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Vecchio 21-10-2014, 21.38.52   #201
maral
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Riferimento: Il concetto di infinito

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Originalmente inviato da donquixote
Bisogna quindi usare, ad esempio nel caso dei numeri, il termine "indefinito" o "indeterminato" al posto di infinito, che deve essere riservato a quella cosa che non ha limite di alcun genere.
Che poi il simbolo "infinito" in matematica identifichi un numero o meno è cosa che interessa solo i cultori di queste faccende e che non ha alcuna attinenza con la realtà (visto che i numeri non sono reali), mentre l'infinito (senza alcun aggettivo) è al contrario tutta la realtà, o meglio la sua essenza.
Questa non l'ho capita: perché bisogna lasciare ai numeri il termine indefinito o indeterminato? Gli infiniti (o transfiniti) numerici non mi pare siano per nulla indefiniti e indeterminati e nemmeno la serie infinita nei numeri naturali lo è, tanto che si potrebbe concepire Ω proprio come l'ultimo infinito dei numeri naturali, quello che li comprende tutti (finiti e transfiniti di ogni ordine e rango, perché ve ne sono altri dopo gli Aleph) e dunque che ha solo se stesso come successore all'infinito.
Il discorso dell'insiemistica è metafisicamente molto interessante (in fondo proprio come la metafisica l'insiemistica consente di concepire "il molteplice sotto forma di uno").
Garbino dice di assimilare lo 0 all'infinito e non ha tutti i torti. Se chiamiamo 0 l'insieme vuoto (ad esempio l'insieme delle mele che non sono mele), 1 potrà essere la cardinalità dell'insieme che ha come suo elemento l'insieme vuoto, 2 la cardinalità dell'insieme che ha come suoi elementi l'insieme vuoto e l'insieme che ha come suo elemento l'insieme vuoto la cui cardinalità è 1 e così via all'infinito, come in una serie di scatole cinesi. Abbiamo così costruito partendo solo da 0 (il vuoto) un'infinità di enti che non sono vuoti, ma contengono in ultima analisi solo il vuoto. Non so se lo avvertite anche voi, ma trovo che in questo modo di ragionare matematico ci sia qualcosa che richiami le filosofie orientali e forse c'è anche il rischio di un invilupparsi della ragione nei suoi meandri fino a uscirne pazzi.
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Vecchio 21-10-2014, 23.09.30   #202
donquixote
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Riferimento: Il concetto di infinito

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Originalmente inviato da maral
Questa non l'ho capita: perché bisogna lasciare ai numeri il termine indefinito o indeterminato? Gli infiniti (o transfiniti) numerici non mi pare siano per nulla indefiniti e indeterminati e nemmeno la serie infinita nei numeri naturali lo è, tanto che si potrebbe concepire Ω proprio come l'ultimo infinito dei numeri naturali, quello che li comprende tutti (finiti e transfiniti di ogni ordine e rango, perché ve ne sono altri dopo gli Aleph) e dunque che ha solo se stesso come successore all'infinito.
Il discorso dell'insiemistica è metafisicamente molto interessante (in fondo proprio come la metafisica l'insiemistica consente di concepire "il molteplice sotto forma di uno").
Garbino dice di assimilare lo 0 all'infinito e non ha tutti i torti. Se chiamiamo 0 l'insieme vuoto (ad esempio l'insieme delle mele che non sono mele), 1 potrà essere la cardinalità dell'insieme che ha come suo elemento l'insieme vuoto, 2 la cardinalità dell'insieme che ha come suoi elementi l'insieme vuoto e l'insieme che ha come suo elemento l'insieme vuoto la cui cardinalità è 1 e così via all'infinito, come in una serie di scatole cinesi. Abbiamo così costruito partendo solo da 0 (il vuoto) un'infinità di enti che non sono vuoti, ma contengono in ultima analisi solo il vuoto. Non so se lo avvertite anche voi, ma trovo che in questo modo di ragionare matematico ci sia qualcosa che richiami le filosofie orientali e forse c'è anche il rischio di un invilupparsi della ragione nei suoi meandri fino a uscirne pazzi.

