di mercato? Questo mi pare sconfessi semplicemente cosa pensi sul capitalismo bonario ed ideale. Una certa grossa azienda in realtà tende naturalmente al monopolio del mercato di cui è interessata, per questo sono nate le leggi antitrust, anche se poi continuano a formarsi i cartelli, ovvero monopoli oligarchici.

L’obiettivo del capitalismo cioè l’accumulazione del capitale da parte di imprenditori, soci ed azionisti, ha ben poco di morale, almeno per come siamo abituati ad intenderla, la morale. Qui non stiamo quindi parlando del “giusto” compenso per l’attività che si svolge (e pure vi sarebbe da parlare parecchio, soprattutto delle speculazioni finanziarie). L’unico valore è la massimizzazione del profitto, ad ogni costo: questa è l’unica morale. Scriveva Adam Smith: “Il desiderio più o meno nascosto è quello di rimanere solo nel mercato, per poter esercitare un potere monopolistico.”

Lessi tempo fa che, secondo un famoso ecologista, Jeremy Rifkin, 350 persone (questa più o meno la cifra) detengono e controllano più del 50% delle ricchezze mondiali. Mi sembra di poter dire che parlare di capitalismo che non tende al monopolio è una semplificazione piuttosto infantile.

L’ideologia (ovvero la religione) liberista che regge la globalizzazione prevede che la ricchezza per percolazione dovrebbe a livello mondiale arrivare anche ai più poveri, poiché i ricchi (noi), una volta raggiunto il soddisfacimento dei propri bisogni, smetterebbero di accumulare ed inizierebbero a ridistribuire la ricchezza. Sta di fatto, invece, che la tecnologia sta creando continuamente nuovi beni e nuovi bisogni e dunque, se da una parte appare palese che i ricchi tendono ad accumulare le loro ricchezze (a prescindere), dall’altro i nuovi bisogni si moltiplicano e non si giunge mai allo stato in cui dovrebbe avvenire quella “percolazione”. Nei paesi ricchi il capitale vi rimane saldamente e non avviene, come visibile!, che venga ridistribuito tra le classi più povere del pianeta. Le nuove divisioni tra classi, dunque, non sono più limitate agli Stati come sino al novecento, ma tra nord e sud del mondo, con tutte le differenze e lontananze geografiche, culturali, religiose etc. che rendono estremamente complessa una loro azione comune (del tipo: “proletari di tutto il mondo unitevi!”). Quando le sproporzioni tra classi erano palesi in un singolo paese la rivoluzione pareva possibile, ma ora sembra un qualcosa di quanto meno molto complesso e lungo da realizzare. Il germe del cambiamento, comunque, è presente proprio nella non moralità del capitalismo (di principio o effettiva che sia) e su ciò Marx, pur sbagliando, ha avuto ragione. Il sistema sta scricchiolando. Di poche settimane fa la notizia che il Fondo Monetario Internazionale (FMI) è in crisi poiché tutti i paesi hanno pagato i propri debiti con il Fondo e si sono staccati dalla sua politica imperante e costrittiva (per capirci qualcosa consiglio i libri di Joseph Stiglitz, economista "eretico", premio nobel per l’economia e consigliere di Bill Clinton durante la sua presidenza, nonché economista di punta della Banca Mondiale).

Citazione:
Originalmente inviato da Frollo
Una cooperativa va bene forse per gestire un supermercato, una ditta di pulizie o un gruppo di muratori, ma le grandi aziende non possono essere cooperative
Questa è solo un’obiezione di principio, come la maggior parte delle tue critiche. Sulla questione cooperative, ovvero l’alternativa “etica” al capitalismo sempre dentro l’economia di mercato, la tua è semplice e pura disinformazione. In tanti paesi europei e pure negli Stati Uniti (un terzo degli americani è socio di una cooperativa), le cooperative giungono anche ad occupare più del 50% del proprio settore con centinaia di milioni di soci (raggiungendo punte del 90% nelle attività agricole di alcuni paesi) e fatturati di centinaia di miliardi. Tanti sono i problemi delle cooperative, uno dei quali è proprio mantenere la propria identità “democratica” quando i loro profitti stanno iniziando a derivare anche dalle speculazioni finanziarie. Ripeto, comunque, che le coop nulla hanno a che fare con l’anarchismo, il quale la principale critica che arreca è proprio la stessa portata alla “democrazia”; ne ho parlato solo per fornire un’alternativa «etica» al modello capitalista che prevede meccanismi di partecipazione dei soci, voto “democratico”, etc. il fine essendo quello non del bene “totale” (“capitalismo”), ma del bene comune.

