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Vecchio 20-02-2012, 17.05.34   #171
mariodic
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Riferimento: Il concetto di infinito

Citazione:
Originalmente inviato da Il_Dubbio
Ho letto (più o meno) l'articolo e la conclusione.

Il concetto di zero e di infinito, secondo me, sono due concetti distinti, diversi e incompatibili.

Lo zero è un concetto “determinato” mentre non è determinato il concetto di infinito.
L'unico inghippo sta probabilmente nel aver messo lo Zero nell'insieme dei numeri. Ma lo zero non è un numero.
Chiarisco il mio pensiero con quanto segue.

Prendiamo ad esempio l'insieme Z e supponiamo che contenga numeri. Se Z non contenesse numeri, ovvero fosse un insieme vuoto, non potrebbe contenere nemmeno lo Zero, in quanto esso è un numero. Ma allora l'insieme Z-vuoto quanti numeri contiene?
La risposta più ovvia è Zero, ma proprio per questo motivo l'insieme Z non potrà mai essere vuoto se, una volta svuotato completamente, rimanesse lo Zero.

Caro "Il Dubbio",

La tua interessante riflessione sull'ammissibiltà o meno dello zero nell'insieme dei numeri reali non è cosa d'oggi né cosa da poco; la sua soluzione è ora determinata, direttamente e/o indirettamente, anche da presupposti filosofici che, alle origini della definizione assiomatica del sistema dei numeri naturali, non potettero e dificilmente potevano entrarvi forse perché neppure immaginabili dai matematici e dai filosofi dell'epoca, seppure parliamo di un'epoca non molto remota.
L'esempio che qui mi accingo a riportare non è, certo, farina del mio sacco, se non per meri dettagli esemplificativi, lo devo all'affascinante lettura di un libro, scritto a due mani, da Jean Guitton e ad un altro autore (di cui ora mi sfugge il nome, ma che protrei cercare, se necessario). Prima di illustrare l'esempio mi pare d'uopo richiamare l'attenzione sul lento ma ineludibile cambiamento della visione filosofica del mondo iniziata agli albori del XX secolo e non del tutto conclusosi né ancora così bene assimilata: da quella oggettivistica (=realista) a quella soggettivistica (=idealista). Si tratta di una evoluzione difficile e controversa praticamente imposta dalla nuova realtà (o visione) quantistica dell'universo, praticamente, della fisica qual'era classicamente intesa. L'inizio di questo cambiamento di prospettiva fu ufficializzato dalla famosa conferenza di Copenaghen, che non tutto il modo scientifico dell'epoca, si sa, condivise imediatamente. Una prima conseguenza della conferenza fu sicuramente la scoperta dell'Osservatore quale attore protagonista nella scena della commedia "osservazione". Questa scoperta, tuttavia, non ebbe grandissimi effetti: pochi nel mondo filosofico e meno ancora in quello scientifico; in quest'ultimo non andò, e non è ancora andato oltre una mera constatazione tecnica relata con l'osservazione. Intanto l'osservatore dei fisici ha ancora la "o" minuscola, cioè viene considerato appena una qualsiasi persona o essere vivente fisico che opera il (o nel) processo osservativo, questa potrebbe, al più, essere una parte dell'apparato strumentale che pur fa parte del processo osservativo. L'Osservatore con la "O" maiuscola, è qualcos'altro, è l'IO, ben altro, dunque, che persona fisica dotata, cioè, di uno specifico corpo materiale, è, invce, un "IO" cosmico ed unico, l'unico IO di cui IO o anche io puossono sperimentare, e ciò a volerla pensare secondo la vecchia chiave del positivismo!. In questo vieppiù mutante atteggiamento filosofico va inquadrato, ma soprattutto compreso il significato dell'esempio di Guitton.

Immaginiamo un imprenditore che abbia creato un capannone commerciale ad uso magazzini, pre-dotato di un sistema di scaffalature con vani di varia ampiezza dove collocare ordinatamente le merci da immagazzinare. Il costruttore mette in vendita il magazzino -per ora generico- appena costruito, in quanto trattasi di una sua "merce" offerta al mercato senza interessarsi circa l'uso che possa farne il futuro compratore. Finalmente appare chi acquista il magazzino generico per farne un magazzino specifico di ricambi per auto; provvede ben presto ai lavori di adattamento per gli scopi previsti e, tra questi, la destinazione dei diversi scaffali e segnatamente dei rispettivi vani, numerando questi ultimi con la stessa numerazione dei singoli pezzi di racambio che dovrebbe immettervi utilizzando quella che il catalogo del suo fornitore assegna ai diversi pezzi. Non appena i ricambi richiesti arriveranno, verranno quindi immagazzinati nelle destinazioni previste e registrate le rispettive quantità nell'apposito schedario.

