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Filosofia - Forum filosofico sulla ricerca del senso dell’essere.
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Vecchio 10-10-2013, 11.21.55   #121
albert
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Riferimento: L'esistenza

Citazione:
Originalmente inviato da ulysse

Estrapolando, infatti, è presumibile che anche ora non penso e non conosco “cose che penserò, conoscerò, fra un attimo, fra un giorno o mille giorni: quindi, comunque, tali cose esistono, esistevano anche se non le pansavo e non la penso ora.”

E’ il punto in cui non ci capiamo. La visione che propongo è totalmente soggettiva, io (o un altro agente pensante) non ha alcun interesse per le cose a cui non pensa, per cui si trovano nella completa indeterminatezza. Mi rendo conto che questa visione è problematica e che andrebbe definita meglio.


Citazione:
Originalmente inviato da ulysse
Galileo, forse un pò ingenuamente, supponeva che Dio, nella sua immensa bontà, avesse predisposto per noi un universo matematicamente strutturato proprio perché noi lo potessimo comprendere e descrivere: da tale idea è emersa e si sviluppa/evolve la scienza!
Idea che implicava, appunto, l’esistenza di un universo “là fuori”…da cercare, sperimentare, interpretare, conoscere...proprio matematicamente, ecc….

Era lo spirito del tempo. Anche Cartesio pensava alla “bontà divina”. Nessuno ci darebbe credito ora.

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Vecchio 10-10-2013, 12.31.20   #122
sgiombo
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Riferimento: L'esistenza

Citazione:
Originalmente inviato da maral
Certo che trovare quell'essere realmente esistente senza necessità di venire pensato sarebbe davvero una bella impresa. Forse la parola esiste già: illusione

Semplicemente se c' é qualcosa di realmente esistente non é necessario sia (anche) pensato (non é detto che necessariamente anche, inoltre ci si pensi, ci sia qualcuno che lo pensa).
Mi sembra piuttosto il contrario di un' illusione (=pensiero di qualcosa che non é reale, ma solo erroneamente ritenuto essere tale: vedi qui sotto).

Mentre se qualcosa é realmente pensato (dunque é reale per lo meno in quanto pensato, oggetto di pensiero, concetto), non é detto che necessariamente esista anche realmente, indipendentemente dal fatto di essere pensato (che qualcosa di reale sia denotato da tale concetto; un qualcosa che in tal caso sarebbe reale anche indipendentemente dall' eventualità che sia pensato, anche qualora non fosse pensato).
Per esempio posso pensare al concetto di "ippogrifo" (che dunque esiste realmente in quanto tale: concetto), senza che esista alcun ippogrifo reale.

Ultima modifica di sgiombo : 10-10-2013 alle ore 18.44.46.
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Vecchio 10-10-2013, 14.34.44   #123
albert
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Riferimento: L'esistenza

Citazione:
Originalmente inviato da paul11
Albert sintetizzo il tuo pensiero:
- x esiste se è una entità che mi serve per organizzare le mie percezioni
- questa tesi deriva dalla scelta di concentrarsi esclusivamente sulle mie percezioni e tutto costruire da essa
- ci sono io,importa solo ciò che vedo, gli altri sono entità esattamente come tutte le altre
- la discriminante per l’esistenza non è l’essere percepito direttamente, ma avere comunque qualche influenza-anche se del tutto indiretta-sulle mie percezioni.
- È una posizione solipsistica
- Nno servono attributi metafisici.
- L’osservazione del mondo è coerente e consistente.
- Accetto l’esistenza indirettamente, cioè mediata
- L’ontologia non ha senso, e sostituisco alla definizione ontologica di essere(per altro del tutto indeterminata)una definizione di lavoro gnoseologica
- Il punto di vista,se volete, è quello di un programmatore di computer.Il programmatore in questione è la mente umana,l’input sono le percezioni.