Per il resto di ciò che hai scritto approfondiremo, seppur abbia in parte già risposto negli scritti precedenti. Sarei inoltre curioso di conoscere le “importanti istanze sociali” di cui è portatrice AN, ma ti invito a non enumerarmele qui (è solo per non appesantire la discussione); che non siano razzismo e xenofobia, beninteso, queste le conosciamo già.

Cordialità...

p.s. per alleggerire questa discussione, ne ho aperto una nuova nella sezione Psicologia sui “criminali” ed il modo di trattarli e percepirli, in caso vi interessi.
p.s. 2 mi scuso per gli errori di battitura nei post precedenti.
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Vecchio 15-05-2008, 19.46.56   #76
nexus6
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Riferimento: Sull' anarchismo : riflessioni sparse

Citazione:
Originalmente inviato da frollo
Se la metti sullo scontro fisico, allora consentimi di schierare a supporto di quell'unico uomo TITOLARE della fabbrica che fa mangiare chi ci lavora, anche uno squadrone di forza pubblica in tenuta antisommossa, che risponde a manganellate alle minacce fuorilegge di chi protesta in modo incivile.
Certo te lo consento, gli sbirri antisommossa servono solo a preservare l'ordine sociale imposto e a far danni, come al G8 di Genova. Invece, se trovo -giuste- le rivendicazioni operaie, consenti ch'io mi schieri eventualmente dalla loro parte, affinché non prendano troppe bastonate dagli sbirri antisommossa e per far comprendere altresì pure agli sbirri che sono solo manganelli in mani che nemmeno conoscono e comprendono.

Il "civile" è apparenza. Esiste solo il giusto e lo sbagliato ovvero ciò che si ritiene tale. Ed è apparenza pure quello.
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Vecchio 16-05-2008, 16.48.55   #77
Anakreon
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Dissoluzioni e dubbii.

Caro Nesso,

ammonisci:

"Il "civile" è apparenza. Esiste solo il giusto e lo sbagliato ovvero ciò che si ritiene tale. Ed è apparenza pure quello.".

E dici il vero; ma considera che il medesimo argomento può esserTi opposto, quando congetturi la società degli eguali, senz'autorità né potestà alcuna:
chi dice sia civile od incivile, giusta od ingiusta, equa od iniqua ?.

Se dissolviamo tutto nel dubbio e la cosa non mi dispiace, non possiamo tuttavia salvare alcunché:
neppure il dubbio.

Anakreon.
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Vecchio 16-05-2008, 20.01.38   #78
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L'anarchia ed il senso.

Citazione:
Originalmente inviato da Anakreon
"Il "civile" è apparenza. Esiste solo il giusto e lo sbagliato ovvero ciò che si ritiene tale. Ed è apparenza pure quello.".

E dici il vero; ma considera che il medesimo argomento può esserTi opposto, quando congetturi la società degli eguali, senz'autorità né potestà alcuna:
chi dice sia civile od incivile, giusta od ingiusta, equa od iniqua ?.
Oh, lo so che può essermi opposto il medesimo argomento. Congetturo, certo e le “congetture” le intendo scientificamente come “ipotesi” e non illazioni, come il gergo vorrebbe. Ipotesi e considerazioni per creare incrinature, piccole crepe da cui lasciare trasparire una luce lievemente differente.

