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Filosofia - Forum filosofico sulla ricerca del senso dell’essere.
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Vecchio 01-05-2013, 11.47.00   #31
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Riferimento: Odifreddi fra "pseudoquestioni metafisiche" e domande sensate senza risposta

La matematica è ben distinta dalla metafisica e non ne ha alcun bisogno

Non saprei quali sono le vostre fonti, ma io queste cose le studio all'università; ci sono parti della matematica e della logica soprattutto che si intrecciano con la filosofia (sempre se si deve credere, di base, che queste cose siano diverse). Non so se riuscite a capire quanto analizzare i concetti possa aiutare a comprendere certe questioni sottilissime della matematica (i cui simboli, assiomi ecc, sono ad un tempo incredibilmente ambigui). Avete dimenticato Pitagora, Cartesio e Leibniz? Voi pensate che le cose vadano avanti da sé, senza che una mente razionale/creativa ci lavori dietro, come se a mandare avanti le scienze fossero robot in cui sono stati inseriti i dati fin ora ottenuti, e non esseri complessi che possono lavorare sul significato delle proprie asserzioni? Se avessimo interpretato certi concetti della matematica sempre allo stesso modo non saremmo andati troppo avanti, ma modificare il senso di un concetto (o inventarne uno nuovo) richiede certe capacità che si possono ottenere più direttamente inserendosi nell'ambito filosofico.


Riporto una frase di Gabriele Lolli (professore di matematica a Pisa): "Il lavoro originato da Hilbert, soprattutto, ci ha insegnato che la considerazione metafimatematica delle procedure di dimostrazione e costruzione di teorie ha una ricaduta positiva sulla matematica stessa."
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Vecchio 01-05-2013, 18.41.09   #32
maral
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Riferimento: Odifreddi fra "pseudoquestioni metafisiche" e domande sensate senza risposta

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Originalmente inviato da Aggressor
Riporto una frase di Gabriele Lolli (professore di matematica a Pisa): "Il lavoro originato da Hilbert, soprattutto, ci ha insegnato che la considerazione metafimatematica delle procedure di dimostrazione e costruzione di teorie ha una ricaduta positiva sulla matematica stessa."
Infatti la completa formalizzazione dell'aritmetica perseguita da Hilbert come pura procedura di calcolo secondo regole e simboli formali in se stessi compiuti senza riferimenti di significati fu messa definitivamente in crisi dai teoremi dell'incompletezza di Godel secondo i quali un sistema formale non può dimostrare la propria completezza dall'interno dei suoi assiomi pena la sua incoerenza. Dunque anche la matematica (che comprende l'aritmetica) ha bisogno di una meta-matematica per reggersi in piedi.
Particolarmente interessante ho trovato l'analisi che fa Francesco Berto di questa problematica nel suo libro "Tutti pazzi per Gödel. La guida completa al Teorema di Incompletezza".
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Vecchio 03-05-2013, 12.33.22   #33
albert
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Riferimento: Odifreddi fra "pseudoquestioni metafisiche" e domande sensate senza risposta

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Originalmente inviato da maral
Non è a mio avviso una questione di gusti, ma di non fingere che una metafisica non vi sia laddove è invece solo sottintesa per dare l'impressione che ci si accontenta di considerare come funzionano oggettivamente le cose. La passione comunque c'è, ma semmai è quella di svelare la metafisica che regge anche il pensiero di chi la nega.

Secondo me invece è proprio questione di gusti. Se una cosa non è “utile” (e credo più del 90% delle cose che facciamo non siano strettamente “utili”) il principale giudizio che se ne può dare è di tipo estetico, cioè se piace o meno. Ad alcuni piacciono le parole crociate o l’enigmistica, ad altri la metafisica. Sono comunque cose degne di rispetto.

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Originalmente inviato da maral
Serve a non confondere la matita con l'insieme degli atomi che la costituiscono, perché a volte a qualcuno capita di volerlo pretendere in nome di una pseudo oggettività.

Uno può essere così stravagante da confondere la matita con l’insieme degli atomi solo se ha una concezione metafisica dell’essere. In questo senso la metafisica diventa la medicina di sé stessa.

