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Filosofia - Forum filosofico sulla ricerca del senso dell’essere.
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Vecchio 25-11-2007, 15.04.36   #161
emmeci
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Riferimento: Il concetto di infinito

Poiché è stata qui citata, con Anassimandro, la Grecia, vogliamo farvi una capatina, senza dimenticare il tema su cui dobbiamo rispondere? Tutto è concentrato, mi sembra, in quello che per me è il misterioso ma supremamente fertile controsenso della grecità, cioè la sua essenza di civiltà chiusa ed aperta, in una figura che potrebbe essere rappresentata da un arco pronto a scoccare la freccia.…Polis e ansia marina, una popolazione stretta intorno a un’acropoli che incanta per la sua compiutezza formale e nello stesso tempo guarda alle rive d'Egeo e incita a fondare nuove nazioni – la Grecia è l’origine della nostra storia nella sua prolifica diversità, nel ripetersi dei Rinascimenti, nelle rivoluzioni che infrangono e fanno rinascere quell’equilibrio fra brama di avventura e ritorno a casa, quell’instancabile flusso sospeso fra l’orgoglio di considerarsi un popolo diverso e quasi una specie a sé definendo barbari gli altri, e il piacere di estrarre dal proprio sangue ricchezze da donare a tutti; fra la coscienza d’aver superato le estasi e i fumi di una religione e il gusto di poterla riconquistare, mentre la sua letteratura gronda di parole sacre senza dover chiedere licenza a nessuno e senza nascondersi a scrivere dentro cripte o cantine. E, suprema sintesi delle contraddizioni, una Grecia creatrice di storia pur avendo orrore dell’infinito.
Si è detto che la Grecia aveva questa diffidenza dell’infinito ed è rimasta abbacinata dalla figura del circolo fin dalle origini, fino a raffigurarlo nei miti eroici ed uranici e nei cicli, da essi sbocciati, dell’epica affollata di stirpi umane e divine, che sempre riaffiorano nella sua arte fino ad esprimersi in maniera emblematica nella lirica e nel teatro - in quell’anello del coro che corona lo sforzo di suscitare dal proprio ethnos un ethnos più alto, selvatico e superumano, facendo rinascere nella danza di satiri-dei il ritmo stesso dell’Ellade. Ma dunque come ha potuto la sostanza greca, chiamata a formare l’uomo kalos kagathos come modello supremo, dare origine a una storia che continuamente si muta e non sembra finire? Forse il mistero di questa ambiguità sconvolgente trova il suo fuoco e il suo cuore nella filosofia della Grecia, cioè in quel tornare e tornare a cercare la verità, senza favoritismi e senza censure ma anche senza compromessi o capitolazioni, fino ad aprirsi, dopo i secoli del paganesimo cioè di un lucente umanesimo, agli inviti di religioni che arrivavano alle coste elleniche dalle coste orientali imprimendo una vita nuova al pensiero greco e spingendolo a trasformare lo stesso pensiero orientale e a educare quello ebraico e cristiano. Senza distruggere quell’idea ciclica di perfezione, ma insegnandola ai barbari perché essa era in fondo perennemente in tensione, come l’arco destinato a scoccare la freccia, cioè con l’infinito dentro di sé: forse come in quell’ultimo sogno in cui, con le parole “eterno ritorno dell’uguale”, Nietzsche sembrò affermare che ogni esistenza, in ogni suo attimo, ha il suo senso in sé, sigillando il suo genio col tornare a qualcosa di sublimemente greco che connetteva in lui stesso la fine al principio, cioè la Grecia alla Grecia, prima di perdersi nella follia.
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Vecchio 25-11-2007, 21.46.46   #162
koan
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Riferimento: Il concetto di infinito