Analizzziamo ora i passi di questo esempio:

a) L'imprenditore costruttore e futuro venditore del magazzino ha messo in vendita un'immobile scaffalato capace di contenere N articoli distinti aventi dimesioni medie di circa L*H*P (altezza, larghezza, profonfità), questo è quanto appare nella sintesi descrittiva dell'agenzia di vendite immobiliari. Orbene se chiedessimo al venditore cosa, al momento, contiene il primo vano in alto a sinistra del primo scaffale entrando, questi, guardandoci con più che comprensibile stupore, risponderebbe: "Ma cosa vuole che contenga.... niente!... Ma perchè questa domanda?"

b) Se, subito dopo la cessione al compratore, facessimo a questi la domanda di cosa pensa di collocare nel primo vano in alto a sinistra del primo scaffale entrando, con stupore un po' meno evidente di quella di prima, certamente risponderebbe di non aver ancora deciso niente di preciso circa lo schema di immagazzinamento.

c) Il magazziniere compratore ha completato i lavori preliminari di attivazione del magazzino ed ha numerato ogni vano di ogni scaffale secondo il criterio di assegnare, ad ogni vano, il numero di codice del pezzo di ricambio riportato dal catalogo del fornitore. Se ora ripetssimo la solita domada circa il contenuto del primo vano in alto a sinistra, la risposta sarebbe verosimilmente: "ci sara il ricambio xxyy ma la prima fornitura deve ancora arrivarmi quindi per ora non c'è quel ricambio"
d) Arrivato lo stock di prima fornitura di ricambi, questi vengono inscaffalati secondo il criterio stabilito.

Veniamo finalmente ad analizzare la sorte del primo vano in alto a sinistra del primo scaffale entrando. Stabiliamo una volta per tutte le coordinate che localizzano questo vano e dicialo che siano queste: S.O1.01.
Vediamo cosa contiene il nostro vano S.O1.01 secondo le quattro risposte a), b), c),d):

a) Risposta = NIENTE

b) Risposta = NIENTE

c) Risposta = Il ricambio è xxyy ma la quantità disponibile è Zero

d) Risposta = Il ricambio è xxyy e la quantità disponibile è 8

Concludo sottolineando che mentre le prime due risposte indicano il vano in questione come "insieme vuoto", gli altri due e segnatamente la risposta c) indicano insiemi "non vuoti", la c) è a 0, perchè semplicemente manca del pezzo xxyy la cui quantità numerica è 0, dunque, "non vuoto" in quanto contiene l'elemento zero.
Non sfuggirà, spero, la funzione dell'Osservatore.

Ultima modifica di mariodic : 20-02-2012 alle ore 23.01.52.
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Vecchio 21-02-2012, 21.52.16   #172
L'Unità
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Riferimento: Il concetto di infinito

Volevo porre la questione da un punto di vista per così dire escatologico.
L'infinito posto come eternità può essere visto come un continuo divenire o il raggiungimento di una Verità immutabile?
Avremo una forma che ci permetterà di sostenere tale inconcepibilità?
E' più facile pensare che l'infinito non verrà mai esperito dalla sua mante? Che sia solo un capriccio della logica?

C'è come un dualismo di vedute: chi percepisce l'eternità come un tormento e chi spera che essa sia il vero destino dell'uomo.
Non se se il mio discorso sia colmo di sciocchezze.
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Vecchio 22-02-2012, 10.35.23   #173
roberto77
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Riferimento: Il concetto di infinito

Ciao,
ti riporto una parte di un brano da "Frammenti di un insegnamento sconosciuto"