Mi pare una idea costruttivista che nega l’ontologia e scegliendo la strada epistemologica diventa soggettiva in quanto costruisce la realtà.

Ringrazio tutti per l’attenzione posta sull’argomento – ed in particolare paul11 per questa ottima sintesi!
Certo, è una intuizione che andrebbe sviluppata e formalizzata … un sacco di lavoro da fare!
La costruzione di un emulatore della mente umana sarebbe il logico passo successivo.

Citazione:
Originalmente inviato da paul11
Inseriresti un algoritmo di apprendimento bayesiano nell’emulatore della mente umana?
Perché il problema è che l’acquisizione di dati porterà che ogni nuovo dato –soprattutto se indiretto e quindi la credibilità degli agenti che a loro volta sono portatori di conoscenza - non entri in contraddizione con i dati già acquisiti o costruirebbe “rumore”.

Un algoritmo di apprendimento è indispensabile, non so quanto possa essere puramente “bayesiano”. Sarebbe l’elemento qualificante del simulatore.

Citazione:
Originalmente inviato da paul11
C'entra qualcosa la psicologia o è del tutto antipsicologica(essendo un computer nno dovrebbe esserlo)? Perchè vi sono correnti anche psicologiche che trattano la stessa tematica.

Il comportamento degli umani è tutt’altro che razionale (scusate se mi cito https://www.riflessioni.it/scienze/mente-computer.htm)
Gli algoritmi di apprendimento dovrebbero tenere conto (non so in che modo) degli aspetti psicologici.

Citazione:
Originalmente inviato da paul11
...intanto indago...

Ottimo!
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Vecchio 10-10-2013, 15.24.34   #124
Aggressor
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Riferimento: L'esistenza

Sono dello stesso parere di albert circa la conoscenza e, diciamo, l'esistenza. Soprattutto mi sembra opportuno da far notare, per chi cerca di screditare una simile impostazione, che: Citazione: - la discriminante per l’esistenza non è l’essere percepito direttamente, ma avere comunque qualche influenza-anche se del tutto indiretta-sulle mie percezioni. .

Per ciò che riguarda il problema dell'emergere della nostra stessa percezione da ciò che, senza di essa, non dovrebbe esistere (come l'universo prima che arrivasse l'uomo), ho tentado di dare una possibile spiegazione nel post precedente. Semplicemente ammettendo che la coscienza non sia propria solo dell'uomo, la conoscenza dell'universo da parte dei suoi stessi elementi non sarebbe mai stata nulla.
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Vecchio 10-10-2013, 20.47.36   #125
maral
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Citazione:
Originalmente inviato da sgiombo
Semplicemente se c' é qualcosa di realmente esistente non é necessario sia (anche) pensato (non é detto che necessariamente anche, inoltre ci si pensi, ci sia qualcuno che lo pensa).
Su questo sono d'accordo: qualcosa di attualmente non pensato c'è

Citazione:
Mentre se qualcosa é realmente pensato (dunque é reale per lo meno in quanto pensato, oggetto di pensiero, concetto), non é detto che necessariamente esista anche realmente, indipendentemente dal fatto di essere pensato (che qualcosa di reale sia denotato da tale concetto; un qualcosa che in tal caso sarebbe reale anche indipendentemente dall' eventualità che sia pensato, anche qualora non fosse pensato).
Per esempio posso pensare al concetto di "ippogrifo" (che dunque esiste realmente in quanto tale: concetto), senza che esista alcun ippogrifo reale.
Su questo vorrei prima chiederti: cos'è un ippogrifo reale? O anche un gatto reale? Quali attributi non pensati deve avere per essere sicuri che il fatto di pensarli non li renda irreali (non contamini cioè la sua realtà intrinseca)?

