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Filosofia - Forum filosofico sulla ricerca del senso dell’essere.
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Vecchio 27-02-2008, 15.38.56   #131
emmeci
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Riferimento: Quale futuro per la Metafisica?

Dunque metafisica, nell’interpretazione comune - che è anche quella di chi ha risposto nel forum e forse di molti filosofi - evoca una fede nel divino contro la provvisoria evidenza di ciò che percepiamo e di cui ci serviamo.
Ma domandiamoci: può la religiosità essere intesa come metafisica in tutta la sua estensione, dalle età primitive ad oggi? No, quel concetto nasce solo con l’avvento della filosofia, cioè con la presenza storica della Grecia: una metafisica può avere senso solo nei termini in cui è stata intesa dopo Aristotele quando, sia pure per un equivoco, è nato il concetto di metafisica come conoscenza del puro essere in confronto a ciò che solo fisicamente è: e proprio in questo senso metafisica può essere attribuita ai filosofi presocratici, capitanati da Parmenide, indi alla dottrina platonica delle idee e al pensiero che pensa sé stesso di Aristotele – cioè all’essere vero in confronto a ciò che sperimentiamo fisicamente e di cui parliamo quotidianamente, tanto che non si può affermare che ciò che in Grecia era sentito come divino sia metafisica e solo con l’avvento e il propagarsi delle religioni orientali metafisica è diventata la geografia del divino e si è quasi identificata con la religiosità, che pure era nata assai prima di essa per impulsi e motivazioni diverse, cioè religiose.
Ora il problema sollevato da Koli è stato forse interpretato in questi termini: può una metafisica così intesa, cioè come regno di Dio, avere un futuro?
Ma perché pensare – come quasi tutti, per tradizione o abitudine fanno, che sollevarsi sopra la fisica voglia dire entrare in un luogo abitato da angeli che gorgheggiano intorno al trono divino? Perché non lasciare questo idolo dello spirito e non credere che metafisica possa ancora avere un senso più vicino a quello dei filosofi greci – e che si possa attraverso di esso non abbandonare ciò che vediamo ma comprenderlo meglio, abbandonare l’incanto di quel frivolo paradiso anche a costo di affrontare il brivido dell’ignoto, la vertigine che può cogliere sentendo che l’universo ha in sé ritmi e potenzialità più alte di una semplice pietra, di un vegetale e perfino di un essere umano? Perché nel momento che si tenta di superare i limiti di una logica della scienza qualcuno sembra sussurrare: lo vedi che resta solo la fede in ciò che dice la religione? Forse è più serio cercare di scoprire che cosa c’è di sbagliato in questa contrapposizione di scienza e fede, cioè di un universo fisico e uno paradisiaco, lasciando magari la scienza per la filosofia e cercando di scoprire, con la forza del pensiero, qual è il senso dell’essere senza cedere a quel balzo mortale che ha trasformato l’ontologia aristotelica nell’esibizione di un magico prestigiatore, cioè in un Dio che è un simulacro dell’uomo? Metafisica…un titolo escogitato dai rilegatori delle opere aristoteliche che è diventato la chiave di volta dei filosofi religiosi. No, la risposta alla domanda dell’essere non può trovare questo esito consolante, l’ansia che muove la nostra mente a oltrepassare i limiti della scienza non può arenarsi, come la barca di Ulisse, sulla spiaggia dove lo attende una maga o ai piedi di una scala che conduce verso un ipotetico paradiso.
La vera metafisica non è il paradiso perduto, non è là dove gorgheggiano gli angeli e s’innalza il trono di un Dio che è un simulacro dell’uomo….Forse è là dove non si vede nulla perché è quello che io chiamo l’assoluta verità, che noi non conosciamo e che potrebbe essere proprio ciò che vediamo coi nostri occhi mortali, cioè la materia e la vita di questo universo, vorrei dire la metafisica di questo essere, questo uscire da un fiat che è solo un inizio e vola al di là di galassie, stelle e pianeti, atomi e cellule, vita e pensiero, cercando ciò che ancora non è ma sarà servendosi solo di quel respiro che è dentro quello che esiste o cui è possibile esistere, generato e ucciso senza altro fine che non sia il bisogno di essere quell’infinito che è la sola metafisica della fisica. E anche se una metafisica come generalmente si è intesa non è più sostenibile, un mondo come questo non vale il mondo di un Dio?
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Vecchio 27-02-2008, 16.49.56   #132
spirito!libero
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Riferimento: Quale futuro per la Metafisica?