io ho scritto "ad esempio nel caso dei numeri" perchè è di quelli che si parlava, ma l'attributo indefinito o indeterminato vale per tutti gli enti, che in quanto tali sono finiti, nel senso di limitati, ma spesso di alcuni di essi ci sfuggono determinate limitazioni mentre ne possiamo cogliere altre. I numeri pari sono determinati in quanto pari, ma si possono dare in quantità indefinita o indeterminata. Il fatto che la quantità dei numeri sia illimitata non rende i numeri illimitati o infiniti, perchè essi possiedono molte limitazioni di altro genere.
Il fatto che il termine "infinito" venga utilizzato spesso come aggettivo, e il sostantivo sia stato colonizzato dalla matematica significando "di quantità infinita", non vuol dire che questo sia un uso lecito, ma è invece totalmente indebito, e chi volesse parlare correttamente senza generare confusione dovrebbe rimettere le cose al loro giusto posto.
La stessa cosa capita con l'aggettivo "eterno" che nel lessico comune significa un indefinito protrarsi nel tempo mentre correttamente significa "fuori dal tempo" e non condizionabile da esso, mentre il protrarsi di un tempo indefinitamente lungo si rende con "perpetuo".
E per quanto mi è dato di sapere il vuoto matematico c'entra punto con il vuoto delle filosofie orientali, perchè questo pur rendendosi in modo apparentemente negativo come "vuoto" è in effetti il concetto più affermativo che esista.
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Vecchio 22-10-2014, 14.18.44   #203
maral
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Riferimento: Il concetto di infinito

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Originalmente inviato da donquixote
io ho scritto "ad esempio nel caso dei numeri" perchè è di quelli che si parlava, ma l'attributo indefinito o indeterminato vale per tutti gli enti, che in quanto tali sono finiti, nel senso di limitati, ma spesso di alcuni di essi ci sfuggono determinate limitazioni mentre ne possiamo cogliere altre. I numeri pari sono determinati in quanto pari, ma si possono dare in quantità indefinita o indeterminata. Il fatto che la quantità dei numeri sia illimitata non rende i numeri illimitati o infiniti, perchè essi possiedono molte limitazioni di altro genere.
Il fatto che il termine "infinito" venga utilizzato spesso come aggettivo, e il sostantivo sia stato colonizzato dalla matematica significando "di quantità infinita", non vuol dire che questo sia un uso lecito, ma è invece totalmente indebito, e chi volesse parlare correttamente senza generare confusione dovrebbe rimettere le cose al loro giusto posto.
La stessa cosa capita con l'aggettivo "eterno" che nel lessico comune significa un indefinito protrarsi nel tempo mentre correttamente significa "fuori dal tempo" e non condizionabile da esso, mentre il protrarsi di un tempo indefinitamente lungo si rende con "perpetuo".
E per quanto mi è dato di sapere il vuoto matematico c'entra punto con il vuoto delle filosofie orientali, perchè questo pur rendendosi in modo apparentemente negativo come "vuoto" è in effetti il concetto più affermativo che esista.
Credo che sul significato delle parole si possa e si debba discutere molto e per questo ho aperto una discussione specifica ove ti invito se vuoi a intervenire. Penso che la matematica abbia tutto il diritto di dare un senso matematico al termine infinito che magari non coincide con il significato mistico religioso, esistenziale, metafisico e via dicendo e credo che sia pure lecito trovare le intersezioni, se esistono, tra questi significati che pur essendo diversi usano la medesima parola. Non ci sento proprio nulla di indebito nel dire infinito ciò che è senza fine numerabile. E lo stesso vale per il concetto di vuoto di cui tu poni in rilievo la differenza tra il suo significato matematico di insieme privo di elementi e quello affermativo del pensiero orientale e magari altri potrebbero parlarci del significato di vuoto in meccanica quantistica (ove è in realtà uno strapieno che si annulla continuamente nella media). D'altra parte non mi pare che se è possibile costruire a mezzo dell'insieme vuoto la serie infinita dei numeri naturali, fino ad arrivare all'infinito di tutti gli infiniti che anche in matematica il concetto di vuoto non sia fortemente affermativo.
Allo stesso modo si può pensare senza che sia indebito a una eternità che equivale a una atemporalità e a una eternità che sia un illimitato protrarsi temporale, basta solo chiarirsi quando occorre.
In ogni caso non penso che vi siano campi di senso che in assoluto possano vantare una loro preminenza definitoria sulle parole, anche perché le parole vengono poi sempre rubate e la stragrande maggioranza originariamente traducono più o meno vaghi significati del discorso comune, anche quelle che ci sembrano più specifiche. E che lo si voglia o meno trovo che sia pure giusto che sia così, anche se chi detesta la confusione (che nella confusione vede solo il caotico ribollire del vuoto quantistico) non lo sopporta.
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Vecchio 22-10-2014, 20.34.33   #204
donquixote
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Riferimento: Il concetto di infinito