Ultima modifica di maral : 11-10-2013 alle ore 09.57.20.
maral is offline  
Vecchio 10-10-2013, 22.09.13   #126
albert
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Originalmente inviato da Aggressor
Sono dello stesso parere di albert circa la conoscenza e, diciamo, l'esistenza. Soprattutto mi sembra opportuno da far notare, per chi cerca di screditare una simile impostazione, che: Citazione: - la discriminante per l’esistenza non è l’essere percepito direttamente, ma avere comunque qualche influenza-anche se del tutto indiretta-sulle mie percezioni.

Sicuro. E' un punto importante.

Citazione:
Originalmente inviato da Aggressor
Ciò a cui voglio arrivare, però, è questo: se ciò che non è immediatamete oggetto della mia esperienza non fosse in qualche senso da me conosciuto, allora io non conoscerei, per esempio, la mia altezza finchè non ci prestassi direttamente attenzione. Quello che voglio dire è che si può conoscere qualcosa allorché non si presti direttamente l'attenzione su di essa. Quando passo sotto una porta, anche se non rivolgo la mia attenzione direttamente alla mia altezza (1,80 cm) non ho paura di sbatterci addosso; la maggior parte delle cose che conosciamo non sono oggetto "diretto" (qui uso la parola "diretto" ad indicare una attenzione specifica rivolta verso l'oggetto conosciuto) della nostra conoscenza, ma semplicemente rimangono come comprensioni inconsce che però influenzano il nostro operato e la nostra percezione esterna. Non presto attenzione al camminare quando passeggio, eppure io conosco/comprendo come si cammina. Di qui, per farla breve, si dovrebbe, a mio avviso, allargare il concetto di "oggetto conosciuto" a ciò che influenza le mie esperienze, senza che si rivolga ad esso una attenzione specifica.

Diciamo che "la mia conoscenza" non è solamente quella cosciente, ma comprende anche tutte le cose che conosciamo più o meno inconsciamente, come l'altezza, ma ci potrebbero essere innumerevoli esempi. Le cose che facciamo "in automatico" sono tantissime. Se vogliamo questo rientra nell'argomento discusso prima, l'uomo non è una entità perfettamente razionale

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Vecchio 11-10-2013, 02.08.14   #127
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Albert, vorrei sapere, a questo punto, cosa ne pensi della mia proposta.

Se si ritenesse ogni ente in grado di "conoscere", l'universo non sarebbe mai nella condizione di non essere osservato; in questo modo non si cadrebbe nel problema di spiegare come gli osservatori siano emersi da un mondo che non potendo essere osservato non poteva nemmeno esistere prima di quelli.

Da un lato si potrebbe obiettare che non possiamo sapere se gli oggetti della nostra esperienza sono osservatori (in ogni caso si potrebbe supporre per convenienza), ma considerando l'impossibilità (pure a mio parere dimostrabile) di distinguere il sé dall'alterità, allora anche questa obiezone crollerebbe. Non ci sarebbe il problema di distinguere il nostro essere da ciò che è il suo "oggetto", e così il problema di non poter ascrivere a questo oggetto ciò che è proprio del sé.
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Vecchio 11-10-2013, 10.22.25   #128
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Originalmente inviato da albert
Diciamo che "la mia conoscenza" non è solamente quella cosciente, ma comprende anche tutte le cose che conosciamo più o meno inconsciamente, come l'altezza, ma ci potrebbero essere innumerevoli esempi. Le cose che facciamo "in automatico" sono tantissime. Se vogliamo questo rientra nell'argomento discusso prima, l'uomo non è una entità perfettamente razionale
Esattamente questo è il punto! Ed è un punto estremamente problematico e tutt'altro che semplice. Nel senso che se è vero che non tutto ciò che sappiamo lo sappiamo immediatamente a livello conscio e razionale è pur vero che consciamente è proprio questo che consciamente e razionalmente sappiamo. "Sappiamo di non sapere", come diceva Socrate, ma non di non sapere nulla, perché proprio questo lo sappiamo e possiamo fissarlo come punto di partenza e di arrivo di ogni autentico percorso di sapere affinché non si disperda nel suo errare.
Ciò che chiamiamo inconscio è dunque il nome che coscientemente diamo a quanto coscientemente sappiamo di non sapere, che sappiamo comunque che esiste. L'inconscio sta fuori di noi in quanto sfugge continuamente alla nostra presa cosciente (e in questo star fuori dà luogo alla realtà del mondo esterno, l'inconscio è il luogo del reale in sé, quel famoso reale incontaminato a cui accenna Sgiombo può trovarsi infatti solo nell'inconscio), ma è anche nella radice più profonda e interna di noi stessi, ossia è alla radice di qualsiasi presa cosciente, di qulsiasi interpretazione e volontà di esistenza. L'inconscio (ciò che sappiamo di non sapere) è ciò che unisce il dentro e il fuori, il soggetto e l'oggetto, il prima e il dopo, ossia l'unico luogo in cui si trova il reale per come è in se stesso.
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Vecchio 11-10-2013, 13.06.15   #129
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Originalmente inviato da maral
Su questo vorrei prima chiederti: cos'è un ippogrifo reale? O anche un gatto reale? Quali attributi non pensati deve avere per essere sicuri che il fatto di pensarli non li renda irreali (non contamini cioè la sua realtà intrinseca)?