Citazione:
Originalmente inviato da emmeci
Poiché è stata qui citata, con Anassimandro, la Grecia, vogliamo farvi una capatina, senza dimenticare il tema su cui dobbiamo rispondere?
Tutto è concentrato, mi sembra, in quello che per me è il misterioso ma supremamente fertile controsenso della grecità, cioè la sua essenza di civiltà chiusa ed aperta, in una figura che potrebbe essere rappresentata da un arco pronto a scoccare la freccia.…
[...]
Senza distruggere quell’idea ciclica di perfezione, ma insegnandola ai barbari perché essa era in fondo perennemente in tensione, come l’arco destinato a scoccare la freccia, cioè con l’infinito dentro di sé: forse come in quell’ultimo sogno in cui, con le parole “eterno ritorno dell’uguale”, Nietzsche sembrò affermare che ogni esistenza, in ogni suo attimo, ha il suo senso in sé, sigillando il suo genio col tornare a qualcosa di sublimemente greco che connetteva in lui stesso la fine al principio, cioè la Grecia alla Grecia, prima di perdersi nella follia.
La forza della cultura ellenica che affonda le sue basi nell'antica Grecia trova la sua luce, il suo splendore nelle potenzialità del pensiero umano, atto alla ricerca della verità condensata nell'apparenza delle diverse forme dell'esistenza ..
Tutto deve seguire un senso, come l'uomo e la donna danno senso al tutto, in qualità di Signori di un Disegno in cui essi si muovono e ne sono gli interpreti e al contempo spettatori/testimoni più illustri... La logica dell'essere capace di scrutare ogni essenza ed esistenza al di là di ogni pragmatismo ed empirismo: gli strumenti fisici sono limitati e limitanti, da tarare ripetto alla persona, mentre l'essere umano non può essere materializzato nel pensiero della sua mente cosciente/sapiente di tutto; nella presunzione che niente sarebbe qualcosa senza la persona umana che la rendesse tale, raffigurandola/realizzandola nel pensiero indefinibile del proprio sé.

La Mente prende il comando sul Corpo, come il Divino domina incontrastato il mondo e l'esistenza, perdendosi nell'illusione di ciò che non è, in una ruota senza fine a cui tutto è destinato a girare senza mai fermarsi. Da cui il bello, l'amabile e il voluttuoso, l'immane ed il perfetto, il portentoso e il vigoroso, l'idealistico, il satirico ed il sofistico-poetico, il magico ed il fantastico, il predestinato, l'eterno ed il mortale... il godimento di quanto è irreale.

La ricerca dell'infinito muove guerra all'immanenza della vita e della sofferenza dell'esistenza ..

La ricerca greca del vero trovo si sia a lungo andare arenata nello scoglio insormontabile dell'idilliaco e nella proiezione di sé attraverso il fantastico ed il mitologico; nel rifiuto dell'imperfezione e della realtà di tutti i giorni da riempire idealisticamente.
La filosofia matematica ed il sofismo provengono proprio da tale logica essenziale del pensiero greco, oltre il materiale, oltre l'immanente e dunque più proprio dell'infinito, del perfettissimo, del sempre eterno...

Questa cultura constato che oggi sia stata sorpassata dalla necessità di provare ogni cosa ( dentro e fuori di noi ), sperimentarle nella pratica della funzione fisica delle cose, nell'empirismo al cui vaglio deve soggiacere e sottostare la/qualunque relativistica "verità", dietro la forma dell'esistenza/della "sostanza" e delle cose. Quel credere in tutto ciò che possa toccare con mano e vedere con gli occhi, misurare attraverso uno strumento da me costruito, il quale è in grado di rispondere ai miei input con altrettanti e corrispettivi output: vedere e sentire attraverso qualcosa che non si muove da sé e non respira, freddo e che non parla e non sente il bene o il male, non ama .. eppure anche questo la scienza virtuale ed umanoide oggi permette, assicurandocela, a modello d'uomo/donna, da cui ormai dipendiamo e attraverso cui - non senza - anche siamo.
Non più: penso dunque sono; ma: sono dunque funziono ..
L'infinito è divenuto metafisico, in quanto nessuna fisica o matematica hanno potuto ancora materializzarlo, senza arrivare anche ad un assurdo. Tutto però funziona, con le dovute osservanze, e senza una causa predefinita/preesistente, dunque non esiste una causa... non serve, non ne abbisogna l'effetto per poter funzionare a rigor di logica.
L'infinito non esiste se non nell'assurdo del nostro pensiero, dunque va materializzato attraverso di un conto o una misura, convenzionato .. nell'eccezione la conferma della propria regola; pur di non vedere oltre, pur di non comprendere quanto andasse al di là della staccionata del proprio circospetto.