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Originalmente inviato da maral
Credo che sul significato delle parole si possa e si debba discutere molto e per questo ho aperto una discussione specifica ove ti invito se vuoi a intervenire. Penso che la matematica abbia tutto il diritto di dare un senso matematico al termine infinito che magari non coincide con il significato mistico religioso, esistenziale, metafisico e via dicendo e credo che sia pure lecito trovare le intersezioni, se esistono, tra questi significati che pur essendo diversi usano la medesima parola. Non ci sento proprio nulla di indebito nel dire infinito ciò che è senza fine numerabile. E lo stesso vale per il concetto di vuoto di cui tu poni in rilievo la differenza tra il suo significato matematico di insieme privo di elementi e quello affermativo del pensiero orientale e magari altri potrebbero parlarci del significato di vuoto in meccanica quantistica (ove è in realtà uno strapieno che si annulla continuamente nella media). D'altra parte non mi pare che se è possibile costruire a mezzo dell'insieme vuoto la serie infinita dei numeri naturali, fino ad arrivare all'infinito di tutti gli infiniti che anche in matematica il concetto di vuoto non sia fortemente affermativo.
Allo stesso modo si può pensare senza che sia indebito a una eternità che equivale a una atemporalità e a una eternità che sia un illimitato protrarsi temporale, basta solo chiarirsi quando occorre.
In ogni caso non penso che vi siano campi di senso che in assoluto possano vantare una loro preminenza definitoria sulle parole, anche perché le parole vengono poi sempre rubate e la stragrande maggioranza originariamente traducono più o meno vaghi significati del discorso comune, anche quelle che ci sembrano più specifiche. E che lo si voglia o meno trovo che sia pure giusto che sia così, anche se chi detesta la confusione (che nella confusione vede solo il caotico ribollire del vuoto quantistico) non lo sopporta.
Io posso dire "mela" e intendere un frutto tondo, succoso, che matura in autunno nei climi freschi e si usa solitamente per fare lo strudel, mentre qualcun altro può identificare con "mela" un frutto oblungo e curvo, di colore giallo e con una polpa morbida grassa e pastosa, e un altro un altra cosa ancora, basta intendersi quando si parla di mela a quale significato ci si riferisce.
Ma, a parte il fatto che se ogni parola ha per ognuno un significato diverso si passerà la vita a chiarirne il senso e non si potrà mai dialogare, come la mettiamo con le parole che sono state scritte centinaia o migliaia di anni fa se chi le ha scritte non può chiarire quale significato attribuiva loro?
Se ognuno "ruba" le parole e attribuisce loro un significato addirittura opposto a quello per esprimere il quale sono state inventate (eternità che non dipende dal tempo in luogo di perpetuità che ad esso è invece inscindibilmente legata è un esempio, come anche sacro che significa "unito" e invece oggi lo si definisce come "separato") quale dialogo vi potrà mai essere? Qualunque tentativo in questo senso sarà una perdita di tempo per coloro che dialogano per imparare e non per mero futile intrattenimento. Se per dialogare bisogna ammettere la liceità di una personale attribuzione del senso ad un vocabolo, per quanto mi riguarda non posso che rispondere come Guccini: "godo più nell'ubriacarmi, oppure a masturbarmi, o al limite a scopare".
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Vecchio 23-10-2014, 19.38.01   #205
SinceroPan
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Riferimento: Il concetto di infinito

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Originalmente inviato da donquixote
e come si chiama quella "cosa" che non ha limiti qualitativi e neanche quantitativi? Per me (e per tutti i metafisici della storia) questo è l'infinito, secondo "definizione". Tutto il resto è finito, o determinato, sotto qualunque aspetto lo sia, ma quindi limitato.


il significato delle parole dipende dall'uso che se ne fa (Wittgenstein 2° maniera).. i filosofi da millenni litigano xrchè ognuno vuol attribuire ad una parola il significato che concorda con la propria filosofia..
al di là delle etimologie proviamo a puntare ai contenuti..

per me quella cosa senza limiti quantitativi e qualitativi non esiste concretamente, così come concretamente non esiste il nulla Assoluto.. naturalmente esiste il concetto che pretende di esprimerla.. ma non il suo contenuto concreto.. Aristotele (ed oggi Severino) dimostrò logicamente la Necessità della Determinazione con l' Elenchos che AUTO-Dimostra / AUTO-Fonda il Principio di Non AUTO-Contraddizione.. cioè dimostra la Impossibilità della Indeterminatezza Assoluta Qualitativa di cui parli te.. A. ce l'aveva con l' Apeiron di Anassimandro che assimilava etimologicamente Il-Limitato ed In-Definito come fai te..