«La libertà non può essere data. La libertà va conquistata.»

Sono piuttosto sicuro che la maggior parte di coloro che stanno seguendo od hanno scorso un attimo questa discussione hanno provato intima repulsione nei confronti delle proposte e delle risposte più audaci dell’anarchismo ai problemi della società. La società è malata, dice l’anarchico, guerre, violenze, sfruttamenti di ogni genere... quale, perciò, la nostra proposta? Ogni forma di autorità coercitiva è profondamente immorale, per cui aboliamo governi, Stati, confini, nazioni, leggi, forze dell’ordine e carceri; gli esseri umani dal basso troveranno il modo più opportuno per organizzarsi secondo i loro veri e più profondi desideri ed aspirazioni, finora oppressi proprio dai suddetti apparati repressivi e vedrete che molti dei più gravi problemi in cui grava il pianeta scompariranno: solo libertà ed uguaglianza porteranno a libertà ed uguaglianza per tutti i popoli e le genti di questa Terra.

Sembra assurdo ed altrettanto assurdo che uno ci sprechi tante parole sopra. Vi sembra, eh?

Agli anarchici invece sembra totalmente assurdo discriminare in nome dell’uguaglianza, uccidere in nome della democrazia, fare guerre in nome della pace, reprimere ed opprimere in nome della libertà. Sembra totalmente assurdo che la gente non si accorga di nulla o meglio sa bene da cosa derivi.

La stragrande maggioranza della gente “concorda” con Stati, governi e polizia che si schierano a difesa dello status quo. Ed esso viene imposto sin dalla nascita. Questo è profondamente immorale ed è la causa delle più vili nefandezze del genere umano. Di ciò ne sono convinto, per quanto possa parervi ingenuo o allucinato. Ho portato indizi in tal senso. L’educazione, l’ambiente, sono quelli paternalistici ed autoritari in cui cresciamo e sarebbe necessaria una vera e propria rivoluzione di pensiero per rendersi conto di ciò e che, forse, sarebbe possibile pensare diversamente. Signori, sin dalla nascita ci viene imposto un certo modo di vedere le cose, di percepire gli altri, il tempo, noi stessi. Imposto, senza reale scelta, signori. Da adulti, poi, il consenso “democratico” è nell’essenza falso consenso poiché si è ammutolita la coscienza critica e creativa di ognuno sin da piccolini. Sarebbe come pretendere da uno che ha avuto sempre una catena ai piedi di camminare senza.

Queste mie parole scivoleranno via in un attimo, lo so. Ma d’altronde la vita è breve, il tempo fugge via, già ammettevano i latini, per cui perché dovremmo preoccuparci di mutare le cose ovvero noi stessi. Tra un centinaio di anni nessuna delle persone presenti oggi sulla Terra ci sarà più. Tante parole ed animazione per nulla.

Eppure è una questione di senso da cui non possiamo sottrarci.

Abbiamo una scala di valori differente, Anakreon. Inizialmente prevale in me e continua latente la domanda sul perché pariamo così diversi eppure comprendo che essa abbia uno scopo di proselitismo. E’ il gioco dialettico della realtà, dell’essere. Sotto banali, ma pur sempre importanti!, questioni su come regolare i condomini, sta in realtà il senso che noi assegniamo agli altri, alla realtà, al tempo, alla vita. Questa discussione, sotto l’apparente coltre di -ismi che dopo un po’ finiscono sempre per annoiarmi, è essenzialmente metafisica, come lo sono tutte forse, anche quella su quanto lievito mettere nella pizza.