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Ci si può ricamare sopra all'infinito, perché la matita che ho sul tavolo, a differenza dell'idea di matita che voglio tenere ben separata in sé nella mia testa per poterne fare un riassunto essenziale di ogni matita, è direttamente e indirettamente determinata (in quanto inscindibilmente correlata) a un numero illimitato di essenti fenomenici: ad esempio io che la vedo e la tocco, la luce, l'ora, il tavolo, la situazione metereologica particolare, il mio stato d'animo e le situazioni che lo determinano e via dicendo.

Certo, nella mia immagine della matita “A” può essere compresa la luce, l’ora, il meteo, ecc, tutte cose che volutamente trascuro quando con una operazione riassuntiva elaboro il concetto generale di “matita”. Secondo me però questa è un’affermazione filosofica, non metafisica.

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Per intero quella matita, come qualsiasi essente, è una configurazione dell'universo intero che le fa da sfondo indistinto, ma perfettamente modulato in ogni aspetto affinché proprio quella matita (e non un'altra matita) appaia come tale.

Secondo me questa affermazione semplicemente non ha senso – o ha soltanto un senso poetico.

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La matematica forse è metafisica in essenza.

meno male che dici “forse”

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Alla base della matematica c'è l'aritmetica che ha a proprio fondamento d'ordine metafisico gli assiomi di Peano:
Esiste un numero naturale, 0
Ogni numero naturale ha un numero naturale successore
Numeri diversi hanno successori diversi
0 non è il successore di alcun numero naturale
Ogni sottoinsieme di numeri naturali che contenga lo zero e il successore di ogni proprio elemento coincide con l'intero insieme dei numeri naturali

A mio giudizio questa è matematica. Questi assiomi possono avere rilevanza filosofica, non ne dubito, ma il tentativo della metafisica di “metterci il cappello sopra” mi sembra infondato

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Vecchio 03-05-2013, 12.40.17   #34
albert
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Non saprei quali sono le vostre fonti, ma io queste cose le studio all'università; ci sono parti della matematica e della logica soprattutto che si intrecciano con la filosofia (sempre se si deve credere, di base, che queste cose siano diverse). Non so se riuscite a capire quanto analizzare i concetti possa aiutare a comprendere certe questioni sottilissime della matematica (i cui simboli, assiomi ecc, sono ad un tempo incredibilmente ambigui). Avete dimenticato Pitagora, Cartesio e Leibniz? Voi pensate che le cose vadano avanti da sé, senza che una mente razionale/creativa ci lavori dietro, come se a mandare avanti le scienze fossero robot in cui sono stati inseriti i dati fin ora ottenuti, e non esseri complessi che possono lavorare sul significato delle proprie asserzioni? Se avessimo interpretato certi concetti della matematica sempre allo stesso modo non saremmo andati troppo avanti, ma modificare il senso di un concetto (o inventarne uno nuovo) richiede certe capacità che si possono ottenere più direttamente inserendosi nell'ambito filosofico.

Che ci siano punti di contatto tra matematica e filosofia è assodato, anche se spesso si esagerano. Ma non c'è bisogno della metafisica, almeno dal mio punto di vista.

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Vecchio 03-05-2013, 13.45.15   #35
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La matematica è ben distinta dalla metafisica e non ne ha alcun bisogno

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Non saprei quali sono le vostre fonti, ma io queste cose le studio all'università; ci sono parti della matematica e della logica soprattutto che si intrecciano con la filosofia (sempre se si deve credere, di base, che queste cose siano diverse). Non so se riuscite a capire quanto analizzare i concetti possa aiutare a comprendere certe questioni sottilissime della matematica (i cui simboli, assiomi ecc, sono ad un tempo incredibilmente ambigui). Avete dimenticato Pitagora, Cartesio e Leibniz? Voi pensate che le cose vadano avanti da sé, senza che una mente razionale/creativa ci lavori dietro, come se a mandare avanti le scienze fossero robot in cui sono stati inseriti i dati fin ora ottenuti, e non esseri complessi che possono lavorare sul significato delle proprie asserzioni? Se avessimo interpretato certi concetti della matematica sempre allo stesso modo non saremmo andati troppo avanti, ma modificare il senso di un concetto (o inventarne uno nuovo) richiede certe capacità che si possono ottenere più direttamente inserendosi nell'ambito filosofico.