Ognuno di questi sistemi può servire come mezzo per trasmettere l'idea dell'unità, ma nelle mani degli ignoranti e degli incompetenti, anche se pieni di buone intenzioni, lo stesso simbolo diventa uno 'strumento di errore'. La ragione consiste nel fatto che un simbolo non può mai essere preso in un significato ultimo e definitivo. Esprimendo le leggi dell'unità nella diversità infinita, il simbolo possiede in sé stesso un numero infinito di aspetti attraverso i quali può essere esaminato, e richiede da parte di colui che l'avvicina, la capacità di vederlo simultaneamente da diversi punti di vista. I simboli che sono stati trasferiti nelle parole e nel linguaggio ordinario vi si irrigidiscono, si oscurano, e diventano molto facilmente 'i loro stessi contrari', imprigionando il significato in schemi dogmatici ristretti, senza neppur lasciare la libertà molto relativa di un esame logico del soggetto. La ragione di ciò sta nella comprensione letterale dei simboli e nell'attribuire ad essi un solo significato.
In questo caso la verità si trova velata da un tessuto esteriore di menzogna, e scoprire questa verità esige immensi sforzi di negazione, nei quali si perde l'idea stessa del simbolo.
"La vera comprensione dei simboli non può tuttavia prestarsi a discussioni.
Essa approfondisce la conoscenza e non può restare teorica, perché intensifica gli sforzi verso risultati reali, verso l'unione del sapere e dell'essere, cioè del Grande Fare. La conoscenza pura può essere trasmessa; ma, essendo espressa in simboli, è ricoperta da essi come da un velo, che per coloro che desiderano vederla, e sanno come guardare, diventa trasparente.

Citazione:
Originalmente inviato da L'Unità
Volevo porre la questione da un punto di vista per così dire escatologico.
L'infinito posto come eternità può essere visto come un continuo divenire o il raggiungimento di una Verità immutabile?
Avremo una forma che ci permetterà di sostenere tale inconcepibilità?
E' più facile pensare che l'infinito non verrà mai esperito dalla sua mante? Che sia solo un capriccio della logica?

C'è come un dualismo di vedute: chi percepisce l'eternità come un tormento e chi spera che essa sia il vero destino dell'uomo.
Non se se il mio discorso sia colmo di sciocchezze.
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Vecchio 22-02-2012, 23.11.59   #174
mariodic
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Riferimento: Il concetto di infinito

Citazione:
Originalmente inviato da L'Unità
Volevo porre la questione da un punto di vista per così dire escatologico.
L'infinito posto come eternità può essere visto come un continuo divenire o il raggiungimento di una Verità immutabile?
Avremo una forma che ci permetterà di sostenere tale inconcepibilità?
E' più facile pensare che l'infinito non verrà mai esperito dalla sua mante? Che sia solo un capriccio della logica?

C'è come un dualismo di vedute: chi percepisce l'eternità come un tormento e chi spera che essa sia il vero destino dell'uomo.
Non se se il mio discorso sia colmo di sciocchezze.
L'IO si trova nelle condizioni di un grosso moscone -di quelli che speso di vedono in autunno nelle nostre abitazioni- che cerca faticosamente di arrampicarsi sul freddo vetro della finestra della cucina coperto dalla condensa dei suoi vapori; il moscone tende. per gravità, a scivolare verso il basso, ma, con rapidi movimenti delle sue zampette, si sforza di risalire, il guaio è che, a fronte di piccoli avanzamenti verso l'altro, seguono momenti di scivolamento in basso che solo in parte vengono riequilibrati. Dunque il moscone è costretto in una condizione di equilibrio instabile: tra la ineluttabilità dell'entropia universale, che tende ad inghiottirlo, e la insufficiente efficacia delle proprie forze, appena appena supportate da una remotissima speranza in un imprevedibile ed improbabile, ma sempre possibile, aiuto che potrebbe venirgli in soccorso compensando, così, li minaccioso squilibrio e sperabilmente prevalerlo.
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Vecchio 24-03-2013, 08.14.37   #175
mariodic
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Angry Riferimento: Il concetto di infinito

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Originalmente inviato da L'Unità
Oggi ho provato un forte sgomento, una sensazione di brivido paralizzante pensando ad una condizione definitiva di eternità (non importa se cosciente o meno).
Ho avvertito come la senzazione di essere in trappola, di non poter sfuggire al tutto e pensare ad una accettazione di una tale realtà non mi tranquillizza. Mi sono sentito come annullare.
Tutti i concetti filosofici si fondono in una paura di superare o comprendere l'indefinitezza. L'uomo vuole essere eterno si dice, ma a me dà angoscia a differenza della finitezza, che è altrettanto incomprensibile ma al contempo rassicurante.