L'infinito diviene così l'inDEfinito, il pensiero diviene oggetto del cervello e non più soggetto della materia. Esistono sensi fisici ed esistono sensi spirituali, ma meglio di essi sono i sensi materiali sviluppati da strumenti fatti da mani d'uomo/donna. Quello che posso pensare e comprendere è attraverso tali input/output... L'evoluzione dell'uomo/donna li porta a divenire robot.
Questo lo sto scrivendo per tentare di toccare quello che siamo diventati, riacquisendone la percezione, ed al fine di provare a riaprire quella porta dell'infinito che continua ad esistere e ad essere dentro e fuori di noi.
Come si può comprendere l'infinito attraverso strumenti di fattura umana, come si può raggiungere l'infinito attraverso formule elaborate dalla mente umana, come si può conoscere chi siamo ( un animale non se lo domanderà mai ) se abbiamo bisogno della conferma esterna o di una logica da noi formulata per riflettere come in uno specchio il risultato e non la causa di ciò che realmente siamo diventati ..

Un cieco non può guardare oltre il proprio naso: tutto serve per noi; non noi il tutto, dipendendo da esso.
Questo credo: l'Infinito non si trova all'infuori di noi...
L'Infinito non produce il definito, ma l'inDEdinito, da cui tutto: che cosa avviene quando si rompe la barriera del suono... che cosa avviene oltre il limite della velocità della luce... che cosa avviene nel momento della morte... l'inDEfinito apre all'Infinito ( dentro e fuori di noi ), Esso credo non sia lontano da ognuno di noi... Esso è quanto E' e può essere "misurato" di Dio.
koan is offline  
Vecchio 26-11-2007, 16.15.18   #163
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Riferimento: Il concetto di infinito

Caro emmeci
Come ebbi a dire tempo addietro
Tra l’essere la somma di cento dotti di salamanca che si sono persi nelle loro stesse parole, infarcite di incapacità a comprendere, scelgo mille volte di essere Cristoforo Colombo.
Seminare certe, datate amenità, non toglie che non si debba, aprire la mente a semplici considerazioni.
Se uno non ha le capacità o la creatività di pensare altro, ritorna sempre sui propri limiti.
Se uno non riesce a uscire da quelle specifiche rotaie dove la congrega di Salamanca l’ha cristallizzato, cosa puoi dire o aggiungere.
Devo ridirlo quante volte e come, che se richiamo ad un infinito, “è perché proprio da esso, giungono risposte non indefinite , ma chiare a chi ha occhi per vederle o capirle, che farebbero fare passi giganteschi alla scienza, al pensiero, alla spiritualità ed alle stesse religioni!”.
Solo che a questi dotti di Salamanca sono necessarie le traduzioni, e innalzano altari a quanto riescono a percepire, null’altro che a quello.
Ed è giusto, rispettabile averne rispetto.
Ma la dialettica dotta ed addottrinata, resa affascinante da refusi di una cultura, in senso lato, cristallizzata, non produce che un futuro “rallentato” che ha perso l’orientamento vero e reale, il quale, invece, è abbacinante quanto è chiaro a chi lo sa vedere.
Non riuscite a vedere i segni che dettano indicazioni addirittura semplici se intravisti?
Come non potete vederli?
Come non potete riuscire a vederli?
Sono lì, chiari da anni e i dotti di Salamanca “gigioneggiano” ancora su argomenti che non solo offuscano, le loro menti, ma anche quelle di chi non ha la capacità ne i mezzi per sfrondare , ottenebrando loro cosi, il semplice percepire.
Le sirene di Salamanca, vogliono incantare o non si accorgono, forse, di essere incantati da loro stessi.
Non solo l’infinito fa loro paura, ma “l’orrido” li rendono incapaci di guardarlo negli occhi, dove forse potrebbero, imprevedibilmente, trovarvi, risposte che nessuno o pochi hanno già intravisto.
Esso, l’infinito reale, è tale proprio per la sua possibilità di fornirci soluzioni e risoluzioni proprio nel nostro reale umanistico e concreto.
Non è astrazione fine a se stessa.
Soluzioni in tutti i campi dell’umanità.

Basta “Samalanchesi ” con la vostra trita e ritrita rimpatriata sui verdi pascoli dell’oblio delle conoscenze che accarezzano le vostre menti sature di cose dette o scritte da altri, mandate a memoria, perché questo è il vostro essere dotti.
Cose, che hanno fatto il loro tempo e in tutti i campi, rese sacrali.
Questa non è sofistica o filosofia o altro, è più realtà della vostra realtà se solo la percepiste.