Riporto una frase di Gabriele Lolli (professore di matematica a Pisa): "Il lavoro originato da Hilbert, soprattutto, ci ha insegnato che la considerazione metafimatematica delle procedure di dimostrazione e costruzione di teorie ha una ricaduta positiva sulla matematica stessa."
Concordo perfettamente con quanto affermi: ma certo che occorre una mente razionale/creativa!
Ma non vedo cosa c'entri la metafisica: forse che una mente razionale e creativa deve affondare le sue radici nella metafisica?
Magari l'elucubrare filosofico con le sue metodologie ci ha a che fare, ma non vedo coincidenza fra filosofia e metafisica: per me la metafisica è una degenerazione delle filosofia che ad un certo punto ha introdotto entità fantasiose e incongruenti dell'oltre-mondo.

Ma certo i cultori della metafisica non sono di questo parere.
O forse non ho chiara l'idea di metafisica!?
Chiedo lumi!

Ultima modifica di ulysse : 03-05-2013 alle ore 19.21.04.
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Vecchio 03-05-2013, 16.35.23   #36
maral
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Secondo me invece è proprio questione di gusti. Se una cosa non è “utile” (e credo più del 90% delle cose che facciamo non siano strettamente “utili”) il principale giudizio che se ne può dare è di tipo estetico, cioè se piace o meno. Ad alcuni piacciono le parole crociate o l’enigmistica, ad altri la metafisica. Sono comunque cose degne di rispetto.
Non credo sia così facile separare in senso oggettivo l'utile dal non utile. L'utilità è quella di un mezzo per il raggiungimento di uno scopo, quindi dipende anche dallo scopo che ci appare. Penso vi possano essere scopi per i quali la metafisica è assai utile (ad esempio formulare presupposti aventi significato per una qualsiasi teoria), come peraltro anche le parole crociate hanno senza dubbio una loro utilità (ad esempio sono utilizzabili per apprendere o migliorare la conoscenza del vocabolario di un linguaggio). Il valore estetico invece può teoricamente prescindere dall'utile, ma non perché le cose di cui giudica il valore siano in sé inutili, ma solo perché le valuta a prescindere dall'utilità ad altri scopi che non siano la bellezza.
Temo peraltro che sia un errore molto grave di un certo modo di pensare occidentale contemporaneo quello di tenere rigorosamente separati l'utilità dall'estetica, quasi che l'una possa nuocere all'altra.

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Uno può essere così stravagante da confondere la matita con l’insieme degli atomi solo se ha una concezione metafisica dell’essere. In questo senso la metafisica diventa la medicina di sé stessa.
Comunque capita, e capita anche che si pensi di aver completamente identificato una matita esclusivamente come mezzo utile per tracciare dei segni su una superficie, anche in questo caso si tratta di un'assunzione metafisica, non trovi?

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Certo, nella mia immagine della matita “A” può essere compresa la luce, l’ora, il meteo, ecc, tutte cose che volutamente trascuro quando con una operazione riassuntiva elaboro il concetto generale di “matita”. Secondo me però questa è un’affermazione filosofica, non metafisica.
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Per intero quella matita, come qualsiasi essente, è una configurazione dell'universo intero che le fa da sfondo indistinto, ma perfettamente modulato in ogni aspetto affinché proprio quella matita (e non un'altra matita) appaia come tale
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Secondo me questa affermazione semplicemente non ha senso – o ha soltanto un senso poetico.
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Alla base della matematica c'è l'aritmetica che ha a proprio fondamento d'ordine metafisico gli assiomi di Peano:

A mio giudizio questa è matematica. Questi assiomi possono avere rilevanza filosofica, non ne dubito, ma il tentativo della metafisica di “metterci il cappello sopra” mi sembra infondato
Forse dovremmo prima capirci se con il termine metafisica intendiamo la stessa cosa, del resto anche in ambito filosofico c'è poca chiarezza in merito. Io intendo per metafisica qualcosa che dal di fuori dà significato e senso alla fisica (in tal senso anche l'utile ha un significato metafisico se mi indica il senso a cui deve tendere la fisica) in senso lato (può essere la matematica o qualsiasi disciplina scientifica, logica o sistematica che trovi al di fuori di sé la propria ragion d'essere). Ora, gli assiomi di Peano non hanno la loro ragione nell'aritmetica che essi fondano, appunto perché assiomi, e l'aritmetica non può fondarsi su se stessa (ossia non può aritmeticamente dimostrare i propri assiomi pena la propria incompletezza o inconsistenza), dunque deve fare comunque riferimento ad assiomi che non sono aritmeticamente dimostrabili. Questi assiomi dunque costituiscono la base meta aritmetica dell'aritmetica, per questo considero il suo fondamento metafisico (ispirato da Dio, dalla follia umana, dal mondo delle idee di Platone, dal Caso, scegli tu).
Quanto all' ente matita che costituisce una configurazione di tutto l'universo (proprio in considerazione degli infiniti aspetti relazionali che la determinano e quindi del poter essere considerata in termini relazionali) non solo ha un senso poetico, ma ne ha pure uno fisico, ove il senso fisico è espresso dal poter considerare le cose anche in ragione della loro intrinseca natura ondulatoria che ovviamente non ammette delimitazioni di tipo oggettuale. Ovviamente possiamo dire che questa è un'assunzione metafisica, ma lo è pure la sua negazione. Il punto è che mi riesce impossibile immaginare come si possa uscire dalla metafisica, qualsiasi discorso si faccia.


Ultima modifica di maral : 03-05-2013 alle ore 21.07.52.
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Vecchio 03-05-2013, 21.29.34   #37
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Riferimento: Odifreddi fra "pseudoquestioni metafisiche" e domande sensate senza risposta

Si, Ulysse, il termine metafisica è anch'esso ambiguo, riporto qui ciò che è scritto su wikipedia perché da quel che vedo non è poi tanto male:

La metafisica è quella parte della filosofia che, andando oltre gli elementi contingenti dell'esperienza sensibile, si occupa degli aspetti ritenuti più autentici e fondamentali della realtà, secondo la prospettiva più ampia e universale possibile. Essa mira allo studio degli enti «in quanto tali» nella loro interezza, a differenza delle scienze particolari che, generalmente, si occupano delle loro singole determinazioni empiriche, secondo punti di vista e metodologie specifiche.

Quando una scienza particolare studia un oggetto ma tenta di farlo a fondo entrerà nell'ambito metafisico, nel senso di dover guardare l'oggetto (o i concetti su cui si basa la tassonomia utilizzata per descrive l'oggetto in questione) tramite uno schema che fuoriesce dal linguaggio specifico della scienza che stà utilizzando (per il fatto che nessun sistema conosciuto riesce ad essere coerente nell'autoreferenzialità); e così la descrizione diviene filosofica o metafisica, o metascientifica.


Ho parlato di creatività in questo senso, riferendomi alla capacità di uscire da uno schema prefissato che solo illusoriamente può essere definitivo, esaustivo o coerente. Quoto anche il discorso di maral circa gli assiomi indimostrati.
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Vecchio 03-05-2013, 21.45.26   #38
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In altre parole la metafisica avrebbe il compito di descrivere la natura delle entità incluse in una ontologia (una ontologia può essere vista come un catalogo di entità che esistono). Il motivo per cui la fisica non è metafisica è che non si spiega tutta la natura di un oggetto tramite qualcosa di così specifico; se vogliamo mantenerci nell'ottica della cultura occidentale, quando vogliamo descrivere nel modo più completo possibile la natura di un ente dobbiamo ammettere di star facendo metafisica.