Sono pensieri che fluiscono liberamente, spero vi diano spunti.
La paura naturale e storica, spesso inconscia, non è per l'eternità, nel senso che letteralmente si da a tale termine, ma per l'entropia intesa come decadimento della Conoscenza ovvero, nella perdita -e non di guadagno-, da parte di ciò che oso chiamare Osservatore universale (in breve: di tutti noi), della capacità di dominare l'Universo.
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Vecchio 14-10-2014, 22.44.16   #176
franzopanzo
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Thumbs up Riferimento: a proposito del Big Bang

Ciao! Credo a mio modesto parere che se consideriamo lo spazio fisico (inteso come un qualcosa di misurabile e quindi scientificamente ripetibile) non possiamo che realizzare che l'infinito è un concetto fisico reale, poichè è possibile per noi effettivamente tendere ad esso senza mai però raggiungerlo. E' un fatto inoppugnabile. Potremmo in breve allontanarci dalla Terra sempre di più e in eterno (eludendo le solite questioni "gettonate", tipo che è una sfera e quindi torni su te stesso) avvicinando confini sempre più lontani e, in realtà, eterni. Ovviamente non abbiamo strumenti tecnologici per realizzarlo, ma sufficiente senso logico per concepirlo, nonostante sia un concetto fisicamente impossibile. Idem per il concetto di tempo; siamo attrezzati dalla memoria umana per certificare che le cose passano di continuo e si evolvono (anch esso attraverso un'esperienza ripetibile)e questo può avvenire all'infinito, da sempre e per sempre. E' così, eppure è impossibile. La questione, quindi, è che l'infinito è un concetto impossibile per la fisica, inaccettabile e inspiegabile, eppure ovvio e deducibile dal nostro senso di logica. Così io credo che lo puoi spiegare solo aldilà della fisica, cioè attraverso la metafisica. A buon intenditor... che ne pensate?
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Vecchio 15-10-2014, 22.15.54   #177
SinceroPan
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Riferimento: Il concetto di infinito

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Originalmente inviato da Dade1607
Ciao a tutti,
Ringrazio Riflessioni.it per aver pubblicato la mia lettera "il concetto di Infinito", che ora vorrei proporre anche al forum,... con la speranza di approfondire/chiarire/discutere ulteriormente, grazie ai vostri interventi, un argomento particolare e difficile come questo.

Essendo piuttosto lungo , non riporto tutto il testo qui sul forum, ma consiglio la lettura direttamente al link:

https://www.riflessioni.it/lettereonl...o_infinito.htm

Un saluto


complimenti per il tuo saggio.. aiuta a pensare.. anche se in parte non lo condivido.. ecco alcune riflessioni :

1) l' OO non è un numero come gli altri ? concordo

2) ma Cantor, genio matematico che ti consiglio di approfondire, ha scoperto nel 900 che ci sono due concetti di OO.. uno Potenziale che è quello di Leibniz/Newton che studi alle superiori, quello che parla del Limite di "x" che Tende ad OO senza mai raggiungerlo.. e poi quello Cantoriano che è OO IN ATTO.. e che gode di proprietà matematiche (cioè Quantitative) diverse dalle usuali.. per esempio OO*2=OO ... oppure OO+OO=OO (il tuo esempio dell'OO con e senza inizio).. per fare un Salto di OO lo devi Elevare a Potenza (il + - * non bastano). Ad esempio OO^2 > OO^1 ..
per fondare il suo concetto di OO Cantor poggia sull'Insiemistica che distingue tra la Quantità (il n° di elementi di un insieme) e la Qualità (il diverso contenuto di due insiemi con uguale numerosità).. mi sembra che in parte anche tu abbia intuito che di qui passa il problema..

3) SE non esiste OO IN ATTO allora NON ESISTE NEPPURE il CONTINUO.. intuitivamente prova a pensare che 0 = 1 / OO ...
ovvero SE non esiste OO IN ATTO allora il mondo è DISCRETO.. è fatto a Buchi di NULLA (concetto molto più potente di quello dello Spazio Vuoto).. in pratica sei un Atomista dello Spazio e del Tempo (i Fisici lo chiamano Tempo Granulare)..