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Originalmente inviato da sileno
ma la conoscenza è di per sè un'altra cosa rispetto all'esperire un vissuto interiore; la conoscenza è inseparabile dalla comunicazione dei contenuti della conoscenza...

Pienamente d'accordo, ma pare che questo concetto in molti foristi per ragioni ignote (o forse troppo note) non possa penetrare. Comunque io non parlavo di conoscenza, ma semplicemente della parola "dio".

Saluti
Andrea
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Vecchio 27-02-2008, 16.57.35   #133
Noor
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Riferimento: Quale futuro per la Metafisica?

Citazione:
Originalmente inviato da sileno
la conoscenza è inseparabile dalla comunicazione dei contenuti della conoscenza..
Parli di conoscenza scientifica evidentemente..
per altra conoscenza si fa solo una "traslitterazione" dialettica,ma non tocca la vera realtà di cui si parla:
"Il tao di cui si può parlare no è il vero tao": Lao-tse
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Vecchio 27-02-2008, 20.25.48   #134
sileno
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Riferimento: Quale futuro per la Metafisica?

Citazione:
Originalmente inviato da emmeci
Dunque metafisica, nell’interpretazione comune - che è anche quella di chi ha risposto nel forum e forse di molti filosofi - evoca una fede nel divino contro la provvisoria evidenza di ciò che percepiamo e di cui ci serviamo.
Ma domandiamoci: può la religiosità essere intesa come metafisica in tutta la sua estensione, dalle età primitive ad oggi? No, quel concetto nasce solo con l’avvento della filosofia, cioè con la presenza storica della Grecia: una metafisica può avere senso solo nei termini in cui è stata intesa dopo Aristotele quando, sia pure per un equivoco, è nato il concetto di metafisica come conoscenza del puro essere in confronto a ciò che solo fisicamente è: e proprio in questo senso metafisica può essere attribuita ai filosofi presocratici, capitanati da Parmenide, indi alla dottrina platonica delle idee e al pensiero che pensa sé stesso di Aristotele – cioè all’essere vero in confronto a ciò che sperimentiamo fisicamente e di cui parliamo quotidianamente, tanto che non si può affermare che ciò che in Grecia era sentito come divino sia metafisica e solo con l’avvento e il propagarsi delle religioni orientali metafisica è diventata la geografia del divino e si è quasi identificata con la religiosità, che pure era nata assai prima di essa per impulsi e motivazioni diverse, cioè religiose.
Ora il problema sollevato da Koli è stato forse interpretato in questi termini: può una metafisica così intesa, cioè come regno di Dio, avere un futuro?
Ma perché pensare – come quasi tutti, per tradizione o abitudine fanno, che sollevarsi sopra la fisica voglia dire entrare in un luogo abitato da angeli che gorgheggiano intorno al trono divino? Perché non lasciare questo idolo dello spirito e non credere che metafisica possa ancora avere un senso più vicino a quello dei filosofi greci – e che si possa attraverso di esso non abbandonare ciò che vediamo ma comprenderlo meglio, abbandonare l’incanto di quel frivolo paradiso anche a costo di affrontare il brivido dell’ignoto, la vertigine che può cogliere sentendo che l’universo ha in sé ritmi e potenzialità più alte di una semplice pietra, di un vegetale e perfino di un essere umano? Perché nel momento che si tenta di superare i limiti di una logica della scienza qualcuno sembra sussurrare: lo vedi che resta solo la fede in ciò che dice la religione? Forse è più serio cercare di scoprire che cosa c’è di sbagliato in questa contrapposizione di scienza e fede, cioè di un universo fisico e uno paradisiaco, lasciando magari la scienza per la filosofia e cercando di scoprire, con la forza del pensiero, qual è il senso dell’essere senza cedere a quel balzo mortale che ha trasformato l’ontologia aristotelica nell’esibizione di un magico prestigiatore, cioè in un Dio che è un simulacro dell’uomo? Metafisica…un titolo escogitato dai rilegatori delle opere aristoteliche che è diventato la chiave di volta dei filosofi religiosi. No, la risposta alla domanda dell’essere non può trovare questo esito consolante, l’ansia che muove la nostra mente a oltrepassare i limiti della scienza non può arenarsi, come la barca di Ulisse, sulla spiaggia dove lo attende una maga o ai piedi di una scala che conduce verso un ipotetico paradiso.
La vera metafisica non è il paradiso perduto, non è là dove gorgheggiano gli angeli e s’innalza il trono di un Dio che è un simulacro dell’uomo….Forse è là dove non si vede nulla perché è quello che io chiamo l’assoluta verità, che noi non conosciamo e che potrebbe essere proprio ciò che vediamo coi nostri occhi mortali, cioè la materia e la vita di questo universo, vorrei dire la metafisica di questo essere, questo uscire da un fiat che è solo un inizio e vola al di là di galassie, stelle e pianeti, atomi e cellule, vita e pensiero, cercando ciò che ancora non è ma sarà servendosi solo di quel respiro che è dentro quello che esiste o cui è possibile esistere, generato e ucciso senza altro fine che non sia il bisogno di essere quell’infinito che è la sola metafisica della fisica. E anche se una metafisica come generalmente si è intesa non è più sostenibile, un mondo come questo non vale il mondo di un Dio?