Quelle vostre cose, tanto amate, è vero ci hanno portato fin qui!
Ma non immoliamoci su esse.
Anzi, non vedete, che loro stesse ci indicano i nostri “segni dei tempi” molto maturi da cogliere?
Ringraziamole, salutiamole, ma smettiamola di ammantarci e pavoneggiarci con esse.
Non facciamo diventare “certezze” le negazioni di tutto il resto, solo perché non sappiamo cogliere o non vogliamo cogliere.
.
L’infinito, è la nostra fonte energetica e indicativa, di soluzioni sempre più avanzate dei problemi e delle limitazioni che ci creiamo sulle paure dei nostri limiti, o sulle paure alimentate a dismisura dei nostri limiti.
Non ci sono sacralità, in ogni campo, che dobbiamo sostenere, se esse ci portano a dubitare di noi stessi e delle nostre potenzialità, verso un’accresciuta consapevolezza, che non deve lasciarci mai più abbarbicati, con la bocca aperta, sui suadenti e fascinosi fraseggi dei dotti di Salamanca che hanno ancora patria e alloggio in ogni configurazione dell’umano.
Non è “volontà di potenza” riformatasi sui detriti di edifici crollati questa.
E’ solo desiderio che certi edifici, che sono, non solo apparentemente, rimembranze, di se stesse, con cordoni ombelicali millenari dai quali ancora succhiano, non siano più fornitori di obsolete e impotenti indicazioni.
Basta, con i rocamboleschi giocolieri, dalla suntuosa, altezzosa e caramellosa sapienza, tratta da libri sacrali, antichi o attuali, che cristallizzano, a danno dell’umanità purtroppo, le insorgenze vistose di un infinito che ci esorta a strappargli ciò che fortemente ci è necessario.

Caro EMMECI non sconfortarti a giustificare ogni “accorrere” in aiuto del proprio orticello solo perché questi non vedono aldilà di quello.
Sei grande, scegli da grande quale sei, cosa fare e cosa dire, senza alcuna paura.
Non sei semplicemente un dotto di Salamanca, e potresti essere, senza sforzo, un Cristoforo Colombo.
Con affetto e stima ciao
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Vecchio 27-11-2007, 17.36.09   #164
emmeci
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Riferimento: Il concetto di infinito

Un Cristoforo Colombo, Speculatore a 360°? O un Ulisse a cui non bastava una moglie fedele e un regno ma volle scoprire che cosa ci fosse al di là dell’oceano che confinava con l’orizzonte terrestre? Forse quello che cerco è insieme più modesto e ambizioso, perché è ciò che muove ogni bruco e ogni popolo della terra, ogni atomo e galassia dell’universo - è la ricerca dell’assoluto, che nessuno conosce e che tutti vorremmo conoscere - per questo siamo così attratti dalla parola infinito, perché forse solo se potessimo avere dimensioni infinite potremmo arrivare a sfiorarlo. Ed è questo che si nasconde nel mistero sordido e allucinante dell’agonia, perché solo la morte che infrange la nostra sostanza può assicurarci una specie di eternità dissolvendoci in altri esseri vicini e lontani, dolci o terribili ma tutti degni di vivere e come noi di morire – dunque è questo ciò che veramente Colombo cercava, è questo che spinse Ulisse alla sua ultima impresa?
E se il nostro pensiero non sa concepire un universo infinito, e nessun capitano coraggioso di questi giorni saprebbe a quale corrente, quale vento, quale stella affidarsi, forse è proprio la morte che ci verrà in aiuto spingendoci a un viaggio senza ritorno, un viaggio che comincia da una misera tomba e può arrivare alle rive di quell’oceano al fondo del quale è per noi il paradiso. Sì, ciò che sembra dar pace all’anelito che ci fa nascere e passerà ai nostri figli e ai figli dei figli, è proprio questa parola - Infinito.
emmeci is offline  
Vecchio 27-11-2007, 20.25.13   #165
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Riferimento: Il concetto di infinito