4) se non esiste il caldo non esiste il freddo.. la salita e la discesa.. il bello ed il brutto.. il solido ed il liquido.. perchè tutto è INDIFFERENZIATO (il mondo piatto come esemplificavi tu).. ma allora : SE PER ESISTERE "A" (IDENTITA') DEVE ESISTERE ANCHE "NON A" (DIFFERENZA)... allora SE NON ESISTESSE OO (IN ATTO) NON POTRENNE ESISTERE NEPPURE IL FINITO (ciò in cui tu credi)..

5) un filosofo del neopositivismo logico, vedi Circolo di Vienna, chiamato Carnap diceva che "non ha senso chiedersi cosa c'è prima del temo perchè prima del tempo non c'era il tempo quindi non c'era un prima".. ed allo stesso modo aggiungo io "non ha senso chiedersi cosa ci sia dopo la fine dei tempi xrchè il dopo senza tempo non ci sarebbe"...

6) ed arrivo infine alla mia opinione : OO esiste (non solo come concetto astratto ma pure in concreto) ed esiste da sempre e per sempre.. ed è irragiungibilmente esteso,, per me anche lo Spazio Vuoto è Qualcosa, ed è Qualcosa che Non Può esistere senza il Pieno.. e viceversa.. e quando i fisici dicono che la materia si espande all'OO e poi dicono che l'universo è finito non capiscono che stanno violando il Principio di Non Auto Contraddizione... alias non si avvedono che anche il Vuoto è Parte dell'Universo..
.

per ora mi fermo qui.. con un ulteriore suggerimento..
ANCHE LO ZERO NON E' UN NUMERO COME GLI ALTRI.. COSI' COME NON LO E' IL SUO OPPOSTO OO IN ATTO.. ovvero filosoficamente il Tutto ed il Nulla reciprocamente e necessariamente si sostengono : la contraddizione è necessaria per la non auto-contraddizione..
.
SinceroPan is offline  
Vecchio 16-10-2014, 17.56.30   #178
sgiombo
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Riferimento: Il concetto di infinito

Citazione:
Originalmente inviato da SinceroPan
3) SE non esiste OO IN ATTO allora NON ESISTE NEPPURE il CONTINUO.. intuitivamente prova a pensare che 0 = 1 / OO ...
ovvero SE non esiste OO IN ATTO allora il mondo è DISCRETO.. è fatto a Buchi di NULLA (concetto molto più potente di quello dello Spazio Vuoto).. in pratica sei un Atomista dello Spazio e del Tempo (i Fisici lo chiamano Tempo Granulare)..

4) se non esiste il caldo non esiste il freddo.. la salita e la discesa.. il bello ed il brutto.. il solido ed il liquido.. perchè tutto è INDIFFERENZIATO (il mondo piatto come esemplificavi tu).. ma allora : SE PER ESISTERE "A" (IDENTITA') DEVE ESISTERE ANCHE "NON A" (DIFFERENZA)... allora SE NON ESISTESSE OO (IN ATTO) NON POTRENNE ESISTERE NEPPURE IL FINITO (ciò in cui tu credi)..

5) un filosofo del neopositivismo logico, vedi Circolo di Vienna, chiamato Carnap diceva che "non ha senso chiedersi cosa c'è prima del temo perchè prima del tempo non c'era il tempo quindi non c'era un prima".. ed allo stesso modo aggiungo io "non ha senso chiedersi cosa ci sia dopo la fine dei tempi xrchè il dopo senza tempo non ci sarebbe"...

6) ed arrivo infine alla mia opinione : OO esiste (non solo come concetto astratto ma pure in concreto) ed esiste da sempre e per sempre.. ed è irragiungibilmente esteso,, per me anche lo Spazio Vuoto è Qualcosa, ed è Qualcosa che Non Può esistere senza il Pieno.. e viceversa.. e quando i fisici dicono che la materia si espande all'OO e poi dicono che l'universo è finito non capiscono che stanno violando il Principio di Non Auto Contraddizione... alias non si avvedono che anche il Vuoto è Parte dell'Universo..
.

Intervento molto stimolante che ho apprezzato assai.

La prima considerazione che qui cito (punto 3), fra l' altro secondo me é la base della confutazione (in quanto sofismi) degli aforismi di Zenone di Elea: se si divide il continuo finito in parti infinite (infinitamente piccole in atto), allora queste sono in numero infinito, il quale diviso per la lunghezza infinitamente piccola di ciascuna delle infinite parti in cui Zenone divide idealmente una distanza (continua) finita ci restituisce la stessa distanza (continua) finita, che dunque la freccia, Achille, la tartaruga, ecc. possono benissimo percorrere a velocità finita in un tempo finito (e così la freccia raggiunge il bersaglio e Achille raggiunge la tartaruga).