Io penso invece che la omni-pervasività di Dio nella indagine metafisica abbia origine proprio in Aristotele...ora lasciando da parte l'errore della denominazione "metafisica" Aristotele individuava una "sapienza", distinta dalla techne, volta allo studio dell'universale e dei principi e delle cause prime...ora nel regresso della catena delle cause Aristotele stesso parla della causa prima, come causa incausata...ed è qui che compare Dio; Aristotele non disdegna spesso di chiamare la sapienza come scienza del divino...
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Vecchio 27-02-2008, 20.29.39   #135
sileno
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Riferimento: Quale futuro per la Metafisica?

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Originalmente inviato da Noor
Parli di conoscenza scientifica evidentemente..
per altra conoscenza si fa solo una "traslitterazione" dialettica,ma non tocca la vera realtà di cui si parla:
"Il tao di cui si può parlare no è il vero tao": Lao-tse

certo che parlavo di conoscenza scientifica...anche se lo stesso potrebbe dirsi anche delle conoscenze più banali...mi pare difficile che possa esserci una conoscenza senza un contenuto...secondo te ci può essere conoscenza di nulla?
sileno is offline  
Vecchio 27-02-2008, 21.50.13   #136
spirito!libero
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Riferimento: Quale futuro per la Metafisica?

Citazione:
“Condivido il pensiero di Dario Antiseri che la metafisica è necessaria alla scienza e dannosa per la fede”

E ancora estrapolazioni senza un minimo di spiegazione, mi chiedo se tu non ti renda conto del tuo modo di agire, effettivamente il tuo unico scopo è persuadere attraverso sentenze, il mio, al contrario, è cercare la verità.

Di quale metafisica sta parlando il cattolico Antiseri ? (io lo so ma lo chiedo a te). Comunque qualsiasi essa sia, si sta riferendo al momento della “scoperta” ove, io prima di te, ho affermato che tutto può essere utile a far nascere un’ "intiuizione” compresa la fantasia più sfrenata, ambito (la fantasia sfrenata) di cui la metafisica fa pienamente parte.

Non che mi interessi particolarmente, ma visto che lo citi a favore dei lettori scopriamo che posizione ha questo filosofo:

"fallibilista nella concezione della scienza e della filosofia, se in metaetica essere relativisti equivale all’incapacità di fondare razionalmente in maniera ultima e definitiva le proprie scelte etiche, lo mi dichiaro relativista. Se essere fideisti equivale a dire che la scelta di fede non è l’esito di argomentazioni metafisiche quanto piuttosto il risultato di un’opzione radicale, io mi dichiaro fideista. Se per nichilismo si dovesse intendere l’impossibilità a parte hominis di costruire un senso assoluto della vita, se nichilismo, in altri termini, significa un nihil di senso assoluto costruito con mani umane, io mi dichiaro nichilista. Se “pensiero debole” equivale alla riconquista razionale della contingenza umana, io mi schiero a difesa del pensiero debole. Dunque: fallibilista, relativista, fideista, nichilista e difensore della forza del pensiero debole. Una prospettiva razionale che non cancella lo spazio della fede e che sta a base della società aperta e dell’identità dell’Europa."