Elenchos ragiona così : il Pensiero che Pensa la Indeterminatezza pensa che A possa anche essere NonA.. ovvero la NEGAZIONE della Determinatezza potrebbe anche essere AFFERMAZIONE della Determinatezza.. ovvero è un Pensiero AUTO-Negante = Impossibile..
A. diceva contro Anassimandro : "vi furono sempre le STESSE COSE" nel senso che Sempre vi fu e Sempre vi sarà Determninatezza (l'Indeterminato mai fu).. anche la Esegesi Ebraica della Genesi (diversa da quella Cristiana) parla dello "spirito di Dio che aleggiava sulle acque" cioè sull'Indeterminato.. ma allora In Principio non c'era l'Uno ma bensì il Due (anzi il Tre : lo Spirito, Dio, le Acque)..
su questo punto io concordo con Aristotele mentre probabilmente tu 6 più vicino ad Anassimandro (anche se non capisco x qual via tu possa confutare l'Elenchos.. ma magari ce la fai dopo 2500 anni e mi ricredo).. per me quando accosti "Cosa Indeterminata" violi il PDNAC perchè la Cosa è Determinata e quindi dici "Cosa Determinata Indeterminata"...

una possibile obiezione che io mi farei a quanto appena detto è : ma allora questa Mera Astrattezza del Concetto di Indetermitato può valere anche x il Concetto di Infinito Quantitativo.. personalmente ovviamente non la condivido.. nel senso che OO è per me concetto Determinato Qualitativamente sia in quanto Idea (Finita) sia in quanto Concreto Spazio/Temporale (*).. l'OO Non Riguarda il Singolo Ente (sempre DeFinito) ma la Totalità degli Enti e quindi del Cronotopo (di cui Appare il Concetto ma Non il Concreto (come l'Indeterminato) ..

.. eppure per me ci sono alcune Differenze rispetto tra queste due Astrattezze (a vantaggio dell'OO of course) :

1) Indeterminato AUTO-Viola un Principio Logico/Elenchos mentre OO in Atto non AUTO-Viola nessun principio Logico (che io sappia)..

2) è Vero che Concretamente Non Appare mai l' O in Atto Concreto.. ma è anche vero che Nessuno Riesce ad Immaginarsi (Esperimento Mentale) che sia Possibile Immaginare un Punto Oltre il Quale vi sia il Nulla Assoluto (la Freccia di Democrito x confutare l'Empireo di Aristotele).. ovvero Nient'Altra Cosa (fosse pure il Vuoto che Non è Nulla)..

3) mentre d'altro lato Nessuno Riesce ad Immaginarsi l'Assolutamente In-Definito.. Dovresti Pensare un Non-Pensiero Assoluto.. la Meditazione Orientale di alcuni Mistici Riduce di Molto il Pensiero ma non lo Annulla..



PS: ho visto più sotto che tu pensi l'Eterno come un SOPRA il Tempo e non come un Tempo OO Quantitativamente-- CONCORDO..
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Vecchio 25-10-2014, 19.28.48   #206
maral
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Riferimento: Il concetto di infinito