Il giudizio sul lavoro alienante di un operaio in fabbrica, il tempo che gli è rubato, attiene al nostro modo di percepire la nostra vita, al senso. Il discorso sull’etica del capitalismo riguarda la nostra intima percezione del tempo, il nostro, quello degli altri ed in ultima analisi l’esistenza, l’essere. La riflessione sul modo di trattare i detenuti ed i criminali è profonda ferita in noi stessi, prima ancora che nella società.
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Vecchio 16-05-2008, 20.04.58   #79
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Quale valore e senso diamo alla nostra vita? Ed a quella degli altri? Cosa è il lavoro? Cosa stiamo portando avanti? Quale idea? Quale mitico ed infinito progresso per cui immoliamo ogni giorno centinaia di migliaia di esseri umani e non ce ne curiamo, andando avanti? The show must go on? Why? Perché non fermarci e riflettere?

Facciamo sempre finta di porcele queste domande, facciamo solo finta, questo il mio messaggio: è proprio quella coscienza che le urla, la nostra, libera e scevra da pregiudizi, seppur violentata, ma sempre presente.

L’anarchismo, come diceva Malatesta, è solo una delle spinte sociali presenti, una fra tante nel marasma. Trovo sia il più morale e coerente, eppure (e proprio per questo) il più complesso modo d’intendere una teoria sociale. Le sue critiche vanno al cuore dei problemi in cui viviamo e non trovano risposte da parte dei teorici di questo o quel sistema, se non facendo compromessi tra ideali e realtà. Così è la democrazia, per esempio, se ne rendono conto anche coloro che per la democrazia hanno speso una vita come Bobbio o Sartori. Ma nell’anarchia non ci sono né vi potranno mai essere compromessi, sembra da folli, eppure tanti distinti signori e signore sono e sono stati anarchici, martiri per i loro ideali, tanto che... non si direbbe.

L’errore di cui a mio parere sono vittima molti anarchici (non tutti), i rivoluzionari che vorrebbero tutto e subito, è quello di non meditare sull’ammonimento di Malatesta: “siamo solo una delle tante forze presenti nella società”. Eppure dato l’estremismo, date le massime pretese morali, la mutazione la si vorrebbe subito, qui ed ora, tentando dunque di forzare la realtà, di semplificarla, di addomesticarla ai propri ideali. Comprendo questa ansia. Ma ciò è stato sempre molto nefasto nella storia. E le restaurazioni, dopo il rovesciamento delle rivoluzioni durate un giorno o decenni, sono sempre state dure ed ancor peggiori di quanto il potere aveva fatto in precedenza intravedere.

L’ansia degli anarchici è tremendamente esistenziale. Sanno, credo inconsciamente, che durante la loro vita non potranno vedere realizzati i loro ideali, eppure spendono la loro intera vita per essi. Eroi. Secondo la psicoanalisi, sono come ricercatori scientifici che lavorano in un campo il quale sanno non porterà a risultati rilevanti se non a lontano termine. Proiettano la felicità sul lungo termine, poiché non riescono ad “adattarsi” al presente o meglio, ed io preferisco vederla così, hanno una differente scala di valori rispetto a quella imposta alla maggioranza, come dicevo all’inizio.

Per concludere, molto personalmente, quando osservo che sto iniziando a prendere troppo sul serio i miei pensieri, inizio a riderci su. Ecco perché, pur essendo anarchico, non posso essere anarchico.

Antonio
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Vecchio 16-05-2008, 20.41.43   #80
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No, non ho sbagliato thread...

Una piccola perla di Battiato (Le sacre sinfonie del tempo)
[ovvero come lui vede tutta la "faccenda"]

Le sento più vicine
le sacre sinfonie del tempo
con una idea:
... che siamo esseri immortali
caduti nelle tenebre, destinati a errare,
nei secoli dei secoli, fino a completa guarigione.

Guardando l'orizzonte,
un'aria di infinito mi commuove;
anche se a volte le insidie di energie lunari,
specialmente al buio, mi fanno vivere
nell'apparente inutilità
nella totale confusione.
... che siamo angeli caduti in terra dall'eterno
senza più memoria: per secoli, per secoli,
fino a completa guarigione.


°°°
Se solo riuscissimo a comprendere
perché una melodia od una poesia ci alleggeriscono...
tutti indistintamente...

Antonio
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