Questo tipo di definizione di metafisica e ontologia l'ho presa dal libro "Ontologia" di Acille C. Varzi (professore di logica e metafisica alla Columbia University di New York), ma è un modo piuttosto comune di inquadrare la questione da quanto ho potuto studiare in generale. (nel testo egli cerca di districarsi tra l'ambiguità dei termini ontologia e metafisica).
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Vecchio 04-05-2013, 09.41.21   #39
maral
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In altre parole la metafisica avrebbe il compito di descrivere la natura delle entità incluse in una ontologia (una ontologia può essere vista come un catalogo di entità che esistono). Il motivo per cui la fisica non è metafisica è che non si spiega tutta la natura di un oggetto tramite qualcosa di così specifico; se vogliamo mantenerci nell'ottica della cultura occidentale, quando vogliamo descrivere nel modo più completo possibile la natura di un ente dobbiamo ammettere di star facendo metafisica.

Questo tipo di definizione di metafisica e ontologia l'ho presa dal libro "Ontologia" di Acille C. Varzi (professore di logica e metafisica alla Columbia University di New York), ma è un modo piuttosto comune di inquadrare la questione da quanto ho potuto studiare in generale. (nel testo egli cerca di districarsi tra l'ambiguità dei termini ontologia e metafisica).

Aggiungo che vi è chi propone di distinguere l'ontologia dalla metafisica sulla base che mentre la prima cercherebbe una risposta alla domanda cosa c'é, la seconda si preoccuperebbe di definire cos'è quello che c'è. Ma sinceramente a me pare che le due domande si implichino strattamente a vicenda, a meno di non limitarsi a un'ontologia puramente fenomenologica che però a ben vedere si nutre comunque di una ragione di prevalenza metafisica del fenomeno.
Quanto alla contrapposizione tra fisica e metafisica, mi pare notevole la posizione del famoso cosmologo Mario Novello che nel libro "Qualcosa anziché il nulla" (che nel titolo rievoca il famoso dilemma metafisico) rivendica l'assoluta necessità per la cosmologia, in quanto autodefinentesi scienza del tutto, di uscire dagli stretti limiti della fisica che la vanificano, per affrontare il problema metafisico di base, per come è stato rappresentato dalla filosofia e dal mito. Una cosmologia dunque che tenga conto fondamentale della metafisica senza ovviamente abbandonare l'approccio fisico allo studio dei fenomeni. La conclusione di Novello è peraltro prettamente metafisica: il qualcosa è comunque assai più probabile del nulla. Manca poco per poter finalmente arrivare all' affermazione che mentre il qualcosa è certo, il nulla è in ogni caso assolutamente impossibile.
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Vecchio 04-05-2013, 13.59.20   #40
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Maral:
Aggiungo che vi è chi propone di distinguere l'ontologia dalla metafisica sulla base che mentre la prima cercherebbe una risposta alla domanda cosa c'é, la seconda si preoccuperebbe di definire cos'è quello che c'è.


Aggressor:
In altre parole la metafisica avrebbe il compito di descrivere la natura delle entità incluse in una ontologia (una ontologia può essere vista come un catalogo di entità che esistono)

Il senso è proprio quello da te specificato , posso riportarti un tipo di argomentazione proposta da Varzi per chiarire la distinzione tra ontologia e metafisica (anche io la reputo assai ambigua e lo stesso Varzi si preoccupa di capire il senso di una simile distinzione): Due teorie diverse potrebbero includere lo stesso oggetto, ad es. Pegaso, tra le entità esistenti nella propria ontologia; di qui però si potrebbe ammettere la sua esistenza come idea mentale nel senso di una res cogitans o come realtà materiale, res extensa. Un esempio migliore è quello degli universali: potrei dire che il bello esiste ma, come anche alcune persone di questo forum hanno ammesso, che esista in quanto ente a se stante solo dal momento in cui in viene utilizzato, oppure che si tratti di qualcosa di particolare e non sostanza universale ecc.
Ci sono poi tanti altri esempi che si possono fare più difficili (sopra i "fatti", gli "eventi", i tropi ecc.) o semplicemente questo: i contenuti delle percezioni esistono ma potrebbero essere oggetti a se stanti fatti, che so, di materia, o entità sempre dipendenti dal soggetto e fatti di "pensiero".

Insomma, con certe parole vorremmo riferirci più o meno allo stesso denotato, ma la natura di queste cose può essere anche diversa da quello che si crede.


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