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Originalmente inviato da donquixote
Io posso dire "mela" e intendere un frutto tondo, succoso, che matura in autunno nei climi freschi e si usa solitamente per fare lo strudel, mentre qualcun altro può identificare con "mela" un frutto oblungo e curvo, di colore giallo e con una polpa morbida grassa e pastosa, e un altro un altra cosa ancora, basta intendersi quando si parla di mela a quale significato ci si riferisce.
Ma, a parte il fatto che se ogni parola ha per ognuno un significato diverso si passerà la vita a chiarirne il senso e non si potrà mai dialogare, come la mettiamo con le parole che sono state scritte centinaia o migliaia di anni fa se chi le ha scritte non può chiarire quale significato attribuiva loro?
Se ognuno "ruba" le parole e attribuisce loro un significato addirittura opposto a quello per esprimere il quale sono state inventate (eternità che non dipende dal tempo in luogo di perpetuità che ad esso è invece inscindibilmente legata è un esempio, come anche sacro che significa "unito" e invece oggi lo si definisce come "separato") quale dialogo vi potrà mai essere? Qualunque tentativo in questo senso sarà una perdita di tempo per coloro che dialogano per imparare e non per mero futile intrattenimento. Se per dialogare bisogna ammettere la liceità di una personale attribuzione del senso ad un vocabolo, per quanto mi riguarda non posso che rispondere come Guccini: "godo più nell'ubriacarmi, oppure a masturbarmi, o al limite a scopare".
Capisco, tu dici che le parole hanno solo un senso specifico originario, ma se invece quel senso comprendesse tutti i significati che via via nei vari contesti propriamente assume?
Il punto a mio avviso non è di isolarsi in una definizione ritenuta originariamente del tutto evidente e mantenerla inalterabile appellandosi a una sua primogenitura di significato, ma vedere il senso per cui quella definizione muta di significato nei vari contesti in cui si esprime, cercando di capire cosa consente di passare logicamente dall'uno all'altro senza definire contesti assoluti e universali che non hanno senso. Per questo a mio avviso non è necessario litigare se "sacro" significhi unito o separato, Ma vedere semmai cosa rende lecito contestualmente passare dall'unito al separato; né sul fatto che l'infinito debba significare per forza assolutamente indefinibile o numericamente illimitato, ma pur sempre precisamente definibile; né se eterno voglia dire fuori dal tempo o perpetuo nel tempo, ma comprendere il senso di queste diverse definizioni, che sono rappresentate (nel tempo e nei luoghi) dalla stessa parola.
In fondo le parole sono come tutti gli altri enti, sono il senso di narrazioni e non definizioni e mentre le definizioni si impongono per convenzione (fosse pure un diritto di primogenitura), il senso delle narrazioni va compreso nel succedersi dei significati che in esse sono presenti in modo implicito e attendono il cotesto necessario per esplicitarsi.
Ma credo che questo discorso molto interessante sia ben più appropriato per il 3D in cui si discute sul significato delle parole e quindi del parlare. Se vorrai riprenderlo là sarò ben lieto di seguirti, qui rischiamo di andare fuori tema dopo aver preso atto che non trovi accettabile il significato di nessuno degli infiniti matematici come infinito e quindi con l'infinito come da te significato nel suo diritto di primogenitura non si possono fare calcoli, mentre con quelli matematici sì.
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Vecchio 01-11-2014, 19.59.19   #207
Donalduck
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Riferimento: Il concetto di infinito

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Originalmente inviato da maral
Non so se lo avvertite anche voi, ma trovo che in questo modo di ragionare matematico ci sia qualcosa che richiami le filosofie orientali e forse c'è anche il rischio di un invilupparsi della ragione nei suoi meandri fino a uscirne pazzi.

Concordo sul rischio di lambiccamenti inconcludenti e "loop mentali" che portano a un senso di irrealtà, o di incomprensibilità assoluta della realtà.
Si possono evitare, secondo me, cercando di restare semplici, e chiedendosi: "cosa in realtà non so e vorrei sapere?" "quali informazioni sto cercando?". Il concetto di informazione, che diventa (a mio parere giustamente) sempre più centrale in ogni forma di conoscenza (tanto da assumere un ruolo fondamentale anche nella fisica), ritengo che sia di grande utilità in ogni tipo di ragionamento (compresi quelli relativi a questioni filosofiche o spirituali).

Quindi, per capire, vi giro la domanda: quali informazioni state cercando e su cosa?
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Vecchio 22-11-2014, 11.46.34   #208
paul11
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In questa discussione Bub ha scritto cose importanti dal punto di vista matematico.
E’ altrettanto vero ,come qualcun altro ha scritto che l’infinito può essere delimitato e può benissimo stare fra lo zero e l’uno.
Quindi l’infinito non è l’oltre necessariamente, lo sconosciuto, in quanto prima o poi raggiungibile e svelabile , ma è in ciò che è già conosciuto, non è oltre il numero più grande pensabile ,ma semplicemente fra zero e uno.
Perché è la stessa logica che costruisce l’assioma, cioè la premessa che non ammette altre premesse, in quanto il processo di regressione al punto originario la ragione umana non riesce ad arrivare. Allora il pensiero deve fermarsi ad un punto e arbitrariamente decidere l’origine, l’assioma.appunto.