Mi chiedo (perché sono francamente in dubbio in proposito: devo ragionarci) e ti chiedo: é giusto dire che "se non esiste il caldo non esiste il freddo.. la salita e la discesa.. il bello ed il brutto.. il solido ed il liquido.. perchè tutto è INDIFFERENZIATO (il mondo piatto come esemplificavi tu).. ma allora : SE PER ESISTERE "A" (IDENTITA') DEVE ESISTERE ANCHE "NON A" (DIFFERENZA)... allora SE NON ESISTESSE OO (IN ATTO) NON POTRENNE ESISTERE NEPPURE IL FINITO"?
O non sarebbe più giusto dire: "se non pensiamo (se non sappiamo cos' é) il caldo non possiamo pensare (sapere cos' é) il freddo, ecc."?
Perché l' inevitabile relatività dei concetti e nozioni che usiamo nel pensare mi é chiara ed evidente (vedi la prima delle citazioni che uso come "firma"), mentre sono in dubbio circa la realtà "in sé", quale é realmente, anche indipendentemente dall' essere eventualmente pure oggetto di pensiero (che però non potremmo conoscere senza pensarla: dunque ha senso oppure no parlarne, ragionarci su, come sto cercando di fare in questo momento???).
Cioè mentre dell’ inevitabile relatività della connotazione dei concetti che usiamo per pensare (non “freddo” senza “caldo”, non “bello” senza “brutto”, non “finito” senza “infinito in atto”, ecc.) non ho dubbio, non saprei cosa pensare della loro (eventuale) denotazione o riferimento reale.
Certo è che (come forse intendeva a proposito di Dio la medievale “teologia negativa”; che invero conosco solo per sentito dire: potrei stare sparando una gran cazzata) se anche nella realtà “in sé” vi fosse solo bene e non male, o se essa fosse finita (e non esistesse l’ infinito) noi non potremmo saperlo per definizione (di “realtà in sé”; in questa accezione, diversa da quella kantiana di “noumeno”), dal momento che per averne qualsiasi conoscenza dovremmo inevitabilmente pensarla (condizione non sufficiente ma comunque necessaria della conoscenza), e allora non sarebbe più “realtà in sé”: cadremmo in un paradosso simile a quello celeberrimo del “mentitore”. Dunque se anche qualcosa di assoluto vi fosse (accadesse) realmente non potremmo comunque saperne niente.

Molto giusta e sottile l’ affermazione che il vuoto (tale in quanto contrapposto al “pieno” costituito da onde/particelle quantistiche, campi di forze, “atomi” degli atomisti classici come Lucrezio o quant’ altro) è ben altra cosa che il “nulla” (o “non reale”, “non esistente”, tale in quanto contrapposto all’ “esistente” o “reale”).
E dunque che lo spazio vuoto =/= nulla, e dunque che l’ universo fisico (anche quello delle teorie cosmologiche o meglio cosmogoniche correnti), di cui il realissimo vuoto fa parte, si estende all’ infinito.

Ultima modifica di sgiombo : 16-10-2014 alle ore 19.48.10.
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Vecchio 16-10-2014, 21.07.06   #179
Garbino
Garbino Vento di Tempesta
 
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Riferimento: Il concetto di infinito

IL CONCETTO DI INFINITO

E' da molto tempo che su questo argomento ho determinato in me la considerazione che l' infinito se matematicamente è un concetto non possa poi diventare reale, perché ogni concetto è un' astrazione.

La matematica è utilissima ma ciò non toglie che i suoi limiti sono proprio lo zero e l' infinito.
Premesso che sono d' accordo con chi afferma che i due concetti sono antitetici o opposti, sono dell' opinione che se si fa rientrare lo zero e l' infinito nel campo dei numeri reali è ovvio che per logica matematica traslata alla realtà esisterà anche il nulla ( e cioè lo zero ) e uno spazio infinito.
Ma sia il nulla che uno spazio infinito, a mio avviso, sono impossibili.
E questo perché il nulla sarebbe un abisso in cui verrebbe risucchiata tutta la materia, e lo spazio infinito un logos dove non sarebbe possibile nessuna ulteriore espansione.