caro emmeci
solu tu sai darmi quelle emozioni di splendida gaiezza pur, nel torcere delle budella. che si avvertono nelle tue parole.
Sei particolare e insolito credimi.
Mi commuovi e mi fai sorridere nello stesso tempo.
Mi esalta la tua appassionata attenzione a tutto ciò che potrebbe far squillare un tintinnio nella tua attentissima e acuta consapevolezza.
Che devo dirti.
Io credo nell'infinito e credo che qualcuno ne abbia già dato le coordinate
per indicare al vascello umano dove puntare, e gia ora cosa realizzare.
In poche parole questo qualcuno è già ad un gradino più alto della consapevolezza.
E non vuole certo che si usino in modo improprio le sue conclusioni, atte ai problemi di ogni campo.
Ritiene che l'umanità non sia ancora matura per gettargli una patata che le scotterebbe le mani.
Per il resto ti ripeto che io non credo più alla parola che tu ripeti ogni volta e cioè "assoluto".
Che devo aggiungere?
Non cambiare, resta come sei, la brava e onesta persona che sei.
Ti stimo molto!
Con affetto, ciao a presto "per altre battaglie mio generale".
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Vecchio 11-01-2012, 23.56.00   #166
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Riferimento: Il concetto di infinito

Oggi ho provato un forte sgomento, una sensazione di brivido paralizzante pensando ad una condizione definitiva di eternità (non importa se cosciente o meno).
Ho avvertito come la senzazione di essere in trappola, di non poter sfuggire al tutto e pensare ad una accettazione di una tale realtà non mi tranquillizza. Mi sono sentito come annullare.
Tutti i concetti filosofici si fondono in una paura di superare o comprendere l'indefinitezza. L'uomo vuole essere eterno si dice, ma a me dà angoscia a differenza della finitezza, che è altrettanto incomprensibile ma al contempo rassicurante.

Sono pensieri che fluiscono liberamente, spero vi diano spunti.
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Vecchio 25-01-2012, 19.24.41   #167
Somma sui cammini
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Riferimento: Il concetto di infinito

Il concetto di infinito e' uno dei maggiori indizi di cui disponiamo per l'indagine esistenziale. E' parte essenziale dell'ontologia dell'essere. La questione non e' sul concetto dell'infinito in se' per il quale,come si osserva dall'analisi dell' ospite proponente,ci si infila in una cassa armonica di paradossi senza fine.
Un dato di riferimento e' che esistiamo in un ambito di quantita' discrete.
Il mondo digitale di cui oggi abbiamo consapevolezza, ce ne spiega l'impianto.
Ci sono cosi', solo tronchi di piramide e cerchi aperti o imperfetti. Pero' notiamo anche come quantita' discrete abbiano generato condizioni che ''aprono'' al
concetto di infinito. (Vedi le due dimensioni spaziali finite generanti la Pi Greca).
Siamo cioe' in una condizione ''discreta'' contaminata. Contaminata da un infinito
sotto il profilo ontologico. Il concepire l'infinito e' una sorta di traccia fossile dell'ontologia dell'essere ,paragonabile al radiazione fossile di fondo del Big Bang
per l'Universo. La singolarita' e' in questa ''traccia''.
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Vecchio 15-02-2012, 20.59.16   #168
mariodic
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Riferimento: Il concetto di infinito

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Originalmente inviato da L'Unità
Oggi ho provato un forte sgomento, una sensazione di brivido paralizzante pensando ad una condizione definitiva di eternità (non importa se cosciente o meno).
Ho avvertito come la senzazione di essere in trappola, di non poter sfuggire al tutto e pensare ad una accettazione di una tale realtà non mi tranquillizza. Mi sono sentito come annullare.
Tutti i concetti filosofici si fondono in una paura di superare o comprendere l'indefinitezza. L'uomo vuole essere eterno si dice, ma a me dà angoscia a differenza della finitezza, che è altrettanto incomprensibile ma al contempo rassicurante.