Insomma fallibilista alla Popper, relativista etico, fideista nel senso che la fede non è ragione ma un salto radicale nel buio, nichilista nel senso che l'uomo non può giungere ad una verità assoluta, pensiero debole per la riconquista della razionalità e contingenza umana, a te le opportune deduzioni.



Saluti
Andrea
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Vecchio 27-02-2008, 22.39.36   #137
Noor
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Riferimento: Quale futuro per la Metafisica?

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Originalmente inviato da sileno
certo che parlavo di conoscenza scientifica...anche se lo stesso potrebbe dirsi anche delle conoscenze più banali...mi pare difficile che possa esserci una conoscenza senza un contenuto...secondo te ci può essere conoscenza di nulla?
Ciò che consideravo si riferisce proprio all'aspetto epistemologico della faccenda...
Cioè,osservavo che non è tanto il contenuto il punto secondo me,quanto se ci possa essere conoscenza senza conoscitore,osservazione senza osservatore,oggetto senza
soggetto o meglio infine le due cose possano fondersi..
Impossibile direte..ma non lo è ,visto che ciò è esperibile e non si parla di allucinazioni (ci sono studi anche su questa conoscenza esperibile durante la meditazione..).
Sono OT?
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Vecchio 04-03-2008, 22.39.19   #138
epicurus
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Riferimento: Quale futuro per la Metafisica?

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Originalmente inviato da spirito!libero
Se lui "sente" che quell'esperienza è ciò che lui crede essere Dio certamente !

E' proprio perchè Dio è inesprimibile che ogni mistico può farci rientrare ogni esperienza che lui ritiene trascendente.


Si era partiti col dire che dio è indescrivibile. Bene. Poi si è detto che è però conoscibile tramite esperienze mistiche.
Ma com'è possibile?! Come può il mistico sapere che tale esperienza mistica è una esperienza con dio? Cos'è che lui sente? Non può sentire che tale esperienza è con dio, perché non sa neppure dare un significato a tale parola.

Comunque, mi sembra che almeno tutti concordiamo che non si può fondare una metafisica su esperienze private ed incomunicabili. Quindi non rimane che l'altra opzione da me proposta: "dio-cattolico" è una parola che si riferisce ad un ente che è ........; "dio-epicurus" è una parola che si riferisce ad un ente che è .........; etc...

Quindi, in definitiva, è che se ne può parlare.
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Vecchio 05-03-2008, 09.08.31   #139
Noor
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Riferimento: Quale futuro per la Metafisica?

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Originalmente inviato da epicurus
Come può il mistico sapere che tale esperienza mistica è una esperienza con dio? Cos'è che lui sente? Non può sentire che tale esperienza è con dio, perché non sa neppure dare un significato a tale parola.
Ma cosa dici?
Non sarà comunicabile a chi non ha avuto esperienza..
Tant'è che le esperienze di tutte le culture sono assimilabili:anzi sono "quelle".
Leggere Meister Eckhart o Shankara o Platone..in fondo mostrano la stessa cosa con linguaggi diversi,con diversi Logos..ma convergono lì..SONO DEI PUNTI BEN PRECISI dell'esperienza mistica e non ci si può sbagliare.
Questa è la metafisica chiamata Philosophia Perennis ,che oltre a indicare l'esperienza trascendente offre gli spunti per la Trasformazione.
(Era la filosofia sino a Socrate ,dalle nostra parti, per capirci..)

PS Negli ultimi anni,visto l'allontanarsi della filosofia da quest'asse e diventare solo una branca specializzante del sapere umano, ci ha pensato la Psicologia Transpersonale ad unificare e tentare di sistemare le cose,e a farne un linguaggio comune (Ken Wilber soprattutto)
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Vecchio 05-03-2008, 18.53.44   #140
emmeci
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Riferimento: Quale futuro per la Metafisica?