X MarioDic
Nel caso della scaffalatura ho una distinzione da fare. Quando non vi troviamo alcun oggetto dire nulla o niente è una licenza matematica non trascurabile. Come lo è dire zero quando potrebbe trovarcisi qualcosa. Le convenzioni sull' uso dei segni spesso può confondere.
Infatti nel primo caso bisognerebbe dire nessun oggetto e nel secondo nessun oggetto del tipo che dovrebbe esservi.
Nei magazzini per altro raramente viene usato lo zero per identificare la non presenza di oggetti. Al massimo lo si usa barrato, ma di solito si usa una barra trasversale.

E' ovvio che spesso nella pratica si usa una terminologia che si può definire approssimativa a livello matematico, ma uno studioso che basa le sue teorie su una licenza di un possibile osservatore mi sembra a sua volta una licenza che non ci si può permettere. Specialmente se la si inserisce in un libro che debba avvalorare scientificamente e filosoficamente qualcosa.
Non conosco Guitton e non ho letto il suo libro, perciò mi baso da quanto da te riportato e che mi sembrava giusto mettere in evidenza.

Come ho già detto altrove ed altre volte, se si ci basa sulla matematica per identificare il mondo che ci circonda, non c' è niente da scoprire o da individuare. E' già tutto individuato, costruito e raccolto nei meandri dei criteri stessi della matematica.
La matematica crede solo a sé stessa. E non potendo inquadrare o inglobare il divenire, lo annulla. Per la matematica il divenire non può esistere e perciò non esiste.

Grazie della cortese attenzione. Garbino Vento di Tempesta.
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Vecchio 17-10-2014, 21.49.58   #180
mariodic
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Riferimento: Il concetto di infinito

Citazione:
Originalmente inviato da Garbino
IL CONCETTO DI INFINITO

espansione.

X MarioDic
Nel caso della scaffalatura ho una distinzione da fare. Quando non vi troviamo alcun oggetto dire nulla o niente è una licenza matematica non trascurabile. Come lo è dire zero quando potrebbe trovarcisi qualcosa. Le convenzioni sull' uso dei segni spesso può confondere.
Infatti nel primo caso bisognerebbe dire nessun oggetto e nel secondo nessun oggetto del tipo che dovrebbe esservi.
Nei magazzini per altro raramente viene usato lo zero per identificare la non presenza di oggetti. Al massimo lo si usa barrato, ma di solito si usa una barra trasversale.

E' ovvio che spesso nella pratica si usa una terminologia che si può definire approssimativa a livello matematico, ma uno studioso che basa le sue teorie su una licenza di un possibile osservatore mi sembra a sua volta una licenza che non ci si può permettere. Specialmente se la si inserisce in un libro che debba avvalorare scientificamente e filosoficamente qualcosa.
Non conosco Guitton e non ho letto il suo libro, perciò mi baso da quanto da te riportato e che mi sembrava giusto mettere in evidenza.

Come ho già detto altrove ed altre volte, se si ci basa sulla matematica per identificare il mondo che ci circonda, non c' è niente da scoprire o da individuare. E' già tutto individuato, costruito e raccolto nei meandri dei criteri stessi della matematica.
La matematica crede solo a sé stessa. E non potendo inquadrare o inglobare il divenire, lo annulla. Per la matematica il divenire non può esistere e perciò non esiste.

Grazie della cortese attenzione. Garbino Vento di Tempesta.
Mi riferisco all'ultimo capoverso del post quotato per dire che, almeno
in ottica realista, la matematica è analoga allo schizzo di un bravo caricaturista che, con pochissimi tratti di lapis, sintetizza e richiama un personaggio noto. Quindi la matematica, segnatamente quella applicata traccia il percorso logico fondamentale di una struttura complessa di ciò che diciamo realtà. Va detto che la matematica così detta pura fu costruita pur sempre ad uso e consumo di un mondo realista per rappresentare, con più o meno buona approssimazione, l'oggetto della realtà, mentre, in eventuale mondo idealista, non rappresenterebbe ma sarebbe l'oggetto che si descrive senza approssimazioni ma con la coscienza di possibile errore da riparare eventualmente dopo.
Grazie dell'attenzione.
mariodic is offline  

 



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