Sono pensieri che fluiscono liberamente, spero vi diano spunti.
Temiamo l'Entropia e la sua irreversibilità, non l'infinito, che ci sembra temerlo proprio per via dell'irreversibilità dell'entropia crescente; ma vi è la speranza (o fede) di incontrare un tunnel che ci aiuti a rendere più agevole e redditizio il difficile percorso verso la Conoscenza che potrebbe controbilanciare il continuo accrescimento dell'entropia.
Entropia e Conoscenza sono grandezze, diciamo così, fisiche: per la prima ne siamo più che certi, per la seconda ne abbiamo la sensazione, voglio dire che siamo pronti ad immaginar la Conoscenza come qualcosa che abbia a che fare con l'energia e, forse, quantificabile, il guaio è che la scienza, fin ora, non è stata in grado di trovare una unità di misura assoluta (non comparativa) della Conoscenza stessa, cioè di un suo "spazio" ed una sua "metrica"; ci siamo inventati solo una misura comparativa che è la "Probabilità".
Per l'accennata caratteristica di crescita inarrestabile dell'entropia, ben sappiamo che la prova ce la da dall'esperienza diretta che la sua derivazione matematica dalla stessa struttura logica del dei sistemi Newtiniano, prima ed Einstaniano, dopo, ma sarà questo vero per tutto l'universo?
mariodic is offline  
Vecchio 16-02-2012, 19.46.56   #169
L'Unità
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Riferimento: Il concetto di infinito

Citazione:
Originalmente inviato da mariodic
Entropia e Conoscenza sono grandezze, diciamo così, fisiche: per la prima ne siamo più che certi, per la seconda ne abbiamo la sensazione, voglio dire che siamo pronti ad immaginar la Conoscenza come qualcosa che abbia a che fare con l'energia e, forse, quantificabile, il guaio è che la scienza, fin ora, non è stata in grado di trovare una unità di misura assoluta (non comparativa) della Conoscenza stessa, cioè di un suo "spazio" ed una sua "metrica"; ci siamo inventati solo una misura comparativa che è la "Probabilità".
Per l'accennata caratteristica di crescita inarrestabile dell'entropia, ben sappiamo che la prova ce la da dall'esperienza diretta che la sua derivazione matematica dalla stessa struttura logica del dei sistemi Newtiniano, prima ed Einstaniano, dopo, ma sarà questo vero per tutto l'universo?

Se vuoi puoi spiegarmi meglio questa parte?
Comunque ho "sperimentato" che quando viviamo il momento presente, senza pensare al tempo, al dopo, alla finitezza della vita o all'infinitezza dell'aldilà, siamo tranquilli e sereni. Il tempo ci angoscia, quando sparisce non ci angoscia più.
L'Unità is offline  
Vecchio 19-02-2012, 14.22.51   #170
Il_Dubbio
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Riferimento: Il concetto di infinito

Ho letto (più o meno) l'articolo e la conclusione.

Il concetto di zero e di infinito, secondo me, sono due concetti distinti, diversi e incompatibili.

Lo zero è un concetto “determinato” mentre non è determinato il concetto di infinito.
L'unico inghippo sta probabilmente nel aver messo lo Zero nell'insieme dei numeri. Ma lo zero non è un numero.
Chiarisco il mio pensiero con quanto segue.

Prendiamo ad esempio l'insieme Z e supponiamo che contenga numeri. Se Z non contenesse numeri, ovvero fosse un insieme vuoto, non potrebbe contenere nemmeno lo Zero, in quanto esso è un numero. Ma allora l'insieme Z-vuoto quanti numeri contiene?
La risposta più ovvia è Zero, ma proprio per questo motivo l'insieme Z non potrà mai essere vuoto se, una volta svuotato completamente, rimanesse lo Zero.

Questo problema, secondo me, è risolvibile solo se escludiamo lo Zero dall'elenco dei numeri.

In questo caso l'infinito rimarrebbe un concetto valido sia nel verso + che nel verso -
cosicchè possiamo rendere grande un numero in modo infinito e al contrario rendere piccolo un numero in modo infinito. L'insieme Z potrà in questo modo contenere infiniti numeri, numeri finiti, oppure Zero (ovvero vuoto).
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Il discorso diventerebbe invece ancora più interessante se ci domandassimo da cosa nasce il concetto di infinito.
Su due piedi (senza farla troppo lunga) risponderei che l'infinito, essendo un concetto indeterminato, deriva da qualcosa di altrettanto indeterminato e indefinibile.
Ciò lascia un po' di insoddisfazione, anche perchè sono le cose definibili e che riusciamo a quantificare, ad essere trattabili tecnicamente. Ma credo che si possa prenderla con un po' di filosofia e pensare che la natura si sia lasciato uno spazio personale non definibile. Marari piccolissimo, ma sufficiente per creare in noi il concetto di infinito.
Il_Dubbio is offline  

 



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