Invece di partire dall’alto vorrei, almeno questa volta, partire dal basso, cioè non dalla metafisica ma dalla fisica, concentrandomi sulla teoria dell’evoluzione. Certo l’idea dell’evoluzione naturale è una delle più grandiose che l’uomo abbia concepito nel suo cammino verso la verità: ci sono però diversi motivi che sembrano renderla ancora poco accettabile non solo dai religiosi ma dall’uomo comune e che cominciano, naturalmente, dalla riluttanza ad accettare l’idea che noi veniamo dal basso, cioè che la nostra origine possa affondare non tanto nel fango (anche la Bibbia lo afferma) quanto in esseri simili all’uomo ma dotati per esempio di coda e di corna, capaci di squittire o muggire ma non di parlare.
Nella sua formulazione più attuale, però, la teoria non può più giustificare queste conclusioni immaginarie e volgari – essa si basa su fattori razionalmente fondati, quali la variazione, la trasmissibilità della variazione, l’importanza dell’adattamento e della selezione naturale. C’è però una costante, che non viene messa in evidenza tanto dallo scienziato ma che colpisce il profano e forse anche il filosofo: voglio dire la morte. Perché, sì, la vita è la materia prima di questa teoria, mentre la morte è però il cardine dell’idea: sottintesa, ma alla fine dimostrata non solo necessaria ma quasi banale, considerata come un elemento strategico, direi con la stessa indifferenza con cui uno stato maggiore considera gli uomini come elementi da spedire al massacro. Direte che è proprio così che matura la scienza? Sarà, anche se forse proprio per questo io non sono scienziato e mi sono ammalato di filosofia….Però un certo imbarazzo mi sembra che colga anche i teorici dell’evoluzione quando devono spiegare perché ci sono delle specie animali in cui l’individuo sembra condotto dall’evoluzione a sacrificarsi per la sopravvivenza del gruppo, spiegazioni che, francamente, mi sembrano arzigogolate se non sibilline. In fondo, però, anche una verità come questa, cioè che proprio per natura l’amore prevale sull’egoismo non so quanto sarebbe accolta da un avaro o un misogino, così come da un intellettuale non lo sarebbe quell’altro aspetto della teoria, che sembra considerare anche il pensiero un prodotto dell’evoluzione - e forse questo sarà anche spiegabile in termini fisici, cioè in termini di neuroni, ma in termini di logica più monellesca di quella scientifica, da che cosa può essere giustificata una natura che reprime sé stessa, che si lascia mettere da parte con tanta facilità, e perfino ignorata di fronte a realtà come la mente, lo spirito, Dio….. E, soprattutto, come può una teoria che mette in primo piano la morte, ossia fa della morte il vero strumento della selezione e quindi dello sviluppo dell’uomo essere facilmente accettata dai benpensanti: ma come, la vita dell’uomo è un tentativo continuo di vincere o dimenticare la morte, la fede ci spinge ad andare al di là della nostra breve esistenza, la cultura intera è un tentativo di guadagnarsi l’eternità, e invece siamo non solo condizionati da geni esclusivamente fisici ma non abbiamo nessun potere, di fronte ad essi, su ciò che siamo e saremo?…..E che cos’è lo sforzo di poeti, filosofi, moralisti….una inutile sovrastruttura ancora meno significativa di quella che Marx bollava come falsa coscienza? E allora le soluzioni a questo problema possono essere: o gli evoluzionisti ci fanno capire quale è il rapporto fra l’evoluzione della natura e la nascita del pensiero - una strategia della specie homo che ci fa credere di essere superiori alla natura mentre obbediamo ad essa? O un tipo di evoluzione in cui entrano in gioco fattori nuovi e ignorati da Darwin, per ora inattaccabili come quei batteri che non si sono ancora abituati agli antibiotici?
Eppure quella teoria potrebbe costituire non una definitiva cancellazione del finalismo asserito dalle religioni e verosimilmente passato di moda, ma anzi una sua esaltazione. Dopo tutto, c’è la possibilità di estendere quella legge all’intero universo, e allora non solo il piccolo debole uomo ma l’intera massa di atomi e di fotoni, cioè tutte le galassie e supergalassie sarebbero per così dire spinte come da una forza ad ascendere – sempre per ragioni fisiche – non verso un buco nero ma verso una superiore e forse sublime realtà….
Oppure dobbiamo pensare che esistano veramente due universi: quello della natura e quello - stavo per dire dello spirito, ma è fuori moda - dirò della mente, cioè l’universo fisico in cui impera la legge evoluzionistica e quello metafisico che ha altre leggi e altri profeti? E di quale universo noi ci sentiamo veramente abitanti?
emmeci is offline  

 



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