Un ippogrifo reale sarebbe un cavallo alato (coi suoi propri attributi, ovviamente; per esempio non quelli di un gatto) esistente (anche se nessuno ci pensa e afferma la sua esistenza).
Un gatto reale é un gatto (coi suoi propri attributi, ovviamente; per esempio non quelli di un ippogrifo) esistente (anche se nessuno ci pensa e afferma la sua esistenza).

Se si pensa qualcosa di reale accade un' ulteriore evento (il pensiero di tale cosa), oltre a quello costituito dall' esistenza reale di tale cosa (che non vedo come potrebbe esserne "contaminata").

Maral:
L'inconscio sta fuori di noi in quanto sfugge continuamente alla nostra presa cosciente (e in questo star fuori dà luogo alla realtà del mondo esterno, l'inconscio è il luogo del reale in sé, quel famoso reale incontaminato a cui accenna Sgiombo può trovarsi infatti solo nell'inconscio), ma è anche nella radice più profonda e interna di noi stessi, ossia è alla radice di qualsiasi presa cosciente, di qulsiasi interpretazione e volontà di esistenza. L'inconscio (ciò che sappiamo di non sapere) è ciò che unisce il dentro e il fuori, il soggetto e l'oggetto, il prima e il dopo, ossia l'unico luogo in cui si trova il reale per come è in se stesso.


Sgiombo:
In queste affermazioni non ci capisco nulla.

Segnalo pertanto un malinteso:
Io non accenno a nessun "reale incontaminato" che "può trovarsi infatti solo nell'inconscio".
Anche perché per me di ciò di cui non si sa (di ciò che é "inconscio") non é possibile dire nulla, non se ne può sensatamente parlare in alcun modo; se non per dire che in teoria ipoteticamente potrebbe anche essere reale (e di fatto probabilmente, anzi pressocché certamente é reale) qualcosa (probabilmente moltissime cose) oltre a ciò che si conosce.
sgiombo is offline  
Vecchio 11-10-2013, 16.26.20   #130
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Albert, vorrei sapere, a questo punto, cosa ne pensi della mia proposta.

Se si ritenesse ogni ente in grado di "conoscere", l'universo non sarebbe mai nella condizione di non essere osservato; in questo modo non si cadrebbe nel problema di spiegare come gli osservatori siano emersi da un mondo che non potendo essere osservato non poteva nemmeno esistere prima di quelli.

intendi considerare ogni ente in grado di conoscere? Potresti magari (scusa) esemplificare più dettagliatamente?

come prima impressione mi sembra ragionevole - ma peraltro ritengo che in una visione solipsistica il problema di come "emergano" gli osservatori è uno di quelli che semplicemente non possono essere affrontati.

albert is offline  

 



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