Quindi l’infinito non è oltre, ma la regressione dal conosciuto a zero,dal ritorno al punto originario , al separatore fra negativi e positivi, all’origine del grafico.
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Vecchio 22-11-2014, 13.34.20   #209
SinceroPan
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Riferimento: Il concetto di infinito

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Originalmente inviato da paul11
In questa discussione Bub ha scritto cose importanti dal punto di vista matematico.
E’ altrettanto vero ,come qualcun altro ha scritto che l’infinito può essere delimitato e può benissimo stare fra lo zero e l’uno.
Quindi l’infinito non è l’oltre necessariamente, lo sconosciuto, in quanto prima o poi raggiungibile e svelabile , ma è in ciò che è già conosciuto, non è oltre il numero più grande pensabile ,ma semplicemente fra zero e uno.
Perché è la stessa logica che costruisce l’assioma, cioè la premessa che non ammette altre premesse, in quanto il processo di regressione al punto originario la ragione umana non riesce ad arrivare. Allora il pensiero deve fermarsi ad un punto e arbitrariamente decidere l’origine, l’assioma.appunto.

Quindi l’infinito non è oltre, ma la regressione dal conosciuto a zero,dal ritorno al punto originario , al separatore fra negativi e positivi, all’origine del grafico.

per me quello non è OO bensì l' Infi-nitesimo .. in formule 1/OO = 0 ..

disse Huxely x giustificare la Creazione del Mondo (1) di Dio (OO) dal Nulla (0) => OO * 0 = 1 ..

suggestioni ovviamente..
.
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Vecchio 23-11-2014, 06.43.59   #210
nikelise
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Originalmente inviato da Donalduck
Concordo sul rischio di lambiccamenti inconcludenti e "loop mentali" che portano a un senso di irrealtà, o di incomprensibilità assoluta della realtà.
Si possono evitare, secondo me, cercando di restare semplici, e chiedendosi: "cosa in realtà non so e vorrei sapere?" "quali informazioni sto cercando?". Il concetto di informazione, che diventa (a mio parere giustamente) sempre più centrale in ogni forma di conoscenza (tanto da assumere un ruolo fondamentale anche nella fisica), ritengo che sia di grande utilità in ogni tipo di ragionamento (compresi quelli relativi a questioni filosofiche o spirituali).

Quindi, per capire, vi giro la domanda: quali informazioni state cercando e su cosa?
Il problema a mio avviso e' che si tenta di spiegare ciò' che non si sa attraverso la logica . La logica non potrà' mai spiegare niente di più di quanto e' già implicito nelle conoscenze acquisite ; più chiaramente : la logica consente solo di portare alla massima evidenza ed estensione quanto è' rimasto implicito ma non potrà mai solcare quella soglia . Ecco perché alla fine non se viene a capo di nulla nello spiegare l'infinito , la perfezione , l'assoluto . Come posso spiegare l'infinito partendo da un concetto che per quanto generico sarà sempre finito . Questo problema e' sempre stato noto e mai risolto se non con espedienti che richiamano altre modalità di conoscenza : quella intuitiva ad esempio . I taoisti sapevano bene che il concetto di Perfezione attiva non era accessibile alla mente umana e per questo usarono il simbolo della retta continua che racchiudesse uno spazio infinito cioè' questo tratto : - ; mentre per il concetto di Perfezione passiva ( che non è' cosa diversa dalla attiva ma solo una sua estensione o qualita' solo intuitivamente percepibile ) da cui deriva il molteplice usarono il simbolo di 2 rette ma con una soluzione di continuità : - - , a significare sempre per intuizione cosa e' derivato da quella Perfezione attiva . Per questo stesso motivo cioè' che l'infinito non è' logicamente accessibile , nelle moschee non vi è' alcuna immagine dell'assoluto chiamato Dio , non viene usato neppure un simbolo ma in questi caso è' il non uso del simbolo cioè' il nulla di percepibile che guida l'intuizione alla conoscenza dell'infinito . Per questo stesso motivo al contrario la Chiesa cattolica afferma le infinite possibilità' del concetto di infinito attraverso un'immagine simbolica che affermi una realtà' impossibile quale e' quella di una vergine che partorisca un bimbo o di un uomo che dopo morto ritorni in vita in carne ed ossa . Sono espedienti per consentire la conoscenza intuitiva di ciò' che non si può conoscere . La logica da' certezze ma limitate a quanto già e' da noi conosciuto o conoscibile ma non fa fare in mm di passo avanti su ciò' che da noi non sarà' mai nella sua comprensione avvicinabile . Per fortuna l'uomo ha altre qualità oltre alla logica .
nikelise is offline  

 



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